[INDICE] - [APPENDICE V°] - [Federici D.]




APPENDICE IV°



Documenti bibliografici


S. Anatolia, Cartore e dintorni dal 1666 al 1911


Luca Holstenio
“Annotationes in Italiam Antiqua”



Nel 1666 il geografo e storico Luca Holstenio nelle sue "Annotationes in Italiam antiquam Cluverii" scriveva: "In civitate Thora: Thorae, five Thoranae civitatis vestigia certa e indubitata extant ad Thoranum fl. (qui e ipse fine dubio nomen ab ea accipit) à regione Castel Vecchij e Antuni Paulo supra Colle Piccolo, ubi ecclesia celebris S. Anatoliae magna omnium vicinorum populorum religione colitur; quam vis corpus S. Virginis pridem inde a Sublacense monasterium traslatum fuerit. In ecclesia columnarum e inscriptionum vestigia visuntur, e ager sub ecclesia ad flumen usque ruderibus longe lateque oppletus cernitur. Distat autem Thora five Torana civitas Trebula Mutusca m.p. VII circiter; Reate autem XIII vel XIV circiter. Locum lustravi oculis 1645. die 13 may.

Muzio Febonio
“Historiae Marsorum”



Nel 1678 l’abate Mutio Phoebonio nativo della Marsica nella sua monografia "Historiae Marsorum" scriveva: "Sancta Anatolia: Eodem itinere M. P. est Sanctae Anatoliae Castrum in ditione Reatina situm, sanctae virginis auspicijs, quae martyrio pro Christi fide in civitate Thora, parum ab hinc longe felicier coronari meruit; five in persecutione aliquid ibidem passa posteris proprij nominis, passione illustratum locum Reliquerit, sine alia occasione inditum ignoratur. - Toranum: Inde Toranum M. P. a’ Sanctae Anatoliae Oppido, quod a flumine nomen sumpsisse Cluverius suspicatur, cum id prope fluat, nomenq; Ei Toranus fit post Corradini aexercitus profligationem Exortum ex vicis, quos militaris furor vastavit coadunatum, quorum incole diruptis domibus, haustis substantijs, ut ne in posterum similia paterentur, eo devenerunt consilio, ut simul coalentes munitam stationes stabilirent; ficque locum quem Sabidius Taurus Iovi sacraverat declinarunt, e Faustis Sabini auspicijs de suo cognomine nomen loci dederunt, e ad haec nostra tempore basis, qua simulacrum Iovis sistebatur his literis notata inspicitur: IOVI MAXIMO SABIDIVS TAVRVS cuius etiam memoriam cum dignitatum titulis in lapide, quem mox relaturi simus, ostendemus."



P. A. Corsignani
“Reggia Marsicana”



Nel 1737 Monsignor Pietro Antonio Corsignani, vescovo di Venosa, anch’esso marsicano, nella sua opera "Reggia Marsicana" scriveva: "S. Anatolia: Accosto alla menzionata terra [di Rosciolo], è posta l’altra di Sant’Anatolia sul confine della Diocesi per questa parte , perocché la terra in oggi spetta alla giurisdizione del vescovo Rietino: ebbe tal nome dal suo antico templo di Sant’Anatolia martire , imperciocchè fu martirizzata per la fede cattolica , nella città di Tora, da cui la moderna terra di Torano col fiume di tal nome ebbe principio: benché poi la mentovata città di Tora dal furore de’ barberi rimanesse diroccata (Vide Cluver. in Geogr.) e che questa sia stata nei confini degli Equicoli, e de’ Marsi, chiaramente apparisce negli atti de’ Santi de’ P.P. Bollandiani distesi dal Sollerio, e dal Pinio (Mens. Jul. Tom. 3 pag. 674) non rapportati dalla Febboniana. Si autentica dagli scrittori in detto glorioso martirio in tal luogo, o ne’ descritti nostri confini per maggior lustro de’ Marsi: e quivi anche al parer de’ citati autori fu martirizzata Vittoria sorella della lodata Anatolia, ed il suo corpo fu indi trasportato a Subiaco (Chron. M. Sublacen. in Barberin. Urb.). Nelle vicinanze di quella terra si rinvenne l’antica iscrizione già franta di M. Aurelio Antonino Caracalla Imp.: ma il Febbonio (Hist. Mars. pag. 177) solamente ci rapporta poche parole esistenti nella base del simulacro che Sabidio Tauro consacrò a Giove: e sono: IOVI MAXIMO SABIDIVS TAVRVS Ond’è credibile che il detto Sabidio Tauro stanziando in que’ colli, desse anticamente il nome alla menzionata vetusta città di Tora; imperocchè troviamo di lui un’altra memoria nella terra del Corvaio, di cui abbiamo di sopra favellato".



Pierluigi Galletti
“Memorie di tre antiche chiese”



Nel 1765 l’abate Cassinese don Pierluigi Galletti, nelle sue "Memorie di tre antiche chiese" scriveva: " Il Turano prende il nome dall’antica città di Tore da lungo tempo distrutta, pe’l cui mezzo passava. Il Cluverio malamente ha creduto, che sia lo stesso, che il fiume Telonio mentovato da Ovidio ne’ Fasti lib. VI da Paolo Diacono, e da altri, poiché sono due fiumi distinti. Il Turano scorre parte per le terre degli Equi, e parte per quelle di Sabina; ed il Telonio passa per i Marsi, e per gli Equicoli, onde probabilmente è quel fiume, che ora è detto il Salto".



