Sisinnio Usai

CavalleCavalli

"Racconti da vedere"

L’artista in CavalleCavalli racconta un’utopia attraverso i meccanismi narrativi della saga popolare e del mito. Immagina, come succede nelle favole, che, attraverso l’intrecciarsi della realtà con tutte le potenzialità del possibile, si liberi quella capacità di sentire, sempre più soffocata nell’animale uomo (la scimmia nuda di cui parla Morris), attraverso la quale esso trovava la sua sintonia col mondo e la natura. Il dionisiaco, la pulsione ancestrale che porta, preservando tutta la ricchezza dell’individualità, a fondere la vita, unica e irripetibile della persona nella vita cosmica, viene contrapposto all’incapacità o impossibilità del sentire che caratterizza il nostro tempo; il tempo del già sentito, come lo definisce Mario Perniola in un suo saggio famoso. Esso è frutto del bombardamento indiscriminato di stimoli sensoriali cui il flusso mediatico ci sottopone.

 

La quantità dei messaggi e la posizione di chi li riceve anestetizza l’incontro con ciò che accade, negandoci l’esperienza, vale a dire ciò di cui rimane traccia nel nostro vissuto. Se tutto si può vedere, ma attraverso la distanza garantita dallo schermo (televisivo o di qualsiasi altro mezzo dei media), anche ciò che è atroce diventa notizia, qualcosa cioè che si apprende ma a cui non si può realmente partecipare.L’antidoto cui Usai pensa è il recupero della nostra facoltà di immaginare che ci consentirebbe di guardare con occhi nuovi le cose, consunte e sempre eguali nel gran teatro dei media. Nell’installazione Morale della favola un cavaliere (rappresentato da un’armatura di pupo siciliano) è alla guida di una schiera che formalmente comanda ma non possiede. Appare come accerchiato da una selva di cavalli di canna (quelli dei bambini di campagna, sostituiti con manici di scopa dai bambini di città) che aguzzi e taglienti come sono, per quanto aggraziati, non si sa bene se scortino o imprigionino il loro duce. Dietro, staccato e autonomo, un cavallo diverso, il cavallo verde delle favole sarde.

 

Essere fatato dotato di magia positiva o negativa a seconda delle occasioni, è l’altro, il diverso, che scombussola le carte e spalanca al reale dimensioni inattese (o attese secondo le strutture formali della fiaba ma che proprio per questo tengono sospeso il fiato dei lettori o ascoltatori). Assiste alla scena – rappresentata da una serie di ventitre freschissimi pastelli, ritratti contestualizzati (con le predilezioni, fantasie, ambienti che caratterizzano i personaggi) – la famiglia dell’artista. Essa assume il ruolo di una comunità: quella piccola società coesa che è indispensabile alla ricezione di un racconto destinato a mettere radici nell’immaginario, facendo leva sugli archetipi su cui questo si struttura. Il resto della mostra è costituito da oli e dagli originali delle tavole create dal pittore come illustrazioni per libri e riviste. Anche negli oli, come nell’installazione, si scatena una fantasia simbolica e fiabesca. Intrecciata a volte con la memoria come in Mio padre guardiano dei cavalli verdi che trasfigura il soggiorno di Usai bambino nell’isola dell’Asinara (allora colonia penale), in una sorta di educazione sentimentale frutto del dialogo, dolce e difficile, col padre, agente di polizia penitenziairia; o in L’ho visto volare sulla mia isola, personalissima rivisitazione del mito di Pegaso, il cavallo alato archetipo dell’impulso poetico; oppure direttamente simbolica come emerge in Cavalli e vulcani, metafora dell’eruzione delle energie primarie in una condizione di libertà, e Vessilli e cavalli, nel quale i due elementi citati nel titolo vengono contrapposti in movimenti divergenti. Sul piano visivo il tutto si traduce in una tonalità da antico arazzo o da raffinato patchwork pittorico in cui astrazione e figurazione si fondono non avendo alcuna ragione per combattersi. Ma la chiave della mostra è forse la sezione riservata all’attività di illustratore di Sisinnio Usai, nella quale si rivela il nucleo propulsivo della sua poetica: la pittura come creazione di equivalenti visivi di un testo, sia esso già dato, come quello letterario, o creato dalla fantasia, dal pensiero o dai sogni dell’artista.

di Marco Magnani

testo tratto dal volume CavalleCavalli, (monografia dell'artista Sisinnio Usai) edito dalla Soter Editrice