RICERCA STORICO-URBANISTICA SUL COMUNE DI SALASSA

di BRUNO VINCENZO

 

SOMMARIO

 

0 - INTRODUZIONE

0.1 - UBICAZIONE

0.2 - ETIMOLOGIA DEL NOME

1 - IPOTESI SULLE ORIGINI DEL BORGO

1.1) I SALASSI

1.2) I ROMANI

1.3) I LONGOBARDI

1.4) LE PIEVI

1.5) UNA POSSIBILE ORIGINE AUTOCTONA PIU' RECENTE

2 - NOTIZIE STORICHE

2.1) LA SITUAZIONE DEL CANAVESE NEL XII SECOLO

2.2 LE PRIME NOTIZIE SU SALASSA

2.3 LA SITUAZIONE DEL CANAVESE NEL XIII SECOLO: LE LEGHE ED IL BRIGANTAGGIO

2.4) LA GUERRA DEL CANAVESE

2.5) GLI STATUTI DEL VALPERGATO DEL 1350

2.6) LA ROGGIA DI FAVRIA

2.7) IL TUCHINAGGIO

2.8) IL XV SECOLO

2.9) IL XVI SECOLO

2.10) IL XVII SECOLO

2.10.1) LA PRIMA META' DEL SECOLO

2.10.2) GLI ORDINATI

2.10.3) LA DIVISIONE DELLA COMUNITA' DI SAN PONSO DA QUELLA DISALASSA

2.11) DAL XVIII SECOLO AL XIX SECOLO

3 - EVOLUZIONE URBANISTICA DEL BORGO

3.1) IL NUCLEO ORIGINARIO ED I PRIMI AMPLIAMENTI

3.2) LA MAPPA DEL 1741

3.3) LA CARTOGRAFIA I.G.M. DEL 1932 E LA MAPPA CATASTALE AGGIORNATA AL 1948

3.4) IL RILIEVO FOTOGRAMMETRICO DEL 1978 ED RECENTI PIANI URBANISTICI

4 - PIAZZE

4.1) LA PIAZZA DELLA TORRE E DELLA CHIESA

4.2) LA PIAZZA GRANDE

4.3) LA PIAZZA DEL BOSCHETTO

5 - RECETTO E CHIESE

5.1) IL RECETTO

5.2) LA TORRE DEL RECETTO

5.3) LE CHIESE

6 - DISEGNI DEL D'ANDRADE

7 - BIBLIOGRAFIA

8 - ALLEGATI

 

0 - INTRODUZIONE

0.1) Ubicazione

Salassa è un piccolo paese del Canavese in provincia di Torino, da cui dista 35 km circa, posto ad una altitudine di 349 m sulla riva destra del torrente Orco in una zona pianeggiante delimitata a nord dai primi rilievi prealpini.

Il territorio comunale confina a nord-ovest con Valperga, ad ovest con S.Ponso, comune che è stato unito a Salassa fino al 1693, a sud con Oglianico, a sud-est con Rivarolo, mentre ad est l'Orco lo separa da Castellamonte.

0.2) Etimologia del nome

La questione dell'etimologia del nome "Salassa", che nei documenti più antichi compare come "Salacia" o "Salatia" e in quelli più recenti viene citato indifferentemente come "Salazza", "Sallazza" o "Salassa", è strettamente collegata al problema dell'origine del borgo.

Alcuni autori, quali il Bertolotti, il Della Chiesa ed altri, sostengono che furono i Salassi a fondare il nucleo abitativo più antico, per cui fanno discendere il toponimo da un "castrum Salassorum" di epoca preromana.

Altri autori e principalmente il Serra (G.D. SERRA, "Contributo toponomastico allo studio delle vie romane e romee nel Canavese", Cluj, 1927, poi ripreso in "Lineamenti di una storia linguistica dell'Italia Medioevale", Napoli, 1954, p. 199).sostengono, più realisticamente, che il toponimo "Salassa" derivi dal termine "sala" di origine longobarda.

La "sala" è la "domo in curte facta", cioè l'equivalente longobardo della villa-fattoria romana (una casa signorile di campagna con annessi fabbricati rurali) che in questo caso indicherebbe un insediamento di tipo rurale.

Altri toponimi canavesani (A. PAVIOLO, in AA.VV., "Vicende dell'uomo in Valle Orco", Castellamonte, 1981, p. 50.)

Come Saleer o Saler (alpeggio a Ronco, monte a Ribordone, rio a Frassinetto), Sali (alpe a Ribordone) e Sale (altra denominazione di Castelnuovo Nigra e frazione di San Colombano) sembrano avvalorare questa tesi.

Inoltre la presenza dei Longobardi nel Canavese è certamente comprovata dal vicino paese di Lombardore (Castellum Longobardum) (A. CAVANNA, "Fara, sala, arimannia nella storia di un vico longobardo, Milano, 1967, p. 454).

E dal toponimo "Braidacroce" (Braida: prato della guerra), piccola frazione del Comune di Valperga, a nord di San Ponso.

1 - IPOTESI SULLE ORIGINI DEL BORGO

1.1) I Salassi

Fra le varie ipotesi quella che fa risalire all'antica popolazione dei Salassi la fondazione del borgo è sicuramente la più suggestiva ma anche la meno attendibile.

Molto probabilmente, i Salassi nacquero dalla graduale fusione di popolazioni celtiche e liguri già presenti in area canavesana e valdostana. La maggior parte degli autori locali come A. BERTOLOTTI ("Passeggiata nel Canavese", vol. VII, Ivrea, 1873; "Fasti canavesani", Ivrea, 1870) e G. C. POLA FALLETTI - VILLAFALLETTO ("La castellata di Rivara e il Canavese", Casale Monferrato, 1945 - 1950) è favorevole alla presenza dei Salassi in Canavese suddividendo tale popolazione in Salassi montani, abitanti la Valle d'Aosta, e Salassi del piano o inferiori, stanziati nelle pianure e nelle colline canavesane. Tuttavia, come fa notare A. CAVALLARI MURAT ("Tra Serra d'Ivrea, Orco e Po", Torino, 1976, p. 35) non solo gli antichi scrittori (Strabone, Tito Livio, Plinio, Svetonio ed altri) ma anche gli studiosi moderni incontrano molte difficoltà ad ubicare nell'arco occidentale ed iniziale della pianura padana le popolazioni autoctone dei Taurini, dei Salassi, dei Liguri e dei Celti.

