La famiglia Monaldeschi,di probabile
origine longobarda, fu presente nel territorio orvietano sin dal IX secolo, partecipò
alla formazione del libero comune medievale e accumulato un ingente patrimonio nel
Duecento, diventò il clan più importante della città imponendo nel 1334 la signoria con
Ermanno Monaldeschi e con il fratello Tramo, vescovo di Orvieto; grazie all'alleanza con
il papato, sotto lo Stato Pontificio mantenne il proprio potere economico e politico sia
in città che in molti castelli del contado e si divise nei quattro rami della Cervara,
del Cane, della Vipera e dell'Aquila trasmettendo la loro egemonia ai discendenti che
appartenevano alla fazione di volta in volta dominante fino al XVII secolo.
Nel Cinquecento le due figure più
importanti della famiglia furono i due fratelli Monaldo della Cervara, colto umanista che
diventerà lo storico ufficiale di Orvieto e Sforza della Cervara, che riuscì
brillantemente come capitano di ventura.
Sforza Monaldeschi si fece
progettare a Castro una casa da Antonio da Sangallo il Giovane ed un'altra residenza ad
Orvieto
intorno alla metà del XVI secolo per opera di Simone Mosca, il migliore architetto che
operava allora in città e al quale si attribuisce il portale; alla morte del Mosca (1553)
i lavori proseguirono lentamente sino alla direzione dei lavori di Ippolito Scalza, che li
terminò nel 1574, anno del contratto per il soffitto ligneo della "caminata".
L'architettura sarà definitivamente completata con gli illusori affreschi del salone e
con gli altri dipinti attribuiti a Cesare Nebbia e alla sua scuola nel 1584, stesso anno
della morte di Sforza.
Il Palazzo Monaldeschi è un esempio di
tipica architettura orvietana cinquecentesca in cui la geometria regolare dell'impianto
planimetrico e della facciata si adatta alle preesistenti architetture.
Agli inizi del '600 il palazzo divenne
proprietà dei Conti di Marsciano, che imposero il loro stemma sul portale esterno,
ridipinsero quello al centro del soffitto e scalpellarono l'iscrizione del Monaldeschi sul
camino del salone; nel 1621 i gesuiti si stanziarono in città spodestando i Padri della
Dottrina Cristiana, inaugurando nel palazzo il loro Collegio per l'educazione
pubblica dei giovani fino alla fine dell'800. La struttura, allora divisa tra la
famiglia Meoni e la famiglia Fumi, fu acquistata per destinarla a Collegio retto dai
Salesiani di Don Bosco.
Per il restauro di riutilizzazione del
palazzo fu incaricato dal vescovo l'architetto Zampi, che costruì le volte a crociera
della galleria sotto il portico e che completò l'edificio intorno al cortile con i
servizi igienici, i dormitori ed altri annessi per il Collegio; seguì in epoca fascista
(1936) l'intervento che per le esigenze del Seminario Vescovile gravò il palazzo di
ulteriori soprelevazioni, sproporzionate rispetto alle dimensioni della corte.
Dal 1970 in poi quello che è stato il
palazzo Sforza Monaldeschi della Cervara è stato sede dell'Istituto Statale
d'Arte di Orvieto.