Guida agli edifici significativi della Zona 3

 

Le informazioni seguenti sono tratte in parte dalla pubblicazione "L'Ambiente della Zona 3" pubblicata dal Consiglio di Zona 3 nel 1983 con testi di Flavio Conti e distribuita a tutti i residenti della zona. Il resto è ottenuto da altre fonti, citate nel testo.

L'ambito è quello della vecchia Zona 3 ma cercherò di estenderlo in futuro a tutta la nuova Zona 3.

 

  1. Lazzaretto, Via San Gregorio
  2. San Carlo al Lazzaretto, via Lazzaro Palazzi
  3. Chiesa di Santa Francesca Romana, Piazza Santa Francesca Romana
  4. Ex caserma austriaca, Corso Buenos Aires 19
  5. Porta Venezia, Piazzale Oberdan, Diurno Venezia, via Spallanzani
  6. Scuola elementare, via Casati 6
  7. Chiesa di San Benedetto, via Bellotti
  8. Casa Galimberti, via Malpighi 3
  9. Casa Guazzoni, via Malpighi 12
  10. Palazzina Liberty ex cinema Dumont, via Frisi angolo con via Melzo  
  11. Stabilimento della Società Anonima degli Omnibus e Tramways, via Sirtori 26 e 32
  12. Ex caserma, via Boscovich 42
  13. Chiesa del Sacro Cuore ai Cappuccini, Viale Piave 2
  14. Chiesa di San Gregorio, via San Gregorio
  15. Teatro Puccini, Corso Buenos Aires 35
  16. Cinema e albergo Diana, viale Piave 42
  17. Monumento a San Francesco di Assisi, Piazza Risorgimento
  18. Istituto Magistrale Virgilio, Piazza Ascoli
  19. Edificio per abitazioni, uffici e cinematografo, Corso Buenos Aires, via Redi, via Masera, via Broggi
  20. Edificio per uffici, Corso Buenos Aires, angolo con via Piccinni

 

Dove sono gli edifici

 

Schede degli edifici

Lazzaretto, Via San Gregorio

Uno degli edifici principali della Milano sforzesca e, per secoli, una presenza caratterizzante di tutto l'abitato milanese. Fu eretto, con denaro in parte derivante da un'eredità lasciata dal conte Onofrio Bevilacqua all'Ospedale Maggiore e in parte direttamente raccolto dall'Ospedale, tra il 1488 e il 1513 sull'esempio del Lazzaretto di Venezia. Accoglieva gli ammalati delle ricorrenti pestilenze. In questa funzione svolse un'attività fondamentale durante le epidemie del Cinquecento e del Seicento (fino a quella terribile del 1630, che fu l'ultima)

Quasi quadrato, assai ampio (500 passi per 458, cioè 378 metri per 370: occupava tutta l'area compresa tra le attuali via lazzaretto, San Gregorio, corso Buenos Aires, viale Vittorio Veneto), aveva su tre lati una lunga serie di stanzette - quasi trecento - per ospitare i degenti. Ogni stanzetta misurava 4,74 X 4,75 metri e aveva camino, gabinetto, un'ampia finestra che si apriva sul fossato che circondava tutto l'edificio e una porta che immetteva nel porticato continuo che circondava i lati interni del complesso e ne costituiva la nota architettonica dominante.

Al centro del Lazzaretto sorgeva una piccola chiesa ottagona, che San Carlo Borromeo fece rifare completamente, su disegni del Pellegrini, tra il 1576 e il 1592. Ogni lato aveva grandi aperture che permettevano la visione dell'interno da ogni puto dell'edificio.

Dopo la grande epidemia del 1630 - la peste narrata dal Manzoni nei "Promessi Sposi" - l'utilità del Lazzaretto venne diminuendo. Non più utilizzato come struttura ospedaliera, il complesso divenne, nel Settecento, caserma di cavalleria, e poi ricetto di povera gente che vi abitava, nella maggior parte dei casi, abusivamente, ma che finì per dar vita a un quartiere vivacissimo anche se per certi versi sordido, una specie di 'Corte dei Miracoli' milanese.

