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  Inchieste


 

PETRINI RIAPRE IL CASO BERGAMINI

di Daniele Lo Monaco - Set.2001

Carlo Petrini, qualche tempo dopo. Passata una buona estate? "Non c'è estate e non c'è inverno, per me. C'è il tempo che scorre e io che non mi rassegno". Al tempo? "No, alle ingiustizie". Per questo avevi scritto quel magnifico libro, Nel fango del dio pallone. Uno dei successi letterari della scorsa stagione nel quale ripercorrevi le tappe esaltanti ma anche le tappe più amare della tua lunga carriera di calciatore (è stato centravanti della Roma nel 1974-75), tra allenatori stravaganti e dirigenti malavitosi, tra sesso e festini, tra gol e infortuni, tra doping e partite truccate. Un pentimento tardivo, secondo alcuni. Comunque un pentimento, secondo noi. Oggi, oltretutto, la tua battaglia sul doping è quanto mai di attualità. "Tutto vero. Così ho pensato di andare avanti su questa strada". È per questo che siamo qui, giusto? Sappiamo da tempo che stavi lavorando ad un altro libro. Lo avevi confidato anche ad alcuni lettori di rosso&giallo che te lo avevano chiesto. "Sì, ora il libro è pronto. Esce a fine settembre. Sempre con le Edizioni Kaos". Ma tu non puoi parlarne troppo. "Ho un accordo con l'editore. Finché il libro non uscirà non possiamo svelarne i dettagli". Anticipa almeno ai tuoi lettori di che cosa si tratta. Non tratta vicende relative alla tua carriera da giocatore. "No, il titolo è "Il calciatore suicidato", sottotitolo "La morte senza risposte di Donato Bergamini". Incuriosito da un caso che non conoscevo (all'epoca dei fatti ero in Francia, chi ha letto il mio primo libro ricorderà), sono andato a spulciare un po' di carte e di vecchi giornali e più approfondivo più usciva polvere. Così, insieme con la casa editrice, siamo andati molto a fondo. Ed è uscito di tutto. Una brutta storia di malaffare legata al mondo del calcio che ha lasciato un martire per strada. Sono sicuro che scoppierà un casino quando uscirà. Ne riparliamo a fine mese". Per chi non ricorda il caso trattato non troppo a lungo sui giornali, si tratta del presunto suicidio del ventisettenne calciatore del Cosenza Donato Bergamini, avvenuto sulla Strada Statale 106 Ionica il 18 novembre 1989 alle ore 19.30. Secondo la ricostruzione effettuata dall'unica testimone, Isabella, una diciottenne con cui Bergamini aveva una relazione, Donato, dopo aver parcheggiato la sua macchina e di fronte alla ragazza sbigottita, si sarebbe suicidato al culmine di una furiosa lite con lei lasciandosi travolgere da un camion Iveco 180 carico di 138 quintali di mandarini e guidato da Raffaele Pisano che quel piovoso pomeriggio passava su quel tratto di statale. Ma da quel che emerge dalla lucida ricostruzione dei fatti, dalla rilettura degli atti del processo culminato con un nulla di fatto, dalle interviste al papà del ragazzo morto e ad altri noti e meno noti personaggi del mondo del calcio in qualche misura coinvolti nei fatti, quella sera le cose andarono in modo diverso. Carlo Petrini scopre un'altra pentola ribollente del mondo del calcio mostrando una volta di più le sue doti di brillante narratore al servizio della verità. Il suo puntuale e documentato lavoro di ricerca lo porta a sconvolgere verità frettolosamente acquisite e a squarciare con rinnovata decisione il velo di omertà che da sempre accompagna il mondo del calcio. Nell'attesa di poter leggere il libro, giova ricordare i protagonisti che quella vicenda hanno vissuto da vicino e che, inevitabilmente, tra pochi giorni saranno nuovamente chiamati in causa. Quel Cosenza, reduce da un brillante quarto posto la stagione precedente in serie B e curiosamente naufragato fino ai margini della retrocessione in quel campionato cadetto, era allenato da Luigi Simoni e tra i più noti compagni di squadra del povero Bergamini c'erano Castagnini (poi ds del Genoa), Venturin, Marulla, Muro e soprattutto Michele Padovano, il più intimo amico di Donato. Tutti, in un modo o nell'altro, sono chiamati in causa da Petrini. E chissà che non saranno chiamati in causa anche da qualche sollecito e attento magistrato.