Floris
Adolfo
Adolfo
Florjs, cagliaritano, ha frequentato il liceo artistico e i corsi di
pittura all'Accademia di Roma. Appassionato acquarellista, ha seguito i
primi insegnamenti dei maestri Dino Fantini, Aldo Riso, Rodolfo Dotti,
Ardo Reci.
Per
circa 30 anni è stato direttore artistico della Piccola Barcaccia a
Cagliari. Da 15 anni si è dedicato completamente alla
pittura (acquarello, tempera, olio). Sue opere sono esposte in numerosi
Comuni ed Enti italiani, esteri e presso collezionisti dell'arte
figurativa contemporanea. Vive e opera a Cagliari e a Villasimius.
L'artista
Adolfo Florjs (Foffo per gli amici che lo stimano), nato a Cagliari nel
1941, è un personaggio fantasioso, esuberante, irrequieto, ma è anche un
acuto osservatore che riesce a cogliere con impegno e serietà le diverse
situazioni.
Durante gli anni della scuola media è stato allievo di
Dino Fantini; poi, in un periodo successivo, ha appreso la difficile
tecnica dell'acquerello da Aldo Riso. Ma nei suoi anni giovanili restò
colpito e suggestionato da Antonio Corriga per quelle sue decisioni
risolutive con rapide pennellate cariche di solarità, avendo tuttavia
modo di apprezzare soprattutto Giuseppe Biasi ed anche Filippo Figari e
Carmelo Floris.
Nel 1961 ha fondato la galleria d'arte "La
Barcaccia" nella salita di Santa Chiara a Cagliari, nello storico
quartiere di Stampace, in cui ha operato per un lungo periodo seguendo e
guidando oltre trecento mostre personali e collettive di artisti della
penisola, di maestri stranieri e di operatori culturali sardi, facendo
conoscere numerosi pittori stimolati dai suoi richiami.
Egli stesso ha tenuto una trentina di rassegne personali
con notevole e immediato successo di pubblico e di critica. In
quegli anni fervidi d'impegno, di studio e di apprendimento con la
presenza di noti maestri è stato a contatto di artisti affermati e
celebri, quali Fantini, Dotti, Sciltian, Levi, Bertolini, Longi,
Frankurter, Riso e specialmente Reci ( suo stimato maestro che lo ha
incoraggiato ), traendo da questi personaggi un'influenza culturale,
estetica e formativa in un clima d'ampio respiro internazionale.
Grazie a questa provvidenziale possibilità ha creato opere
significative con "provocante" impiego dei colori, considerati
come utili messaggi lanciati per riuscire a diventare un autentico
protagonista della cultura figurativa prescindendo dagli interessati
giudizi dei critici più influenti.
Ha
così fissato la luce della sua terra nella luce della sua anima che si è
proiettata in tutte le sue soluzioni, grazie ad un istinto esuberante che
gli ha stimolato la sua capacità espressiva. Da questo momento ha preso
sviluppo e ampliamento la violenza cromatica dei suoi dipinti, realizzati
con una magica perfezione tecnica nei paesaggi, nelle figure, nelle nature
morte, nella spettacolarità delle culture etniche e nello spessore del
patrimonio civile del passato, riuscendo a scavare segni profondi di
suggestione.
Le usanze suggestive, la gestualità, l'uso del vestiario
tradizionale dei popoli "diversi", conservatisi nella genuinità
del loro mondo, sono ora sottolineati dalla portentosa influenza del
colore, dal fascino dei luoghi sconosciuti e scoperti e dall'atmosfera
(imprevedibile per noi Europei): elementi che trasmettono all'animo un
senso quasi irreale in una scelta selettiva di soggetti che ci riportano
al mitico passato della nostra fanciullezza.