Attraversato dal cavalcavia ferroviario che collegava la stazione di Porta Tosa alla vecchia Stazione Centrale, e dunque deturpato, venne infine acquistato dalla Banca di Credito Italiano e demolito tra il 1882 e il 1884. Al suo posto sorse un fittissimo quartiere di edilizia speculativa, eretto su una lottizzazione a scacchiera, dalle vie strette, senza respiro: uno dei primi e dei più massicci esempi di lottizzazione intensiva di Milano e il primo di così vaste dimensioni fuori delle mura.

L'unica parte che è rimasta è su via San Gregorio tra Corso Buenos Aires e via Tadino.

 

San Carlo al Lazzaretto, via Lazzaro Palazzi

E' probabile che fin dall'inizio il Lazzaretto fosse provvisto, se nn di una chiesa, almeno di un oratorio. Ma fu san Carlo Borromeo che provvide, dopo la grande peste che prese il suo nome, all'erezione di un edificio stabile e ben strutturato che, sia pure con varie trasformazioni, è giunto sino a noi. L'oratorio originale era intitolato a Santa Maria della Sanità: la nuova chiesa venne chiamata, dal nome del suo fondatore, San Carlo al Lazzaretto. Popolarmente, viene chiamata spesso 'San Carino', per non confonderla con il grande tempio neoclassico di corso Vittorio Emanuele. I progetti furono elaborati da pellegrino Tibaldi e prevedevano un tempietto ottagonale, con grandi aperture su ogni lato per consentire ai degenti di vedere da ogni lato il celebrante.

La chiesetta rimase meta di pellegrinaggi e d'interesse anche nel Settecento, quando la funzione del Lazzaretto venne meno. Vari trasformazioni le furono apportate durante la dominazione francese: nel 1797 venne demolita la cupola per collocare al suo posto una grande fiamma, simbolo della libertà; all'interno venne rizzata una statua della libertà.

Quando nel 1882 venne demolito il Lazzaretto, fu decisa la conservazione della chiesetta, nel frattempo divenuta deposito di legna, e di cui si prospettava la trasformazione in caffè. Nel 1884, riempiti con muratura i vani dei vari lati, venne restituita al culto.

 

Chiesa di Santa Francesca Romana, Piazza Santa Francesca Romana

Sorse sul luogo nel 1629, all'immediata vigilia della grande peste manzoniana, come edificio religioso servente un convento di Agostiniani Scalzi. Non era, all'epoca, che una presenza modesta, appena fuori Porta Orientale: solo nel 1796 diventò parrocchia (il territorio fu ottenuto sottraendolo ad altre parrocchie. San Babila, San Bartolomeo, San Martino di Greco e Casoretto), e solo cinquantaquattro anni più tardi prevostura. Ma doveva costituire il perno religioso intorno al quale si sarebbe aggregato, fino alla fine dell'Ottocento, tutto il quartiere.

Tormentate le sue vicende storiche: occupata dai soldati napoleonici e sconsacrata nel 1796, allorché venne ridotta a casermaggio e magazzino delle armi, vide l'annesso convento diventare prima scuola, poi sede della Scuola Superiore di Veterinaria, e persino - durante il ventennio fascista - sede del Gruppo Fascista Oberdan.

Più lineari invece le vicende artistiche. L'insieme è un buon esempio di barocco minore lombardo, sei-settecentesco. La parte terminale della chiesa, a tre navate, venne aggiunta in un secondo tempo ( e con una dimensione minore) a quella originaria, a navata unica con pareti curvilinee, però senza eccessivi stacchi stilistici. Il campanile attuale, del 1882, sostituisce una più antica torre campanaria, di cui si ha memoria già all'inizio dell'Ottocento.

 

Ex caserma austriaca, Corso Buenos Aires 19

Si trattava, in origine, di un edificio utilitario, un magazzino delle polveri costruito dall'esercito austriaco sullo spigolo nordorientale del lazzaretto tra il 1825 ed il 1830. Vi si conservavano anche divise, buffetterie e selle per il reparto di cavalleria acquartierato nel vicino Lazzaretto. Con l'Unità, dismesse le funzioni militari, divenne casa d'abitazione e sede di botteghe artigianali. Ne sopravvive, oggi, la facciata, semplicissima a semplice intonaco, movimentata da un basso timpano. Sul risguardo verso via San Gregorio sorse anche un'edicoletta alla Madonna incassata nel muro: presenza alquanto spaesata, ormai, ma gentile, e ricordo di tempi meno frenetici.