Essi vivevano di pastorizia, caccia, pesca ed agricoltura ma si distinguevano particolarmente per la lavorazione dei metalli la cui materia prima veniva estratta dalle numerose miniere di ferro (San Martino e Traversella in Val Chiusella), rame, argento, oro (Tavagnasco), piombo argentifero (Borgofranco) ed antimonio aurifero (Valle dell'Orco) da loro stessi scoperte. (Cfr. le opere degli scrittori antichi come PLINIO IL VECCHIO ("Naturalis Historia", L. XVIII), STRABONE ("Geografia", L. IV) e APPIANO ALESSANDRINO ("Romanarum Historiarum, De rebus Illyricis", XVII). Vds. anche E. ARTOM, "L'industria dell'oro presso i Salassi", in B.S.B.S, Torino, 1935, pp. 1 - 6.

Tale ricchezza unitamente alla posizione strategica che permetteva il controllo dei valichi alpini e delle principali vie di comunicazione verso occidente si scontrava inevitabilmente con le mire espansionistiche romane.

Dopo alterne vicende le lotte si risolsero con la sconfitta del popolo Salasso nel 25 A.C. ad opera di Aulo Terenzio Varrone.

Pare però che qualche tribù sia riuscita a sfuggire alla schiavitù decretata da Augusto, rifugiandosi, secondo il Micheletti (T. MICHELETTI, "L'immensa miniera d'oro dei Salassi", Urbania, 1976, pp. 125-126).

Oltre che nella Val Soana, Val Chiusella e in alcune alture valdostane, anche fra le montagne e le pianure della Valle dell'Orco.

Lo stesso nome del borgo di Salassa associato alla tradizionale abilità nella lavorazione dei metalli dei "magnin" di queste zone e alla ricerca di pagliuzze d'oro fra le sabbie dell'Orco (in dialetto locale "Eva d'or") costituirebbe l'indizio più probante.

Altri autori, invece, sostengono, senza peraltro apportare alcuna documentazione, che le origini di Salassa sarebbero ancora più antiche ed andrebbero ricercate in epoca preromana.

1.2) I Romani

Mentre l'ipotesi dell'origine salassa del borgo in questione è condivisa da pochi studiosi, pare degna di maggior attenzione l'ipotesi secondo cui Salassa affonderebbe le sue radici in epoca romana (Cfr. G. CASALIS, "Dizionario geografico - storico - statistico - commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna", Torino, Vol. XVII, 1848, p. 20).

Il Panero (F. PANERO in AA.VV., "Da Ivrea tutto intorno", Torino, 1977, p. 169 e segg.)ritiene che il paese abbia preso origine dall'antico insediamento romano, preesistente nel vicino comune di San Ponso. In effetti i numerosi reperti romani rinvenuti in questo luogo, suggeriscono l'ipotesi che San Ponso sia stata, in età neroniana (I Sec. d.C.), come testimonia il ritrovamento di monete dell'epoca, un villaggio piuttosto attivo, forse uno dei centri principali di un antichissimo "pagus". (Cfr. A. BRACCO, "Le lapidi Romane di San Ponso Canavese", in "Miscellanea di Epigrafia Romana nel Canavese", Ivrea, 1961).

Perciò non è del tutto improbabile che alcune famiglie di coloni si siano spinte ad est, forse alla ricerca di nuovi campi da coltivare o per essere più vicine ad essi, che abbiano fondato il primo nucleo di quello che, successivamente, diventerà il paese di Salassa.

Inoltre la presenza romana in questi luoghi è testimoniata inequivocabilmente dalle tracce di centuriazione rilevate anche in prossimità del territorio salassese in località cava di Rivarotta (Vds. carte dei tracciati antichi e dei siti archeologici del Canavese (allegati 1 e 2))

Il Cavallari Murat assegna le centurie della zona di Salassa al "quadrumagnum Aeporediae" che ha un orientamento diverso rispetto all'agro più recente di Augusta Taurinorum, collocando più ad ovest dell'Orco la linea di confine tra le due colonie. (A. CAVALLARI MURAT, "Lungo la Stura di lanzo", Torino, 1973, pp. 8 - 9 e pp. 20 – 21).

1.3) I Longobardi

Già parlando dell'etimologia del nome si era fatto cenno all'ipotesi circa la derivazione longobarda del toponimo e quindi del borgo di Salassa.

E' probabile che con le invasioni barbariche del V secolo (i Borgognoni e poi, nel 508, gli Ostrogoti) si sia verificata una lenta ma inarrestabile decadenza di San Ponso e successivamente (cioè nel VII ed VIII secolo) la politica espansionistica dei Longobardi abbia favorito il sorgere di Salassa in concomitanza ad una graduale ripresa economica, soprattutto nel settore agricolo, allorché le terre abbandonate a gerbido vennero recuperate e coltivate.

Il Panero a questo proposito fa notare come Salassa essendo situata nelle vicinanze dell'antico "cursus publicus" congiungente Pont a Chivasso "dovette divenire nell'alto medioevo uno dei centri politici ed economici longobardi più importanti della zona, da cui si irradiò l'azione colonizzatrice e di bonifica del territorio, che giunse fin oltre Valperga verso Canischio ......" (F. PANERO, in op. cit., p. 169)

1.4) Le Pievi

La nascita di pievi tra il IV e V secolo in relazione alla diffusione del Cristianesimo nelle campagne, sembra essere, secondo la Nada Patrone un fenomeno abbastanza ricorrente anche nell'area pedemontana. Le pieve o le cappelle o "tituli" alle loro dipendenze possono essere considerate infatti elementi generatori di vita associata e, come i castelli, comportano trasformazioni a livello di organizzazione della vita collettiva.