Mons. Saverio Marini
“Memorie di S. Barbara”



Nel 1788 monsignor Saverio Marini, vescovo di Rieti, nelle sue "Memorie di S. Barbara", scriveva: "155. Quanto alla decadenza delle parti di Scandriglia, abbiamo la testimonianza di fatto dalle ruine, e vestigie di antiche fabbriche, che si conoscono per ogni verso, ed anche non lungi dal sito, dove si venerava il corpo della nostra santa. Le storie poi assicurano l’esistenza negli antichi secoli di parecchie città della Sabina, che in oggi più non esistono, e di alcune si dibatte fra i critici dove erano fabbricate. - 156. Fra queste città dirute della Sabina il Ferraris nel suo dizionario geografico, ed alcuni altri collocano anche l’antica Tora, e la suppongono dove oggi dicesi Castel Vecchio, feudo dell’eccellentissima casa Borghese nella mia diocesi, e che la sua denominazione  derivasse dal fiume Turano, che vi scorre sotto, e bagna gran parte di quel territorio, e del territorio di Colle Piccolo, altro feudo di detta casa, che gli sta di prospetto. Io non stento a credere, che il residuale vocabolo "Rocca Tura", che resta dentro Colle Piccolo, (e che forse sarà stato altro paese, o più antica fortificazione, che le geografie non ci ricordano) derivato sia dal fiume Turano, per quanto può valere l’argomento desunto dall’etimologia dei nomi. Ma l’antica Tora né dal Turano prese la denominazione, né presso il Turano esisteva. Anche questa città era compresa dentro la mia diocesi, ma ben lungi da CastelVecchio, ben lungi dall’origine e corso del fiume Turano. Stava questa nelle parti del regno sul confine degli Equicoli, e dei Marsi, come avvertì anche monsig. Corsignani nella sua "Regia Marsicana" presso la terra chiamata Torano, feudo Caffarelli, e presso l’altra terra, poco distante, detta S. Anatolia, feudo dell’eccellentissima casa Colonna. Colà di questa diruta città si riconoscono le vestigia, e nel declivio della montagna vicina le vecchie carte del mio archivio danno gli antichi titoli di "S. Anatolia in Tora", di "S. Lorenzo in Tora", di "San Leonardo in Tora", di "San Costanzo in Cartora"; ed ivi confessarono col martirio la fede in Gesù Cristo i Santi Audace, ed Anatolia. Ne restai maggiormente convinto nella sacra visita, che colà feci l’anno 1786., e riconobbi, che giustamente indicò il Baronio il luogo del detto martirio, col dire ai 9. di luglio: "In Civitate Thore apud lacum Velino", e in una sua pendenza vi resta il lago sempre perenne, che si chiama "Lago della montagna Velina". Riconobbi ancora nell’orto di casa dell’ab. Cattivera, parroco di Torano, l’avanzo dell’iscrizione, che stava al simulacro di Giove, eretto nei tempi della cieca gentilità da Sabidio Tauro, tal quale fu pubblicato dal riferito Corsignani:     J O V I . M A X I M O . S A B I D I V S . T A V R V S     e convengo col medesimo, che questo Sabidio Tauro, che dimorava in quelle parti, dasse il nome all’antica città di Tora. - 157. Non avendoglielo dato il fiume Turano, né potendosi supporre questa città presso Castelvecchio, quantunque vi sia un antico titolo di S. Anatolia, dove in oggi vi è un convento de’ P.P. Cappuccini, è totalmente falso ciò, che alcuni di quei contorni spacciano, cioè, che ivi la santa suddetta ebbe il martirio, che in quella chiesa del suo titolo restò per molti secoli il di lei sacro corpo, e che poi con frode i monaci benedettini lo levarono e trasportarono in Subjaco. Il sacro corpo di questa santa per più secoli restò dove patì, e precisamente nella chiesa parrocchiale di mia diocesi della terra detta di S. Anatolia presso i Marsi, dove i popoli vicini, e lontani concorrono ogni anno per la sua festa, e per i loro bisogni a venerare, ed invocare la santa, riconoscendo quella chiesa come luogo del suo trionfo, e per qualche tempo della gloriosa sua sepoltura. Se i monaci Benedettini di là, e non mai da Castelvecchio ne fecero la traslazione ad altra chiesa, e poi a Subjaco, la fecero in virtù dei diritti, che aveva il loro monistero sopra quella chiesa, come gli aveva sopra di altre anche dentro la mia diocesi, conforme costa da un vecchio registro del secolo XIV., che conservasi nel mio archivio. Essendo stata questa santa nella mia diocesi, i suoi titoli erano parecchj. Imperciocchè oltre Castelvecchio, altra chiesa della sua invocazione stava agli Staffoli, altra alle Piagge per la strada, che da Rieti mena a S. Salvator Maggiore, altre fra i due territorj di S. Benedetto, e Magliano vicino a Rieti, ne perciò deriva, che in quelle parti abbia patito, o abbia avuto luogo il suo sacro deposito. - 158. Io non so, se nella diocesi di Terni, e precisamente nel territorio di Piedilugo, che confina colla mia, vi sia memoria d’alcun titolo di questa santa. Mi si suppone, che non vi sia, ma quand’anche vi fosse stato, o vi fosse, è egualmente falsa la supposizione di alcuni di quel paese, che colà fosse edificata l’antica Tora, che colà patisse S. Anatolia, e che del lago di Piedilugo, perché vi scorre il fiume Velino, intendesse parlare il citato Baronio. Come nota il Sollerio (in Usuard. 9.Jul.) S. Anatolia è stata reatina, e come reatina la dichiarò il Baronio; onde per lago Velino, non significò il lago di Piedilugo, ma bensì quello della montagna Velina. Le cose adotte convincono, e la distanza di Tora da Rieti, che assegnò Dionisio D’Alicarnasso (lib. I°) di 40. miglia lo conferma. Questa non si verifica ne per Castelvecchio, ne’ per Piedilugo; si verifica però a meraviglia per la riferita terra di S. Anatolia nei confini dei Marsi, dove la Sabina non arrivava.