 

Porta Venezia, Piazzale Oberdan, Diurno Venezia, via Spallanzani

E' amministrativamente fuori dei confini della Zona 3 (fa parte della Zona 1). Ma non si può tracciare un profilo sia pure sommario dell'ambiente della Zona3 senza includere il monumento che ne è il perno.

E' la porta dei primati: l'unica per il cui progetto si sia bandito un concorso, e al tempo stesso quella su cui si sono succeduti più progettisti: la prima a essere considerata nel piano di rinnovamento delle porte milanesi steso nel Settecento, e al tempo stesso l'ultima a essere realizzata (quarant'anni dopo il primo progetto del Piermarini nel 1787); quella più grande (ad eccezione dei due caselli daziari presso l'Arco della Pace) e quella più costosa (sempre escludendo il complesso dell'Arco della Pace): ben 706.087 lire austriache, svariati miliardi di oggi; fu infine la prima porta che vide definire con apposito bando la tipologia dei suoi caselli (che doveva diventare d'esempio per i caselli daziari milanesi).

I due caselli gemelli che costituiscono la Porta furono eretti nel 1828 su progetto dell'architetto bresciano Rodolfo Vantini. La loro struttura è basata su un corpo centrale preceduto su tre lati (corrispondenti agli affacci principali: verso la città, verso la campagna, verso il passaggio centrale) da tre ampi porticati d'ordine dorico. La finitura è in pietra di Viggiù lavorata a bugnato. Caratteristica la torretta centrale che sormonta i due caselli e che secondo alcune cronache contemporanee vennero aggiunte in un secondo tempo per dare slancio alla massa, altrimenti troppo tozza, dei due caselli. Le costruzioni sono ornate da numerose statue e da vari rilievi, posti in opera nel 1833.

Prima della costruzione fu costruito un arco in carton gesso per l'ingresso dell'Imperatore d'Austria Francesco I e di sua moglie Carolina Augusta il 10 maggio 1825. L'evento fu riportato nel dipinto di un anonimo.

Piazza Oberdan è collegata a Piazza Santa Francesca Roma da via Spallanzani, che segue il tracciato dell'antica via maestra per Venezia.

Era percorsa dalla Roggia Gerenzana, che porta l'acqua della Martesana ai campi vicino a san Giuliano, e dalla Roggia Acqualunga, che da Piazzale Loreto andava fino alla Cerchia dei Navigli lungo corso di Porta Venezia. La Roggia Gerenzana scorre ancora sotto la via e passa poi tra i palazzi di via Spallanzani 6 e 10, dove per un tratto è ancora scoperta. Alimentava poi i Bagni di Diana.

Nella pianta comunale di Milano del 1884 si può vedere il percorso della Roggia Gerenzana e le case allora costruite nella zona 3.

La prima casa lungo via Spallanzani è quella di Corso Buenos Aires 2, costruita per la parte dell'Hotel Fenice all'inizio del 1700 come documentato dalla carta di Milano di Marcantonio Dal Re del 1734 e riportata in un dipinto del 1830 di Mario Gozzi (Il Lazzaretto e Santa Francesca Romana all'imbocco dello stradone per Monza), completata poi verso Piazza Oberdan come si può vedere in un dipinto del 1835 di Giuseppe Canella (Veduta dello stradone di Loreto). Tra il 1825 e il 1830 fu costruita la casa di via Spallanzani 6, probabilmente una caserma del gen. Radetsky. Nel 1846 si incendiava un grande magazzino di foraggi accanto a questa casa: pubblichiamo una stampa dell'epoca che ritrae l'incendio.

Via Spallanzani è stata pedonalizzata nel 2002.

Sotto Piazza Oberdan è collocato l'Albergo Diurno Venezia, con ingresso dalla scala di accesso alla metropolitana all'angolo tra Corso Buenos Aires e viale Vittorio Veneto. In origine vi erano due accessi con pensiline, una esistente verso via Tadino ed una, asportata durante i lavori del metro, dove vi è ora l'entrata, e mai ritrovata.

