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  Interviste


 

Pincolini: "Fermiamo il calcio"

di Stefano Boldrini - Gen. 2000

Né mago né stregone. E neppure impostore: semplicemente, un professionista che viene dalla mamma di tutti gli sport, l'atletica leggera, e che si è preso il suo diploma Isef alla Cattolica di Milano, e che dopo aver lavorato in pista è passato al calcio, e che un giorno, la sua specialità erano i 400 ostacoli - la corsa killer - gareggiò con il grandissimo Edwin Moses, e figurarsi se uno così può perdere la testa anche dopo undici anni di Milan, molti scudetti e molte coppe dei Campioni, una stagione all'Atletico Madrid, un Mondiale con la finale persa ai rigori, il famoso mondiale americano, quello dei crampi e delle giocate a 40 gradi con il cento per cento di umidità. Uno così: Vincenzo Pincolini, 45 anni in arrivo, il signore dei muscoli della Roma.
Pincolini, come si tiene in forma una squadra di calcio per un intero campionato?
"Chiaramente quando si parla di forma-campionato si parla di condizione media. In questo lungo periodo ci sono momenti di picco che certe volte sono cercati, mentre altri arrivano quando meno te l'aspetti. Ci sono della lampadine che danno sempre l'idea della salute generale come l'assenza o meno di infortuni, i recuperi immediati dopo sforzi prolungati come i tempi supplementari. Lo stesso discorso, al contrario, ti fa capire quando la squadra è in riserva. Una cosa è sicura: è impossibile mantenere per dieci mesi un livello di forma-super e allora si cerca la condizione più brillante nei momenti topici del campionato. L'obbiettivo è quello di tenere la condizione media costante nel periodo più lungo possibile".
La Roma ha avuto con Zeman inverni terribili. Come si annuncia quello di Capello?

"La condizione ai primi di gennaio appare buona. A Piacenza, in Coppa Italia, la Roma ha vinto ai tempi supplementari. Forse il problema della Roma è che non ha risorse così ampie come altre squadre per ricorrere al cosiddetto turn-over. Ormai si gioca al ritmo di tre partite a settimana e squadre che hanno un parco di giocatori più limitato sono costrette a spremere quelli che hanno".
I nuovi ritmi di calcio stanno stravolgendo anche il lavoro dei preparatori atletici?

"Con questi ritmi infernali il nostro lavoro assomiglia a quello dei meccanici costretti a riparare un'auto con un paio di martellate nella notte per poterla utilizzare il giorno dopo. Dieci anni fa il nostro lavoro era quello di curare i dettagli perché si giocava con una frequenza molto minore. In sintesi: oggi si mettono le toppe, ieri si faceva la messa a punto".
Tutto ciò non è una delle cause della piaga dello sport moderno, il ricorso al doping?

"Io sposterei il tiro su un altro problema importante. In un calcio che le tv e gli investimenti pretendono sempre più spettacolare, giocatori spremuti all'osso in questo modo difficilmente possono divertire il pubblico. A mio avviso le partite brutte sono figlie dell'overdose di calcio. E siccome le televisioni sono sempre più padrone del prodotto-calcio, spero che per assurdo siano proprio le stesse televisioni, di fronte a uno spettacolo mediocre, a ridurre i ritmi di gioco. Si può tornare a un numero inferiore di partite, magari 50 diluite in undici mesi, oppure si potrebbero scegliere soluzioni già in voga in altri sport come i play-off".
Un anno e mezzo fa dall'allenatore di allora della Roma, Zeman, partì la denuncia-doping: secondo Pincolini la chimica ha inquinato anche il calcio?

"Il problema doping esiste nello sport e quindi è difficile pensare che il calcio ne sia completamente immune. Tutto quello che in questi ultimi tempi è emerso riguardo al ciclismo e allo sci di fondo ci fa dire "lo sapevamo tutti". Per lo stesso motivo mi sento di affermare che, a naso, il calcio è un ambiente ancora lontano da queste realtà. Gli sport più pesantemente coinvolti sono quelli in cui il medico è diventato padrone assoluto della situazione. In una squadra di calcio, per fortuna, contano ancora l'allenatore, il preparatore, il medico sociale. Quando si parla di doping, sia chiaro, mi riferisco alle strategie, quindi all'uso diffuso di sostanze come eritropoietina, anabolizzanti, ormoni della crescita e non certo la pastiglia presa al volo che ci può sempre essere, anche nel calcio, ma è figlia di un gesto individuale".
Conosce il professor Conconi?

