Questo mese in edicola
   
rossoegiallo.com
  Inchieste


 

AS Roma Ultras

di AS Roma Ultras - Apr.2001

Oggi sarebbe fin troppo semplice, quanto inutile forse, raccontare ancora una volta le splendide gesta che la nostra squadra sta compiendo in tutti gli stadi di Italia. E poi questo lo lasciamo fare a chi è sicuramente più competente di noi, non volendo né sapendo essere presuntuosi di parlare di cose che non conosciamo in maniera approfondita. Schemi, tattiche e moduli non fanno parte del nostro glossario ultras.

Scaramanzia
La Roma continua comunque la sua inesorabile marcia in vetta alla classifica e quel sogno chiamato tricolore, che noi tutti stiamo aspettando dal lontano 1983, quest'anno come non mai sembra essere proprio lì, dietro l'angolo… così vicino ma lontano, e certe volte fa impressione pensarci. È tuttavia giusto rimanere con i piedi per terra, consapevoli però di non essere più la Rometta, quella abulica squadra da centro classifica e senza ambizioni; quella squadra che già a marzo di ogni anno si trovava nell'impossibilità di centrare alcuno degli obiettivi di inizio stagione. È giusto prendere atto che noi siamo la Roma, che noi siamo Roma! Mettiamo da parte ogni scaramanzia, che non ci appartiene come mentalità! Siamo la Curva Sud di Roma e non una curvetta di qualche altro stadio, cerchiamo di non dimenticarlo. Oggi il nostro sogno può legittimamente essere coltivato e, senza paura, può anche essere svelato: si chiama Tricolore! Non è una certezza, anzi continua a rimanere un sogno, ma oggi a differenza di ieri ci sentiamo di poterne almeno parlare; non si può più arrossire nel pronunciare il suo nome, nella convinzione che almeno quest'anno - ed a questo punto della stagione - siamo noi a poter accampare le maggiori pretese in merito. È un sogno, lo ripetiamo, e niente più, ma almeno lasciateci sognare senza alcuna scaramanzia. Porta male pronunciare quella parola? Dài, non giochiamo! Basta con le corna e con i fischi quando intoniamo il coro che termina con le parole "vinceremo il tricolor": questo coro ci appartiene da sempre, è un coro che augura la vittoria finale, che celebra la nostra fede e la pazienza per l'auspicato risultato. Se non lo cantiamo ora, ci chiediamo, quando potrà essere urlato senza timore di ricevere fischi o di vedere 15.000 corna alzate al cielo? Forse quando la matematica non lascerà più alcun dubbio? Troppo facile, senza poi considerare che allora dovremmo riadattarlo da "vinceremo il tricolor" a "abbiamo vinto il tricolor". Noi non stiamo celebrando alcuna vittoria, convinti come siamo che c'è ancora tantissimo da dover lottare con grinta e con cattiveria; noi non siamo quelli che sono andati solo pochi mesi fa a festeggiare - non si sa bene cosa - a Trigoria. Semplicemente invitiamo tutti a non aver paura della vita ed a continuare la marcia, così, a muso duro e senza tanti fronzoli. Crediamoci! Umili ma combattenti, mai domi, come è scritto nella nostra storia, come è leggenda. Non dobbiamo aver paura di essere quello che siamo, abbiamo una curva unica al mondo che sta tornando, anche grazie a questi splendidi risultati, ai livelli che le competono, nonostante una repressione sempre più dura ma che non ci vedrà mai vinti.

Mentalità
E qui si può agganciare il discorso sulla mentalità. Nella consapevolezza di essere ormai una delle maggiori potenze del calcio europeo, felici e concentrati, chiudiamo gli occhi e ci immaginiamo gli inimitabili ed irripetibili tempi di Campo Testaccio, riviviamo l'Olimpico vecchio, il parterre, gli Anni Ottanta. Immagini irraggiungibili, vero, ma si sa che tutto passa, che il calcio è cambiato (Dio che luogo comune, questa affermazione), una cosa però è certa: chi non è mai cambiato, rimanendo fedele sempre ai colori, in ogni parte d'Italia, subendo attacchi e cariche ingiustificati, ricevendo denunce, diffide, superando viaggi lunghissimi in condizioni avverse, siamo noi, passionali, unici, inimitabili fuori e dentro lo stadio, grazie alla nostra indelebile fede ed al nostro amore verso quei colori che racchiudono molto di più di una semplice partita di calcio. Testimoni di colori che hanno una storia millenaria, di una tradizione e di una cultura uniche al mondo.
Quest'anno, numericamente parlando, c'è stato un seguito che ha dell'eccezionale: siamo passati dai 18.000 di Perugia, ai 15.000 di Bologna, via via fino ai 12.000 di Milano sponda Inter e 8.000 sponda Milan. Ma queste trasferte, sono state vere trasferte per tutti i presenti? Noi ci siamo sempre stati, a prescindere dai risultati favorevoli o non. Oggi, invece, troppo spesso questi esodi di massa hanno coinciso con allegre gitarelle domenicali, insomma un modo alternativo per passare il giorno festivo... no, no, no! È facile, troppo facile, adesso, andare in trasferta in 15.000 perché sta andando tutto bene, vantandosi poi il giorno dopo davanti agli amici di essere stati a Milano o Bologna; troppo facile tirare oggetti alle forze dell'ordine (?!?) e darsela alla loro prima reazione per poi dire di aver fatto scontri con le guardie; troppo facile cantare e tifare solo quando si segna o si vince. Dove erano tutti questi quando noi ultras eravamo a Bergamo in Coppa Italia o a Brescia dopo la sconfitta di Milano con l'Inter?
Aggiungiamo poi che fra questi c'è sempre qualche sciacalletto che si diverte a saccheggiare autogrill o ad infangare in altra diversa maniera il nome di Roma. Beh, da tutti questi - nel momento in cui la Roma sta marciando alla grande - noi ci dissociamo... abbiamo sempre seguito la Roma tra sofferenze, delusioni, promesse non mantenute e specialmente in ogni luogo e situazione. Non ci faremo rovinare questo momento magico da chi non merita il nome che rappresenta, da chi è semplicemente "occasionale", di passaggio! Noi continuiamo per la nostra strada, sicuri di fare il nostro dovere non di tifosi, ma di romani, così, senza falsa modestia né scaramanzie.