Elias Portolu


La reclusione in un penetenziario del continente ha reso Elias diverso dai fratelli: è gracile, pallido, più esperto, abituato a riflettere. Tornato in famiglia, ha ripreso l'usuale ritmo di lavoro nella tanca, dove, col padre e il fratello Mattia sorveglia gli armamenti nei pascoli montani. Un altro fratello, Pietro, si occupa della casa di Nuoro insieme alla vecchia madre. E' fidanzato con Maria Maddalena.
Ai primi di maggio, per sciogliere un voto fatto da Elias, tutta la famiglia Portolu va con altri paesani al santuario per la novena di san Francesco.
L'Autrice descrive minutamente (con insistenza maggiore di quanta non ne avesse usata ne "Il vecchio della montagna" ) il cerimoniale del pellegrinaggio, la selvaggia cavalcata

"...Una grande allegria era in tutti. Alcuni spronavano ogni tanto i cavalli, slanciandosi in un agile galoppo, poi ad una corsa sfrenata, arrovesciandosi un pò indietro, emettendo grida selvagge di gioia. Elias li seguiva con occhio fisso, e il suo viso si illuminava; anche lui aveva voglia di gridare; sentiva un brivido per le reni, un istintivo ricordo di corse lontane, un bisogno di slanciarsi ancora all'agile galoppo, alla corsa inebriante e libera..."

la dura salita, l'arrivo al santuario, la sistemazione delle famiglie dei fondatori della chiesa nella "cambissa maggiore", la vita gaia di "quella specie di clan pacifico e patriarcale".
In quei giorni Elias, suo malgrado, si innamora di Maddalena. La passione che egli considera incestuosa, gli provoca un ribrezzo, "un'angoscia confusa, febbrile, un desiderio di mordersi i pugni, di gridare, di gettarsi per terra e piangere."
Il romanzo propone quindi, la consueta conflittualità tra desideri e divieti, che è tipica di tutta la produzione narrativa deleddiana, e che risponde alla schematizzazione dell'universo primitivo propria dei saggi antropologi freudiani. Uno dei più importanti divieti è quello, appunto, che riguarda l'incesto, inteso come desiderio sia per una consanguinea, sia per una donna che in qualche modo appartenga a un gruppo uguale e omogeneo.
Debole di carattere, incapace di affrontare la realtà ("la corsa inebriante e libera") Elias non trova il coraggio di seguire i consigli di zio Martinu, un saggio anziano, il "padre della selva" che gli aveva suggerito di far valere i diritti del suo autentico sentimento, parlando cn il fratello e sposando lui, la donna. Né d'altra parte è forte abbastanza per resistere alla tormentosa passione. L'unica soluzione che riesce a concepire, quasi per autopunirsi, è la rinuncia, che si concreta nella decisione di entrare in seminario, nonostante il legame che sempre più lo unisce a Maddalena che lo ha reso padre.
Dopo alcuni anni (e la storia precipita in un addensarsi di avvenimenti, dovuti, forse, alla composizione "a puntate" per la "Nuova Antologia") , pur avendo la possibilità di sposare la donna rimasta ormai vedova, Elias continua, non senza conflitti e sofferenze, nella via che ha scelto, quella della rinunzia e dell'autopunizione, e pronuncia i voti sacerdotali.
Anche in questa opera, poi, la morte di un innocente (il figlioletto di Elias e Maddalena) servirà, come un olocausto, a ripristinare l'ordine morale infranto e a restituire la pace alla coscienza di Elias:

"...Finalmente, finalmente era solo col suo bambino; nessuno più poteva toglierlielo, nessuno più poteva mettersi tra di loro. E sul suo infinito accoramento sentiva calare un tenue velo di pace, e quasi di gioia -simile alla vaporosità di quella misteriosa notte autunnale- perchè l'anima sua si trovava finalmente sola, purificata dal dolore,sola e libera da ogni umana passione, davanti al Signore grande e misericordioso..."

Una Sardegna arcaica, fedele alle tradizioni, ferma nel ripetersi di antichi riti agresti si offre al lettore che familiarizza con certi intensi scorci di paesaggio, con gli interni domestici meticolosamente ordinati, con la solida fatica dei pastori.
Ciò nonostante, i tabù che la scrittrice verifica non sono più quelli variabili, connessi ad una sola classe sociale, in un determinato periodo storico, ma quelli reali, esplosivi, eternamente presentatisi, della società e della psiche. Il dramma dibattuto prescindeva dall'esistenza di una qualunque cultura (antropologicamente intesa), per colpire un fondo lontano e identico di disperazione, passione, peccato, sì da interessare e coinvolgere un vastissimo pubblico, anche europeo.
Uscito a puntate, come si è detto, sulla "Nuova Antologia" dall'agosto all'ottobre del 1900, "Elias Portolu" fu pubblicato a Torino nel 1903 da Roux e Viarengo.
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