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I ragazzi di Cafu

di Dario Castaldo - Ott.2001

Male che vada, qualcuno cadrà nella trappola della saudade. Oppure dovrà riprendere la strada di casa, perché ritenuto non all'altezza o peggio per il classico infortunio sul più bello. Comunque vada, avranno tutti avuto l'opportunità di dare una svolta alla loro carriera, e metteranno in valigia un'esperienza professionale e di vita a diecimila chilometri da casa. Bene che vada, diventeranno calciatori e da calciatori vivranno in Italia. Sono i ragazzi di Cafu, quelli che il capitano della Selecao aiuta a far giocare sui rettangoli spelacchiati della serie B brasiliana e cui poi regala nel vero senso della parola l'occasione di sfondare lì dove il fùtbol diventa fabbrica di sogni miliardari e i migliori guadagnano cifre a nove zeri, non a cinque. L'idea è di quelle partorite dalle pieghe della vita: per passare dalla torcida di San Paolo alle composte platee europee, Cafu ha dovuto aspettare 24 anni e un Mondiale vinto. E a Saragozza, dove è atterrato il suo primo aereo, a dispetto di quel sorriso perennemente stampato sul viso, si è trovato così così ed ha preferito il rientro in patria. Insomma Marcos Evangelista de Moraes lo sa che per sfondare nel calcio del vecchio continente non basta la classe: "Di Ronaldo ce n'è uno solo. Per tutti gli altri ci vuole fortuna e bravura. Arrivare in Europa è come saltare in un altro mondo, c'è bisogno di qualcuno che ti dia una mano e ti sappia consigliare". E lui, che ha mezzi economici, esperienza e conoscenza dell'ambiente, ha deciso di mettersi al servizio dei suoi giovani connazionali, di fare quello che può. Un po' come quella facoltosa signora di Rio de Janeiro che ha recentemente strappato alla strada un ragazzo delle favelas prima di regalargli la possibilità di studiare nel balletto di Maurice Béjart, a Losanna, per farlo diventare il Pelé della danza. Né business nè mecenatismo; nel clan del Pendolino la si definisce beneficenza, senza allontanarsi troppo dalla realtà. Una fondazione, che di Cafu porta il nome, finanzia in Brasile una serie di attività benefiche e sovvenziona due società di calcio, il Timbo - Stato di Santa Caterina, a metà strada tra San Paolo e Porto Alegre - e il Cascavel - nel Paranà, a due passi dalla frontiera con il Paraguay. Squadre minori, serie B brasiliana, ma nelle quali i talenti - del resto sono carioca - non mancano. Garantisce Joao Batista de Souza, 14 anni fa primo maestro di Cafu, che ha svezzato tra gli altri Ze' Maria e Juarez e adesso fa da presidente, osservatore e consulente tecnico di Timbo e Cascavel. Una telefonata: "Marcos, qui ho dei ragazzi che sono davvero bravi" e da marzo l'idea si trasforma gradualmente in progetto, con l'apporto logistico dell'amico-manager romano Ivano Antonelli. I compiti e ruoli sono definiti: Batista ha carta bianca nella scelta degli elementi più promettenti, Antonelli propone i giocatori alle società italiane, Cafu si occupa del supporto economico. "Non è un investimento che deve rendergli - spiega Ivano, 39 anni, ex dipendente dell'Italgas ed oggi factotum del Pendolino - ed è presto per dire che sia questo il suo futuro. Per adesso è solo un'opera meritoria per la quale Marcos non vuole neanche farsi troppa pubblicità". Il primo gruppo di 15 ragazzi, dal sedicenne Paulista al ventiquattrenne Cal, è atterrato in Italia a giugno ed è stato sistemato in un albergo di Fiumicino in attesa di sviluppi. "Siamo qui a vostra completa disposizione" ha detto Cafu, ascoltato come un padre, alla cena di benvenuto per gli aspiranti campioni. Che lo hanno preso alla lettera, alzando il telefono per ogni problema. Una prima amichevole organizzata con il Perugia, poi una con il Frosinone, infine