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Intervista con Simona Ercolani

di Daniele Lo Monaco - Mag. 2001

Da giugno saranno in prima serata, da subito invece si sposteranno al sabato, alle 23,20 circa. È il premio più giusto per "Sfide", la più bella trasmissione sportiva della televisione italiana, partita a fari spenti grazie all'intuizione del direttore di Rai 3 Francesco Pinto e arrivata quest'anno agli onori della doppia cifra di share nell'Auditel, segno che non solo spazzatura si deve propinare ai telespettatori calcistici per veder salire gli ascolti. E nella certezza che certe idee vadano sostenute, diffuse, seguite, onorate, abbiamo chiesto alla coautrice e regista del programma Simona Ercolani di raccontare ai lettori di rosso&giallo il segreto del suo successo. Quello che non sapevamo è che la gioviale e affascinante giovinsignora di "Sfide" è anche un'accanita tifosa della Roma. Anche se vedendo la puntata dedicata allo scudetto del 1982-83 il sospetto era sorto...
"La Roma in effetti rappresenta qualcosa di particolare sia per me sia per il programma. Innanzitutto è una questione di tifo, io sono tifosissima della Roma e credo si sia capito anche dalla foto con la bandierina giallorossa. Anche se ultimamente ho anche una simpatia per l'Inter: mi sembra davvero una squadra sfortunata".
Avrà avuto la sua influenza anche la tua trasferta in Brasile per la bellissima puntata su Ronaldo...
"Anche, in parte. Certo che quella è stata davvero una bella esperienza. Ma ti rendi conto di come vivono la vita i brasiliani? Quando Ronaldo m'ha detto "Ci vediamo in spiaggia, m'alleno lì", io ero preoccupata. Gli ho detto: e io come entro? E lui, più sorpreso di me: "Come, come entri? Sto sulla spiaggia, sulla spiaggia libera". Ed era vero, incredibile: s'allenava davanti ai bagnanti".
Vabbé, torniamo alla Roma.
"Beh, non dimentico la prima puntata del nostro programma, dedicato ad una sfida, appunto, tra Roma e Juventus che all'epoca era lo scontro tra le due diverse filosofie dei rispettivi allenatori, Zeman e Lippi. E poi la puntata dedicata allo scudetto della Roma del 1983 ci ha dato grandissime soddisfazioni. E infine vediamo come finirà questo campionato. Noi partiamo con la prima serata proprio il 17 giugno...".
Segno che gli ascolti vi premiano.
"Di lunedì facevamo il 10% di share, davvero un ottimo risultato. Più l'8% della replica del sabato mattina".
Segno che l'Auditel non s'innalza solo con le urla.
"Nel nostro programma di urla non ce ne sono davvero".
È nato addirittura un club di vip sostenitori di "Sfide", ne ha parlato "Sette" qualche settimana fa...
"L'ho visto, ci ha davvero lusingati".
Dove vi è arrivato lo spunto per cominciare questa avventura?
"Una semplice intuizione: a noi, e quando dico noi intendo il gruppo di lavoro che abbiamo costituito, piace raccontare storie. E la nostra scommessa è stata quella di provare a raccontare delle storie del mondo dello sport, e ce ne sono di bellissime, cercando soprattutto di non utilizzare il gergo tipico del mondo sportivo. Ecco perché il programma piace anche a chi non segue il calcio quotidianamente. Io stessa, a parte il mio tifo per la Roma, non sono un'esperta di calcio. Abbiamo dei consulenti, come Francesco Valitutti e Luciano Palmerino, che ci forniscono i dati tecnici, per il resto siamo incuriositi dagli aspetti umani. Non a caso sull'uso del linguaggio siamo attentissimi".
Così è nato un programma che sta facendo scuola anche per le sue scelte strategiche.
