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  Inchieste


 

A scuola con Totti

di Chiara Santucci - Feb.2002

17 Gennaio, Via Trionfale: eccomi qua, ed ecco la scuola in cui si svolgerà "l'incontro", l'Istituto Tecnico Industriale E. Fermi. Non ho bisogno di guardare il numero civico o il nome che campeggia sulla facciata dell'edificio. Basta un'occhiata al caotico e incredibile assembramento di gente che quasi invade anche la strada e capisco di essere arrivata. Mi tremano un po' le gambe, a dire la verità, ma la voce è ferma quando mi presento al simpatico (!) tizio che presidia l'ingresso: somiglia a Leone Di Lernia in giacca e cravatta, e, dopo un iniziale resistenza, mi lascia passare: in fondo sono qui per rosso&giallo, non (solo) per tifo.
Entro nell'Aula Magna dell'Istituto, sono le 11.40 circa: qui tra pochi minuti arriveranno il sindaco di Roma Walter Veltroni, il delegato allo sport Gianni Rivera, alcuni assessori e soprattutto il nostro capitano Francesco Totti e il capitano della Lazio Alessandro Nesta, per un confronto aperto (almeno nelle intenzioni) con i ragazzi sul tema della violenza negli stadi.
Mi guardo un po' intorno. Su una parete spicca una dichiarazione d'amore per Checco: "Francesco, grazie di esistere". Sulla parete opposta, una speranza: "Alessandro, ti aspettiamo presto". Gli studenti stanno letteralmente appollaiati dappertutto, ogni centimetro di spazio vitale è occupato da ragazzi in fibrillazione, genitori, professori, giornalisti, fotografi, cameramen. Mi ritaglio a fatica uno spazio e penso che sto toccando con mano per la prima volta cosa significa chiamarsi Totti o Nesta. A mezzogiorno in punto il vocio indistinto si trasforma in un unico coro, "Siamo noi, siamo noi…": è arrivato il nostro capitano. L'eccitazione dei ragazzi è ormai al culmine (ma perché quando andavo io al liceo queste cose non accadevano?), mentre un Totti un po' intimidito riesce a raggiungere il suo posto. Arriva anche Rivera, seguito, dopo pochi minuti dal sindaco. A questo punto manca solo il capitano biancoceleste, ma il "golden boy" annuncia che, a causa di una convocazione urgente della società, Nesta non verrà. Cragnotti ha imposto il silenzio stampa ai suoi giocatori, visti i risultati deludenti della squadra. Il difensore della Lazio ha inviato comunque una lettera di scuse, in cui esprime tutto il suo rammarico per la mancata partecipazione a questo incontro.
Nel frattempo il caos aumenta: i ragazzi sono tutti in piedi sulle poltrone rosse con le macchine fotografiche in mano per cercare di rubare un sorriso e un primo piano di Francesco. L'impressione è che l'argomento in questione interessi poco, e che anche la presenza del Sindaco, di un campione del calcio italiano come Rivera, e degli assessori invitati passi completamente in secondo piano. Quando si capisce che le continue sollecitazioni al silenzio non avranno alcun esito, si decide di dare ufficialmente inizio all'incontro.
Rivera lascia la parola al padrone di casa, il preside dell'istituto, che saluta a nome della scuola tutte le personalità presenti, e si trasforma per un attimo in Carlo Zampa quando un'ovazione da stadio sottolinea il nome di Totti. Prende poi la parola la vicepresidente del XIX Municipio che introduce l'argomento in discussione, parlando in modo molto generico della violenza negli stadi e delle sanzioni previste per chi trasgredisce le regole. Non si entra nello specifico del decreto legislativo, purtroppo, ma del resto è evidente che i ragazzi aspettano solo di sentire la voce del capitano. E sono accontentati. Rivera annuncia che il Sindaco, mostrando uno spirito molto sportivo, rinuncia al suo intervento per lasciare più spazio a Francesco, e che farà solo un saluto alla fine. A questo punto, tra le urla di entusiasmo degli studenti, si rivolge direttamente a Totti, chiedendogli come si trovi nella grande famiglia dei tifosi, che è diventata un po' anche la sua, che cosa è successo nella sua vita perché lui sia diventato il campione che è e in questo ruolo possa promuovere una legge come quella in discussione (vi giuro che la domanda era posta in questi termini!).
Si crea un attimo di magico silenzio, e una frase mi attraversa fulminea la testa: "È il suo momento, è il momento del Capitano…". Totti inizia a parlare e io riacquisto la dimensione spazio-temporale della realtà e cerco di darmi un contegno. Francesco ringrazia per l'accoglienza, e soprattutto ringrazia per il sostegno che i tifosi non fanno mai mancare fuori dal campo, e ancora di più all'interno dello stadio. Mantenere un comportamento sempre corretto sugli spalti aiuta anche la squadra ad ottenere migliori risultati, con più tranquillità. Il capitano parla con sicurezza e serenità, sorride, sembra totalmente a suo agio con il microfono in mano. Il pubblico è in completa adorazione, ed arriva anche il suo momento.