F. P. Sperandio
“Sabina Sagra e profana”



Nel 1790 Francesco Paolo Sperandio nella sua opera "Sabina sagra e profana antica e moderna" scriveva: "Anatolia da noi lasciata nel suo esilio di Tora, ed in mezzo ad angustie niente minori di quelle, che soffrire facevansi a Vittoria di lei sorella in Trebola, dello stesso spirito di costanza, e di carità essendo animata, mirabilmente superate avendo diverse pene, che per rimuoverla dal santo impegno preparate le vennero dal giudice Faustiniano, con aiuto celeste liberata da un orribile serpente, e convertito alla fede il suo medesimo custode Audace, nel mentre orava colle mani al cielo elevate, trapassata anch’essa nel petto, la seguì nella corona il dì 9 luglio. Audace nel giorno medesimo preso ed incarcerato, unì ad una gloriosa confessione una beata morte, il suo capo intrepidamente lasciando sul palco per la fede di Gesù Cristo. Più chiese l’onore si arrogano di possedere le sagre spoglie de’ Santi Anatolia ed Audace, o in tutto o in parte almeno, ed altrettante la gloria pretendono, d’essere state, come della sepoltura, così dell’esilio il luogo, e del martirio. Le principali, e che sembrano avere una maggior assistenza di fondamenti, sono Castelvecchio in Sabina sulla riva diritta di Turano, e Torano altro castello negli Equicoli. Il primo dimostra, o dimostrare intende, le ruine dell’antica Tora, dove s’erge il Convento de’ PP. Cappuccini con un Tempio appunto dedicato alla Santa Vergine Anatolia, di cui, e di Sant’Audace venera alcune reliquie; l’altro cioè Torano riconosce le vestigie della diruta città di Tora in poca distanza da se e dal monte e lago chiamato Velino, e sono anche in quelle parti celebri, ed in una non recente venerazione i nomi de’ Santi Anatolia ed Audace. Sebbene su tal questione Castelvecchio abbia per se il favore dei più, non mancano anche a Torano dei validi appoggi. Sono essi già stati rilevati prima da Monsignor Corsignani nella sua Regia Marsicana, ed ultimamente nella citata dissertazione di Santa Barbara da Monsignor Marini Vescovo di Rieti. Anche i rincontri, che se ne hanno in Dionigj, dovriano far concludere per Torano piuttosto, che per Castelvecchio. Dapoichè, descrivendo questo autore il sito di Lista, dice: che si trovava di contro a Tora, di qua dal fiume Velino, ed a tre miglia da Rieti, positura quanto distante e disadatta a quella di Castelvecchio, accomodabilissima però a Torano e di lui aggiacenze. Si decida ciò non pertanto di questa causa come si voglia; noi siamo sicuri, che dovunque piaccia di situare la Tora, di cui si parla, fu sempre una città appartenente ai Sabini, ed in conseguenza di gloria alla intiera nazione i di lei pregi. Se in Castelvecchio, non vi è chi il contrasti, e se in Torano degli Equi, forseché questi, nel dividersi dai Padri loro per conquistarla come fecero, cessarono di esser Sabini ? Non già nel nome diverso delle contrade e popolazioni, né nelle varie Diocesi ristringere si può ciò che è d’onore di tutta una Nazione."



