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AMERICAN BEAUTY
(American beauty)

1999, USA

Sam Mendes

VALUTAZIONE 8

Sceneggiatura Alan Ball

Interpreti Kevin Spacey, Annette Bening, Thora Birch, Wes Bentley, Mena Suvari, Peter Gallagher, Allison Janney, Chris Cooper, Scott Bakula, Sam Robards, Barry Del Sherman, Ara Celi

Produzione Dreamworks e Jinks/Cohen Company

Produttori Bruce Cohen e Dan Jinks

Co-Produttori Stan Wlodkowski e Alan Ball

Fotografia Conrad L. Hall

Montaggio Chris Greenbury e Tariq Anwar

Musiche Thomas Newman

Scenografie Naomi Shohan

Costumi Julie Weiss

Sonoro Richard Van Dyke

Effetti speciali John C. Hartigan

Trucco Tania McComas

TRAMA

Kevin Spacey è un americano medio: un lavoro modesto che non lo soddisfa, un matrimonio in stato comatoso con una donna (Annette Bening) interessata solo alla propria carriera ed una figlia adolescente (Thora Birch) con complessi d'inferiorità.
Un giorno, però, tutto questo cambia: assistendo ad un ballo della figlia organizzato dalla scuola, rimane folgorato dalla bellezza di una delle sue compagne (Mena Suvari), e questo risveglia in lui un orgoglio da troppo tempo sopito. Via via ritrova il gusto di curare il proprio corpo, di mandare al diavolo i propri capi angheriosi e persino di scoprire la falsità del proprio rapporto con la moglie. Nel frattempo, quest'ultima diviene l'amante di un agente immobiliare rampante, mentre la figlia s'innamora del figlio dei nuovi vicini (Wes Benltey), un ragazzo che si mantiene spacciando marijuana all'insaputa dei suoi (un padre, Chris Cooper, colonnello dei marines fissato con la disciplina ed una madre amorfa) e con la fissa della telecamera.
Per una serie di equivoci, Cooper crede che il figlio si prostituisca proprio con Spacey, mentre lui scopre la tresca della moglie, che però non lo tange minimamente: oramai il suo processo di autostima è quasi al culmine, manca solo l'obiettivo finale...

RECENSIONE

Il film non aggiunge niente di nuovo a quanto già detto da altre pellicole: come il sottitolo allude ("look closer...", guarda più vicino), la bellezza si nasconde dietro le cose, non bisogna fermarsi alla apparenze ma scavare alla ricerca dell'essenza, di quell'attimo di vita che contiene in se la meraviglia del Creato.
Questo è un refrain già sentito, che peraltro è un vero portabandiera dell'american-pensiero, ma ciò che è straordinario in questa pellicola è il modo in cui viene raccontato, con un misto di umorismo e dramma perfettamente miscelati, dove i momenti ironici non mancano mai di contenere una vena drammatica se non tragica (inclusa la morte del protagonista, con Bentley che, di fronte al corpo esanime, si pente di non avere con se la telecamera).
In effetti si ride, ma è un riso amaro: il film ci fa sapere da subito che il protagonista morirà, e questo getta una cappa oscura sull'intera storia, che è un sincero (questo sì) spaccato della decadenza non solo americana, ma umana.
I personaggi sono tutti alla deriva, ognuno perso alla ricerca di futili e falsi ideali (il successo, la bellezza, la forza, il sesso incarnato dal mito di Lolita), e solo spogliandosi di tutte le apparenze e arrivando all'essenza del vivere si può coglierne la vera bellezza, come Spacey riesce a fare solo alla fine (e la sua morte assume in questo senso una valenza simbolica).
E forse proprio una telecamera può aiutare in questa ricerca, come quella con cui Bentley riprende ogni cosa gli accade intorno, occhio implacabile e freddo che registra ciò che É e non ciò che sembra, senza il filtro della malizia o della pochezza umana (non per nulla è per un banale equivoco che Spacey perderà la vita), come viene dimostrato in quella che forse è la sequenza più bella del film: la ripresa di un sacchetto di plastica in balìa di un vortice di vento, ripreso da un Bentley folgorato dalla sua primordiale bellezza.
Il film non ha sbavature: la regia è bilanciata e pulita, gli attori sono tutti straordinari (con tanto di cappello a Spacey, sempre più bravo), la sceneggiatura è intelligente, non c'è una scena o una battuta fuori posto.
Come pellicola d'esordio è davvero folgorante per il regista Mendes (c'è solo da sperare che non si rovini nel futuro), ed è forse il film più intelligente degli ultimi anni, quello che Altman non è mai riuscito a fare pur con tutta la sua buona volontà.
Da notare l'incredibile successo al botteghino, dovuto probabilmente più all'aspetto solo in superficie comico del film (e i commenti in sala mi confermano che buona parte del pubblico non lo ha capito).

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