Inoltre la creazione di cappelle rurali connesse alla pievi ma senza funzione parrocchiale può essere derivata dall'esigenza da parte di abitanti di insediamenti decentrati di affermare una propria autonomia sociale e religiosa ed insieme di integrarsi in una comunità mediante determinate cerimonie rituali. (A.M. NADA PATRONE, "Il Medioevo in Piemonte", Torino, 1986, pp. 241-242).

Di conseguenza non si può escludere che l'origine del borgo salassese (o almeno del suo nucleo religioso) possa risalire all'insediamento di un'antica "plebe" (dal latino "plebs": comunità) tenuto conto anche del fatto che la parrocchia di Salassa è una Pievania.

Tuttavia nessun autore ha preso in considerazione questa ipotesi forse anche per la totale mancanza di notizie storiche specifiche.

1.5) Una possibile origine autoctona più recente

Tale ipotesi è avallata dal fatto che, come afferma il Bertolotti, solo a partire dal XII secolo i documenti iniziano a menzionare "Salacia". (A. BERTOLOTTI, "Passeggiate ...." cit., tomo VII, p. 121).

E' probabile che vi sia un legame fra la distruzione attorno al 1030, presumibilmente per una furiosa piena dell'Orco, (M. BERTOTTI, "Appunti per una storia di Cuorgnè", Ivrea, 1983, p. 46) della "Curtis Carraia" (antichissimo borgo denominato Knappe che occupato dai Romani mutò il nome in Canava) e la nascita o lo sviluppo di Salassa.

Se, come alcuni studiosi sostengono, (I. DURANTI, "Della Marca d'Ivrea, tra le Alpi, il Ticino, l'Amalone, il Po", Torino, 1804, p. 7) la localizzazione di Canava deve ricercarsi nelle immediate vicinanze di Rivarotta ("Riparupta") che ne costituiva l'avamposto difensivo in prossimità della confluenza tra il torrente Gallenca e l'Orco, allora è possibile ipotizzare che i superstiti dell'alluvione si siano rifugiati almeno in parte, lungo i terreni più elevati rispetto a Rivarotta, costeggianti la destra orografica dell'Orco, su cui sorge anche l'odierna Salassa.

Ciò non esclude che in questa zona esistesse già un primitivo villaggio di contadini forse, come abbiamo già detto, di origine longobarda.

In ogni caso è opportuno ricordare che, indipendentemente dalla vera o presunta distruzione di Canava, nel XII secolo si verificò una massiccia ripresa dell'attività agricola che, congiuntamente ad un incremento demografico storicamente provato, diede la spinta propulsiva alla creazione di nuovi borghi. (Vds. C. VIGLIANO, "Borghi nuovi medioevali in Piemonte", in "Popolo e Stato in Italia nell'età di Federico Barbarossa. Alessandria e la Lega Lombarda", Torino, 1970, p. 99).

Non ci sembra quindi che possa essere messa in discussione la teoria che fa risalire al XII secolo lo sviluppo (se non proprio la nascita) del primitivo agglomerato urbano di Salassa.

2 - NOTIZIE STORICHE

2.1) La situazione del Canavese nel XII secolo

Dopo le vicende dell’XI secolo legate alla lotta fra il re Arduino e il sovrano sassone Enrico II, il Canavese o, per meglio dire, il ristretto territorio che tale nome designava, fu, fin dall'inizio del XII secolo, sotto il controllo di un certo conte Guido, nominato nel 1111 dall'Imperatore Enrico V, e dei suo discendenti.

I conti del Canavese si divisero, forse attorno al 1163, in due rami: i San Martino ed i Valperga. Da questi ultimi si separò poi, nel 1193, la famiglia dei Masino.

Da questo momento la situazione di autonomia e di eudemico conflitto tra i feudi canavesani subordinata all'autorità imperiale caratterizzò questa zona del Piemonte con il permanere di una struttura organizzativa carolingio-feudale, mentre altrove la mancanza di un potere centrale efficiente favorì il sorgere dei comuni e delle repubbliche marinare.

Questo non impedì comunque lo sviluppo di comunità locali che rimasero però sempre soggette al potere dei signori.

2.2) Le prime notizie su Salassa

Il Bertolotti afferma che intorno al 1100 si comincia ad avere una menzione distinta di Salassa ma non cita alcuna documentazione al riguardo. (A. BERTOLOTTI, "Passeggiate ..." cit., p. 121). Riteniamo che a seguito della spartizione dei territori canavesani avvenuta nel 1193, Salassa sia stata incorporata, insieme ad altri borghi circostanti, ai possedimenti dei signori di Valperga. (Da un documento del 1317, conservato presso la I sez. dell'Arch. di Stato di Torino (prot.7, f. 52) risulta che Salassa era a quell'epoca interamente soggetta ai conti di Valperga al pari di Cuorgnè, Pertusio, Levone, Salto, Rivara, Rivarossa, Barbania, Orio, Silvescum, San Benigno e Volpiano).

La totale assenza di documenti non consente di stabilire quali fossero i rapporti che intercorrevano fra i Valperga e la comunità di Salassa in quel periodo, ma crediamo tuttavia che Salassa non abbia mai potuto godere di un'ampia autonomia anche a causa della sua vicinanza con il luogo di residenza dei Conti.

Proprio questo stato di subordinazione del borgo spiega con ogni probabilità questa sorprendente carenza di notizie rispetto ad altre località canavesane.