Il Diurno fu costruito nel 1925 sulla base di un progetto presentato dall'ing. Marcello Troiani nel 1923. La concessione iniziale aveva la durata di 30 anni. Alla fine dei 30 anni l'Albergo è rimasto in proprietà del Comune di Milano, con tutti gli accessori e pertinenze.

Nel progetto erano previste 30 cabine da bagno tra comuni e di lusso, 6 cabine per doccia con spogliatoio, dieci gabinetti da toilette, 2 Wc, un locale per guardaroba e stireria, una buvette, un'agenzia postale, salette per trattative di affari, vendite di fiori freschi, oggetti di cancelleria, riviste e giornali, un ufficio bancario, un'agenzia commerciale, un parrucchiere per uomo e donna, un manicure, un casellario postale, due cabine telefoniche, scrittoi al centro della sala, un ufficio copisteria a macchina, un deposito piccolo bagaglio, un'agenzia turistica, un deposito di biciclette con custode, gabinetti di decenza, posti per lustrascarpe.

La caldaia per il riscaldamento dell'aria era munito di un camino nascosto in una colonna sulla piazza, affiancata da un'altra colonna decorativa.

Sulla piazza era previsto un monumento che non fu mai realizzato.

Attualmente è ancora in funzione il negozio del barbiere Sig. Ajello mentre gli altri artigiani hanno lasciato i locali nel 1996. Il salone è tuttora visitabile mentre per la visita dei bagni è necessario chiedere il permesso al barbiere. L'umidità provocata dalla pioggia che si infiltra dalla strada sta progressivamente rovinando le pareti, le piastrelle e gli arredi.

Il Comune non ha ancora deciso cosa fare dei locali e non ha i fondi per restaurarli; la Provincia voleva collegarli allo Spazio Oberdan ed utilizzare il salone come spazio espositivo e i bagni come archivio del Museo del Cinema della Cineteca Italiana.

Un'altra ipotesi del Consiglio di Zona 3 era di riutilizzare i bagni come terme, utilizzando l'acqua di una stazione termale della Lombardia.

In seguito alla demolizione del Diurno Cobianchi in Piazza Duomo che sarà trasformato in Ufficio Informazioni del Comune e Internet Point, il Diurno Venezia rimane l'unica testimonianza a Milano di questo tipo di struttura. I Verdi ne hanno chiesto il restauro integrale.

Ecco le foto dell'epoca dell'ingresso e del salone, come è nel 2003 l'ingresso, il salone, la statuetta di ingresso ai bagni, un bagno di lusso, com'erano nel 1996 il barbiere e la manicure.

La Scuola del Cinema del Comune ha realizzato nel 1996 un filmato per il Consiglio di Zona 3 in formato VHS, visibile presso la redazione del Giornale Hello Milano in via Lecco 3. Si sta curando una versione in DVD.

 

Scuola elementare, via Casati 6

Il complesso, abbastanza vasto, si stende lungo via Casati e risvolta in via Tadino. Nacque nel 1888 su progetto di Angelo Savoldi, come scola elementare che doveva servire il quartiere che stava prendendo forma sull'area dell'ex-Lazzaretto. Era concepito come l'unione di due edifici contigui, l'uno per i maschi e l'uno per le femmine, secondo i criteri allo vigenti. Ma, a parte queste distinzioni, era una realizzazione, per l'epoca, d'avanguardia, comprendente refettori, palestra, e dotata persino di riscaldamento centrale.

Oggi è interessante sia sotto l'aspetto tipologico, cioè come esempio del tipo di edificio scolastico del secolo scorso, sia e ancora più sotto quello espressivo, in virtù dell'elegante e ben rifinita facciata in cotto e intonaco ( probabilmente un voluto, esplicito richiamo alla caratteristiche dell'ex-Lazzaretto sulla cui area sorgeva), che costituisce la presenza più gradevole e significativa dell'immediato intorno, e uno dei suoi elementi di qualificazione.

