UN OPTIONAL CHIAMATO LEGGE

 

La spudorata campagna di delegittimazione attuata nei confronti della magistratura ad opera della attuale maggioranza di governo, è ormai sotto gli occhi di tutti. Spudorata perché realizzata su tutti i fronti, sia attraverso l’emanazione “ad hoc” di nuove norme tendenti a depenalizzare alcuni reati e a limitare l’attività e l’autonomia dei giudici, sia attraverso sistematici, oltre che gratuiti, attacchi all’operato dei magistrati. Spudorata, inoltre, perché messa in pratica apparentemente al solo fine di difendere interessi puramente personali.

Una campagna spropositata e ingiustificata, la quale rischia di avere dei pericolosi riflessi anche su una società che, di questo passo, si sentirà sempre più legittimata a ricusare un giudice o a contestare la legalità di certe sentenze al solo fine di difendere interessi particolari. Un pericolo non poi così remoto, che già oggi registra i primi scellerati episodi sopratutto fra i fedeli discepoli del Cavaliere nazionale.

Un esempio lo abbiamo avuto anche a livello locale quando nell’ultima riunione di Consiglio Comunale, i componenti dell’attuale maggioranza hanno deciso di abbandonare la seduta come segno di protesta verso una sentenza del T.A.R. Sardegna che ha annullato, per palese interferenza della maggioranza nella votazione, una precedente delibera di Consiglio Comunale riguardante l’elezione del componente di minoranza in Comunità Montana. Ricordiamo che in quell’occasione il consigliere Deias era stato eletto con i voti determinanti dei consiglieri di maggioranza, contravvenendo a quel principio, ribadito dall’orientamento della giustizia amministrativa, secondo cui deve essere garantita l’autonomia dei membri di opposizione di scegliersi i propri rappresentanti attraverso una “votazione soggettiva”, come prescrive la sentenza stessa, “circoscritta alla componente consiliare di minoranza”.

Non trova spiegazione, quindi, il gesto dei nostri amministratori, se non nel goffo tentativo di opporsi ad un provvedimento giurisdizionale che ha come unica colpa quella di avere smascherato una loro deliberata irregolarità. Un gesto che appare come infondato, e che mira esclusivamente a sfuggire dalle proprie incombenze: del resto se veramente i nostri amministratori avessero avuto legittime motivazioni per ritenersi lesi dalla sentenza, avrebbero potuto benissimo impugnarla ricorrendo in appello al Consiglio di Stato; cosa che invece non è avvenuta. Un atteggiamento, infine, che ha richiesto un dispendio di attenzioni e risorse che avrebbero potuto essere più proficuamente riservate ai problemi riguardanti la cittadinanza: per completezza di informazione, infatti, ci sembra giusto ricordare che l’annullamento della delibera incriminata (frutto di un vero e proprio capriccio della maggioranza) ha anche fatto sì che  l’Amministrazione Comunale venisse condannata a pagare diversi milioni delle vecchie lire a titolo di spese processuali, che, a nostro avviso, sarebbe stato più corretto far ricadere sulle tasche dei responsabili del danno e non sulla collettività.

Un presa di posizione, quindi, che si può considerare un vero passo falso e che rischia veramente di cadere nel ridicolo.

 

Andrea Lisci