Uno dei rarissimi dati in nostro possesso, è la notizia, riportata dal Bertolotti, ma poi ripresa anche da altri autori, di un atto con cui, nel 1251, il conte Guidetto di Valperga acquistò da Enrietto di San Martino, i mulini di Salassa e le decine di questo luogo. (A. BERTOLOTTI, "Passeggiate .... ", cit., p. 10 e p. 121, Vds. anche P. RAMELLA, "Civiltà del Canavese", Chieri, 1977, p. 264 e F. PANERO in op. cit., p. 169).

Tale acquisto, secondo alcuni studiosi, sarebbe da mettere in relazione con un primo ampliamento, verso ovest, del borgo originario, già composto con ogni probabilità dalla "villa vecchia" (ad est) e dal "recetto" (a nord) come si vedrà in seguito.

2.3) La situazione del Canavese nel XIII secolo: le leghe ed il brigantaggio

L'endemico stato di guerriglia fra i signori locali nonché i frequenti attriti fra le maggiori città dell'Italia nordoccidentale (fra Ivrea e Vercelli, Pavia e Milano, Vercelli e Novara, ecc.) determinarono uno stato di grave tensione, in cui le alleanze fra tali piccole e medie potenze si alternavano in un crescente e pericoloso gioco di interessi e di rivalità.

In questa situazione si inquadra la costituzione della "grande lega del Canavese", della quale facevano parte non solo i conti della varie casate ma anche il forte comune di Ivrea, suggellata dalla "Carta Concordiae" del 1213.

L'alleanza fra canavesani ed eporediesi doveva dissuadere la politica espansionistica intrapresa dal Marchese del Monferrato e sostenuta da Vercelli, ma, già nel 1231, le rinate rivalità fra i conti ed il comune di Ivrea, in un primo tempo neutralizzate con un nuovo accordo del 1229, compromisero irrimediabilmente il futuro della lega.

La comunità di Salassa, posta sotto il controllo dei Valperga, non era certamente in grado di vivere in prima persona queste controversie.

Tuttavia almeno un atto del consortile deve aver interessato anche il borgo salassese. Si tratta della convenzione dell'11 marzo 1263, stipulata da Vercelli ed il Marchese del Monferrato con i conti del Canavese, per l'"estirpamento dei berrovieri e dei ladri". (Vds. A. BERTOLOTTI, "Convenzioni e statuti nell’estirpamento dei berrovieri e dei ladri dal Monferrato, Canavese, vercellese e Pavese nei secoli XIII e XIV", in "Miscellanea di storia italiana", tomo XII, Torino, 1871, pp. 735.-761 e G. FROLA, "Classificazione degli statuti", B.S.B.S., Torino, 1905, p. 144).

Infatti il fenomeno del brigantaggio, causato dall'imperversare delle guerre e dalle sopraffazioni dei signori, aveva assunto proporzioni tali da richiedere interventi straordinari per la sicurezza delle strade e la difesa dei piccoli borghi rurali come la costruzione di recinti e luoghi fortificati (recetti) per racchiudere i raccolti.

2.4) La "Guerra del Canavese"

Ad accrescere la perenne conflittualità fra i conti si aggiunse la loro divisione in Guelfi e Ghibellini.

Questa contrapposizione partitica non ebbe, in Canavese, lo stesso significato che assunse in altre zone d'Italia, cioè di lotta fra i sostenitori del papato e quello degli imperatori germanici, ma rispecchiava solamente le diverse alleanze dei Valperga, che si appoggiavano al ghibellino marchese del Monferrato, e dei San Martino che erano legati al guelfo principe d'Acaia.

Non si trattava più quindi di semplici discordie interne fra i conti, ma di un conflitto di portata ben più ampia nel quale si scontrarono le grandi potenze guelfe e ghibelline del Piemonte e della Lombardia, mentre il peso della guerra venne sopportato dai paesi canavesani che vennero in parte distrutti e saccheggiati.

Già nel 1307 il principe Filippo d'Acaia, approfittando della secolare inimicizia fra le due maggiori famiglie canavesane e con il pretesto di aiutare i San Martino era entrato in Canavese occupando vasti territori fino a Rivarolo, alle porte del nostro borgo.

Il 1339 fu l'anno che segnò l'inizio di quella che successivamente fu denominata la "Guerra del Canavese" e che sarebbe durata per oltre vent'anni.

Dopo che le 300 "barbute" (soldati protetti da un elmo munito di maglia metallica) tedesche assoldate dai Valperga ebbero assaltato e devastato diversi borghi di parte guelfa (Vische, Rivarolo, Montalenghe, Orio, San Benigno, Favria, Front, Barbania, Pont ed i sui castelli, ecc.), i San Martino passarono al contrattacco e, ingaggiate a loro volta delle truppe mercenarie nel 1339 - 40 invasero il Canavese.

I borghi di Salassa e Valperga, furono facilmente conquistati ed incendiati (".... Villam Salaziae combusserunt, Villam quoque Castri Valpergae robarerunt, et vastaverunt ...")

(P AZARIO, "De Bello Canapiciano", traduz. di I. VIGNONO e P. MONTI, Ivrea, 1970) e solo l'intervento degli uomini di Cuorgnè impedì l'occupazione del Castello di Valperga.

La dinamica di questa azione militare rafforza l'ipotesi che il paese di Salassa svolgesse il ruolo di avanzamento difensivo fortificato.

I guasti provocativi nel 1360 da una nuova invasione di milizie mercenarie inglesi capeggiate dal marchese del Monferrato, unitamente alla peste che, proprio in quegli anni, colpì con particolare violenza il Canavese, determinarono la richiesta di protezione da parte dei signori locali ad Amedeo VI di Savoia e la successiva sottomissione del 1365.

