TUTTI PER UNO…

 

 

Chi vince detta le regole. Questa è la democrazia. Questa è la democrazia? Pare proprio di sì. Almeno così funziona ed ultimamente essa non ha vergogna di mostrarsi sotto tali vesti. Si è presentata esattamente con quest’aspetto il 10 ottobre quando, in occasione della votazione nel Parlamento della Legge “Cirami” sul legittimo sospetto, alle giuste rimostranze dell’opposizione, i deputati della maggioranza hanno esposto, orgogliosi, un cartello azzurro (così ben confezionato da escluderne l’istantanea realizzazione) con la scritta “L’ITALIA SIAMO NOI”.

Ho visto in TV quell’immagine e più che cambiare, come al solito, canale, ho preferito manifestare la mia indignazione scrivendo queste righe.

La Costituzione garantisce la libertà di parola? Bene, nessuno può impedire ai deputati della maggioranza di esprimere la loro opinione. Ma la Costituzione, all’articolo 1, dice anche che “la sovranità appartiene al popolo”: è di tutti, non solo della maggioranza. I giudici pronunciano le sentenze “in nome del popolo”, non della maggioranza. Governare non significa fare gli interessi della sola maggioranza, ma di tutti. Ora, chi rappresenta quelle persone che non hanno votato per i partiti che sono oggi alla maggioranza, o peggio, che non hanno proprio votato? Se “l’Italia sono loro” chi sono e dove li mettiamo tutti gli altri? Qualcuno potrebbe dire che le mie parole sono fuori luogo perché quel cartello è solo una risposta ad effetto alle scenate della sinistra, nulla più. Beh, a parte il fatto che non è la prima volta che una risposta ad effetto come quella è partorita dalle fantasiose menti della maggioranza (ricordate il Berlusca come commentò davanti a giornalisti di tutto il mondo quel milione di persone, che da poco lo contestavano a Roma? “...quei 4 gatti…” Ad indispettirmi non è il cartello in sé, ma è quello che c’è sotto: la legge “Cirami” sul legittimo sospetto. Legge perfettamente sintetizzata in quello stesso cartello tanto da poter essere fedelmente intitolata: legge “l’Italia siamo noi”. Legge che sarà una vera manna per i tanti avvocati di chi nel processo ha la sfortuna di essere imputato. Ma sarà anche un pericoloso strumento processuale che se usato in modo ostruzionistico (e la Legge “Cirami” nulla fa per impedirlo, anzi, sembra sfacciatamente incoraggiarlo) rallenterà il processo, permetterà più facilmente di arrivare alla prescrizione del reato, costringerà i giudici ad un lavoro ancora più macchinoso ed intaserà pesantemente il corso della giustizia: a vantaggio di chi è accusato e a svantaggio di chi accusa. Essa modifica i due articoli del codice di procedura penale (45 e 47) che disciplinano rispettivamente i casi di remissione del processo penale (“spostamento” del processo da un giudice ad un altro di un diverso tribunale) con tutti le conseguenze che la relativa domanda produce immediatamente. Nell’art. 45 si aggiunge un nuovo caso, il “legittimo sospetto”, senza dare una definizione di cosa significhi precisamente (cosicché la domanda potrà essere motivata con le più varie inclinazioni del giudice, dipinte come causa di parzialità dello stesso). L’art. 47 è completamente rivoluzionato: con la formulazione che esso aveva prima della Legge “Cirami”, solo 14 anni fa, la richiesta di rimessione non sospendeva automaticamente il processo. Oggi quella norma non c’è più; è sufficiente la presentazione della domanda affinché tutto si fermi, bloccando di fatto ogni attività del giudice. Il motivo? E’ una scelta politica della maggioranza. Ed allora perché manca l’indicazione dell’esatto significato di “legittimo sospetto” (è come se dicessi che a casa mia non possono entrare gli zingari, i fascisti…e gli antipatici)? Altra scelta politica della maggioranza.

Fin qui la situazione è ancora accettabile visto che in fondo la giustificazione di tali scelte è tollerabile: la più ampia garanzia di imparzialità del giudice. Insomma, quest’impennata di garantismo non è contraria alla Costituzione, anche se qualcuno dice il contrario. E’ la considerazione di alcuni profili che gli fanno da cornice che rendono insopportabile questo quadro.

Si può discutere sulla bontà di questa riforma (io dico che la giurisprudenza della Cassazione e, se sarà adita, della Corte Costituzionale ne smusseranno i profili più nefasti, anche se nel frattempo qualcuno ne avrà già beneficiato), ma quando si guarda al modo con cui chi governa l’ha creata, l’unica conclusione è “ubi maior….”. Mi riferisco alla esplicita previsione della retroattività della legge: precisazione che manca e di tale salvagente potrebbero beneficiare gli imputati nei processi in corso. Mi riferisco soprattutto alla coincidenza tra questa stessa precisazione, la premura con cui la legge è stata posta ai lavori del Parlamento (nel processo penale c’erano già strumenti per consentire “il cambiamento del giudice”: la ricusazione e la stessa rimessione per motivi diversi) e la circostanza secondo cui un membro della maggioranza, amico di vecchia data di chi la regge, è attualmente sotto processo. Il giudice che lo “perseguita” è da lui ritenuto fortemente politicizzato. Forse. Ma la fortuna che avrà nel godere di un beneficio formidabile come la rimessione del processo penale per legittimo sospetto, sono sicuro, non l’avrebbe avuta se si fosse chiamato Mario Bianchi e non Previti.

Quando queste osservazioni sono state fatte alla maggioranza, questa ha prima risposto che di tale riforma beneficeranno tutti gli italiani (ve lo immaginate vostro padre che vi compra da mangiare solo se ha fame anche lui?) poi, man mano che le contestazioni si sono inasprite fino a diventare penosa e patetica sceneggiata in parlamento il 10 ottobre, ha perentoriamente affermato: “L’Italia siamo noi”Amen. E’ vero, loro, la maggioranza, potrebbero decidere per il bene di tutti, ma lo fanno soprattutto per il loro. La legge “Ciramine è una prova: ne beneficeranno tutti gli italiani, quindi anche Previti, soprattutto. Eccola la Democrazia: il governo della maggioranza per la maggioranza.

 

N. M.