Intervento del Vice Presidente dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano Arch. Ugo Rivolta al Dibattito “Le Mani sui Tetti della Città” del 26 gennaio 2004

 

 

 

Il recupero dei sottotetti, consentito dalle Leggi Regionali 15/96 e 22/99 è gradualmente (e opportunamente) diventato un tema non marginale nel dibattito sulle città e sulle sue modificazioni.

 

L’obbiettivo dichiarato dal legislatore, di salvaguardare il territorio consentendo un incremento di volume senza lo sfruttamento di nuove aree, obbiettivo che in sé potrebbe essere considerato positivo, si è tradotto troppo spesso, nella sua applicazione, in una autentica violenza sul patrimonio costruito: la particolare collocazione degli interventi nello skyline urbano la pone sotto gli occhi di tutti.

 

I sottotetti di cui è consentito il recupero sono spazi residui spesso inutilizzabili delle costruzioni; di conseguenza il loro recupero viene attuato modificando pesantemente un involucro consolidato e dotato di una propria coerenza, sedimentata nella storia del costruire.

 

Si è spesso affermata l’esigenza che un corretto criterio di rispetto del patrimonio costruito non debba precludere opportune modificazioni del corpo urbano; ma il problema è quello di potere e sapere distinguere tra modificazioni “fisiologiche” e modificazioni patologiche.

Il caso di cui si parla sembra appartenere, nella generalità dei casi, a questa seconda categoria.

 

In particolare va sottolineato come iI rispetto delle norme igienico-sanitarie relative a illuminazione ed aerazione degli ambienti imponga, nella quasi totalità dei casi, l’adozione delle cosiddette “cappuccine”, che niente hanno a che vedere con l’architettura originale degli edifici cui sono imposte come casuale e impropria superfetazione.

 

La previsione di quello che sarebbe potuto succedere con l’uscita della Legge Regionale 22/99 aveva spinto la Commissione di studio sul Regolamento Edilizio dell’Ordine degli Architetti di Milano (di cui faccio parte) a trasmettere all’Osservatorio Edilizio del Comune di Milano, già nell’aprile 2000, la seguente nota:

 

Appunti relativi al R. E. del Comune di Milano

 “L’Amministrazione comunale promuove e favorisce le iniziative e gli interventi edilizi che, nella progettazione, nella costruzione e nell’uso, sono rivolti a migliorare l’ambiente  della città nei termini del suo completo utilizzo e della sua vivibilità, nei suoi aspetti ambientali e culturali e nei termini della qualità della sua forma costruita che è insieme di edifici, manufatti e spazi aperti” (Art. 7, comma 1, titolo II del R. E. – Ambiente urbano e qualità dell’abitato).

Questo chiaro concetto, ribadito in vari punti del R. E., potrebbe essere disatteso, forse anche stravolto, dalla Legge Regionale 22/99.

 

Detta legge, Art. 6, con riferimento alla edificazione dei sottotetti, consente modifiche delle linee di gronda e delle pendenze delle falde di copertura.

 

La copertura di un edificio non può essere considerata in modo autonomo rispetto all’edificio stesso; essa deve essere oggetto, se alterata, di una verifica architettonica complessiva dell’edificio oltre che della verifica di un corretto inserimento nel contesto urbano.

 

Inoltre l’estensione della DIA, resa possibile sempre dalla Legge 22, Art. 4, comma 2 e 3, introduce una deregolamentazione che suscita ulteriori dubbi e perplessità in quanto si consente la costruzione di nuovi edifici, anche di rilevante consistenza, con la sola DIA, senza la verifica da parte delle commissioni edilizie.

 

E concludevamo

Si ritiene indispensabile che nel Regolamento Edilizio sia previsto anche in questi casi il controllo da parte della Commissione Edilizia.

 

Jacopo Gardella

Ugo Rivolta

Daniela Volpi                                                                                     Milano, 10/04/00

                                              

 

 

 

La recente circolare dell’Assessore all’Edilizia Gianni Verga, che impone l’applicazione del Piano Paesistico della Regione Lombardia con la verifica di Impatto Ambientale per progetti di recupero dei sottotetti, testimonia una doverosa anche se tardiva presa di coscienza del problema e della gravità di una situazione pressoché incontrollabile che si è venuta creando.

 

Tale provvedimento potrà certo introdurre migliori verifiche della qualità complessiva delle operazioni di recupero dei sottotetti; tuttavia, tenuto conto del fatto che nella maggioranza dei casi, a causa del Regolamento di Igiene, sarà inevitabile ricorrere alle “cappuccine”, che, come ripetutamente osservato, nulla hanno a che vedere con lo skyline delle nostre città, e che spesso comportano interventi di pesante impatto sull’immagine complessiva della scena urbana, ritengo che la Legge Regionale 22/99 debba essere profondamente modificata se non addirittura abrogata.

 

Anche nei paesi dell’hinterland, ovviamente, le “cappuccine” stanno fiorendo e, se possibile, l’impatto di tali protuberanze in centri storici con edifici di 2/3 piani è anche più pesante che nelle strade milanesi.

 

In definitiva il problema si configura come assai complesso ed emerge l’opportunità di affrontarlo con strumenti adeguati, con l’eventuale istituzione di una commissione ad hoc, con una indagine estesa ad analoghe situazioni in Europa (ad esempio in Austria), con un bilancio in termini di costi/benefici dell’effettivo vantaggio indotto dallo sfruttamento dei sottotetti nei confronti del risparmio di aree inedificate.

Senza sottovalutare la questione del rapporto con gli standard di verde e parcheggi.

 

Ugo Rivolta