Tuttavia la perdita di indipendenza non significò l'immediata fine delle ostilità fra le famiglie canavesane rivali, tant'è vero che, forse nel 1378, Salassa venne ancora una volta occupata, insieme a Rivarossa, dalle truppe di San Martino le quali, come si stimò nel 1379, causarono ai due borghi un danno ammontante a circa 1.000 lire (Bertolotti). (A. BERTOLOTTI, "Passeggiate .....", cit., vol. VII, p. 122).

I Savoia tentarono a più riprese di risolvere l'ormai annosa "questione canavesana", dapprima con il conte Verde e poi con il figlio Amedeo VII che riunì a Torino, nel dicembre 1385, i conti ed i rappresentanti delle maggiori comunità del Canavese.

2.5) Gli statuti del Valpergato del 1350

Si tratta di statuti signorili, cioè di una consolidazione di norme preesistenti, per lo più di carattere penale, realizzata non già dalla Comunità, previa l'autorizzazione del suo signore, ma dallo stesso feudatario, in base al suo diritto di esercitare poteri pubblici sul suo territorio.

Questi statuti avevano vigore non solo nel borgo di Valperga, ma in tutto il vasto feudo di tali conti, compresa Salassa.

Nell'ultimo capitolo, dove vengono stabiliti i fuochi delle ville della castellata per determinare in modo proporzionale le quote dovute per il pagamento dello stipendio del podestà se ne assegnarono cinque a Salassa con San Ponso. (Cfr. G. FROLA, "Corpus ......", cit., Vol. III, p. 491).

Per la verità Salassa viene indicata come "Cengia" molto probabilmente per un errore di trascrizione dello stesso Frola.

(Vds. G. CHIAPETTO, "Ricerche storico-giuridiche sulla comunità di Salassa", tesi di laurea, Fac. di Giurisprudenza dell'Università di Torino, a.a. 1981 - 82, pp. 89 – 92).

Da questa considerazione si potrebbe ricavare una valutazione dell'importanza di Salassa rispetto agli altri centri vicini (ad es. Valperga 8 fuochi, Rivarossa 4, Pertusio 1,5) sennonché l'opinione diffusa fra gli storici è che questi fuochi fossero raggruppamenti fatti dai feudatari per rendere più agevole la riscossione delle tasse e quindi non necessariamente corrispondessero alle borgate abitate di un paese.

2.6) La roggia di Favria

Nella seconda metà del 1300 viene costruita una bealera, derivata dall'Orco per l'irrigazione dei terreni agricoli di Salassa, San Ponso, Oglianico e Favria, che costituirà, fino al 1700, motivo di contrasti e controversie giuridiche fra le comunità interessate. L'atto più importante della storia della roggia è la convenzione che, secondo il Bertotti, viene firmata a Salassa il 21 marzo 1376, nel cortile di Giovanni Bolla, vicino alla chiesa. (M BERTOTTI, "Favria e la sua "roggia" nelle lotte feudali del medioevo" in "Risv. pop." n. 46 del 9 dicembre 1971, ora riedito in "Documenti di Storia canavesana", Ivrea, 1978, pp. 376-377).

2.7) Il Tuchinaggio

Il tuchinaggio, fenomeno che interessò il Canavese nella seconda metà del XIV secolo (1386-1391) anche se ulteriori strascichi si ebbero ancora nei secoli XV e XVI, fu un movimento in cui trovarono posto le rivendicazioni popolari, il desiderio di indipendenza di qualche comune, la secolare rivalità tra i conti canavesani e le mire espansionistiche di Teodoro II del Monferrato, di Gian Galeazzo Visconti e di Amedeo VII di Savoia.

Il termine veniva usato probabilmente dai nobili per indicare genericamente una rivolta popolare a loro ostile anche se l'etimologia del nome è alquanto controversa.

Secondo la tradizione popolare la rivolta dei tuchini scoppiò, nel 1386, a Brosso e di li si estese ad altre località della Valchiusella e della vicina pianura.

Tuttavia il nuovo conflitto, accanto alla connotazione iniziale che ne aveva contraddistinto il momento iniziale, assunse via via la fisionomia di uno scontro diretto fra il conte Rosso e Teodoro II di Monferrato per il controllo del territorio canavesano, controllo che per un breve periodo (1389) fu anche nelle mani di Gian Galeazzo Visconti.

Alcune notizie dimostrano che anche gli abitanti di Salassa ebbero un ruolo attivo nella vicenda.

Infatti, nel 1390, durante l'assedio del borgo di Cuorgnè, in cui avevano trovato rifugio i rivoltosi della zona, troviamo a difesa delle mura anche due tuchini salassesi.

Inoltre sappiamo che la comunità, come altri paesi del Canavese, venne condannata dai Savoia alla pena pecuniaria di 200 fiorini ducali d'oro per il reato di lesa maestà.

Infine alla convenzione di Ivrea del maggio 1391, che decreta la sottomissione effettiva dei signori canavesani all'autorità di Amedeo VII, partecipano assieme ai rappresentanti delle varie comunità anche i procuratori di Salassa. (Vds. S. CORDERO DI PAMPARATO, "Il Tuchinaggio (1386-1387) e le imprese di Facino Cane nel Canavese (1386-1400)", in "Eporediensia", Pinerolo, 1900, p. 448 e p. 450

P. VENESIA, "Il tuchinaggio in Canavese (1386-1391)", Ivrea, 1979, p. 113, pp. 118-119 e pp. 121-122, A. BERTOLOTTI, "Passeggiate ... "cit., vol. VII, p. 122).

Dopo il tuchinaggio dunque le comunità acquistano maggiori diritti politici ai danni della classe feudale che ora è subordinata agli interessi dell'autorità centrale savoiarda.

"La storia - dice il Venesia - usciva dai castelli, dai vescovadi, dai saloni in cui togati giurisperiti disquisivano e cavillavano in latino più o meno forbito, per approvare ad plateam, apud torculum, infra lobiam, ad fraxinum, apud pontem recetti, ove i capi-fuoco si radunavano per discutere nel rozzo vernacolo canavesano gli interessi comunitari ...". (P. VENESIA, "Il tuchinaggio ...", cit., vol. VII, p. 122).