contro una rappresentativa del Tor di Quinto. Invitato speciale Zdenek Zeman, che ha subito messo gli occhi su tre elementi del gruppo: i difensori Junior e Aranha sono finiti rispettivamente in Belgio e ad Avellino, mentre Anderson Rodney de Oliveira - detto Babu, ruolo attaccante canhoto, sinistro - ha colto al volto l'opportunità ed ora veste la maglia della Salernitana. Maglia numero tredici. Contratto tutto da discutere, per ora Aliberti gli riconosce solo un cospicuo rimborso spese. Ma se il campionato di B confermerà le impressioni del mister boemo, Babu potrebbe aver dato una sterzata alla sua esistenza. A due mesi dal ventiduesimo compleanno e grazie a Cafu. "Gli inizi in una realtà così diversa da quella brasiliana - spiega il laterale campione d'Italia - sono complicati. Per questo stiamo vicini a questi ragazzi finché non cominciano a camminare con le loro gambe: ti accorgi che la situazione migliora quando non ti chiamano per due giorni di fila". Non a tutti, però, è andata bene come a Babu. Alex Soares de Santos, per esempio, ha provato con l'Avellino e con la prima amichevole si è guadagnato i titoli dei giornali per due gol ed un assist. Ma, incognite del calcio, non gli sono bastati per convincere la società irpina ed è finito a Terracina, dove guadagna comunque 5 volte di più di quanto percepiva in Brasile. E se il litorale laziale non è proprio Copacabana, insomma non è il massimo per mettere il bavaglio all'inevitabile nostalgia, come primo approdo italico si può accettare con il sorriso. Benino è andata anche a Weldon Moreira de Carvalho, soprannominato Goiano e considerato un mini-Cafu per ruolo e caratteristiche tecniche, finito pure lui a Terracina, ad Alexandre Duarte Silva, che a 17 anni si è accasato con il suo sinistro di velluto a Latina, e a Fabiano, che è stato ad un passo dal giocare nell'Aquila prima di essere dirottato all'Astrea di Desideri. Male è andata ad Aranha, che è passato dai complimenti di Zeman al ritiro con l'Avellino ed il primo giorno ha fatto i bagagli per il Brasile con un ginocchio malconcio, e ai due sedicenni - Juva e Caue - che hanno colpito positivamente De Rossi ma non sono riusciti ad emergere tra gli Allievi romanisti. Non hanno lasciato il segno neanche Adeilton e Jackson, che hanno provato con Frosinone e Torres prima di tornare a casa assieme a Cabeçao, Cal, Dodo e Paulista. Mentre Junior è finito in Belgio, ma pare che non sia entusiasta della sistemazione, del clima e della penuria di connazionali. "Comunque - assicura Batista - il migliore deve ancora venire. E' un difensore centrale di 25 anni e si chiama China. Non è arrivato prima solo perché leggermente infortunato, ma è fortissimo e lo proporremo alla prima squadra che avrà bisogno di un rinforzo nel reparto. E stavolta andremo direttamente da una società di serie A". A voler fare i conti in tasca al Pendolino, fino ad ora sono circa 200 i milioni a fondo perduto sborsati per le cause di Babu e compagni. E non è finita, visto che i confini dell'iniziativa sono ancora inesplorati: più i ragazzi di Cafu avranno successo in Europa e più saranno i giovani che busseranno alle porte di Timbo e Cascavel per ottenere un provino, i procuratori che vorranno mettere le mani sul potenziale affare e le società che ambiranno a fungere da serbatoio di talenti in Brasile. "È immaginabile che le cose vadano così - conferma Antonelli - ma per adesso ci limitiamo ad aiutare chi possiamo, e Marcos non pensa a trasformare questo progetto in un affare da far crescere a fine carriera". Perché adesso Cafu pensa solo a fare il calciatore. E mentre si aggrappano al suo mito sognando di imitarlo, i suoi ragazzi possono solo dirgli grazie. E ammirarlo mentre scorrazza sulla fascia come un eterno ragazzino.