Questo mese in edicola
   
rossoegiallo.com
  Inchieste


 

All'ultimo stadio: 1\a puntata

di Daniele Lo Monaco - Feb.2002

Intervista a Francesco Tagliente, massimo responsabile dell'ordine pubblico negli stadi.

Capire, capire, capire. Questo è l'unico imperativo. Capire prima di parlare. E agire, senza isterismi e preconcetti. Sapendo che la strada è lunga. Forse a tutti e magari anche a noi spetta fare qualcosa. D'ignoranza ce n'è troppa e sull'argomento non è davvero tollerabile. E allora noi proviamo a muoverci. A Napoli, due domeniche fa, un razzo sparato da una curva è finito nell'altra curva, tra una persona e un'altra, e s'è spento sulle gradinate. Avesse centrato in faccia un tifoso inerme, come Vincenzo Paparelli 23 anni fa, le belle statistiche sull'efficacia della nuova legge sulla violenza negli stadi sarebbero stata carta straccia per il falò di ogni vanità. Le hanno presentate il 10 gennaio scorso, queste statistiche, in una conferenza-stampa organizzata al Viminale alla quale hanno presenziato, in rigoroso ordine gerarchico, il Ministro degli Interni Scajola, il Ministro della Giustizia Castelli, il sottosegretario ai Beni Culturali Pescante, il Presidente del Coni Petrucci e il Presidente della Figc Carraro. Insieme hanno visto i dati e hanno commentato entusiasti. Questi i titoli di alcuni giornali il giorno dopo: Mille ultrà restano fuori dagli stadi, la legge antiviolenza per ora funziona (La Repubblica); Bilancio positivo per la nuova legge antiviolenza: Novemila poliziotti in meno negli stadi (Corriere dello Sport); Stadi meno violenti: in calo incidenti e feriti (Il Messaggero); I tifosi più violenti sono della Roma: coinvolti in 7 episodi. Recidivi anche i sostenitori di Catania, Palermo e Pescara (Il Tempo).
Nessun approfondimento, nessuna analisi ponderata, nessuna lettura comparata. Due soli i messaggi arrivati alla gente distratta: la legge antiviolenza funziona, la tifoseria che guida la classifica delle tifoserie più violente è quella romanista, con sette episodi (?) nelle prime venti giornate. Da qui ci sembra giusto cominciare il nostro viaggio alla ricerca della verità. Un viaggio lungo, scomodo, pericoloso che ci porterà all'interno di realtà che raramente accettano contraddittori. Ne avevamo parlato nel numero di novembre, con una inchiesta realizzata da Andrea Di Caro che evidenziava come il varo della legge emendata e, dunque, addolcita, avesse scontentato tutte le parti: forze politiche, forze dell'ordine, gruppi ultras, sportivi comuni. Riprendiamo il discorso oggi, partendo dal colloquio che rosso&giallo ha avuto con chi questa legge deve farla rispettare, nella persona del massimo responsabile operativo dell'ordine pubblico in Italia, il dottor Francesco Tagliente, già Capo di Gabinetto del Questore di Roma, Dirigente Superiore della Polizia di Stato, responsabile dell'Ufficio Ordine Pubblico del Dipartimento della Pubblica Sicurezza nonché presidente dell' "Osservatorio Nazionale sulle competizioni sportive", e, infine, prossimo responsabile della sicurezza della Nazionale Italiana di calcio ai prossimi mondiali di Corea e Giappone. Insomma, un'autorità nel settore. Lo incontriamo nel suo ufficio al Viminale, con un'ora di tempo a disposizione e qualche reciproca diffidenza iniziale. Poi facciamo a fidarci: io capisco che Tagliente rappresenta l'ordine pubblico e lancia messaggi distensivi in assoluta buonafede, lui credo capisca che dirigere una rivista che si chiama rosso&giallo non significhi sposare a prescindere la causa del tifoso romanista, anche a costo di calpestare il buon senso. Ne esce un dialogo interessante, che non esitiamo a riproporvi.

