Cosima, quasi Grazia
(incompiuto)


Cosima è, come si è detto, l'ultima opera della Deledda, pubblicata dopo la sua morte, nella "Nuova Antologia" (ottobre-novembre 1936) per interessamento del Baldini, che ne sottolineò nel titolo Cosima quasi Grazia il carattere autobiografico.
Nel 1937 apparve in volume, per la casa editrice Treves di Milano, col titolo originario Cosima.
Cosima, la protagonista, ha il secondo nome della Deledda. L'Autrice, che scrive in terza persona, ne narra le vicende dall'infanzia alle soglie del matrimonio.
Usando la forma del rendiconto impersonale (e anche alterando i nomi di familiari e amici, o cambiando qualche caratteristica fisica - Fortunio, ad esempio, zoppo nel romanzo, era nella realtà, guercio) la Deledda prende, almeno formalmente, le distanze dai propri ricordi. Le annotazioni del Baldini al volume servono a ricollegare ogni episodio della storia narrata, ai fatti realmente accaduti all'autrice. Ne è nato un modo di leggere il libro senza dubbio utile (alla stesa stregua dell'epistolario) per entrare meglio nel mondo della Deledda e per individuare quanto nella sua narrativa sia stato sollecitato da esperienze concrete di vita. Cosima è pressochè l'unico documento che, pur attrverso la forma romanzesca, consente di ricostruire almeno alcuni momenti salienti della sua vicenda, che fu misera di esperienza diretta del mondo nella misura stessa in cui fu ricchissima, addiritura pletorica, la produzione romanzesca.
Ciò permesso, ci sembra che una lettura in questa chiave, anche se stimolante e curiosa, necessaria a chi voglia conoscere meglio l'Autrice (e non a caso diversi saggi critici e monografie prendono le mosse proprio da Cosima) sia alquanto riduttiva e non renda merito alla complessità dell'opera, costruta su un gioco sottile di allusioni e rimandi: dalla vita vissuta, alla trasposizione letteraria delle altre opere, alla finzione autobiografica; dai sentimenti veramente provati, a quelli realmente immaginati, a quelli inventati; dalla terza persona usata da un autore onniscente che riferisce con ordine, variando l'interpretazione dei fatti a seconda del personaggio cui li rapporta, alla terza persona di chi vuole celarsi al lettore, ma riferisce tutto dal proprio punto di vista esclusivo, all'improvviso affiorare di un'inquietante e rivelatrice ammissione di autobiografia: "La casa più importante è però quella abitata dal canonico, di fronte alla nostra."
Si capisce allora come possano coesistere (o volutamente siano stati giustapposti) modi diversi di descrizione. Le prime pagine del libro, ad esempio, delineano la casa paterna di Cosima: l'indugiata attenzione ai particolari inventariati disegna fedelmente l'ambiente e le abitudini familiari, in una notazione oggettiva, in una fotografia che non ha sfruttato neppure gli effetti di luce o la sapienza delle inquadrature. La presentazione della protagonista è rimandata, a differenza di quanto avvviene in altri romanzi, appunto dalla ricostruzione dello scenario in cui finalmente si inserisce:

"..A quel portone, una mattina di maggio, si affaccia una bambina bruna, seria, con gli occhi castanei, limpidi e grandi, le mani e i piedi minuscoli, vestita in un grembiule grigiastro...."

Poco più avanti, un'altra descrizione appare invece condizionata da un'esigenza interiore, forte, di conoscersi e analizzarsi, in un'affinata recherche:

"...nella mensola di sotto c'erano stoviglie [...]. Fin qui il dito di Cosima poteva arrivarci, ma solo il dito, per sfiorare una rosellina sul chiarore di una porcellana, come si sfiora una rosa vera che è proibito di cogliere; poi la tenda ricade, come un sipario, su quell'altare, su quel giardino..."

E seguono altre osservazioni, di carattere erudito, a spiegare qualche usanza locale; e, ancora, qua e là, alcuni passi tentano di smorzare nell'ironia ricordi ancora scottanti.
A proposito delle maligne supposizioni di parenti e benpensanti sull'avvenire torbido della giovane scrittrice, c'è questo commento:

"..la voce del Battista che dalla prigione opaca della sua selvaggia castità urlava contro Erodiade, era meno inesorabile..."

E quest'altro, impietosamente, sdrammatizza la prima esperienza sentimentale:

"..è Fortunio: sarebbe stato più in carattere con la chitarra a tracolla, come un trovatore sceso appunto dai boschi d'elci che circondavano gl'illusori castelli dell'orizzonte: ad ogni buon fine aveva ancora il libro in mano..."

Il lettore che vorrà tener conto dell'alternarsi dei registri espressivi troverà il testo inquietante, misterioso, ricco di fascino: adatto ad una vicenda esistenziale solo apparentemente semplice.
Perchè misteriosa è la storia di Cosima che spinte arcane guidano nelle scelte di vita; perchè frutto di un magico incantesimo tutto da svelare è la sua vocazione letteraria che risponde ad una primitiva tendenza a fantasticare e immaginare.
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