L'edera


Il romanzo, edito a puntate sulla "Nuova Antologia" nel gennaio e nel febbraio del 1908, uscì anche in volume nello stesso anno per la "Biblioteca romantica" della rivista che lo aveva lanciato.
Nel 1912 l'Autrice ne allestì, con la collaborazione di C. Antonia Traversi una riduzione per il teatro. Una forte isprazione religiosa, romantica, appunto, il senso misterioso del peccato e della colpa, l'allucinata ricerca di un castigo, comune a molta letteratura decadente italiana e straniera ( da Fogazzaro, a Dostoevskij, a D'Annunzio) predominano nella seconda parte del romanzo, mentre la parte iniziale sembra attenersi ai temi consueti della narrativa verista: l'indagine su una decadenza economica, il determinismo fatalistico nella successione degli eventi, il vincolo dell'individuo al prorio ruolo sociale, oltre al documento di un certo tipo di vita regionale.
La trovatella Annesa, figlia d'anima, è stata accolta a Barunei dalla nobile famiglia Decherchi. Da molti anni vive attaccata (come l'edera, appunto: e la simbologia ricorre in molteplici, svariate similitudini nel corso del romanzo)ai suoi benefattori: legata da una segreta relazione amorosa con Paulo, l'ultimogenito, vedovo e padre di una bambina infelice, ne condivide le preoccupazioni economiche: Se infatti non verranno pagati i creditori, si sarà costretti a vendere l'ultima tanca e forse anche la casa. Paulo, che per la sua vita dissipata e oziosa è il principale responsabile del dissesto, cerca senza troppe speranze un nuovo prestito e minaccia di suicidarsi.
Annesa, disperata, porta a termine la diabolica tentazione di uccidere un ricco malato d'asma che i Decherchi ospitano in casa, con la speranza del'eredità. Il delitto, eseguito in una notte di tempesta, quasi per obbedire ad una fatalità imperiosa, partecipa dell'allucinante potenza degli assassini di Dostoevskij.
Al raccapriccio e al rimorso si aggiunge nella donna la triste consapevolezza dell'inutilità del suo gesto, sia perchè Paulo aveva finalmente trovato il prestito, sia perchè il vecchio Zua proprio il giorno prima di morire aveva dato disposizioni per salvare i parenti dalla rovina. Sconvolta, anche perchè tutti i Decherchi sono stati arrestati per il sospetto di omicidio, Annesa fugge febbricitante sulle montagne e trova asilo nell'ovile del vecchio e saggio zio Castigu; per le severe e pietose parole di un santo sacerdote, prete Virdis, decide, pacificata con se stessa, di espiare la colpa, castigandosi da sola, lasciando il paese e l'uomo amato e andando lontano a servire. Dopo anni e anni, a conclusione della vicenda, una nuova, ancor più dura forma di espiazione, quasi a suggello di una fatalità estrema, la farà ritornare a Baraunei e condividere, sposa di Paulo, l'ultima decadenza e miseria dei Decherchi.
Alla ricercatezza di una scelta letteraria ispirata a differenti modelli, corrisponde un suggestivo registro espressivo, che riesce a giustapporre l'essenzialità oggettiva del rendiconto verista alla complessità di un'interpretazione lirico-simbolica, carica di richiami arcaici e misteriose impressioni. Come nel brano che segue, riferito alla protagonista:

"..Uscì nell'andito, spalancò la porta che dava sull'orto e sedette sullo scalino di pietra.
La notte era calda e tranquilla, rischiarata appena dal velo biancastro della via lattea e della stelle vivissime. Davanti ad Annesa l'orto, nero e taciturno, odorava di pomodoro e di erbe aromatiche; e il profumo del rosmarino e della ruta ricordava la montagna, le distese selvagge, le valli primordiali coperte di macchie e arbusti che circondavano il paese. In fondo all'orto cominciava il bosco, dal quale emergeva la montagna, col suo profilo enorme di dorso umano disteso sull'orizzonte stellato: i grandi alberi neri erano così immobili e gravi che parevano rocce..."

o, più avanti, a proposito di Paulo in viaggio alla ricerca del prestito:

"..La chiesetta precedeva di un centinaio di metri il paese, e sorgeva in mezzo ad un campo arido, sparso di cumuli di pietre, di rocce sovrapposte, di massi che formavano circoli, coni, piramidi . Pareva che un popolo primitivo fosse passato in quel campo, tentando costruzioni che aveva poi abbandonato incomplete: tutto era silenzio e desolazione..."

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