Dottor Tagliente, si potrebbe cominciare proprio dal dato che ad una prima lettura suona decisamente consolatorio: la contestatissima legge antiviolenza funziona così bene che, leggiamo i dati, gli incidenti con feriti sono diminuiti, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, del 21%, il numero dei feriti tra le forze di polizia è diminuito del 60%, dei feriti tra i tifosi è diminuito del 25%, l'ingenza dei danneggiamenti e dei furti negli Autogrill durante le trasferte è diminuito del 90% mentre è aumentato in maniera considerevole, addirittura del 151%, il numero dei provvedimenti di divieto di accesso negli stadi, ed è cresciuto dell'87% il numero degli arrestati. Eppure le componenti del mondo degli ultras, anche quelle più pacifiche e civili, contestano decisamente la legge, ritenendola ingiustamente vessatoria. Chi ha ragione? "Forse bisogna mettersi d'accordo anche sui termini. Prendiamo un caso abbastanza recente, quello degli ultras del Verona che sono arrivati alle barriere autostradali di Roma diretti allo stadio Olimpico in condizioni inaccettabili: erano già quasi tutti ubriachi, tanto che molti di loro faticavano anche a stare in piedi, e all'interno dei loro pullman abbiamo trovato persino delle damigiane di vino da cinque litri, ancora piene. Il fatto che li abbiamo rispediti indietro senza farli arrivare allo stadio Olimpico me la chiamate repressione o prevenzione?". Prevenzione, decisamente. "Appunto. In termini più generali, il nostro obiettivo principale è quello di tendere la mano al mondo sportivo e al mondo delle tifoserie e garantire a tutti coloro i quali vogliono godersi lo spettacolo sportivo in santa pace il loro diritto a farlo. Nulla in contrario rispetto alle manifestazioni di esuberanza o di goliardia, ma la sicurezza fisica va garantita a tutti. Questo è il nostro obiettivo. E vale allo stadio come sui mezzi che si usano per raggiungere gli impianti. Io non posso permettere a chi sale sul treno per infastidire gli altri, per tirare il freno d'emergenza, per distruggere le suppellettili, di portare avanti il suo piano criminoso. Io questi devo educarli e fermarli". Il principio è sacrosanto. Sul modo si può discutere. Anche partendo dal presupposto che il suo forse è il mestiere più difficile del mondo: spesso gli ultras hanno la sensazione che assegnare troppo potere alle forze dell'ordine riduca il rapporto a persecuzione talvolta ingiustificata. "La nuova legge serve soprattutto a questo. A isolare i violenti e a garantire serenità agli altri. Il principio alla base dell'intervento differito (il riferimento è alla contestata ed emendata norma della flagranza allargata, in sostanza la norma che consente alle forze dell'ordine di arrestare in flagranza di reato un tifoso che si fosse macchiato di comportamenti violenti non sul fatto ma anche a distanza di massimo 48 ore dopo procedimenti di identificazione attraverso l'ausilio di immagini filmate o fotografiche, ndr) sancisce proprio la necessità di evitare l'intervento diretto e quindi il coinvolgimento magari ingiustificato di innocenti. Voglio dire, se io registro il comportamento violento non serve l'intervento immediato per l'arresto, a meno che detto comportamento non metta a repentaglio l'incolumità di terzi. Posso semplicemente identificare il soggetto, sempreché non abbia il volto travisato. E solo successivamente lo andiamo a prendere". Dottor Tagliente, ammetterà che in passato comportamenti illeciti da parte delle forze dell'ordine non abbiano portato ad alcuna conseguenza disciplinare, civile o penale nei confronti dei trasgressori. Anzi, si ha la sensazione che nel fortino dei tutori dell'ordine pubblico ci si arrocchi appena si mette in dubbio la liceità di certi comportamenti. Il caso del tifoso romanista in coma dopo alcuni scontri con la polizia lo scorso anno a Bologna in questo senso è significativo. "Io le garantisco che non è così. Ogni episodio, ogni singolo intervento, viene successivamente analizzato, studiato, vivisezionato e ognuno dei nostri dirigenti, che sia un capogabinetto, un responsabile della Digos è tenuto a stilare rapporti precisi". È in grado quindi di documentarci eventuali abusi scoperti e puniti? "Non sono in grado perché non ce ne sono stati, perlomeno in riferimento ai casi di cui sono stato messo a conoscenza". Sarà almeno stato messo a conoscenza di interventi eccessivamenti violenti, se non addirittura di provocazioni vere e proprie. Nelle cronache degli sportivi che tornano dalle trasferte ce ne sono innumerevoli episodi. "Se ne avessi avuto conoscenza, non avrei esitato un momento ad agire anche penalmente nei confronti dei responsabili di questi illeciti. Mi lasci dire, però, che messa così questa intervista non riduca le distanze che lei ritiene ci siano, ma anzi rischi di aumentarle". No, tutt'altro: se non le chiedo dei vostri successi e dei violenti effettivamente neutralizzati è solo perché voglio sfruttare quest'ora di tempo per mettere in rilievo le questioni da risolvere e per capire come intervenire per riuscirvi. Sulla premessa che il vostro lavoro è utile, prezioso e difficile siamo tutti d'accordo. Pure sull'efficacia di certi interventi sui teppisti che innegabilmente rovinano i veri ultras. Ma io credo che sia evidente un disegno alla base di questi provvedimenti: si tende ad allontanare la gente dagli stadi e a spingerla a vedere il calcio attraverso la tv, fonte di guadagni ormai primari per le società. Capirà che chi adora lo stadio non accetterà mai questo "consiglio". "Allo stadio la gente andrà sempre e io in questo momento devo occuparmi di farla stare tranquilla. Spesso certe controindicazioni sono necessarie". Penso a chi va in trasferta. Una vale l'altra: magari io parto alle 8 in pullman, arrivo al casello di Fiano prima delle 9 e già sono costretto ad aspettare anche due o tre ore affinché arrivino tutti gli altri pullman, poi si parte e non ci si ferma agli Autogrill se non una volta, tenendo l'andatura intorno ai 40 chilometri orari. Arrivo a Milano o a Torino quasi alle 20, già stravolto. Si perde ulteriore tempo ed entro allo stadio a partita iniziata, ammassato dentro un settore che contiene 3000 persone e noi magari siamo 10.000, anche se ho pagato il biglietto per entrare da un'altra parte, anche se intorno altri settori sono quasi vuoti. Poi vedo la partita male, riparto dopo la gara e rifacendo il percorso inverso arrivo a Roma la mattina dopo, pronto, fresco e riposato per cominciare una settimana di lavoro. Io credo che anche Gandhj dopo certe esperienze perderebbe la calma. "Messa così potrebbe anche aver ragione lei. Ma se io raggruppo i pullman a Fiano è solo per garantire a loro il viaggio sicuro e l'incolumità loro e di quelli che li incroceranno per le strade. Ecco perché rallento o aumento l'andatura a seconda delle necessità, ecco perché si scende solo a determinati autogrill. E poi, sia chiaro: se conosciamo e riteniamo inoffensivi i ragazzi di un determinato gruppo di un pullman, li lasciamo andare avanti annotando solo i numeri di telefono dell'autista e del responsabile del gruppo, a cui eventualmente siamo in grado di prestare soccorso o che magari possiamo orientare nelle situazioni di difficoltà". Forse manca un colloquio aperto tra forze dell'ordine e gruppi. "Ma all'interno della Digos sono ben individuati degli interlocutori per ogni squadra, a loro spettano certi compiti di dialogo". Veniamo all'altro aspetto inquietante delle risultanze dell'inchiesta, secondo almeno quanto emerso dai dati riferiti dai giornali. La tifoseria più violenta sembra essere quella romanista, con ben sette episodi violenti. E noi che pensavamo che l'Olimpico fosse lo stadio più sicuro d'Italia. E invece è addirittura il più pericoloso. "Colgo l'occasione per poter spiegare il senso di quella classifica, anche perché non è nostra intenzione criminalizzare nessuno. Sono semplicemente i dati relativi ai danneggiamenti". (mi mostra il grafico in cui sono specificati meglio i famosi episodi violenti: ma si fa riferimento solo a danneggiamenti di treni). Credo sia giusto almeno far rilevare, se ci si riferisce a episodi avvenuti sui treni, che un conto è muovere trecento persone, un conto 15 o 20.000, come accade per le migrazioni dei tifosi romanisti. "Infatti questo è verissimo. Né io credo, anche per l'esperienza specifica sul campo, che la tifoseria romanista sia la più violenta". Resta il mistero sugli episodi accaduti in casa. Di quali episodi si tratta? "In questo momento non ho la documentazione necessaria, ma le posso dire che non sarebbe neanche il caso di fissarsi su questi dati. A me preme, come responsabile dell'ordine pubblico, di far pervenire il nostro messaggio distensivo a tutte le tifoserie. E sono lieto di farlo attraverso la sua rivista che in questo momento si assume un compito delicatissimo". A noi fa piacere registrare il suo messaggio. "E allora ci tengo a dire che le istituzioni sono vicinissime a tutte le tifoserie e vogliono creare le condizioni per migliorare la vivibilità della giornata sportiva. Ecco perchè stiamo orientando tutte le energie per tenere lontano dalle tifoserie le componenti più violente". Ecco perché i famigerati "Daspo", i dispositivi di divieto di accesso negli stadi, sono così aumentati? "Ritengo il Daspo uno strumento utilissimo, perché non lascia traccia dal punto di vista penale, è a discrezione dell'autorità di polizia e isola i soggetti individuando la "certezza" del comportamento violento". La Cassazione recentemente ha avuto qualcosa da ridire a proposito di questa presunta certezza. "La sostanza non cambia. Ogni lunedì analizziamo diverse testimonianze video o fotografiche, come questa, vede? (mi mostra qualche fotogramma di un vhs su incidenti avvenuti recentemente a Pescara, ndr), e attraverso una successiva identificazione siamo in grado di colpire i protagonisti di fatti violenti". Lei insomma è soddisfatto di quanto si sta facendo, nonostante i rapporti con gli ultras si siano inaspriti? "Senta, ogni domenica si muovono decine di migliaia di persone, lasciano le loro famiglie, fanno capo al nostro ministero e poi si ritrovano in trincea, impegnati talvolta in una battaglia incomprensibile. Io passo tutte le domeniche al mio posto di lavoro cercando di garantire l'incolumità a tutti. Domenica, dopo gli inquietanti fatti di Napoli, ho immediatamente convocato una riunione straordinaria dell'Osservatorio che presiedo. Che in qualche caso, sporadico e deprecabile, accada che un intervento magari molto deciso porti a qualche conseguenza che si sarebbe potuta evitare può anche essere, ma io credo che rilevare semplicemente queste frizioni non porti ad alcun risultato. Lavoriamo tutti insieme, piuttosto, affinché questa collaborazione e questa sinergia siano finalmente attivate e isoliamo definitivamente tutti i violenti che impediscono alle persone per bene di assistere tranquillamente agli eventi sportivi". Proviamoci. E ora ascoltiamo gli ultras. E vediamo se è possibile instaurare un dialogo produttivo.