2.8) Il XV secolo

Il XV secolo fu, per tutto il Canavese, un periodo di relativa tranquillità perché erano ormai cessati sia le guerre intestine fra i conti locali, indeboliti dalle loro dissennate lotte e dall'autorità savoiarda, che il conflitto Savoia-Monferrato con l'accordo del 1403 suggellato dal matrimonio fra Teodoro e Margherita d'Acaia.

In questo contesto storico, il bilancio dei lunghi anni di guerra e di disordini, fu per Salassa, particolarmente negativo perché, a fronte degli ingenti danni subiti, non ottenne dai conti di Valperga alcuna concessione di franchigie o di libertà, come invece accadde per altre comunità vicine (nel 1387 al borgo di Valperga e nel 1419 alla ricca e potente Cuorgnè).

La supremazia pressoché assoluta dei Valperga di evince anche dalle "investiture" di cui fa menzione l'"Indice dei Feudi" conservato presso le sezioni riunite dell'archivio di Stato di Torino. (G. CHIAPETTO, "Ricerche ..." cit., vol. VII, pp. 112-115).

2.9) Il XVI secolo

Il XVI secolo si aprì con la concessione, ad opera dei conti di Valperga, di nuovi statuti (nel 1502 e nel 1510), volti ad integrare quelli emanati nel 1350 ed i successivi, di cui pare non sia più rimasta traccia, del 1414 e del 1426.

Mentre gli statuti del 1350 contenevano norme di carattere quasi esclusivamente penale, questi ultimi erano invece prevalentemente costituiti da disposizioni di diritto privato e processale, perché erano logicamente indirizzate ad una società in lenta ripresa economica che sentiva l'esigenza di nuove norme atte a regolare in maniera sicura i traffici ed i rapporti interpersonali. (Il testo di questi statuti è riportato da F. FROLA, "Corpus ...", cit., vol. III. pp. 495-512 e, in modo riassuntivo, da M. BERTOTTI, "Appunti ...." cit., pp. 254-259).

Attorno al 1522 scoppiò una violenta epidemia di peste che colpì anche il borgo di Salassa. (Cfr. M. BERTOTTI, "Appunti ...", cit., p. 271).

Dal 1536 al 1559 il Canavese, coinvolto nella guerra franco-spagnola, subì la dominazione dei Francesi.

Il Bertolotti ricorda che le mura di Salassa da cui tutto il paese era ormai recinto furono gravemente danneggiate. (A. BERTOLOTTI, "Passeggiate ... " cit., vol. VII, p. 124).

Inoltre, da alcuni documenti, relativi alla comunità di Cuorgnè, sembra che Salassa sia stata una sorta di "campo-base" dei soldati francesi che venivano "alloggiati" nelle case private ed il comune era tenuto a provvedere al loro mantenimento.

(In un atto del 14 giugno 1544 si legge infatti: "... soldati galici qui sunt Logiati Salacia ...." (M. BERTOTTI, "Appunti ..." cit., p. 319 e p. 332).

Dopo l'occupazione francese le uniche notizie certe su Salassa riguardano l'investitura di numerosi conti locali (non solo Valperghesi) di alcune proprietà del luogo come i mulini, e le liti per il pagamento delle decime ecclesiastiche, che non forniscono però nuovi elementi per la definizione fisica del borgo.

Al 1548 risale poi il primo "Libro degli Ordinati" conservato presso l'Archivio comunale, la cui lettura però risulta praticamente impossibile per l'elevato degrado di intere parti di scrittura.

2.10) Il XVII secolo

2.10.1) La prima metà del secolo

Le due guerre di successione del Monferrato (dal 1612 alla pace di Madrid del 1617 e dal 1627 al trattato di Cherasco del 1631), combattute da Francia, Spagna, Gonzaga e Savoia, coinvolsero anche il Canavese che, come gran parte del Piemonte, venne occupato dalle truppe francesi.

Salassa, al pari di altre comunità, dovette nuovamente sostenere il gravoso onere delle "logiate" e delle contribuzioni militari.

La situazione peggiorò con il diffondersi nella zona di una nuova epidemia, come risulta da certi libri contabili comunali su cui vennero annotate le spese per pagare i "cerusici", i "monatti" e le sepolture.

Salassa fu infatti obbligata ad ospitare i militari ammalati ed a trasportarli successivamente ad Ivrea. (Vds. G. C. POLA FALLETTI - VILLAFALLETTO, "La Castellata ..." cit., Vol. III, pp. 127 - 129, 131, 133, 136 e 179; M. BERTOTTI, "Appunti ..." cit., pp. 378-379, 383, 401).

A ricordo di quanto accadde rimane la cappella votiva di San Rocco, situata vicino al cimitero, fatta edificare dal Comune nel 1630 (A. BERTOLOTTI, "Passeggiate ... " cit., vol. VII, p. 130; G. PANERO in op. cit., p. 171), come testimoniato dalla lapide del 1859 visibile ancor oggi sulla facciata della chiesa.

Dal 1635, con la morte di Vittorio Amedeo I, si scatenò in Piemonte una lotta intestina fra i Savoia per il possesso del trono vagante, in cui, naturalmente, sia la Francia che la Spagna non persero l'occasione di inserirsi nella contesa che terminò definitivamente solo con la cacciata degli Spagnoli nel 1659.

Riferisce il Pola che durante la guerra civile (1640-41), secondo alcune stime, i soldati francesi presenti a Salassa erano ben 1500: "le case, le aie rigurgitavano di soldati, di servi, di cavalli, di donne tanto che si erano dovute costruire delle baracche." (G. C. POLA FALLETTI - VILLAFALLETTO, "La Castellata ..." cit., vol. III, p. 268).