"Indubbiamente seguiamo uno schema piuttosto rigido. Le inquadrature sono quasi sempre in primissimo piano per il protagonista, l'intervistatore non appare mai, la voce narrante è di doppiatori professionisti, facciamo particolare attenzione anche alla scelta musicale e poi usiamo una grandissima cura nell'utilizzo delle immagini dell'archivio Rai. Abbiamo tre specialisti che si occupano solo di questo, con lodevole entusiasmo".
La scelta di spersonalizzazione per la realizzazione del servizio evita anche qualsiasi dispersione di concentrazione di chi sta guardando.
"Beh, quando abbiamo realizzato dei servizi con i giornalisti Rai qualche problema l'abbiamo avuto, ma io sono dell'idea che ognuno deve fare il proprio mestiere. Per quanto uno possa avere una bella voce, non sarà mai più bravo, nella lettura e nell'interpretazione che di un pezzo si può fare, di chi questo mestiere lo fa sul serio".
Come riuscite a far capire sempre il senso della domanda semplicemente facendo ascoltare la risposta dell'intervistato?
"Se in fase di montaggio ci rendiamo conto che dalla semplice risposta l'argomento generale è incomprensibile interveniamo con la voce narrante. Ma è difficile che ce ne sia bisogno. Solitamente si segue un filo che permette all'utente di capire perfettamente l'argomento. E poi dopo quattro anni subentra anche il mestiere. E non a caso il prodotto è visibilmente migliorato".
Qual è la vostra settimana tipo di lavoro?
"Parliamo della settimana in cui si andava in onda il lunedì: il martedì dopo il programma, è il momento più bello per noi e anche più amato dai nostri vicini di redazione. Infatti ci riuniamo in viale Mazzini 114 e facciamo una bella festa, con pizza, panini e bibite, e a seconda del risultato ottenuto dall'Auditel siamo pronti a festeggiare o a consolarci. Poi si decidono i servizi successivi, si scelgono gli inviati e si inviano sui diversi posti. Abbiamo anche un esperto di interviste impossibili: quando pensiamo che un personaggio sia davvero irraggiungibile mandiamo Salvatore Tomai, ormai una colonna di "Sfide". Giovanni ed io seguiamo tutto il lavoro, lui si occupa del testo, io del montaggio e delle riprese. Il venerdì sto tutto il giorno in montaggio e poi riparte il ciclo. Considera che lavoriamo sui quindici giorni. Per cui ogni settimana realizziamo il programma che andrà in onda non il lunedì successivo, ma quello dopo".
Quali sono i criteri seguiti per la scelta degli argomenti?
"Il criterio è assolutamente arbitrario. Si può seguire la cronaca, come è stato quando abbiamo deciso di realizzare una puntata monografica sulla Roma dello scudetto del 1983 visto come stava andando la Roma quest'anno. Oppure scegliamo le storie traendo spunto dalla lettura dei libri. Di solito comunque seguiamo una griglia: quasi sempre c'è il racconto di un campione di ieri e di un campione di oggi, che magari hanno qualcosa in comune, tipo Paolo Rossi e Christian Vieri che hanno cominciato entrambi nel Prato. Poi ricordiamo una bella partita, cercando magari il punto di vista dei personaggi che l'hanno vissuta e che possano raccontare aneddoti inediti".
Vi sentite un po' gli antiBiscardi?
"Ma no. Certo, se devo trovare un difetto al nostro lavoro, è che siamo poco attenti al "lato oscuro della forza" per dirlo alla Kubrik. Non a caso per il prossimo anno daremo spazio oltre all'epica anche agli aspetti più tragici del tifo".
In questo senso la storia raccontata dalla vedova Paparelli è stata un'anticipazione?
"Esatto. Credo che dal racconto di queste terribili emozioni si possa prendere lo spunto per evitare di ripetere certi orrori".
Di quante persone è formato il vostro staff?
"In totale una ventina".
Avete un budget fisso?
"Concordiamo una cifra in sede di contratto ad inizio stagione che poi utilizziamo nel corso delle puntate a seconda delle diverse esigenze".
E da grande che farai?
"Racconterò storie. Questo so fare".