 

Chiesa di San Benedetto, via Bellotti

Annessa al Convento delle benedettine, la chiesa, più che in sé, si raccomanda per il portichetto laterale, divertente e divertita imitazione del gotico flamboyant francese. Tutto l'insieme, del resto, ha un 'sapore' un po' nordico, in contrasto con l'architettura eclettica, ma d'ispirazione nettamente italiana, del convento vero e proprio.

 

Casa Galimberti, via Malpighi 3 - foto

Forse il più bell'esempio di liberty - qui, abbastanza inconsuetamente, in versione festosa e disinvolta - in quello che si è guadagnato il soprannome a Milano di 'quartiere del liberty'. Fu costruito tra il 1902 e il 1905 su progetto di Giovan Battista Bossi. Caratterizzanti sono soprattutto le grani superfici di facciata ricoperte di figure in ceramica e le ringhiere in ferro battuto. Alterata rispetto alla realizzazione originaria la gronda. Ospita attualmente, al piano terreno un noto ristorante.

Per l'uso massiccio e abile della ceramica, per la buona conservazione dell'insieme, per l'eleganza e raffinatezza delle decorazioni, merita di essere considerata non solo uno dei 'gioielli' della zona, ma anche in assoluto una delle migliori architetture liberty di tutta Milano (vedi foto della facciata).

Lo Studio Delphi ha recentemente restaurato l'androne e le scale, con il recupero delle decorazioni pittoriche originarie.

(La fotografia della facciata è tratta da Milano in Liberty di Reuter e Lopez, quella dell'edificio da in Liberty Milano e Lombardia di Lopez, Susani e Orlandi, quelle dell'androne e scale dal sito dello Studio Delphi. Si ringrazia l'editrice CELIP per l'autorizzazione alla riproduzione.)

 

Casa Guazzoni, via Malpighi 12 - foto

Fu costruita nel 1906 in stile liberty su progetto di Giovan Battista Bossi, come Casa Galimberti. I ferri battuti sono probabilmente del Mazzuccotelli (vedi le foto di un balcone e del cancello).

"A differenza della casa Galimberti, qui l'effetto cromatico, che è più esatto chiamare chiaroscurale, è ottenuto tramite l'impiego di materiali diversi: cemento e ferro costituiscono al tempo stesso struttura e decorazione. Anche in questo caso i balconi e le aperture delle finestre si vanno alleggerendo verso l'alto, così come il rivestimento decorativo, più marcato al piano terreno e primo, si va semplificando verso i piani alti: il fitto intreccio di putti e ghirlande, scolpiti in cemento sui contorni delle finestre e sulle balaustre dei balconi del primo piano, si snellisce nelle trame vibranti e incisive dei ferri battuti sovrastanti. La composizione architettonica e decorativa risulta felicissima ed estremamente proporzionata nei suoi elementi." (da Architettura Liberty a Milano, Salvadè-Frizzi Brianza, Mazzotta 1984)

Tra il secondo ed il terzo piano vi era una fascia dipinta, andata perduta per l'effetto delle intemperie. Il passo carraio contiene un pregevole cancello di ferro battuto e degli affreschi con putti e fiori appena ritrovati, probabilmente dell'acquarellista Paolo Sala.

Nell'ingresso davanti alla portineria sono appena stati ritrovati dei dipinti di un lago con piante acquatiche. Il corpo scale è esagonale, con ringhiera in ferro battuto e gradini di marmo a sbalzo. E' stato appena restaurato lo zoccolo marmorizzato e le decorazioni floreali sul soffitto e sui lati. Le decorazioni riprendono il disegno del ferro battuto e seguono l'andamento delle porte di ingresso agli appartamenti.

Dopo il recente restauro effettuato dalla ditta RA  le scale sono diventate uno dei migliori esempi del liberty milanese.

(Le fotografie sono tratte da in Liberty Milano e Lombardia di Lopez, Susani e Orlandi. Si ringrazia l'editrice CELIP per l'autorizzazione alla riproduzione.)