2.10.2) Gli ordinati

Gli ordinati sono i verbali delle sedute del "Consiglio Ordinario" della comunità, delle quali riportano però solo le deliberazioni finali, gli "ordini", tralasciando la cronaca delle fasi intermedie e soprattutto della discussione.

Nell'archivio comunale di Salassa se ne sono conservati molti, la maggior parte del XVIII e XIX secolo.

Il più antico risale, come abbiamo già anticipato, al 1548, mentre per quanto riguarda il XVIII secolo esiste un solo "Giornaliere o sia libro degl'ordinati", contenente le più significative decisioni prese dalla Comunità di Salassa dal 13 gennaio 1672 al 30 gennaio 1674.

Da un esame di questi ed altri documenti di tipo giuridico (Trascritti almeno in parte da G. CHIAPETTO, op. cit., appendice di documenti inediti)è possibile ricavare alcune indicazioni utili allo scopo del nostro lavoro.

Dai "testimoniali d'ordinato per la conservatione de frutti" del 7 settembre 1672 si legge che:

- l'assemblea si riuniva come di consueto nella "Publica Piazza";

- "... tutti li Particolari del presente luogo quali hanno uscij porte o qualsisia altra apertura nella muraglia commune essistente Intorno...";

- ".... si debbino d'hor avanti sino fatte delle vindemie metter le guardie ad ambe le porte communi ....".

I "Capitoli" che specificavano il ruolo esercitato dall'esattore delle "taglie" venivano affissi sul "pilastro solito" collocato nella piazza del paese (articoli del 1672-1673). I tributi venivano pagati, oltre che al governo sabaudo, anche all'autorità feudale e religiosa ("le decime dovute a Monsignor Illustrissimo e Reverendissimo di Torino" e le "altre che si pagano al Reverendo Signor Pievano del luogo").

Nei "Testimoniali d'Incanti e deliberatamento" degli anni 1672-74 vengono citati il "Palazzo Comune esistente appresso la Chiesa Parrocchiale" e una "Corte (commune) esistente fuori della Porta Comunale".

Da tali "Testimoniali" apprendiamo anche Salassa si era opposta al progetto di erigere una "muraglia .... vanti la piazzetta essistente avanti il forno di detto Consortile" (di Valperga).

2.10.3) La divisione della Comunità di San Ponso da quella di Salassa

(Gli atti relativi alla controversia sono stati analizzati da G. CHIAPETTO op. cit., parte II, cap. II).

Dalla misurazione generale, avvenuta nel 1703, a seguito dell'atto di separazione formale tra i due comuni del 1693, si può dedurre la consistenza del territorio Salassese: a Salassa rimangono 980,95 giornate di terreno oltre ai beni comuni non registrati, ecclesiastici e feudali, ed ai terreni "corrosi comuni contenziosi colla Comunità di Castellamonte", per un totale di 1234,14 giornate (1 giornata = 100 tavole = 3810 mq) corrispondenti a circa 470 ettari.

Il contenzioso si esplica poi a partire dal 1727 con le richieste, avanzate da San Ponso, di partecipazione alla "bealera" per l'irrigazione dei prati, ai "due Forni posti nel recinto di Salassa, e fornatico loro", e alla "Casa comune con Camera sopra, e sito avanti d'essa, come pure d'altro sito comune vicino alla Chiesa de Disciplinanti. Il tutto coperto a coppi, e similmente posto nel recinto suddetto".

(Successivamente i due forni vengono indicati come "Forno del cantone" e "Forno vecchio vicino alla Casa Comune").

2.11) Dal XVIII al XIX secolo

Il 25 gennaio 1704 il comune di Salassa si affrancò al conte Valperga di Masino anche se continuò a dipendere giurisdizionalmente dal consortile valpergano. (A. BERTOLOTTI, "Passeggiate ... " cit., vol. III, p. 127; G. PANERO in op. cit., p. 171).

A seguito della guerra di successione spagnola, scoppiata agli inizi del XVIII secolo, le truppe del Re Sole occuparono nuovamente il Canavese (aprile 1704). I soldati francesi furono costretti a ritirarsi dopo l'epica vittoria riportata a Torino dal principe Eugenio e da Vittorio Amedeo II (7 settembre 1706) che fu accolto trionfalmente dalla popolazione locale al suo ingresso in Ivrea.

Il principe sabaudo, che ottenne il titolo di Re e ingrandì ulteriormente i suoi domini con il trattato di pace di Utrecht (1713: data riportata sulle meridiane di edifici settecenteschi salassesi), intraprese una politica di riorganizzazione dello stato in campo amministrativo, finanziario e giuridico (in tal senso nell'archivio comunale di Salassa è conservata una copia delle "Regie Costituzioni" edite nel 1729), proseguita dai suoi successori a cui corrispose per tutto il Piemonte ed in particolare il Canavese, un lungo periodo di pace, quasi fino allo scadere del secolo, durante il quale si registrò un'importante ripresa economica.

Anche a Salassa l'agricoltura segnò un netto miglioramento, come viene indirettamente dimostrato dal rinnovato interesse con cui sia la comunità che i signori di Valperga predisposero un'accurata tutela dei prodotti agricoli, culminata nell'emanazione, nel 1722 e nel 1773, di nuovi bandi campestri.

Questi bandi, la cui stesura era autorizzata a condizione che all'assemblea partecipasse anche il rappresentante del Valpergato, contenevano provvedimenti giuridici relativi alla campagna, come le pene previste per furti o il periodo ammesso per la vendemmia, tenuto conto che la coltivazione della vite era una della maggiori fonti di reddito della comunità, alla pesca, al pascolo, ed alla manutenzione di strade e rogge. (Vds. G. CHIAPETTO op. cit., parte II, cap. I).

