ROSENCRANTZ----> Archivio ----> 11''09'01
home angel buffy cinema smallville guestbook links mail blog

11"09'01
(11"09'01)

2002, Francia/Gran Bretagna

Data di uscita nelle sale italiane 11/09/2002

VALUTAZIONE 8

Sceneggiatura Samira Makhmalbaf (Iran) - Claude Lelouch e Pierre Uytterhoeven (Francia) - Youssef Chahine (Egitto) - Danis Tanovic (Bosnia-Erzegovina) - Idrissa Ouedraogo (Burkina-Faso) - Ken Loach, Paul Laverty e Vladimir Vega (Gran Bretagna) - Sabrina Dhawan (India) - Amos Gitai e Marie-Jose Sanselme (Israele) - Alejandro González Iñárritu (Messico) - Sean Penn (USA) - Daisuke Tengan (Giappone)

Regia Samira Makhmalbaf (Iran) - Claude Lelouch (Francia) - Youssef Chahine (Egitto) - Danis Tanovic (Bosnia-Erzegovina) - Idrissa Ouedraogo (Burkina-Faso) - Ken Loach (Gran Bretagna) - Mira Nair (India) - Amos Gitai (Israele) - Alejandro González Iñárritu (Messico) - Sean Penn (USA) - Daisuke Tengan (Giappone)

Interpreti Maryam Karimi (Iran) - Emmanuelle Laborit e
Jérôme Horry (Francia) - Nour El-Sherif e Ahmed Seif Eldine (Egitto) - Dzana Pinjo, Aleksandar Seksan e Tatjana Sojic (Bosnia-Erzegovina) - Lionel Zizréel Guire, René Aimé Bassinga, Lionel Gaël Folikoue, Rodrigue André Idani e Alex Martial Traoré (Burkina-Faso) - Vladimir Vega (Gran Bretagna) - Keren Mor, Liron Levo e Tomer Russo (Israele) - Tanvi Azmi, Kapil Bawa e Taleb Adlah (India) - Ernest Borgnine (USA) - Tomoro Taguchi, Kumiko Aso, Akira Emoto e Mitsuko Baisho (Giappone)

Il sito ufficiale del film

Produzione Galatée Films e Studio Canal

Produttori esecutivi Lydia Dean-Pilcher, Catherine Dussart, Gabriel Khoury, Marianne Khoury, Cédomir Kolar, Jon C. Scheide, Laurent Truchot , Tania Zazulinsky e Jean de Trégomain

Produttore associato Jacques Perrin

Fotografia Samuel Bayer (USA) - Luc Drion (Burkina-Faso) - Ebrahim Ghafori (Iran) - Pierre-William Glenn (Francia) - Yoav Kosh (Israele) - Mustafa Mustafic (Bosnia-Erzegovina) - Jorge Müller Silva e Nigel Willoughby (Gran Bretagna) - Mohsen Nasr (Egitto) - Masakazu Oka (Giappone) - Declan Quinn (India)

Montaggio Rashida Abdel Salam (Egitto) - Kim Bica e Robert Duffy (Messico) - Jay Lash Cassidy (USA) - Julia Gregory (Burkina-Faso) - Allyson C. Johnson (India) - Mohsen Makhmalbaf (Iran) - Stéphane Mazalaigue (Francia) - Jonathan Morris (Gran Bretagna) - Kobi Netanel (Israele) - Hajime Okayasu (Giappone) - Monique Rysselinck (Bosnia-Erzegovina)

Musiche Michael Brook e Heitor Pereira (USA) - Mohammad Reza Darvishi (Iran) - Alexandre Desplat (titoli di testa) - Manu Dibango e Salif Keita (Burkina-Faso) - Osvaldo Golijov e Gustavo Santaolalla (Messico) - Taroh Iwashiro (Giappone) -
Vladimir Vega (Gran Bretagna)