 

Palazzina Liberty ex cinema Dumont, via Frisi angolo con via Melzo

Era uno dei primi locali per cinematografo di Milano, realizzato dagli Architetti Tettamanzi e Mainetti in perfetto stile liberty nel 1910. Ne rimangono la facciata e le pareti laterali. La sala del cinema è stata purtroppo trasformata in autosilo mentre l'atrio ospiterà prossimamente la Biblioteca Rionale Venezia.  Il progetto orginale contiene dei bei disegni della facciata d'angolo, di quella su via Melzo, che non è poi stata decorata secondo i disegni, di quella su via Frisi, della sezione interna e della pianta.

Si veda la storia della Palazzina Liberty su questo sito.

 

Stabilimento della Società Anonima degli Omnibus e Tramways, via Sirtori 26 e 32 - pianta del 1896

Nel quadrilatero compreso tra Piazza Oberdan, via Spallanzani, via Melzo, via Lambro e Mascagni, accanto ai Bagni di Diana, fu costruito nel 1861 lo stabilimento della Società Anonima Omnibus e Tramways, che gestì la rete dei tramway di Milano e la prima linea di tram a cavalli tra Milano e Monza, inaugurata nel 1876 dal Principe Umberto. 

La prima linea collegava Porta Venezia con Porta Romana, poi si aggiunse quella per Porta Garibaldi, Porta Tenaglia e Affori fino ad arrivare a 11 linee. 

Le malelingue cantavano: "El postion de Monza / se ciama el trotapian / ghe mett tre or e mezzo / da Monza a andà a Milan".

I primi omnibus erano carrozze per 8 persone, trainate da un cavallo, che seguivano tre linee con una frequenza d'attesa di soli 10 minuti. Gli affari andavano bene, tanto che nel 1864, mentre si creava un nuovo modello a 16 posti all'interno e 14 sulla piattaforma, trainato da 2 cavalli, già si pensava a sostituire il libero movimento dei cavalli con l'allestimento di binari per rendere il servizio più snello e comodo.

Nel Museo Ogliari di Ranco (VA) sono esposti uno dei primi omnibus a due cavalli ed un modello a 2 piani utilizzato tra Milano e Monza.

Nel 1896 vi erano 10 scuderie per un totale di 580 cavalli, magazzini, rimesse, infermerie, tettoie. Dallo stabilimento uscivano le rotaie che andavano in Piazza Oberdan e da lì in Corso Buenos Aires. La roggia Gerenzana, derivazione del Naviglio Martesana, che scorre tuttora sotto via Spallanzani e nel cortile dietro l'Unes, riforniva gli abbeveratoi dei cavalli.

A partire dal 1893 i tram furono elettrificati 3 l''ultima ippovia a morire fu proprio quella più famosa, la Milano-Monza, l'ultima corsa è del 30 dicembre 1900. Nel 1901 lo stabilimento fu quasi totalmente demolito per fare spazio a via Malpighi, via Sirtori ed al quartiere liberty. 

Rimangono tuttavia tre delle scuderie da 44 cavalli ciascuna, una quasi intatta in via Sirtori 32 con il piano terreno con colonne in pietra e la copertura del fienile a capriate lignee, utilizzata dalla società Roland Berger e due in via Sirtori 26, molto modificate perché trasformate in fabbrica del ghiaccio, utilizzate dal negozio Ramef (nella pianta sono indicate con il n. 11, rispettivamente la prima, terza e quarta da sinistra).

Nel reparto "donna" della Ramef al primo piano si possono vedere ancora le capriate in legno del tetto.

Lo stabilimento era attraversato dalla Roggia Gerenzana, che passa ancora sotto via Spallanzani ed è visibile nel cortile del locale Arizona. La roggia è privata e va ad irrigare i campi di Rogoredo.

(Le informazioni sono tratte dal libro Milano Tecnica, pubblicato da Hoepli nel 1896 e ristampato dallo stesso editore e da un articolo di Alessandra Businaro sul numero di dicembre 1994 del giornale La Voce)

 

Ex caserma, via Boscovich 42

Fu costruita, nelle forme liberamente neoromaniche allora in auge, (soprattutto per opera di Camillo Boito: si vedano le scuole di via Fara, la mensa dei poveri alla darsena di Porta Nuova), nel 1904, insieme alla serie di casette a schiera di via Benedetto Marcello, che si stendono immediatamente a oriente. Doveva servire, principalmente, come caserma, funzione che in parte mantiene tuttora (sia pure per i Vigili del Fuoco), ma a cui si sono aggiunte quelle di comando di vigilanza urbana e di sede dell'ex Consiglio di Zona 3.