Adolfo Florjs pensa, progetta e realizza il suo mondo
fatato, grazie al richiamo degli scorci incantevoli della costa di
Stintino, dell'aura ispiratrice della terra di Gallura, da Olbia a La
Maddalena, della Baronìa, dalla valle del Cedrino a Orosei, Siniscola e
San Teodoro d'Oviddè, da Alghero a Sènnori, dalla Barbagia montuosa di
Tonara, Desulo e Orgòsolo fino al mare di Bosa e infine all'Ogliastra
"isola nell'isola", al nuorese, al Sarrabus, al Campidano di
Cagliari, al deserto del Marocco, agli uomini blu del Tuareg, alla
sorpresa del suk di Fez, alle donne del Malì, all'architettura di Timbuctù,
al basso Senegal, alle cavalcate arabe di Rabat, alle figure dei Rais
della Mauritania, e più lontano in un altro mondo imprevedibile, alle
sequenze del mercato di Urubamba del Perù, con le processioni spagnole di
Tarragona e Sardegna, e di Teulada maurreddina e le mattanze dei nostri
mari.
Specialmente nel continente nero, ricco di contrasti e di
sorprese, o nell'America centrale e meridionale, ove sopravvivono popoli
con convinzioni e con abbigliamenti autentici e pittoreschi, Adolfo Florjs
si rende conto che nella nostra Sardegna di oggi, la piccola patria degli
isolani sopravvissuti snervati e incompresi, gli artisti locali pieni di
boria stolta non hanno imparato quasi nulla nè dalla cultura europea, nè
dagli stimoli delle meravigliose civiltà etniche dei continenti
extraeuropei.
Il mio amico Foffo è arrivato al successo spinto da una
profonda passione vissuta e sofferta con umiltà, quasi in solitudine
controcorrente, senza "biaseggiare", ma con l'impegno di tenere
le sue mostre a Cagliari e di sfuggire alle grinfie
rapaci dei galleristi sardonici per evitare di rientrare in un contesto
mercantilistico malato di squallore.
Per lui, carico di esperienze esaltanti, è meglio
riscoprire il fascino primordiale del poetico villaggio di Lollove, della
luce e del colore delle rose spontanee di Domusnovas Canales, di alcuni
stazzi incontaminati della Gallura o della scoperta casuale dell'altopiano
selvaggio di Sadali con i misteri delle grotte, delle cascate e delle
valli che emanano profumi di natura.
Quest'artista si lascia andare a ripetere le sue
confidenze, quasi con pudore: "Una volta la gente si rivolgeva agli
artisti. Oggi invece, con i tempi tenebrosi che avanzano, ogni artista di
valore, dopo la sua maturazione tecnica, estetica ed umanistica, dovrebbe
ritornare dalla gente (sfiduciata e tradita) con onestà, in buona fede e
con intenzioni generose per trovare in queste località umili e recesse
l'ispirazione effettiva per riuscire a creare arte in quest'isola di
solitudine e di abbandono".
Per ora - soggiunge il pittore Florjs - mi sono
sufficienti, mi soddisfano e provo vivo compiacimento da alcuni
apprezzamenti espressi da grandi maestri: il giudizio di Jean Martine che
mi aveva definito "un fauve dell'acquerello"; oppure la
dichiarazione di Ardo Reci che così suona: "Anche nell'acquerello e
l'olio ha finalmente scoperto l'autentica mediterraneità; o
l'affermazione di R. Dotti che ha lodato con entusiasmo l'esplosione
vibrante dei colori da me scelti per il sole e le ombre del mio mondo
accarezzato; oppure l'osservazione critica di Venturini che ribadisce che
gli oli di Florjs trasmettono nell'animo di chi li osserva sorpreso e
incantato un compiuto racconto poetico fatto di luminosità del Sud, di
colori caldi abbacinanti della mirabile essenzialità mediterranea".
Per concludere, io vorrei riprendere da lontano il ricordo
dell'impressione meravigliosa dei primi navigatori greci del sesto secolo
avanti Cristo, presenti nel Mediterraneo occidentale detto dagli antichi
esploratori ellenici "il mare dei Sardi", che circondava e
racchiudeva l'isola del mistero coperta da fitti boschi sempreverdi che
avevano la stessa tonalità cromatica delle mitiche sculture di bronzo.
Ma sembrerà ai nostri benevoli lettori che l'esuberante
Foffo Florjs non abbia mille volte ragione di continuare nella sua
intelligente e proficua operosità artistica e culturale? Io ne sono più
che convinto.
Fernando Pilia
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