Sonoro Kevin Brazier, Roger Dobson, Dominique Hennequin, Martín Hernández, Dave Humphries, Jean-Charles Martel, Michael Minkler, Daniel Sobrino, Masashi Tara, Eric Tisserand e Thomas Varga

Effetti speciali Greg Baxter

TRAMA E RECENSIONE

Il cinema paga il dazio all'anniversario dell'attacco alle torri gemelle, un omaggio quasi doveroso prima che arrivino quelli, purtroppo inevitabili, dei film TV e delle pellicole da dibattito. Un progetto interessante, non strumentale, che nella sua natura episodica e internazionale contiene il proprio maggior pregio e difetto: dare la possibilità di una visione corale e l'inevitabile qualità alternata. Il risultato finale è comunque da vedere, se non altro perchè il valore medio dei cortometraggi è comunque elevato, e consente di chiudere la bocca a chi tacciava il film (senza averlo evidentemente visto) di un anti-americanismo programmatico.


IRAN: una maestra afgana in rifugio in Iran cerca di far capire ai suoi studenti la gravità di quanto accaduto negli USA, ma i bambini non riescono a cogliere la grandezza dell'evento fino a quando lei non gli mostra una ciminiera "immensa" quanto le torri cadute. Un episodio dai propositi interessanti (la "distanza" della tragedia al di fuori dei confini occidentali), ma fallisce nella messa in scena troppo rigida e di scarso impatto. Da segnalare anche uno sciagurato doppiaggio italiano, il cui scollamento fra dialoghi e labiali non fa che penalizzare l'opera.


FRANCIA: una sordomuta in visita a New York si innamora della propria guida ma, dopo un anno, il loro rapporto è in crisi. Il giorno in cui lei, sola in casa, decide di scrivergli una lettera d'addio è anche quello della tragedia, di cui lei non è cosciente immersa com'è nel silenzio, ma il ritorno dell'uomo ricoperto di calcinacci le porta tragedia e speranza. Questo episodio è elegante, intimista, sceglie di non parlare della tragedia ma del suo impatto sulle persone comuni, al punto da poter far rinascere speranza in un amore già finito: forse furbo nel suo assunto, ma certamente efficace .

EGITTO: un regista egiziano deve interrompere le proprie riprese a New York per la mancanza dei regolari permessi proprio il giorno dell'attacco: in seguito riceve la visita di un marine americano morto a cui cerca di spiegare come la tragedia americana non sia la sola se comparata a tutte quelle causate dagli USA nel mondo. Episodio politico, e inutilmente retorico, che espone le proprie idee con una grevità alquanto irritante e che, pur nel suo messaggio finale in cui tutte le tragedie sono uguali, lascia perplessi per la sua discutibile ideologia: più manifesto che cinema.

BOSNIA-ERZEGOVINA: una ragazza bosniaca, costretta alla lontananza dal proprio villaggio per i disordini ancora in atto, si prepara alla marcia di commemorazione mensile per gli eventi del "loro" 11 settembre: gli avvenimenti di New York congelano le altre manifestanti, ma lei decide di marciare comunque, per l'America e per loro. Altro episodio politico che, a differenza di quello egiziano, giova di una sottigliezza narrativa che espone le proprie idee tramite le immagini piuttosto che con i proclami, filtrando l'ideologia attraverso il mezzo cinematografico. Stupenda fotografia.

BURKINA-FASO: un ragazzo non può andare a scuola perchè necessita di un lavoro per curare la propria madre, gravemente malata. Un giorno è convinto di aver visto Bin Laden girare nel proprio villaggio e, vista la grossa taglia sulla sua testa, convince un gruppo di amici prima a filmarlo e poi a tentare di catturarlo. Il piano fallisce e "Bin Laden" riesce a fuggire, ma con i soldi della telecamera, trafugata al padre di uno dei bambini, potrà comunque aiutare la donna malata. Il regista sceglie la leggerezza, ed è una scelta più che felice: la storia è simpatica, i protagonisti bravissimi ed il sorriso è solo un altro modo per osservare l'assurdità della tragedia. E rimane il dubbio che quello fosse davvero Bin Laden...