L'edificio, con pianta a U molto allungata, a due piani, con testate a timpano (che si ripetono sui lati in occasione delle due porte d'ingresso), ha una sua non disprezzabile dignità architettonica, data soprattutto dal contrasto tra la pietra usata per il basamento e per le decorazioni architettoniche (cornici delle finestre, sottogronde, lesene) e il colore rosso cupo del mattone. Notevole l'accuratezza d'esecuzione, soprattutto delle facciate, che contribuisce non poco al valore dell'insieme.

 

Chiesa del Sacro Cuore ai Cappuccini, Viale Piave 2

Passa, abbastanza ingiustamente anche se con qualche ragione, per essere la più brutta chiesa di Milano. E' semplicemente inconsueta, di un liberty un po' carico e cupo. Fu costruita nel 1905/6, su progetto dell'architetto Paolo Mezzanotte. Conserva all'interno vari ricordi del convento dei Cappuccini di Milano (reso famoso dalle pagine di Manzoni): un ciborio settecentesco sull'altare maggiore; una statua lignea della Vergine; una statua fittile sempre della Vergine, che fu portata nel Lazzaretto in occasione della peste del 1630.

 

Chiesa di San Gregorio, via San Gregorio

Sorge sul posto dell'antica chiesetta annessa al 'Foppone', cioè al grande cimitero riempito dai morti delle terribili pesti del 1576/78 e del 1629/30, e ne riprende l'intitolazione. Fu eretta, su progetto di Francesco Solmi, tra il 1905 e il 1908, dopo che vent'anni prima sia il cimitero sia la sua antica chiesa erano stati demoliti. Ispirata alla parrocchiale romanica di Melzo, della quale secondo l'autore doveva essere una riedizione 'riveduta e corretta', la chiesa è in stile eclettico, con forme neoromaniche. L'interno, a navata unica, ha tetto a capriate sostenuti da grandi arconi ogivali.

Nella cripta sono conservate varie lapidi, originariamente sorgenti sui monumenti di morti celebri sepolti nel cimitero di San Gregorio: spiccano quelle di Vincenzo Monti, di Andrea Appiani, di Carlo Porta.

 

Teatro Puccini, Corso Buenos Aires 35

Nato nel 1930, in sostituzione del vecchio Politeama Milanese, inaugurato da una rappresentazione della Bohème, porta la firma di Mario Cavallé, un architetto specializzatosi nella progettazione di teatri e cinematografi ( e di case dalle improbabili applicazioni tecnologiche). Fu, soprattutto nel decennio prima della guerra, uno dei centri agglutinanti del quartiere, il luogo di ritrovo per eccellenza di Corso Buenos Aires. L'architettura sia a metà tra il Novecento e l'Art Déco. Il repertorio, a sua volta, oscillava tra il varietà, la prosa, il teatro dialettale. Dopo essere stato trasformato in due cinema, il Fiammetta e il Puccini, è ora chiuso da anni e di proprietà del Comune di Milano. E' stato assegnato alla Compagnia Teatridithalia che lo ristrutturerà come teatro al posto del Teatro di Porta Romana.

 

Cinema e albergo Diana, viale Piave 42

E' uno dei capisaldi storici della zona. Lo "Stabilimento di esercizio e scuola di Nuoto Bagno di Diana" nacque nel 1842 ad opera di Andrea Pizzala, quando il terreno fuori Porta Orientale era in gran parte deserto. Si trattava sostanzialmente di una piscina con alcuni servizi accessori. Le donne, nonostante il nome femminile dello stabilimento, erano escluse, anche se, qualche decennio dopo, vennero ammesse "in determinate ore antemeridiane". Rilevato nel 1908 dall'impresario Luigi Zerboni, l'edificio venne completamente trasformato, ricevendo le forme attuali, liberty con accenti eclettici, dategli dall'ing. Achille Manfredini. L'antica piscina con il giardino diventò un Kursaal, una sala per spettacoli con annesso sferisterio per il gioco della pelota. Faceva concorrenza, più che ai teatri lirici, a quelli d'avanspettacolo e di operetta. Qui avvenne, il 23 marzo del 1921 alle 22.40, un terribile attentato dinamitardo, che provocò 80 feriti e 21 morti, mentre si stava rappresentando l'operetta La mazurca blu di Franz Lehar.