Giancolombino Fatteschi
“Memorie istorico diplomatiche”



Nel 1801 don Giancolombino Fatteschi, abate Cisterciense della provincia romana, nelle sue "Memorie istorico-diplomatiche riguardante la serie de’ duchi e la topografia de’ tempi di mezzo del ducato di Spoleto" scriveva: "19. Uno de’ Castaldati in vicinanza di Rieti era quello di Tora, costantemente dal Cluverio appellata Tiora, soggiungendo, che "distabat a Lista XIV. stad. dest. III. mill. pass. ad Velinum flumen", e cinque miglia era Lista distante da Rieti dalla parte del mezzogiorno al lago Velino. Anche sopra si rammentò altra Tora al lago medesimo, scrivendo perciò il padre Berretti, che queste Tore fossero due. Ma il Cluverio scrive schiettamente, che Tora fu al fiume Torano, dal quale prese essa il nome. Aggiunge, che Tora fu dirimpetto a Castel Vecchio, ch’è alla destra del Torano, ed in vicinanza di Colle Piccolo, che n’è alla sinistra, non molto lungi dalla chiesa di S. Anatolia, si frequentata da’ popoli. Scrivono molti che il fiume Torano non sia diverso da quello, che gli antichi dissero Tolenus, o Telonius. Aveva Tora il suo Castaldato con esteso distretto, giungendo fino al castello di Vivaro, che da monumenti sappiamo, che apparteneva al castaldato di Torano. Nell’agro del medesimo castello di Bibaro, o Vivaro molti beni sono donati a’ Farfensi da Trasmondo figlio di Gisone, e diconsi confinanti: "ab uno latere Petesa, ab alio Portica, ad tertio latere Vallem Frida, a quartio latere venit Turanum". Puzaglia talvolta si legge registrata in questo Castaldato di Torano, come in un testamento dell’anno 1010, che non occorre riferire, e talvolta n’è esclusa (come nel contratto di comprita riferito nell’appendice al num. LXXXI.). In questo Castaldato Lodovico II° imperatore, l’anno 864, ad istanza di Pietro vescovo di Spoleto dona alla Badia Farfense i terreni che alla sua regia azienda appartenevano, situati nel campo, "Qui nominatur Brixianus" come dal diploma dell’appendice num. LV. Del Castaldato di Torano molte volte fassi menzione ne’ monumenti Farfensi, nei quali son nominati varj castelli, chiese e contrade di quel territorio, che possono vedersi alla nota VIII. - Nota VIII : Tora: della città di Tora, che attraversa il fiume, da cui prese il suo nome, e del suo circondario, e Castaldato detto Torano, e Massa Torana, più volte ne’ occorre menzione ne’ monumenti Farfensi, come anche nell’esposto fin qui abbiam veduto. Eccone però de’ documenti anche più significanti: una vendita di Vairone del fù Protò dell’anno 885. Correndo il XXIII. dell’augusto Lotario (computato dalla sua coronazione romana del dì 5 aprile anno 823) e VI. di Lodovico II°. suo figlio (preso dall’anno 849. nel quale dal padre fu associato all’impero nel maggio) scritto in Rieti da Ragichisio notaro il giorno 23. del mese di giugno dell’indizione III. abbiamo che l’istesso Vairone abitante nella massa Torana nel casale detto Cottigiano vende all’abate Ilderico "portionem meam de Gualdo exercitali qui est in Massa Torana que dicitur Puzalia il loco qui dicitur Vinea Porcarenis per mensuram pediis publici in longitudine pedes duo mill. e per latitud. pedes quinquaginta e est in congresso vestro. pedem tenente in rivo S. Petri de Roma in monte qui dicitur Cacunus cum pomis ec. actum in Reate (R. F. CCCXII)". Nell’anno medesimo 855 abbiamo il seguente contratto della Massa Torana: "Ego Baroncellus fil. ejusd. Agemundi habitator in Massa Torana ubi vocatur Stalplianus venditi... in monasterio S. Mariae... terram in eadem Massa Torana ubi vocatur ad Civitatem in loco qui dicitur ad illud Farto Fagum ec. actum in Tora. Galenarius notar." (R.F. CCCXI). L’espressione "Ubi dicitur ad Civitatem" pare, che accenni, che dell’antica città di Tora ve n’erano soltanto le rovine. Altri contratti di roba in questo Castaldato sono di piccola conseguenza, e bene scarse sono le notizie topografiche che somministrano."



Felice Martelli
“Le antichità de’ Sicoli”



Nel 1830 lo storico Felice Martelli, nativo del Cicolano, nel suo libro "Le Antichità dei Sicoli" scriveva: "Tora: fu una delle città di remotissima origine, come si può conoscere dalla descrizione che ce ne ha lasciata Terenzio Varrone, esisteva prima la venuta de’ Pelasgi in Italia, ed era celebberrima pel famoso tempio ivi eretto in onore del primo Giano appellato Marte come nume presidente alla pace ed alla guerra, ignorandosi nel Lazio altro Marte in que’ tempi. Qui fu lo antichissimo oracolo di questo dio anteriore a quello di Dodona; un Pico sopra una colonna di legno vi dava le sue risposte e vaticinii, come in quello di Grecia le dava una colomba sopra una quercia: la parte più solida di questo tempio si vede ancora esistere sotto la chiesa di S. Anatolia nei gran macigni di travertino, opera ciclopica delle più belle. I monaci Benedettini vi fabbricarono sopra un monastero nei tempi del loro Istitutore, e diedero il nome della Santa ivi martirizzata alle reliquie di questa città appellandola Sant’Anatolia: essa fu detta ancora Matiera o Matiana, che se si volesse attendere al suo significato, verrebbe a farsi palese che un tal vocabolo sincopato altro non suonava se non Mater-Jana, a cui forse fu inaugurata la detta città nella sua fondazione, essendo probabile che il presente Giano per la venerazione che volea ispirare a favore della sua madre Giana, l’avesse consacrata al suo nome, e sotto i di lei auspici, come aveva consacrato il tempio e l’oracolo al suo genitore... Tora si pone, come dicemmo, nella bella e corretta edizione Greca di Dionisio fatta dallo Stefano nel 1549 pag. 2, lontana da Rieti 36 miglia, e così vien anche riportata dal Vermigliuoli e da altri. (Dionisio ediz. 1546 p. 2 "Apud Steph. ad CCC stadium Thora, quae et Matiera") è fuor dubbio perciò che essa fosse piantata dove ora è CAR-TORA sopra S. Anatolia.



