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FANTASMI DA MARTE
(Ghosts of Mars)

2001, USA

Data di uscita nelle sale italiane 07/09/2001

VALUTAZIONE 8

Sceneggiatura John Carpenter e Larry Sulkis

Regia John Carpenter

Interpreti Ice Cube, Natasha Henstridge,
Pam Grier,
Clea DuVall, Jason Statham,
Liam Waite, Joanna Cassidy, Wanda DeJesus, Duane Davis,
Robert Carradine

Prodotto da Screen Gems e Storm King Productions

Produttore Sandy King

Fotografia Gary B. Kibbe

Montaggio Paul Warschilka

Musiche John Carpenter

Scenografia William Elliott

Costumi Robin Michel Bush

Effetti speciali Robert Kurtzman, Howard Berger, Greg Nicotero, Lance Wilhoite

TRAMA

Fra più di un secolo Marte è stato quasi del tutto terraformato, sebbene l'atmosfera sia ancora alquanto rarefatta richiedendo l'uso di integratori di ossigeno e compartimenti stagni quando si accede all'esterno. Anarchico e desolato come può esserlo sola la nuova frontiera, il pianeta racchiude ancora dei pericolosi segreti di cui il tenente Bradford è venuta dolorosamente a conoscenza: sottoposta ad un interrogatorio da parte della gerarchia matriarcale che comanda su Marte, la nostra si ritrova a dover spiegare dove sia finita la sua squadra mandata con lei a recuperare un detenuto, Desolazione Williams, accusato di aver compiuto una strage qualche tempo prima. Attraverso il suo racconto veniamo a scoprire che un'intero complesso minerario è diventato preda di una sorta di follia omicida collettiva, e solo con l'aiuto dei detenuti, Williams compreso, la Bradford ha potuto salvare la pelle e scoprire cosa si nasconda davvero dietro le orribili mutilazioni avvenute in quel luogo.

RECENSIONE

Gli ingredienti del più classico dei film Carpenteriani ci sono tutti: la frontiera, una società oppressiva, l'iper-violenza, l'eroe anarchico e sbruffone, nonchè la programmatica povertà di mezzi ed effetti speciali, tutti rigorosamente artigianali. Niente di nuovo sotto il sole, dunque, nemmeno rispetto alla sua ultima fatica, VAMPIRES, con il quale questo mostra più di una somiglianza: la trama, in effetti, non brilla certo per grande originalità, essendo anzi ridotta all'essenziale per fungere da canovaccio allo svolgimento della storia, e i numerosi buchi narrativi stanno a dimostrarlo. Ma la classe non è acqua, e basta la grande capacità del regista per trasformare un anonimo film d'azione in un piccolo gioiello.
Fatti salvi alcuni scivoloni di sceneggiatura (alcuni scambi di battute al limite del ridicolo e leggerezze narrative come l'assalto al reattore atomico), il film procede come una macchina perfettamente oliata riuscendo in pieno nel proprio scopo di offrire un'ora e mezza (alla faccia dei lunghissimi film moderni) di divertimento: a Carpenter non interessano i messaggi o le interpretazioni sociologiche (per quanto sia del tutto riconoscibile la filosofia dell'autore), ma solo il gusto della narrazione più classica, senza voli pindarici od inutili virtuosismi. Qui siamo dalle parti di DISTRETTO 13, di THE FOG, con un gruppo di persone alquanto eterogeneo che si trova assediato in un luogo ostile e tagliato fuori dall'esterno, con i cattivi-cattivi dalle apparenze inquietanti nella regola che li vuole deformi (e la somiglianza del capo dei "fantasmi" con Marylin Manson pare sia del tutto casuale), ed i buoni costretti nel proprio ruolo dalle circostanze più che da un reale senso di giustizia, fatta salva la consueta vena anarchica che non fa mai male.
Persino nel finale aperto (ma senza desideri di sequel, questo è certo) si nota la mano del regista, cui non interessano le motivazioni, non importa spiegare i perchè ed i percome della vicenda, che viene lasciata volutamente priva di molte risposte: contano i personaggi, la narrazione, la tensione. E sebbene la sceneggiatura, come già detto, non sia certo straordinaria, è perfettamente funzionale allo stile di Carpenter che si permette una "lussuosa" narrazione per flashback, pericolosa ma efficace, ed alcuni stacchi di montaggio retrò davvero efficaci.
Film programmaticamente "vecchio", che sicuramente non piacerà ai più come non è piaciuto negli States, ormai assuefatti a pellicole ipertrofiche e confusonarie che ben poco hanno a che fare con la narrazione pura: ci sono voluti quattro anni perchè il Maestro tornasse dietro la macchina da presa, ma con risultati così può prendersi tutte le pause che vuole...
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