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Cuba

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Riporto qui di seguito una articolo del Granma International del febbraio 1997, nel quale vengono esplicate le ingiustizie che Cuba subisce da trentacinque anni da parte degli Stati Uniti d'America.

TRENTACINQUE ANNI DI GUERRA ECONOMICA YANKEE CONTRO CUBA

Trentacinque anni dopo che il Presidente John Fitzgerald Kennedy ha dettato il Proclama 3447, che decretava il blocco economico totale contro Cuba, è opportuno ricordare le parole dette dal mandatario nordamericano in occasione del ritorno di ciò che rimaneva della fallita brigata mercenaria che aveva cercato di distruggere la Rivoluzione sulle spiagge di Playa Giròn: "la sconfitta è orfana". Quello che è sicuro è che dieci amministrazioni sono passate per la Casa Bianca da quando la Rivoluzione Cubana è al potere e tutte , invariabilmente, hanno utilizzato contro di noi la politica del blocco economico prima con l'obiettivo di distruggerci e , più recentemente, con la legge Helms-Burton, di annetterci. Se la vittoria ha molti padri, la mancanza di appoggio alla politica di assedio economico contro Cuba è ovvia. Trentacinque anni dopo che il blocco si è fatto più ferreo, la Rivoluzione Cubana è più forte e il popolo, nonostante le carenze e le difficoltà che di conseguenza ha dovuto affrontare, appoggia coscientemente i principi socialisti e martiani che la sostengono. La storia un giorno salderà i conti con coloro che, da Eisenhower a Kennedy fino ad arrivare a Clinton, hanno congelato le divergenze storiche fra Cuba e gli Stati Uniti chiudendo le porte ad una comprensione basata sul rispetto reciproco. Dimostra anche che non si può negoziare con coloro che, partendo da posizioni egemoniche e di forza, cercano solamente di prendere per fame un popolo che sovranamente ha scelto il suo destino nel cammino della giustizia sociale. Il 3 febbraio il proclama Kennedy compie 35 anni. Non sarà inutile tornare indietro nel tempo, soprattutto per coloro che sembra abbiano dimenticato come cominciò l'assedio di asfissia economica contro la nazione cubana. Gli Stati Uniti non lo riconosceranno, ma è certo che il loro governo - abituato a decidere degli affari di Cuba e convinto del suo grado di dipendenza politica, economica, culturale, ideologica e anche militare - sin dai fatti del Moncada e del Granma ha sottovalutato la forza della Rivoluzione nascente.

Ignorando il programma radicale esposto da Fidel al processo dei fatti del Moncada, hanno vissuto fino al 1° gennaio 1959 nella convinzione che Batista avrebbe potuto risolvere ciò che consideravano semplici lotte di potere fra forze politiche interne. Era oramai tardi quando l'Amministrazione di Eisenhower tentò di mediare il trionfo dei ribelli dopo la fulminate offensiva militare alla fine del 1958. La prima arma utilizzata contro la giovane Rivoluzione fu una feroce campagna stampa che, prendendo a pretesto le sentenze contro i criminali di guerra, aveva l'obiettivo di forzare la convocazione di elezioni di imporre una politica di pressioni vicina agli interessi statunitensi. Gli Stati Uniti con la loro logica imperiale avevano fiducia nella realtà economica alla quale avrebbe dovuto aderire il Governo Rivoluzionario e su questa realtà avrebbero colpito: Il 70% delle importazioni cubane provenivano dagli Stati Uniti che a sua volta comprava il 67% delle esportazioni cubane. Era inoltre il principale investitore nell'Isola con 956 milioni di dollari e la quota di zucchero cubano nel mercato statunitense rappresentava il 33% del consumo del paese con esportazioni annuali tra i 3,5 e 4 milioni di tonnellate a prezzi preferenziali. Allo stesso modo, il 1° gennaio 1959 le riserve lorde internazionali in oro e in dollari di Cuba erano inferiori a 70 milioni di pesos. La tirannia Battista connivente con i grandi interessi finanziari nordamericani aveva ridotto drasticamente a tale cifra le nostre riserve che erano di 509 milioni di dollari all'inizio del 1955. Il debito pubblico era salito a più di 1,3 miliardi di dollari. Il latifondo faceva si che l'1,5% dei proprietari terrieri, fondamentalmente nordamericani, possedessero il 46% dell'area nazionale occupata da fattorie agricole, così come le raffinerie, le miniere di nichel, gran parte delle banche e le principali industrie. Non è casuale che a partire dal 17 maggio 1959, con la promulgazione della prima legge di Riforma Agraria che espropriò i grandi latifondisti yankee e della oligarchia nazionale, la lotta per distruggere e schiacciare la Rivoluzione Cubana si convertì in una ossessione. La realizzazione di un programma di giustizia e di equità sociale messa in moto dalla Rivoluzione fu interpretato a Washington come una sfida inaccettabile all'impero e, di conseguenza, mise in moto una guerra contro Cuba sotto tutti i fronti - diplomatico, politico e militare - dedicando una parte fondamentale all'appoggio, organizzazione, finanziamento ed equipaggiamento dei gruppi di terroristi e di banditi sia nelle città sia sulle montagne. Nelle aggressioni economiche, tuttavia, riponevano le loro maggiori aspirazioni di successo, in quanto la loro filosofia si basa sul principio che ogni uomo ha un prezzo. Solo che in questa occasione si sono sbagliati. I patrioti cubani non hanno prezzo. La sequenza di pressioni e ricatti economici in quei primi tre anni è sorprendente:

Nell'agosto 1959, come rappresaglia per la riduzione delle tariffe elettriche, la American Foreign Power, casa madre della impropriamente detta "Compagnia Cubana di Elettricità", annullò un finanziamento di 15 milioni di dollari. Allo stesso modo si proibì l'importazione di frutta fresca cubana in Florida, si annullò la vendita di armi e accessori militari a Cuba, e Washington interferì nella consegna di aerei da combattimento britannici. Nel marzo 1960 fu revocata la licenza che consentiva di esportare a Cuba elicotteri destinati all'agricoltura, in giugno fu tagliata la fornitura di petrolio e le raffinerie nordamericane in Cuba si rifiutarono di processare il greggio proveniente dall'U.R.S.S. Il 6 luglio il presidente Eisenhower ridusse a 700.000 tonnellate la quota di zucchero, che poi fu sospesa nel dicembre 1961 dal nuovo presidente, Kennedy. Nel settembre 1960 furono soppressi i crediti concessi precedentemente a banche cubane e si "suggerì" ai cittadini nordamericani di non viaggiare nell'Isola. Nell'ottobre di quell'anno il presidente Eisenhower decretò l'embargo commerciale proibendo le esportazioni a Cuba, esclusi alimenti e medicine, e il 3 gennaio 1961 ruppe le relazioni diplomatiche con il paese. Infine dopo l'umiliante sconfitta subita per mano del popolo cubano a Playa Giròn, la scalata delle aggressioni degli Stati Uniti contro la Rivoluzione culminò il 3 febbraio con il Proclama 3447, emanato da Kennedy, che stabiliva il blocco economico totale. Questa misura è quella che indica storicamente l'inizio del blocco, che consiste, come si è detto, in una matassa legislativa alla quale nel corso di questi 35 anni si sono aggiunte nuove disposizioni, sempre con l'infamante e vana speranza di distruggere la Rivoluzione. Quando nel 1992 fu approvato l'Emendamento Torricelli che aveva uguali propositi, ma combinava la guerra economica con la tradizione politica si sovversione ideologica, questa volta per mezzo del cosiddetto Track II, sembrava che nella sfera del blocco non rimanesse più niente da fare. Invece, la legge Helms-Burton approvata nel 1996 non solo riaffermò ma addirittura superò tutte le disposizioni precedenti per inasprire fino a livelli irrazionali l'assedio economico contro Cuba. La nuova legislazione anticubana è qualcosa più che un rafforzamento del blocco: è diretta a frustrare gli investimenti stranieri nell'Isola o a Impedire il recupero e lo sviluppo economico che stiamo avendo grazie al consolidamento della nostra strategia economica socialista, dopo il crollo del campo socialista e la disintegrazione dell'U.R.S.S. La nuova provocazione, frutto dei deliri dell’ultradestra nordamericana in comunione con la mafia annessionista di Miami, vuole eliminare il diritto di Cuba di esistere come nazione indipendente. Nella sua ossessiva paranoia di far fallire la Rivoluzione, il Governo degli Stati Uniti si impegna a fondo, ciecamente, in una politica che sin dagli inizi è stata condannata all'insuccesso. Da allora sono stati molti nel mondo quelli che hanno avuto il coraggio di mettersi al fianco di Cuba nella sua lotta contro questo politica criminale; oggi è la comunità internazionale che alla fine dell'anno scorso ha votato pesantemente alle Nazioni Unite per la fine del blocco. Quanto agli Stati Uniti, questo criminale, ingiusto e vigliacco blocco economico contro una piccola nazione come Cuba, il più prolungato imposto contro qualsiasi paese nella storia, senza dubbio è uno dei capitoli più vergognosi nella loro voluminosa carriera di abusi e di violazioni. Il saldo economico di questa aggressione, in conseguenza dei costi determinati direttamente da questa o dalle mancate entrate ad essa imputabili - senza comprendere i danni derivati da altri attacchi e atti ostili degli Stati Uniti contro Cuba - ammonta, dal Proclama Kennedy ai giorni nostri, all'incirca a quasi 60 miliardi di dollari. Noi cubani, abituati a vivere nel rischio e in mezzo alle molteplici e differenti difficoltà che ci ha imposto questa guerra economica, siamo orgogliosi poiché ha messo alla prova la nostra capacità creativa, la forza, la resistenza e spirito di unione che caratterizzano la nostra cubanìa che niente e nessuno potrà mai vincere, schiacciare, comprare o umiliare.