Bullettino dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica



Nel 1831 nel "Bullettino dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica" si legge: "Ritornando verso il lago, sta Sant’Anatolia, dove si osserva, nel giardino dell’abbate Placidi, un pezzo di bel muro poligono e 200 passi più in sù l’Ara della Turchetta, ch’è la cella di un tempio costruita in larghi e rozzi poligoni appoggiati da rupi tagliate. Era questo probabilmente il tempio e l’oracolo di Marte presso Tiora. Vicino a quel luogo vi è il monte Cartora e un miglio distante il villaggio di Tora o Tiora consistente in 4 o 5 case".



Annali dell’Istituto di Corrisponedenza Archeologica



Nel 1832 negli "Annali" del medesimo Istituto si legge: "I monumenti del tempio e dell’oracolo di Tiora sono i due più importanti di tutto ciò che ci è stato segnalato da Varrone. Egli ne ha fissato le rovine a 300 stadi da Rieti e la situazione del villaggio di Sant’Anatolia corrisponde esattamente a questa distanza. Secondo la descrizione manoscritta del signor Simelli, il monumento dell’oracolo consiste in una roccia bruta, che non è stata tagliata se non per formare una terrazza di circa 40 metri di lunghezza per 10 di larghezza. Questa terrazza è limitata da un muro di costruzione pelasgica, ma meno curato di quello del tempio di Marte, che è uno dei più bei modelli di questo genere di costruzione. Questo muro ha uno sviluppo di 54 metri. La prospettiva teatrale di questa terrazza presenta un banco, tagliato in modo che il suo dorso sia nella roccia viva, ma la sua sopraelevazione di un solo metro... La sua lunghezza, compresa la base rimasta rozza alla sua estremità, è di 12 metri... La parte superiore della roccia che si estende su tutto il fondo di questa terrazza, forma un dorso che si eleva di 3 metri circa".



Carlo Promis
“Le antichità di Alba Fucense negli Equi”



Nel 1836 l’architetto Carlo Promis nel suo libro "Le antichità di Alba Fucense egli Equi" scriveva: "Io credo che la fondazione di Alba si debba attribuire ai Pelasgi che secondo Varrone presso Dionisio (lib. 1 cap. 14) fondarono le città che da Rieti, considerato come punto centrale, si diramano in vari sensi, e principalmente viene da lui mentovata Tiora Matiene distante da Rieti 300 stadi, cioè miglia 37 e mezzo, situata sulla strada che da questa città porta al lago Fucino ed alla via Latina. La distanza e la direzione nella quale Dionisio mette Tiora la fanno riconoscere nel villaggio di Sant’Anatolia, che in un diploma del 1153 è nominata ‘Plebem Sanctae Anatoliae in Tore’ (Ughelli tom. I. Questi riporta pure il diploma dell’istesso anno di Anastasio IV°, nel quale il villaggio di Turano, ritiene già il nome Turanus. Varie prove dell’identicità di Sant’Anatolia con l’antica Tiora trovansi date dal signor Petit-Radel negli annuali dell’Istit. Vol. IV°, pag. 10) - Ora dalla pianura Amiternina comincia un piano, più o meno inclinato, il di cui vertice è ad Ovindoli: sotto questo villaggio il monte è tagliato quasi perpendicolarmente ad un’enorme altezza: queste falde verticali cominciano da Celano ed estendendosi lungo i monti che sono fimbrie del gran Velino, tracciando una linea insuperabile sino al principio della valle Cicolana, nelle cui fauci è situata Sant’Anatolia, la cui identicità con la Tiora di Dionisio non soffre dubbio; ora negli atti di Sant’Anatolia (presso il sig. Petit-Radel loc. cit.) trovasi menzionato il lago ed il monte Velino presso Tiora come parti del suo territorio, onde l’agro Albense doveva terminare dove cominciano le aspre falde di questo"



Michele Michaeli
“Memorie storiche della città di Rieti”