Alcuni ragazzi hanno preparato delle domande e Rivera lascia loro la parola. Inizia Ennio, che chiede in che modo la scuola può aiutare concretamente i giocatori o in generale il mondo del calcio. Non c'è un modo preciso, risponde il capitano, ma c'è però la possibilità quotidiana di un confronto tra i giocatori e i ragazzi. Incontrarsi in una scuola offre l'opportunità di conoscere le rispettive problematiche. La domanda successiva tocca un argomento più specifico, quello dei cori razzisti allo stadio. Totti racconta che a lui capita spesso di discutere negli spogliatoi con i suoi compagni di colore di questo problema: loro ne soffrono, ma cercano di ignorare la stupidità di certi comportamenti. Un altro studente chiede a Francesco se, secondo lui, l'atteggiamento a volte aggressivo dei protagonisti in campo non possa provocare delle reazioni nel pubblico. Una domanda così richiede una risposta diplomatica, e il nostro capitano se la cava con eleganza, dicendo che lui e i suoi compagni si impegnano a non commettere falli di reazione contro i propri avversari, ma, nella foga del gioco, a volte purtroppo capita, senza che ci sia cattiveria, di sbagliare. Valentina gli chiede poi cosa pensa dell'attuale legislazione contro la violenza negli stadi, e aggiunge una dichiarazione d'amore per Checco, che risponde che il nuovo decreto sta dando risultati sicuramente positivi.
Arriva a questo punto una domanda "tosta", o meglio, più che una domanda, è una richiesta di un commento: un ragazzo denuncia il trattamento ricevuto dai tifosi della Roma in trasferta, e fa riferimento all'episodio di Napoli dello scorso campionato, accusando anche le forze dell'ordine. Aspetto con curiosità, ma non viene data a Totti la possibilità di rispondere. Viene lasciato spazio ad un'altra domanda, che riguarda l'aumento spropositato degli ingaggi e il volume di affari che gira intorno al mondo del pallone. Il capitano ribadisce la sua romanità e afferma che, se fosse necessario, sarebbe disposto anche a ridursi l'ingaggio, pur di rimanere nella sua città. Acclamazioni accolgono questa ennesima dichiarazione d'amore verso la maglia. Francesco ha finito. L'incontro sta già per concludersi, prende la parola Veltroni che (per fortuna) riprende la questione "Napoli" e sottolinea la necessità di venirsi incontro tra tifosi e forze dell'ordine, non dimenticando che dietro la divisa ci sono dei ragazzi che cercano di garantire uno spettacolo sicuro. Il sindaco esalta poi la civiltà di Roma e dei romani, ribadendo che questa deve continuare ad essere un segno distintivo delle nostra città, e ricorda i festeggiamenti post-scudetto, un esempio per tutta Italia. Si riferisce poi ad alcuni concetti espressi da Francesco, riguardo al razzismo e al comportamento più corretto da tenere allo stadio, e conclude ringraziando lui e Gianni Rivera per la loro testimonianza e per quello che rappresentano per il calcio italiano.
Mi preparo ad assistere a una nuova ondata di follia collettiva e amorosa verso Totti, che sta uscendo, e infatti, come era nelle previsioni, la confusione è indescrivibile. Nel caos, però, riesco a parlare con il vicepreside; mi spiega che questa iniziativa è promossa dal Comune di Roma, nell'ambito di una campagna di sensibilizzazione contro la violenza negli stadi, rivolta ai più giovani, e questo è stato solo il primo di una serie di incontri che si svolgeranno in tutte le circoscrizioni.
Al volo riesco anche a raccogliere qualche commento dai ragazzi: sarà un caso, ma mi capita di parlare solo con romanisti, e hanno ancora negli occhi l'immagine del loro grande capitano. Hanno 17-18 anni, e non frequentano lo stadio con continuità, ma concordano tutti nel sostenere la necessità di una maggiore sicurezza per loro. Mi trattengo un po' di più con Antonella, un'infiltrata, come si definisce lei: viene dal Mamiani, e sfida spesso la preoccupazione della madre andando allo stadio, anche di nascosto. La presenza di Francesco è servita, secondo lei, ad attirare l'attenzione su questo argomento: lo stadio dovrebbe essere un luogo sicuro e divertente, mentre spesso c'è una tensione inspiegabile, che avvelena anche la gioia di una vittoria. È una delle poche ad avere scambiato qualche parola con Veltroni, ignorando la ressa intorno a Francesco, e mi lascia con questa domanda, che giro agli interessati: "Non potrebbero occuparsi le società di garantire la sicurezza negli stadi, investendo parte degli enormi introiti che hanno?".