E’ IN LIBRERIA"INCANTOS .SU PRANTU CUBAU" DI FRANCESCHINO SATTA

 

IL PIANTO NASCOSTO DI UN PADRE-POETA.

La Sua poesia propone e riassume la vita. Una vita vissuta, assaporata,morsa, donata…con l’atteggiamento di chi ha imparato a vedere al di là, nella ricerca di orizzonti sempre più lontani e degni. E’ la vita del Poeta e, insieme, la vita di tutti coloro che hanno lo sguardo limpido e l’anima tersa.

Se è vero che poeti si nasce, Lui è nato poeta.

Se è vero che poeti si diventa,Lui ha imparato ad esserlo giorno dopo giorno,perché ha sempre dato senso e spessore – e continua a farlo con la logica del bambino che sa stupirsi – a tutto ciò che agli occhi di tanti appare banale, ovvio, scontato.

Vede infatti – dove altri scorgono solo cose – sfumature, colori , sensazioni, emozioni…e con la voce dell’anima dà corpo al suo canto che ora vola alto, ora lambisce, ora plana nel cuore e nella mente di chi ha imparato ad ascoltare e comprendere anche i silenzi, per poi diventare linfa che nutre, disseta, rasserena.

Scrivere è per Lui rinascita continua.Scrivere è per Lui ricerca : di parole , di accordi, di colori…di contatto! Scrivere è la Sua forza. La Sua fatica. La Sua debolezza, perché il rapporto empatico col lettore non concede spazio al non detto, e ci si incammina in mezzo al mondo anche con le proprie fragilità ed inquietudini.

Scrivere è per Lui arrivare in tempo all’appuntamento perché

- come afferma Neruda – "la poesia deve camminare e incontrarsi col cuore dell’uomo, con gli occhi della donna , con gli sconosciuti della strada, di quelli che , a una certa ora del crepuscolo o in piena notte stellata , hanno bisogno di un solo verso".

"Ognuno di noi è responsabile appena un uomo ci guarda"- sosteneva Dostoevskij. Ne sono convinta. E credo che questa responsabilità etica sia soprattutto del poeta, che guarda, e sa vedere ,interpretare e comprendere i bisogni, le attese, i sogni dell’uomo. E sa indicare la via, sempre.

Con Lui accanto , io figlia, ho percorso, da sempre, le strade della poesia.

Con Lui accanto ho imparato a non aver timore del buio, a nuotare anche tra le onde più ingrate, a godere delle albe e dei tramonti. In sintesi, ho imparato a vivere, e perciò a vincere…perché imparare a vivere ha significato sconfiggere l’indifferenza, l’insofferenza, il sopruso, l’inganno. Imparare a vivere significa "esserci", e percorrere il sentiero della vita non con l’ansia da fiato corto ma con la lubrificante emozione della continua scoperta e della graduale conquista di se stessi e del mondo.

Questo mi ha insegnato mio padre.Un padre speciale : un padre poeta. Un uomo che ha scelto di diffondere ancora una volta, a piene mani , senza nulla chiedere in cambio, la musicalità, la dolcezza, la forza di un’anima impregnata di luce.

Il Suo "Incantos Su prantu cubau" (Edizioni Solinas) , contiene 96 poesie, ed è dedicato a Paolo, figlio e fratello stupendo, recentemente scomparso. "Commo dego so solu, non so prus nemmos.- scrive nella Sua lirica "A Paulu meu"- Mi mancat tottu, mi mancat sa forza, su corazu, su briu, sos alentos chi fachen bellu s’omine in sa bida. Mi mancas tue, fizu…".

E’ nella sofferenza immensa, nello schianto dell’anima che prende forma, e palpita, "su prantu cubau" di un uomo annientato dal dolore.Pianto che, sublimandosi, diventa incontro e rinascita: "Ti fipo isettande Paulu meu…Bi n’hat cherfiu a ch’arribare!".