Nel 1860 Il Dottor Michele Michaeli nelle sue "Memorie istoriche della città di Rieti e dei paesi circostanti" scriveva: "249-251: diffondendosi poi il cristianesimo nelle città e nelle campagne durante il terzo secolo, e facendo da esso vieppiù contrasto i fautori dell’antico culto, questa lotta durava ancor viva in Rieti e nella Sabina, come accennano i racconti relativi alla persecuzione dei cristiani sotto Decio. Durante il breve impero di questo, Anatolia ed Audace patirono il martirio presso il luogo, ove era stata la vetusta Thiora, cioè fra gli odierni castelli di Torano e di S. Anatolia e sul declive del monte Velino, presso il laghetto perenne da quella montagna denominato [Il luogo fu indicato con precisione dal Marini (Memorie di S. Barbara, p.177). Vedi pure il Fatteschi, Mem. del ducato di Spoleto, p.144, 226. La designazione ‘Ad lacum Velinum’ che si legge negli atti dei martiri Anatolia ed Audace (Bolland., Acta SS., IX julii, tom. II, p.671) aveva indotto in errore gli eruditi, tra i quali l’anonimo autore della tab. Chorogh. in Muratori (Rer. Ital. script. X, pag. 256), che indica Thiora presso il lago Velino, ora detto di Piedilugo]



Teodoro Bonanni
“Stemmi e Catasti Antichi”



Nel 1881 Teodoro Bonanni nel suo libro "Stemmi e Catasti antichi dei paesi appartenenti alla provincia del 2° Abruzzo Ulteriore" scriveva: “Descrizione degli Stemmi dell’antica Università della Provincia dell’Abruzzo Aquilano” ... 126. Borgo Collefegato: Uno scudo ovale col cuore e col fegato in campo d’argento. - Corvaro: Un corvo sopra una colonna in campo azzurro. - Castel Manardo: Una mano che si brucia sopra una fiaccola posta su di un candeliere in campo azzurro. - Poggio di Valle: Una torre con una bandiera, ed un uccello sopra in campo di argento. - Torano: Un toro infuriato in campo azzurro. - S. Anatolia: La immagine di S. Anatolia con la palma in mano in campo azzurro. - Spedino: Una pianta di spino in campo azzurro. [parte 2° - pag.43]



Giuseppe Colucci
“Gli Equi”



Nel 1886 lo storico Giuseppe Colucci nel suo libro su "Gli Equi" scriveva: "Ricordisi inoltre che dalla più remota antichità fu in Tiora Matiena un oracolo di Marte, i cui responsi erano dettati da un Pico nell’alto di una colonna di legno, onde dallo stesso Dionigi fu notata la simiglianza di questa maniera di divinazione col pelasgico oracolo di Dodona. Vero è che quella città fu da molti scrittori compresa nella Sabina, ma se per poco si rifletta che i Sabini abitarono l’alto rispianato di Amiterno, e che Tiora sorse dopo Alba all’ingresso della valle Equana, non lungi dal monte Cartore, ove nel medioevo fu Tora (oggi Torano e Grotte di Torano), l’errore di quei topografi riesce manifesto. Scendendo i Sabini al piano contro gli Aborigeni, non sormontarono punto i gioghi di Noria, dell’Aquilente e del Velino, ma percorsero la via naturale dell’Interocrea, come più innanzi sarà detto; laonde né per ragioni topografiche, né per tradizioni antiche può credersi che una sacra primavera di Sabini abbia posta le fondamenta di Tiora Matiena, chiusa nella regione degli Equicoli e propria di quel popolo. Sanzachè il Marte o "Apns" dell’oracolo Tiorano non fu divinità Sabina o Greca, ma Tragica e Scitica, come la radice del vocabolo "Apns" appartiene propriamente alla lingua degli Sciti, popoli congiunti ai Medi, ai quali erano identici i Matieni; ed i Pelasgi, per giudizio de’ più recenti etnologi ebbero lor prima sede nella Media o nell’Iran settentrionale, donde tutte uscirono le razze Indoeuropee".



Teodoro Bonanni (2)
“Le antiche industrie dell’Aquila”



Nel 1888 Teodoro Bonanni nel suo libro "Le antiche industrie della Provincia di Aquila” scriveva: “... 6. Antica industria della Corallina --- Nella regione Marsicana era questa industria molto estesa e proficua: coloro, che la esercitavano doveano avere una patente o licenza, che loro si rilasciava dal Protomedicato Romano: infatti leggo nel registro delle patenti ai medesimi rilasciate dal detto officio protomedicale dal 18 marzo 1547 al 1570, pubblicato dal mio chiarissimo amico signor Bertolotti, Direttore dell’Archivio di Stato di Mantova, i seguenti nomi dei Comuni di S. Anatolia e di Alba Fucense del nostro Abruzzo, che ottenuta aveano l’autorizzazione di un tale commercio: essi erano: col titolo di Maestri, Sintionio Antonio, Pietro Andrea, Pietro Agostino di Antonio, Allegruccio di Antonio, Fedele di Giuliano, Crispoldo Piermattei, Sinsonio, Dentista, Tommaso di Nanni di S. Anatolia, e Marco di Vitale di Alba Fucense.