Oggi il complesso ospita un albergo e un cinematografo. L'albergo è stato rinnovato nel 1998 mentre il cinema è stato trasformato nel 2001 in sala per le sfilate di moda di Gucci. E' stata demolita la Galleria e sono state riaperte le grandi finestre su via Mascagni.

L'interno fu rimaneggiato nel 1926 dall'arch. Giuseppe De Finetti, che aggiunse la sala semicircolare che si affaccia sul giardino.

Si vedano le foto dell'epoca pubblicate sulla rivista Dove del marzo 1998.

 

Monumento a San Francesco di Assisi, Piazza Risorgimento

Fu eretto nel 1926, in occasione del settimo centenario della nascita del santo, al centro della grande piazza che proprio allora stava diventando uno degli snodi del traffico della parte orientale di Milano (l'Idroscalo, che doveva qualificare tutta la zona periferica di Milano, è del 1928). Il basamento della statua fu progettato dagli architetti Portaluppi e Gadda, e reca su bassorilievi: il Santo che reca la pace in mezzo alla famiglia e al lavoro e il Santo stimmatizzato. La statua, dello scultore Domenico Trentacoste, rappresenta il santo benedicente. Anche se non di eccelso valore artistico, il monumento ha assunto un suo preciso ruolo all'interno del quartiere, sia per le sue cospicue dimensioni (5,50 m di altezza la sola statua, quasi il doppio il basamento) che ne fanno un ideale punto di riferimento visivo, sia per essere, in un certo senso, l'emblema stesso della zona, insieme alla Porta Venezia.

 

Istituto Magistrale Virgilio, Piazza Ascoli

E' l'architettura più significativa lasciata dall'epoca fascista nella Zona. Con la piscina Cozzi presenta più di un'analogia. Fu costruita a un solo anno di distanza (1935, arch. Renzo Gerla); utilizza gli stessi materiali (mattoni con finiture in pietra), e gli stessi moduli compositivi. E' però, anche in virtù della mole assai maggiore e della pianta molto più articolata con parti curve e dritte, molto più imponente. Particolarmente interessante, più che la parte anteriore, su piazza Ascoli, di cui segue la curvatura, è la parte posteriore, prospettante verso via Gaio, dove i gioco dei volumi e delle superfici è più vario ed espressivo (anche se brutalmente spezzato da recinto attuale, che 'taglia' la vista della costruzione).

Nato come complesso scolastico, ospita oggi la scuola media Tiepolo e l'istituto magistrale Virgilio.

 

Edificio per abitazioni, uffici e cinematografo, Corso Buenos Aires, via Redi, via Masera, via Broggi

Costruito tra il 1947 e il 1949, su progetto di Piero Bottoni e Guglielmo Ulrich, costituisce la più impegnativa presenza moderna lungo la grande arteria (con la possibile eccezione della casa costruita dallo studio B.B.P.R. all'angolo con via Piccinni). Ospita, nella piattaforma, il cinema Astor, uffici e negozi. Il blocco centrale serve come edificio d'abitazione. E' uno dei più tipici esempi del Razionalismo italiano del dopoguerra.

Tra questo edificio e Piazza Lima è stato costruito nel 1951 un palazzo per uffici e residenza con galleria commerciale (Galleria Buenos Aires) al piano terreno , progettato dall'arch. Borgato.

 

Edificio per uffici, Corso Buenos Aires, angolo con via Piccinni

Realizzato nel 1970 su progetto dello studio B.B.P.R., è interessante soprattutto per il movimento 'a scala' del corpo di fabbrica, sottolineato dai grandi balconi coronati di verde: un motivo che interrompe la piatta uniformità, a filo strada, dei blocchi d'abitazione su Corso Buenos Aires.

 

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