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  Interviste


 

Mandolesi e gli indiani

di Francesco Di Nepi - Gen. 2000

Fa un po' effetto, vedere Alberto Mandolesi in diretta radiofonica. Perchè la sua postazione a Sport Station, quella dalla quale conduce tutti i giorni la sua trasmissione "Io sto con gli indiani", è (non per sua volontà) circondata da muri "ostili". Tappezzati da poster di sapore biancoceleste, raffiguranti giocatori della Lazio in festa per la vittoria di qualche "portaombrelli". Cinquantadue anni, sposato con due figli, Mandolesi ha iniziato nell'80 con "Sora Lella", nell'emittente radiofonica di Claudio Villa. Poi, nell'82, il grande boom con Radio Mundial su Rds, nei cui studi rimane per 16 anni, prima di gettarsi nell'esperienza di tre stagioni ("assolutamente da dimenticare dal punto di vista economico") a Talk Radio. E all'improvviso, nel '98, ecco Sport Station, ecco "Io sto con gli indiani": "La trasmissione è nata grazie a Guido De Angelis, editore della radio, che, non volendo metter su un palinsesto troppo "targato" Lazio, pensò di creare uno spazio pomeridiano dedicato ai tifosi della Roma. E pensò di affidarmelo. Il nome della trasmissione? Ha un significato preciso: significa non legarsi mai al carro dei vincitori, stare lontani dalle cose di comodo e mettersi sempre dalla parte delle minoranze. Insomma, è un titolo che trasmette anche la mia filosofia di vita". E allora eccoli, gli studi da cui l'"Albertone rossogiallo" libera ogni giorno dalle 14,15 (alle 17) la sua voce roca, pacata ma incrollabile come solo quella di un vero romanista (purtroppo) sa essere. Sbagliare portone? Praticamente impossibile, visto che l'ingresso, appoggiato in una piccola via nel cuore del Prenestino, è sovrastato dalla scritta Radio Spazio Aperto (fm 98.100) a lettere cubitali. Un passo dentro ed è subito Sport Station. Due stanze: nella prima, la redazione, chiamata Alessandra Macchi, si agita tra un segnale e una lavagnetta dei suggerimenti, in perfetta sintonia con il responsabile della messa in onda, Fabrizio Trimboli, capelli a spazzola e, curiosità, al collo quattro diversi ciondoli tutti in chiave rossogialla. Roba da guinness dei primati. Alle sue spalle, una parete di cd: che sembrano pochi, però, in confronto alla montagna di dischi in vinile, i vecchi 33 e 45 giri, che fanno bella mostra di loro sugli scaffali tutt'intorno. Nella seconda stanza, un impeccabile Mandolesi, in giacca e cravatta, affiancato di norma da Vanni Maddalon, è oggi seduto accanto al reporter Luca Colantoni, ex radio Incontro ("Per scherzare, gli dico spesso che si è costruito una tenda indiana abusiva a Trigoria"). Si parla a tre, però, visto che in collegamento radiofonico c'è Dario Canovi, procuratore di fama che fornisce inediti dettagli sull' "affaire Emerson". Positivi, una volta tanto. Ed è appena passato il momento del contatto quotidiano con l'opinionista ufficiale del programma, Gaetano Imparato della Gazzetta dello sport: "Che oltre ad essere informatissimo e ad avere in tasca le fonti giuste, è un giornalista di un quotidiano di prestigio, libero da contatti con altre radio e con degli ottimi ritmi radiofonici". Sono le 15.00, ma la trasmissione vera e propria inizia fuori onda alle nove del mattino, con la consuetudine di spulciare le pagine di tutti i quotidiani sportivi. Poi, fatto questo, suona la sveglia per la redazione: che inizia a muoversi, a sviluppare la notizia pi accattivante e a preparare i collegamenti. Che sono importanti, certo, ma mai quanto le telefonate degli ascoltatori: "Mi telefonano in grande maggioranza i romanisti, ma sento spesso anche i tifosi di altre squadre. Che mi riconoscono una certa serenità nel trattare i diversi argomenti. E ogni giorno, su venti telefonate di media, un paio di queste arrivano da tifosi della Lazio". Lo guardi, Mandolesi, e pensi d'istinto a quanti anni sono che è al centro del grande circo dell'informazione legata al calcio capitolino, a quante ne ha viste, quante ne ha passate: "Ma la cosa pi strana che mi è capitata in diretta radiofonica è successa un giorno che avevo fatto un discorso molto toccante, uno di quei sermoni sull'agonia del calcio dei sentimenti. E ho visto che dall'altra parte del vetro le ragazze della redazione stavano piangendo. E allora, tra me e me ho pensato: "Ho fatto colpo". Non ti dico la delusione quando mi hanno detto che il fiume di lacrime era dovuto al fatto che una delle ragazze era stata appena lasciata dal fidanzato". Ma la radio è la sua vera passione confessata. In grado di esaltarlo ma anche di stupirlo, specie per i suoi cambiamenti repentini: "Già, perchè se da una parte andare in voce è sinonimo di fantasia e libertà, dall'altra devi vivere in un mondo in continua evoluzione. Nel senso che dopo il periodo in cui questo ambiente era dominato dai giornalisti, seguito da quello in cui sono subentrati i giornalisti tifosi, cioè quelli in grado di esprimere la propria fede cercando di mantenere una certa obiettività, agli inizi degli anni '90 è nata una nuova figura. Quella dei tifosi giornalisti: che oggi, vedi l'esempio di Mario Corsi e Guido De Angelis, sono i conduttori di gran parte delle trasmissioni radiofoniche. Ragazzi bravissimi, ma per loro volontà soprattutto tifosi". Pubblicità. E allora Mandolesi posa la cuffia, esce dalla stanza dedicata all'on air, esulta per le notizie confortanti riferite da Canovi e regala a Rosso&giallo un ultima chicca: "Ricordi quel mio programma chiamato Pressing, su Rete Oro? Beh, dopo averlo creato nell'85, alcuni anni dopo nacque una trasmissione su Italia 1 con lo stesso nome, sull'identico argomento e in onda al medesimo orario. Insomma, il mio titolo fu, diciamo cos“, "ripreso". E' per questo che, per preservarmi da rischi del genere, "Fuoriclasse", il titolo della mia trasmissione televisiva (in onda su canale 23), l'ho depositato in tribunale".