Rosalba Satta Ceriale

 

 

"INCANTOS SU PRANTU CUBAU"

 

PRESENTAZIONE

DI

IGNAZIO DELOGU

 

Franceschino Satta appartiene a quella specie, ormai in estinzione, per la quale la poesia è la continuazione, logica ed emozionale, di quello che comunemente si chiama il discorso.

Caratteristica di questi poeti è, paradossalmente, "l’antipoesia", come dire: la disposizione naturale a negare quella che sembrerebbe una verità conclamata, e cioè che la poesia sia artificio e non, come voleva il vecchio Solone, "una serie ordinata di parole". Dove l’aggettivo "ordinata" rappresenta il massimo dell’artificio , e la "serie" il massimo dell’ordine. Sempre che non si voglia interpretare l’uno e l’altra nell’accezione più congrua, che è quella che vuol dire : "in ordine, secondo un ordine, secondo una disposizione successiva, una serie, appunto".

Poeti di questa specie hanno eletto a luogo della riflessione, il mondo degli accadimenti ordinari – manco a dirlo degli affetti familiari e amicali, delle ricorrenze obbligatoriamente, ma anche ordinatamente, seriali che scandiscono la vita di tutti e di ciascuno.

Sarebbe però sbagliato inferirne che questa sia poesia "di occasione", occasionale, cioè, nel senso più trito e banale: anziché nel significato di "poesia occasionata", voluta e però imposta – e chi oserebbe sostenere che non c’è nella poesia un dettato, un’ imposizione?- dalle "occasioni", appunto, di cui è intessuta e fatta la vita.

Nessuna sorpresa, dunque, se Franceschino Satta ha sempre coerentemente, e con la arrendevolezza alla musa che lo caratterizza , preferito alla solennità e alla retorica delle celebrazioni e degli encomi, la pacata e sommessa riflessione, articolata in immagini altrettanto sommesse e familiari, su luoghi, persone, eventi che hanno rappresentato, nell’arco di una vita, ormai lunga ma ancora operosa e creativa, tutto il suo universo. Nuoro, la Barbagia, la Sardegna, la sua lingua, i suoi paesaggi, il destino dei suoi abitanti, che sono poi gli amici e i compagni di una vita e di un destino: un universo di attesa, insomma, noto ma non per questo scontato, perché sommosso e rinnovato dai casi ora lieti, ora drammatici , dell’esistenza.

Soprattutto per uno come lui, maestro nel significato più vero e meno burocratico del termine, fra le cui mani – mi sembra che l’espressione possa essere usata a proposito – sono passate ormai più generazioni, sulle quali la vita si è talvolta abbattuta senza troppi riguardi e spesso con inusitata durezza.

Franceschino Satta è poeta di una lingua e di una cultura che hanno l’inestimabile pregio, ma anche la tremenda responsabilità, di non essere un fatto di elite, un privilegio riservato a pochi, ma una pratica ancora oggi, alle soglie del Terzo Millennio, diffusa, sentita, amata e rispettata dalla gran parte del popolo che quella lingua e quella cultura hanno prodotto nel corso dei millenni precedenti.

Se molti a suo tempo, e ancora oggi, hanno preferito e preferiscono correre altre avventure, Franceschino è rimasto coerente e fedele al suo compito e alla sua ispirazione.

Essere poeta sardo di lingua e di cultura richiede certo molta umiltà, e però anche molto orgoglio.

Dargliene atto e essere fieri insieme a lui, è il minimo che il suo popolo gli deve.

Con ammirazione e affetto

IGNAZIO DELOGU

Sassari 30 gennaio 1998

 

 

 

SU PRANTU CUBAU

(PRIMO PREMIO)

 

Il Satta si conferma una delle voci più sincere dell’ odierno panorama poetico isolano.

La sua poesia è una rievocazione affettuosa e spontanea , ampiamente riuscita.

