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Quelle che il calcio...lo giocano.
Provino con Carolina Morace sognando la nazionale.



Le migliori
diciottenni
isolane
hanno iniziato
con i maschi
e contro
i pettegolezzi
e i pregiudizzi

VILLASOR. Come ragazzini qualsiasi. Il pallone per loro è una droga. Non si perdono una partita che venga trasmessa in televisione. Senza rinunciare alla discoteca il sabato sera. Con padri iperprotettivi o convinti di conquistare con la militanza in tribuna la promozione da primo tifoso a manager. Perchè chi l'ha detto che le piccole donne devono crescere tra danza e pallavolo, ginnastica artistica e lezioni di piano? Ieri a Villasor ecco le migliori calciatrici under 18 della Sardegna, convocate per far vedere al commissario tecnico della nazionale maggiore di calcio femminile, Carolina Morace, come sanno giocare.
La partita ha il sapore di una festa. Ci sono gli allenatori, i presidenti delle società di tutta la Sardegna, i papà e le mamme trepidanti, anche gli osservatori della torres, a caccia di giovani talenti da inserire in una rosa che lo scorso anno ha vinto tutto ai massimi livelli, dallo scudetto alla Coppa Italia e alla Supercoppa. E' loro, le speranze del calcio femminile sardo, non hanno risparmiato contrasti, dribbling, falli da tergo, spallate non regolamentari, errori sotto porta degni di Mai dire gol. Ogniuna con la propria storia. Finalmente protagoniste. Simona Carrus per esempio, non ha mai avuto dubbi, tra lei e il pallone è stato amore a prima vista. "Avevo 5 anni quando ho cominciato nella scuola calcio di Carbonia. Adesso ne ho diciotto e sogno in grande: la maglia della Torres, magari quella della nazionale". Sara Pili flirta con scarpette bullonate e maglia numero due del Selargius da un anno: "Giocavo in giardino con altri ragazzini, non tutti erano più bravi di me. Vengo dall'atletica, il calcio è un pò come andare a ballare in discoteca il sabato, una passione irrinunciabile". Sono le più promettenti, secondo le indiscrezioni captate a Villasor potrebbero presto essere visionate da Carolina Morace con le altre diciotenni più forti d'Italia. Qualche chanche ha anche Antonella Lorenzetti, la divina ct l'ha chiamata davanti a tutte "l'allenatrice in campo" perché non ha mai smesso di dettare i tempi della squadra, quella rossoblu, di incitare, di inseguire le avversarie, da classico centromediano metodista che sogna di emulare Alex Del Piero: "E' il mio idolo, sono juventina. Il calcio? Quando ho cominciato a Bacu Abis ho avuto tante difficoltà, prima degli avversari ho dovuto combattere i pregiudizzi, i petegolezzi che giravano su una ragazzina che giocava come un ragazzino. Quando ho capito che per me il calcio era troppo importante, sono andata avanti per la mia strada senza ascoltare gli altri".
C'è poi Giulia Lai, 17 anni, di Villaputzu, che a un metro dalla porta vuota riesce a inciampare quando sta per colpire il pallone, ma esce dal campo ugualmente sorridente. "Lo sport è una gioia, anche Shevchenko, il mio idolo, sbaglia gol facilissimi. Se avessi un fidanzato non accetterei che mi proibisse di giocare a pallone, è uno sport di squadra come la pallavolo, non vedo diferenze". Federica Milia di Carbonia sorrride pensando al fratello che pratica disciplina al feminile, fa danza, giura di non essere mai entrata in una discoteca e consiglia alle coetanee il suo stile di vita: "Sono tutta calcio e lavoro da parrucchiera". Bellissima la storia di Roberta Atzori, che entra in campo col viso truccato, le unghie smaltate e i lunghi capelli liberi e belli: "Il calcio? Non mi piace, ma gioco per fare contento mio padre, l'allenatore della squadra. Dice sempre che ha poche ragazze, abbiamo litigato lo scorso anno perché voleva che rientrassi presto dalla discoteca il sabato sera, vigilia di campionato".
Il giudizio di Carolina Morace? "In Sardegna c'è entusiasmo e un settore giovanile molto interessante. Non so se tra queste ragazze ci saranno le azzurre del futuro. Ne ho vista qualcuna in sovrappeso, qualcun'altra senza fiato. Il mio consiglio? Allenatevi. Col sudore e la fatica tutte possono arrivare, basta che amiate il calcio".

P.C. Tratto da L'UNIONE SARDA 4 Novembre 2000