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ESSERE JOHN MALKOVICH
(Being John Malkovich)

1999, USA

VALUTAZIONE 7

Sceneggiatura Charlie Kaufman

Regia Spike Jonze

Interpreti John Cusack, Cameron Diaz, Catherine Keener, Orson Bean, Mary Kay Place, John Malkovich, Ned Bellamy, K.K. Dodds, Don
Byrne Piven, Charlie Sheen, Bill M. Ryusaki, Carlos Jacott, Richard Fancy

Produzione USA Films con Single Cell Pictures, Gramercy Pictures e Propaganda Films

Produttori Steve Golin, Sandy Stern, Michael Stipe e Vincent Landay

Produttori esecutivi Michael Kuhn e Charlie Kaufman

Fotografia Lance Acord

Montaggio Eric Zumbrunnen

Musiche Carter Burwell

Scenografie K.K. Barrett

Costumi Casey Storm

Sonoro Forrest Brakeman

Effetti speciali John Gray, Daniel Radford, Gray Marshall e Gray Matter FX

Trucco John Vulich, Gucci Westman e Optic Nerve Studios

TRAMA

Il nullafacente burattinaio Craig Scwartz, spinto dall'insipida moglie Lotte, trova lavoro come archivista presso una ditta, la LesterCorp, che si trova al settimo piano e mezzo di un grattacielo ("taglio dei costi" si giustifica il presidente), e presto s'innamora di una collega, la caustica Maxine. Fin qui niente di strano, se non fosse che trova nel proprio ufficio, nascosto da un armadietto, una porticina che dà su un lungo tunnel fangoso, il quale termina... nella mente di John Malkovich! Raccontata la cosa a Maxine, quest'ultima ha la trovata di sfruttarla per fare soldi: "mai desiderato essere qualcun'altro?" è il motto della JM Inc., e fanno soldi a palate. Da qui la cosa si fa alquanto complessa: Lotte, provata l'esperienza, desidera diventare un uomo, specie dopo aver vissuto da spettatrice ad un rapporto sessuale fra Malkovich e Maxine, mentre Craig, geloso di Maxine, vuole entrare stabilmente nella mente dell'attore...

RECENSIONE

Come la trama suggerisce, il film pigia molto sul pedale del grottesco, presentando personaggi a dir poco nevrotici e schizzati, inseriti in un contesto in cui l'incredibile sembra quasi quotidiano: l'ufficio al settimo piano e mezzo, con i soffitti alti un metro cui si accede bloccando l'ascensore fra il 7° e l'8°, il tunnel che porta nella mente di Malkovich, la cui assurdità viene subito accettata senza tanti preamboli (e senza i quesiti esistenziali cui lo stesso Craig vorrebbe indulgere), tutto appare normale e, per questo, ancor più grottesco.
E il senso del film sta tutto qui: non c'è alcun senso.
Nessun messaggio, nessuna visione del mondo da offrire, niente di niente: solo il gusto di creare ed esplorare una vicenda assurda, portandola fino ai propri limiti. E il divertimento provato dagli autori è più che evidente: per i gustosi cameo di attori nella parte di loro stessi (uno spassoso Charlie Sheen, Sean Penn ed una fugace apparizione di Brad Pitt) e per gli interpreti, tutti straordinari a cominciare dallo stesso Malkovich che ironizza non poco su se stesso e sulle proprie idiosincrasie.
Il film è divertente, originale, specie nella prima parte, mentre perde di ritmo fino a divenire noioso nella seconda, in cui forse le idee soffrono di alcuni eccessi e perdono di coerenza. La regia, d'altronde, appare alquanto piatta, senza grossi guizzi creativi che avrebbero sicuramente giovato alla pellicola, finendo per appesantirne la cifra grottesca.
Niente riflessioni filosofiche o critiche all'uomo moderno dunque (se non un'allusione a come la gente non riesca ad accettare se stessa), ma il gusto di mettere in scena una trovata originale ed assurda, con l'aiuto di un cast complice e, nel caso di Malkovich, compiaciuto (straodinaria la sequenza in cui l'attore finisce nella sua stessa mente, trovandosi in un mondo in cui tutti hanno il suo viso), che però si lascia prendere la mano e finisce per accartocciarsi su se stessa: forse il cortometraggio sarebbe stato il formato più consono alla storia, ma poi chi l'avrebbe vista?
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