L’ anàfora, l’ insistita ripetizione di "m’ammento", ritorna musicalmente cantilenante nel contesto poetico, quasi a cercare la magica atmosfera del sogno, nella suggestiva evocazione degli anni dell’adolescenza : è come una serie di flash sul passato, che fanno affiorare i ricordi di un mondo agricolo, ormai in gran parte scomparso.

Pochi tratti bastano a restituirci le persone care di un tempo che fu :

la laboriosità del nonno, "su babbu bragheri" per il raccolto, il pianto discreto della madre.

La forza evocativa, pur affidata a comuni e scarne parole ( su carru, sa zerda, s’arau, su jubu, su cane…), conferisce a queste, una grande carica di suggestione e di comunicazione. ù

Il poeta usa un nuorese schietto con l’effetto di favorire nel flusso della memoria, il recupero di una età lontana ,certo, ma posseduta e vicina nell’ intimo.

La poesia è anche - e questo amplia precise scelte stilistiche - un esempio di versificazione varia e musicale che, senza lasciarsi condizionare dalla rima , che pure qua e là è presente, riesce a conseguire validi risultati artistici.

(Giudizio del Prof. Serafino Obinu,Presidente del Premio "Pranta Ferru" di Paulilatino 1995 )

 

SU PRANTU CUBAU

 

M’ammento de jaju su carru,

sas jacas, sa zerda, s’arau

(s’anticu tesoro arrimau).

M’ammento su jubu, su cane,

s’incunza ’e s’attonzu,

de s’achina bella su gustu,

su pane imbridau

iffustu ’e sudore;

sa binza,

su trìdicu bellu, ingranìu.

M’ammento in su pranu su ribu istasìu,

de lacrimas d’oro nutrìu

e tottu su mundu incantau.

M’ammento…su binu ’e Marreri,

e babbu, bagheri,

ridende a cossolu, in s’arjola,

alligru e cuntentu, irroccande…

sas frassas chimeras , sos berbos,

chi tando rucraban su focu ’e s’ifferru.

M’ammento sos zàrridos craros

de s’ ebba galana,

su gustu ’e la currer in prados de sole,

tra sèghedes d’oro e lusingas d’amore.

M’ ammento in Ubisti, sa bella fontana,

chi tando ridiat contenta.

M’ammento…

su sartu ’e Nurdole (s’istella ’e su coro)

in ube hapo chintu

affranzos de luna

e pintas lusingas de labru.

M’ammento de mama su cantu,

su prantu cubau,

sos ocros de mare, su tonu s’e sa boche,

sas penas suffertas, sos pilos de seda,

ma semper in brazzos de Deus,

chin s’alinu durche, a supuzu,

pintande cussorjas, in artu, in su chelu,

chin tintas de fada, chin luches d’ispera,

chin innidas bramas d’antica pandera.

 

Traduzione.

IL PIANTO NASCOSTO

 

Ricordo di nonno il suo carro

i fianchi , le gerle, l’aratro…

(l’antico tesoro in disparte).

Ricordo

il giogo ed il cane; il pane lucente;

le spighe con grani maturi.

Ricordo

il fiume in pianura,

procedere stanco, nutrito

di lacrime dolci. Ricordo

un mondo di fiabe incantato.

Ricordo Marreri, il suo vino.

Ricordo

mio padre felice e contento nell’aia,

imprecando… le false chimere. Anatemi

di fuoco incrociavano l’ aria.

Ricordo

la bella cavalla d’argento : i nitriti!

Ricordo

il forte desìo

di correr tra prati di grano

e sogni d’amore.

Ricordo

di Ubisti la bella fontana

che allora rideva contenta. Ricordo

Nurdole, laddove ho sognato

tra chiari di luna e sogni di fata

sorrisi d’ alloro.

Ricordo

di mamma il suo canto.

Il pianto nascosto.La voce

e gli occhi di mare,

le pene sofferte, ma sempre,

devota al Signore

con l’animo dolce, sognando

nel cielo infinito

giardini di fate

con luci di speme

e pure bandiere d’amore.