Enrico Abate
“Guida dell’Abruzzo”



Nel 1903 Enrico Abate nella sua "Guida dell’Abruzzo" scriveva: "S.Anatolia e Cartore. (Alloggio in S. Anatolia presso Salvatore Ricci e in Cartore presso Angelina Panci; guida in Cartore Bernardino di Janni, in S. Anatolia Antonio Federici). Sia passando per la Badia descritta [S. Maria in Valle Porclaneta] (Km. 6 da Rosciolo) sia direttamente da Rosciolo (Km. 5) si può andare a S. Anatolia piccolo villaggio in bella posizione, ed anche a Cartore (Km. 2 1/2 da S.Anatolia) composto da poche case. Sono due graziosi paesi fra ondeggianti colline, alla base delle montagne della Duchessa. Le mura poligonali di un antico ieron di Tiora (v. pag.117) servirono di sostruzione alla chiesa dedicata a Santa Anatolia, che dicesi qui martirizzata sotto Decio imperatore per ordine del preside Faustiniano. Gli avanzi ritrovati han fatto supporre che nei tempi romani esistesse qualche villaggio che mutò poi il suo nome in S.Anatolia per la chiesa erettavi. Da S. Anatolia a Torano (Tiora) Km.5,4 (v. pag. 117) - ... - Torano, piccolo paese degno di menzione solo perché si crede che qui sorgesse un’importante città sabina, Tiora, della quale ci ha lasciato notizia il solo Dionigi d’Alicarnasso sulle memorie di Varrone, situandola a 300 stadi, cioè miglia 37,5, da Reate e a 24 da Lista. Era Tiora una città antichissima degli Aborigeni; ma i Sabini se ne impadronirono colle città vicine, quando estesero il proprio dominio sulle circostanti contrade. Tiora con l’aggiunta di Matiena era celebre per un antico oracolo di Marte, quasi nella forma di quello di Dodona, oracolo che si rendeva da un Pico, venuto miracolosamente dal cielo, sopra una colonna di legno. L’epoca di questo monumento si fa risalire al 1520 prima di G. C. L’antica città conserva tuttora il suo nome nell’odierno villaggio di Torano, composto da poche case. Le mura di Tiora erano costrutte di piccoli ma ben aggiustati poligoni; il sito era atto alla difesa e con una pianura per le coltivazioni, circondata da montagne, fra le quali si eleva alto e maestoso il Velino. Dell’oracolo di Marte si vede tutt’ora la cella, detta Ara della Turchetta, costruita in larghi e rozzi poligoni, appoggiati da rupi tagliate e a brevi distanze da Torano e S.Anatolia. A 200 passi, e presso poche ruine di Tiora, si vede ancora un Ieron o tempio dedicato allo stesso nume, le cui antiche mura poligonali servirono , come si è detto, di sostruzione alla chiesa dedicata a S. Anatolia (v. pag. 116). - ... -  La Magnolia e la Duchessa: Da Ovindoli o dal villaggio le Forme poco distante da Albe si può ascendere in circa 4 o 5 ore alla vetta più alta dei monti della Magnola (2223 m.). Un interesse maggiore però offre una escursione nei monti della Duchessa. Due sono le vette principali, il Morrone o meglio la Torretta o Torricella (2216) ed il Muro Lungo (2187). Per salire alla Torretta si parte da S. Anatolia o dal villaggio di Cartore, o dal villaggio di Corvaro (presso Borgocollefegato) non lontano dal principio della valle Amara. Da S. Anatolia si va al punto dove la strada per Borgocollefegato si accosta maggiormente a monte  Morrone e precisamente dove sono le capanne dei carbonari; si sale per un sentiero nel vallone di Piedimonte, dove si trovano querce e faggi e si arriva in 3 ore e 1/2 ai Ginepri alla cima del detto vallone, e di qui in circa due ore alla punta della Torretta. Da Cartore si segue la valle di Fua, quindi quella del Cieco dove sono parecchie carbonare interessanti, ed in 5 ore si giunge alla vetta. Da Corvaro si sale per la ripida costa Le Ripi, ed il bosco di Cartore ed in 6 ore circa si arriva alla Torretta. Il Muro Lungo (2187 m.) che è separato dalla Torretta , dalla parte superiore del vallone del Cieco, formata da una bella cresta rocciosa si può ascendere da S. Anatolia passando per Cartore, pel vallone la Cesa, pel pratone S. Leonardo e la valle del Cieco, in circa 6 ore e mezzo. Volendo riunire le due ascensioni del Velino e del Muro Lungo o della Torretta, converrebbe da quello a questi scendere a pernottare a Capo di Teve portando seco la tenda. Dal Muro Lungo o dalla Torretta, in un’ora si scende dal Giaccio dei Mentuni e in un’ora e mezzo a Capo di Teve. Occorre però una guida pratica per trovare bene la via fra quei  dirupi. La veduta dei monti della Duchessa , che offrono un aspetto tutto diverso da quello del Velino per i boschi pittoreschi, è bellissima su tutto l’Appennino centrale e sopra il colosso del Velino. In questi monti si stende il laghetto della Duchessa, che si scorge benissimo dalla vetta della Torretta.