GRAN BRETAGNA: un profugo cileno a Londra scrive una lettera al popolo americano in cui esprime solidarietà per il loro dolore, ricordando però come il governo USA si sia macchiato di orrori forse più grandi per rovesciare il governo comunista cileno negli anni '60. Ancora una volta Loach dimostra non avere idea di cosa sia il Cinema e gira un odioso documentario che, per quanto possa essere "rivelatorio" di eventi dimenticati, va completamente fuori tema per accontentare il suo incancrenito odio verso il capitalismo. Irritante, imbarazzante e, soprattutto, non-cinematografico: Loach non ha capito un accidente degli intenti di quest'opera...

INDIA: il figlio di un'immigrata pakistana negli USA è scomparso proprio l'11 settembre, e l'FBI finisce per ritenerlo uno dei terroristi coinvolti nell'attentato. La donna e suo marito, fino ad allora membri rispettati della comunità, vengono isolati e visti male, fin quando non viene ritrovato il corpo del ragazzo che, in quanto volontario della polizia, era corso sul luogo del disastro per aiutare. "Basato su una storia vera": l'episodio è banale e retorico come qualsiasi film-TV che porti la stessa dicitura iniziale, finendo per far cadere il suo messaggio cada nel vuoto.

ISRAELE: l'ennesima auto-bomba in Israele causa la consueta confusione e l'arrivo di giornalisti interessati solo all'evento. La solita giornalista d'assalto intralcia i soccorsi pur di creare l'evento, ma scopre con disappunto di non essere in onda a causa di un evento "peggiore" avvenuto negli USA. L'atteggiamento dei media è al centro di questo episodio, intenti solo a focalizzare le tragedie per i propri interessi: regia controllata e alquanto freddina per un concetto che troppe volte abbiamo visto sviscerare al cinema e non solo.

MESSICO: nel buio totale delle immagini, ad un chiacciericcio di fondo si sovrappone via via l'audio dei servizi televisivi che nel mondo hanno annunciato la tragedia, punteggiati da rapidi flash delle persone che si gettavano dalle torri: la tragedia diviene assordante, salvo poi spegnersi nell'iniziale chiacchiericcio di fondo. Forse il più ideologico degli episodi, che sceglie il non-cinema per rappresentare ciò che fin troppo è stato esposto, scegliendo solo i pochi fotogrammi che fanno gelare il sangue. Simile all'episodio Israeliano, ma dall'impatto ben maggiore.

USA: un uomo anziano vive solo in una casa senza luce, parlando con la moglie che non c'è più e lamentandosi per i fiori che, privi di sole, sono avvizziti sulla finestra. Il giorno della tragedia, con la caduta della prima torre, la luce irrompe nell'appartamento, facendo rinascere i fiori ma costringendolo anche ad affrontare la realtà della sua perdita. Il più poetico degli episodi, struggente e doloroso: Penn, come Lelouch, sceglie di non trattare dell'evento in sè ma dell'impatto sulla vita normale, sui sentimenti, ed accosta ad una regia abile e ricercata una sensibilità davvero notevole.

GIAPPONE: un reduce della guerra mondiale è tornato al suo paese credendosi un serpente, e vive come tale. Un giorno, dopo aver morsicato la madre, fugge nel bosco mentre l'intera comunità si mette sulle sue tracce: lo incontra casualmente la moglie al fiume, ma lui, memore delle atrocità della guerra, rifiuta di nuovo di tornare al mondo degli umani. Il più saggio degli episodi, giusta chiusura dell'opera, che parla dell'orrore di tutte le guerre sante, dell'orrore di cui gli uomini sono capaci e che il protagonista rifugge divenendo animale. Ieri come oggi. E come domani.

Sito curato e realizzato da Rosencrantz