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Lo Stadio Olimpico: come era e com'è

di Stefano Boldrini

È stato la fabbrica di San Pietro dell'Era moderna: dovevano ristrutturarlo al costo di 80 miliardi, alla fine i costi sono stati triplicati: 233. Il marchio di mangiasoldi è nei cromosomi: la manutenzione mensile assorbe 1 miliarduccio al mese. Ha, questo sì, la copertura più grande del mondo, tutta in teflon, 42 mila metri di tensostruttura con uno sbalzo di quasi settanta metri, che i progettisti copiarono da un modello dell'aeroporto di Abu Dhabi: salvo poi scoprire che la storia della copertura degli stadi fu un'invenzione italiana per aumentare il business delle imprese. Il progetto per il rifacimento fu presentato il 10 aprile 1987 e, secondo le previsioni, doveva essere completato entro il 31 maggio 1988: in realtà, fu ultimato quando le squadre stavano per scendere in campo nella prima partita dei Mondiali di Italia '90, quelli delle notti magiche che divennero tragiche quando gli azzurri furono battuti in semifinale, ai rigori, dall'Argentina.



Stadio Olimpico, naturalmente. Ha 46 anni e gli hanno rifatto il look nemmeno come la più siliconata delle siliconate. È nato il 17 maggio 1943, era una domenica, e l'Italia per la festa organizzò un'amichevole con la grande Ungheria. Un laziale (il portiere Sentimenti IV) e cinque romanisti (Bortoletto, Grosso, Venturi, Pandolfini e Galli) in omaggio alla diplomazia: davanti a ottantamila spettatori, vinsero 3-0 i magiari, doppietta del colonnello Puskas e gol di Hidegkuti, quello che inventò la variante del "centravanti arretrato". Riveduto e corretto, soprattutto costoso, rivide la luce dopo un anno di ritiro dalle scene (Roma e Lazio disputarono le partite del campionato 1989-90 al Flaminio) sabato 9 giugno 1990, ore 21, partita Italia-Austria 1-0: 72.303 spettatori paganti, 800 giornalisti, il solito migliaio di imbucati e gli occhi spiritati di Totò Schillaci che al 79' fece gol ed evitò che la festa andasse di traverso al Belpaese. Sono passati nove anni e l'Olimpico non piace più. Roma e Lazio, per esigenze economiche, vogliono uno stadio tutto loro: quando si va in Borsa (la Lazio è stata quotata il 6 maggio 1998, la Roma lo sarà nel Duemila) è importante avere un patrimonio immobiliare. La Lazio ha prima espresso il desiderio di acquistare il Flaminio o di averlo, al limite, in concessione poi ha rilanciato l'idea di uno stadio tutto suo, zona Bufalotta. Anche il presidente romanista Sensi ha riportato in auge quello che fu il cavallo di battaglia di Dino Viola, lo stadio di proprietà. Il presidentissimo ebbe l'ispirazione in una mattina del 1986 mentre stava in bagno davanti allo specchio a farsi la barba. L'idea era buona, anzi ottima, purtroppo Viola aveva anticipato i tempi di almeno dieci anni. Allora si disse "Viola vuole costruirsi lo stadio tutto per sé per mangiarci sopra", oggi gli stadi di proprietà sono l'ultima moda. Viola propose di realizzarlo in un primo momento alla Magliana, poi, quando gli risposero che la Magliana è nella zona Ovest della capitale e invece il futuro era ad Est (in omaggio al cosiddetto Sdo, Sistema Direzionale Orientale), rilanciò con il progetto della Romanina: bocciato anche quello. Non piace, l'Olimpico, non solo perché divora soldi (Roma e Lazio per usufruirne devono pagare l'affitto), ma anche perché è scomodo, perché quando ci sono le partite che contano il traffico impazzisce, perché la pista d'atletica fa a cazzotti con la visione dello spettacolo calcistico.



Altro capitolo, quello della pista: la rifecero per i mondiali di atletica del 1987 ed è ormai da buttare. Mette a rischio l'organizzazione del Golden Gala del 2000: per dire a che punto siamo arrivati. Il problema angosciante dell'Olimpico è stato però un altro: quello della sicurezza. Per anni (e tuttora) ha avuto in tal senso un'agibilità provvisoria: c'era il problema delle vie di fuga per gli automezzi. Luigi Cimnaghi, da pochi mesi direttore degli impianti sportivi del Coni, spiega che il problema è in via di risoluzione: "È stato individuato un piano tecnico. I mezzi di soccorso passano per la porta principale, quella usata dai pullman delle squadre. Costeggiano il bar del tennis, dove è stato ordinato lo sgombero dei parcheggi e prendono la salita che da su villa Ruggeri. C'è anche la volontà di risolvere il problema dello sfollamento lungo l'anello superiore. Bisogna però creare i varchi, perché ci sono le quattro barriere di vetro tra curve e distinti che ostruiscono il passaggio. Teniamo sotto controllo anche il sistema d'allarme antincendio. Di questo stadio non si può che essere soddisfatti, per me è il più bello del mondo. I costi di manutenzione? Sfido chiunque a spendere di meno nella gestione di un impianto come l'Olimpico". Il peccato originale è nella proprietà. L'Olimpico sorge sul terreno del demanio, è quindi di proprietà del Comune anche se in pratica c'è una comproprietà Comune-Coni. Per renderlo appetibile dal punto di vista economico, dovrebbe innovarsi nel senso moderno del termine. Dovrebbe aprirsi alla città: ristoranti, negozi, attività commerciali, culturali, artistiche e sportive. Ma in un paese che sta mandando al macero il Velodromo dell'Eur, non c'è da sorprendersi se uno stadio Olimpico inserito nella vita quotidiana della città e non estraneo è un'utopia.