Domenico Lugini
“Memorie Storiche della Regione Equicola”



Nel 1907 Lugini Domenico nelle sue "Memorie storiche della regione Equicola, ora Cicolano" scriveva: "Tiora: gli avanzi di questa vestutissima città, consistenti specialmente in mura pelasgiche, si osservano presso il villaggio di Torano, o meglio, tra questo e quello di S. Anatolia, non lungi dal monte Cartora e dove l’hanno riconosciuta il Bunsen (Annali dell’Ist. Archeol. 1834), il Martelli (Le antich. de’ Sicoli tom. I°, lib. I°, cap. VII°, p.59-60), il Colucci (Gli Equi p.15), il Michaeli (Note per la storia della città di Rieti p. 18, dove cita il Marini Memorie di S. Barbara, p.197) ed altri. Secondo la testimonianza di Terenzio Varrone, riferitaci dallo storico di Alicarnasso (lib. I°, 14), essa distava da Rieti trecento stadi (Km. 55 e m. 425 circa) ed era nominata anche Matiena. In essa era l’antichissimo oracolo di Marte (donde il nome di Tiora, perché il ricordato nume, da Omero ‘Odissea’, VIII, 361 è detto Tourio Ares) non dissimile da quello di Dodona, celebrato nelle favole. Un Pico sur una colonna dava i suoi responsi o vaticinii, come in quello di Grecia li dava una colomba sopra una quercia. Vincenzo Gioberti (Del buono e del bello, cap. 6, p. 197 e seg.) così descriveva tale oracolo: "Uno dei più antichi oracoli pelasgici, menzionati da Varrone e da Dionisio, è quello di Tiora, oggi Turano, nel territorio di Rieti, presso il villaggio di S. Anatolia, ai piè del monte Velino, dove Pico, uccello divino degli Aborigeni profetava". Le mura pelasgiche che tuttora si osservano presso l’odierna chiesa di S. Anatolia, rappresentano forse gli avanzi del famoso tempio di Marte dal Pico vaticinante. Il Fatteschi (Memorie istorico-diplomatiche ecc. p. 152 e 226), il Galletti (Gabio, p. 162, n.4) ed altri scrittori, riposero questa città nella Sabina dirimpetto a Castelvecchio e Antuni, ma senza appoggio alcuno di validi documenti. Questa città si conservava ancora nel terzo secolo dell’era volgare, perché durante il breve impero di Decio (249-251 d.C.) in essa appunto subirono il martirio i Santi Anatolia ed Audace, come si rileva dal martirologio romano (‘Septimo idus julii. In civitate Thora apud lacum Velino passio Sanctorum Anatoliae et Audacis, sub Decio imperatore’). Le invasioni barbariche ne dovettero determinare la rovina."



P. A. Cremonini
“La ricerca di Tora”



Nel 1911 il sacerdote di Spedino Cremonini P.A. nel suo libro "Cenni di storia antica - La ricerca di Tora" scriveva: "Finalmente l’Archivio Episcopale di Rieti ci dà pienissima ragione. In quest’Archivio son certe carte vetuste, che dicono: Dal Santuario, che è nel declivio del monte Velino, si ebbero gli antichi titoli di S. Anatolia in Tora, di S. Lorenzo in Tora, di S. Leonardo in Tora, di S. Costanzo in Cartora; e in quello stesso declivio, aggiungono, confessarono col martirio la fede di Gesù Cristo i Santi Audace e Anatolia. Che si vuole di più ? Tora, dunque, fu qua veramente, e le terre in che sorse, come la città, così anch’esse furono Sabine"




Domenico Federici
“La leggenda di S.Anatolia Vergine e Martire del Cicolano”



Domenico Federici, frate nell'abbazia di Subiaco, fu autore di vari libri riguardanti la storia del suo monastero e luoghi adiacenti.

  • 1938. Primordii benedettini e origini comunali in Subiaco - Subiaco (Tipografia dei monasteri) 1938
  • 1940. Echi di giansenismo in Lombardia e l'epistolario Pujati-Guadagnini
  • 1947. G. XVI tra favola e realtà - Rovigo 1947
  • 1966. I Francescani visti in Anagni in una descrizione del 1219 - Roma 1966


  • Questi titoli li ho trovati su internet - forse ha scritto anche altri libri

    Verso la metà del XX° sec., sollecitato dalla fama che in quel periodo riscuoteva la nostra Santa (negli anni '50-'70 in occasione della festa di S.Anatolia giungevano nel nostro paese migliaia di pellegrini), fece delle ricerche e il 22 maggio del 1953 diede alla luce la prima stesura del libro "La leggenda di S. Anatolia V. e M. del Cicolano".

    Nell'estate del 1953 egli venne a S.Anatolia probabilmente in occasione della festa del 9-10 luglio. Portò con se l'unica (?) copia dattiloscritta del suo libro e la consegnò al nostro parroco che allora era don Giovanni di Gasbarro. Costui l'avrebbe dovuta correggere e poi restituire per la pubblicazione. Il nostro buon parroco ci mise molto impegno per correggere la bozza ma poi dovette attendere invano che il frate tornasse a riprenderla. Federici Domenico credo che non venne più a S. Anatolia e il libro non venne mai pubblicato. Io ne possiedo una fotocopia, avuta direttamente da don Giovanni Di Gasbarro, che ho riportato integralmente nel sito.



    DOMENICO FEDERICI:
    La leggenda di Sant'Anatolia Vergine e Martire del Cicolano



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