"Ho avuto modo non solo di conoscerlo, ma anche di apprezzarlo in occasione di convegni e tavole rotonde. Parliamo chiaramente di incontri che vanno molto indietro nel tempo. Forse in tanti si sono dimenticati che alla vigilia del mondiale degli Stati Uniti ci fu un incontro a Coverciano con il professor Conconi. Si limitò a dire che il problema del caldo negli Usa poteva essere risolto con un'adeguata alimentazione. Difficile dare un giudizio positivo o negativo per le impressioni ricevute negli incontri ufficiali, però io credo che il problema doping vada molto più in là di una singola persona. Il doping è un problema di cultura. È paragonabile all'uso della cocaina in certi ambienti, dove sembra che non sia possibile essere creativi o lavorare a certi ritmi senza sniffare. Allo stesso modo nel ciclismo si è instaurata l'idea che senza ricorso a certe sostanze non sia possibile raggiungere certi traguardi. Le risposte non possono essere che due: repressione e informazione. L'ignoranza procura danni devastanti. Ancora non sappiamo quanto si rivela letale il doping nell'età avanzata per gli ex-sportivi che hanno consegnato il loro fisico alla chimica, ma temo che dovremo fare i conti con generazioni massacrate dal doping".
Che tipo di lavoro state svolgendo alla Roma e che novità ci sono rispetto al passato?

"La vera novità è che mi sto avvalendo della collaborazione del professor Vito Scala e che tutto ciò ci consente di suddividere il lavoro in gruppi e di creare, nei limiti del possibile, programmi individuali. Questa è la strada del futuro. Io faccio sempre quest'esempio: nell'atletica leggera un sudafricano e un tedesco ottengono lo stesso record praticando strade molto diverse. Ergo, non si può pensare di allenare venti calciatori tutti allo stesso modo".
È vero che adesso la Roma ha un'ottima palestra?

"Era buona anche quella precedente. Rispetto al passato abbiamo aggiunto qualcosa e un nuovo programma frutto degli studi di un fisiologo come Carmelo Bosco, scienziato che si occupa dei lavori di forza. Questo nuovo software ci consente di fare programmi individuali".
Qual è il giocatore della Roma dal fisico più reattivo?

"Candela. È rapido nel breve e altrettanto veloce negli allunghi. Poi Cafu, Di Francesco e Tommasi".
Come si può ottenere il meglio da un giocatore come Totti?

"Il punto-chiave è che Totti deve convincersi che lavorare in un certo modo, magari aumentando anche i carichi, lo aiuterà a diventare uno dei più forti giocatori del mondo".
Tra i giocatori del suo ruolo, sicuramente in Italia è quello più forte dal punto di vista fisico...

"Totti è molto forte dal punto di vista muscolare. Ha la struttura delle gambe e della schiena fortissima. Il suo punto debole è la cintura, il punto di collegamento tra arti inferiori e busto. È lì che stiamo lavorando per migliorare".
Come avete fatto a rivitalizzare Aldair?

"Abbiamo cercato di valorizzare le sue qualità e impostato un programma ad hoc. Mi è stata utile l'esperienza con giocatori come Baresi e Tassotti. Abbiamo aumentato il lavoro muscolare, i carichi in palestra, la stessa quantità di tempo. Aldair comincia ad allenarsi mezz'ora prima degli altri".
Che lavoro avete fatto durante la sosta natalizia?

"Un programma che può essere definito una minipreparazione estiva, con quantità minore e maggior intensità".
Avete fatto esami clinici di controllo?

"Sì, test del sangue, delle urine e quelli plicometrici, che servono per individuare la percentuale di massa magra. Un calciatore non deve superare in media il dieci per cento di grassi".
Chi sono i fondisti della Roma?

"Tommasi e Di Francesco".
I velocisti?

"Rinaldi e Candela".
Chi tende a ingrassare?

"Nessuno. Comunque i giocatori sono pesati due volte a settimana".
Cos'è importante per un calciatore dal punto di vista atletico?

"Lo stile di corsa. Deve essere molto composito, diverso nei momenti in cui hanno il pallone tra i piedi, quelli in cui accelerano e quelli in cui seguono in surplace, da lontano, lo svolgersi dell'azione. Nella Roma è Candela quello che ha il miglior stile di corsa. È un calciatore rubato ai quattrocento metri".
Nella carriera di Pincolini molti anni con Sacchi e Capello: qual è la differenza?

"Capello riesce a staccare la spina e ciò gli permette di ricominciare il giorno dopo con più carica di prima. Sacchi non ha questa dote e ciò spiega perché a Madrid il livello di stress gli ha fatto dire basta".