Cenere


Una giovane ragazza madre, Olì , disperata per la propria miseria, conduce il figlio Anania di otto anni alla casa del padre benestante, e lo abbandona.
Allevato a Nuoro dalla moglie del padre, la tenera Tatana, il fanciullo cresce, frequenta a Cagliari le scuole superiori, si fidanza con una ragazza ricca, va a Roma per gli studi universitari. E' però ossessionato dal pensiero della vera madre, la donna perduta: vorrebbe ritrovarla e redimerla in un alto sogno di eroico altruismo, ma al tempo stesso vorrebbe saperla morta, per inserirsi senza vergogna nella vita di successo che sembra arridergli e che, borghesemente, lo alletta.
Finalmente tornato a Fonni, nel paese da dove fanciullo era partito, viene a sapere che la disgraziata madre è viva ed ammalata. In un terribile incontro le manifesta, con rabbia, il suo desiderio di tenerla con sè, rinunciando per lei a tutto; ma la donna, divorata da una sete di sacrificio si uccide, per non condizionare ulteriormente, in senso negativo, l'esistenza del figlio.
Con quel gesto, di cui Anania proverà un grande rimorso, Olì ha permesso che il figlio apprezzasse la pura gioia di vivere, che sentisse la meschinità delle sue passioni, dei suoi odi e dei suoi dolori passati, l'inutile rovello di tante fantasticherie e comprendesse che fra la cenere (simbolo del destino che tutto annulla e polverizza), cova la scintilla della speranza, seme della fiamma luminosa e purificatrice.
Il romanzo, pubblicato sulla "Nuova Antologia" nel 1903 (nn. 187-88 gennaio-marzo) e poi in volume nel 1904 presso l'editrice romana Ripamonti e Colombo, e da cui fu tratto nel 1916 un film interpretato da Eleonora Duse, attesta la raggiunta maturità della scrittrice.
Lo Spinazzola ha sottolineato come la Deledda vi si mostri soprattutto interessata dal dramma coscienziale di Anania nella terribilità dell'identificazione tra la figura della madre e della prostituta: il vero motivo della lunga ricerca di Olì compiuta dal giovane Anania è un inconscio sentimento incestuoso,che si esprime infine nella volontà di sottometterla mascolinamente alla propria supremazia protettiva.
La Dolfi ha dato un'interessante interpretazione in chiave junghiana della "iniziazione" di Anania alla vita: il suicidio di Olì completa la crescita del figlio, opera il distacco dall'identificazione (con la vera madre) a lungo cercata e tanto necessaria e opportuna. Il lettore potrtà riscontrare la complessità tecnica della storia che focalizza nei primi capitoli la protagonista femminile, Olì (il suo aprirsi all'amore, il suo essere madre, il dramma della sua miseria) e nel nucleo centrale fino alla conclusione, il giovane Anania, di cui ricostruisce infanzia, adolescenza e maturità attraverso un rendiconto ordinato delle diverse vicende e dei complessi stati d'animo con cui le ha vissute.
Nella seconda parte del volume, poi, che comincia con il viaggio di Anania a Roma, è anche inserito un breve intermezzo epistolare che informa il lettore sulla corrispondenza fra il giovane e Margherita che porterà alla rottura del fidanzamento.
E' da sottolineare, ancora, la varietà dei personaggi (di rilievo, indimenticabili figure "minori", da Grathia a Tatana i cui racconti suscitano un'emozione fremente, al Carboni; da Zuanne al Daga, a Maria Obinu, al padre di Anania, al brigante) e degli ambienti: i capitoli romani (altri ne torneranno in un successivo romanzo "Nostalgie) ben figurano tra le descrizioni e interpretazioni della città capitale dovute alla Serao, al Fogazzaro, al Chelli, al Del Balzo, al Tozzi e allo Zena, mentre sul paesaggio sardo si sovrappone -come è stato notato da molti critici- il filtro malinconico e nostalgico del ricordo, che ne attenua la asprezze e ne mitifiga l'arcaica solennità. (Si pensi, soltanto, alla presenza del nuraghe nella storia d'amore di Olì.)
La Sardegna (ora che la Deledda è lontana) recupera con forza nella sua ideologia un ruolo formativo e vitale: la piena comprensione e accettazione dalla vita viene ad Anania nel ritorno alla patria e alla casa d'origine, nel viaggio a ritroso che tappa per tappa consuma fino alla vecchia Grathia da cui conosce la verità.
Lo scenario naturale serve all'Autrice per proiettare, riflettere e talvolta anticipare uno stato d'animo:

.."il tramonto lo avvolse mentre egli saliva da Mamojada a Fonni: una immensa dolcezza stendevasi sul grande paesaggio roseo: le ombre che si allungavano e riposavano sul dorato delle stoppie davano l'idea di persone dormienti, e le montagne rosee volevano fondersi col cielo roseo, ove la luna mostrava già la sua unghia di perla.
Anania cominciò a sentirsi meno cattivo; anche la sua anima s'elevava verso un paesaggio mistico e puro..."

La maturità raggiunta dall'Autrice si esplica in un'affinata, minuta, direi anche eccessivamente insistita indagine psicologica, di cui erano carenti i precedenti romanzi.
Si pensi, ad esempio, al diverso modo di analizzare le prime fasi dell'innamoramento in Elias Portolu e in Anania: nell'uno, prendendo semplicemente atto di un evento fatale, oscuro; nell'altro, delibando ogni più sottile moto dal cuore.
Eppure ambedue i giovani avevano l'abitudine di interrogarsi e soffermarsi a meditare dei propri casi, anche se, magari, Anania col supporto di più numerose letture, tra cui il nietzschiano "Così parlò Zarathustra".
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