Dal bando del 25 maggio 1752 si evince che l'assemblea riunita nella solita "Piazza pubblica" era composta, oltre che da consiglio ordinario, da centodieci "Cappi di Casa registranti", facenti e componenti il più delle due terze parti de particolari del presente luogo".

Questi dati ci consentono di calcolare, con una certa approssimazione, il numero di abitanti di Salassa.

Supponendo, infatti, che ogni famiglia fosse mediamente composta da cinque persone, il paese doveva allora contare poco più di ottocento individui.

Secondo le direttive impartite dal sovrano Carlo Emanuele III, anche a Salassa, a partire dal 1740, venne compilato un nuovo catasto.

Di questa compilazione fanno parte la mappa catastale, il registro dei particolari e la "Rubrica del libro Campagnuolo della Comunità di Salassa per le regioni e coerenze", contenente le piantine dei singoli appezzamenti di terreno.

Si provvede, inoltre, nel 1741 alla revisione dei confini di Salassa con i paesi limitrofi. (Atti di Misura Generale De Territorio di Salazza. Recognitione de Termini divisorij con le Terre confinanti a Salazza et atti fatti nella formazione del nuovo Cattastro), (conservati presso l'Arch. comunale di Salassa, carte sparse).

In questo periodo, come risulta dall'Indice dei Feudi" accanto alle antiche famiglie nobiliari derivanti dall'aristocrazia feudale valperghese, compaiono a Salassa, sempre con maggiore frequenza, i "nuovi nobili", ai quali i Savoia, dietro pagamento di somme di denaro, avevano concesso titoli e giurisdizioni.

La situazione di stabilità del Piemonte terminò quando le truppe napoleoniche, entrate in Savoia nel 1792, costrinsero Vittorio Amedeo III a firmare il gravoso armistizio di Cherasco (28 aprile 1796).

Seguì una serie di avvenimenti ad un ritmo incalzante: la guerra franco-austriaca, la pace di Campoformio (1797), la Repubblica Cisalpina, la guerra civile in Piemonte, l'abdicazione del sovrano, il Governo provvisorio, le vittorie franco-russe, il crollo delle Repubbliche filo-francesi ed, infine, il ritorno di Napoleone e l'incorporazione del Piemonte alla Francia.

Il Canavese visse di riflesso tutte queste vicende e dovette nuovamente sostenere l'onere delle contribuzioni e dei reclutamenti militari, e le gravi conseguenze dei saccheggi e della carestia. Qualche paese aderì alle nuove idee rivoluzionarie innalzando nelle piazza gli alberi della libertà, mentre, agli inizi del XIX secolo, bande di disertori e di banditi accrebbero il clima di disordine e di tensione.

Purtroppo, nell'archivio comunale di Salassa i documenti relativi a questo periodo di dominazione francese si riducono ai verbali "de la Mairie" di carattere amministrativo (il "mairie" era il Sindaco alla Francese).

Inoltre l'introvabilità di carte topografiche del catasto Napoleonico fa dubitare sulla loro effettiva stesura.

L'epoca della Restaurazione, iniziata nel 1814, fu caratterizzata dal tentativo di Vittorio Emanuele I di riorganizzare lo stato sabaudo e di cancellare tutto ciò che aveva un'impronta francese.

Il potere legislativo autonomo della comunità salassese terminò con l'elaborazione dei bandi campestri del 1819.

Il paese, che alla metà del Settecento contava 850 abitanti distribuiti in 138 famiglie, aveva dopo l'unità d'Italia una popolazione di circa 1130 individui. (Vds. A. BERTOLOTTI, "Passeggiate ... " cit., vol. III, p. 134).

3 - EVOLUZIONE URBANISTICA DEL BORGO

3.1) Il nucleo originario ed i primi ampliamenti

La possibile evoluzione urbanistica del borgo antecedente alla mappa del 1741 è indicata nell'allegato 3.

Prima del XIII secolo non esistono elementi sufficienti per definire la consistenza del borgo salassese.

La Viglino sostiene che il recetto di Salassa, databile appunto al 1200, costituitosi nell'assetto urbanistico ancor oggi rilevabile potrebbe aver inglobato un preesistente nucleo difeso, forse di pertinenza signorile. (M. VIGLINO DAVICO, op. cit., p. 121 Vds. par. 5.1).

Secondo il Panero (Cfr. F. PANERO (Recetto di Salassa), in AA.VV., "Da Ivrea tutto intorno", Torino, 1977, p. 170 che trae dal Catasto Settecentesco le denominazioni di "Villa vecchia", "recetto", "villa nuova", e "via Levata").

Un primo ampliamento verso ovest del borgo originario, già costituito dalla "villa vecchia" (ad est) e dal "recetto" (a nord), sarebbe da mettere in relazione all'acquisto dei mulini e delle decime di Salassa da parte dei conti di Valperga nel 1251. (Vds. par. 2.2)

L'ampliamento fu attuato probabilmente in seguito o in previsione di un incremento demografico, forse connesso con la messa a coltura di nuove terre, sotto il controllo dei Valperga ai quali tornava di massima utilità l'accrescimento dell'area coltivata su cui essi esercitavano il diritto di riscossione delle decime.

Questo nuovo nucleo occidentale, in un'epoca certamente successiva che non è possibile datare con precisione, venne ulteriormente ingrandito ed assunse la significativa denominazione di "villa nuova" menzionata nel Catasto settecentesco.

Di conseguenza la strada principale del borgo, cioè la "via levata" che era tangente al primitivo nucleo abitato, divenne la linea mediana di divisone del paese.

Nel complesso l'insediamento assunse la forma di un rettangolo, inclinato verso ovest, per l'andamento da sud-est a nord-ovest della via levata, che ne divenne l'asse portante. Il recetto si trovò ad occupare l'angolo settentrionale del borgo e ne costituì l'isolato più ampio, occupando, con i suoi 4200 mq, circa un quinto dell'area totale del borgo stesso.

Tuttavia è possibile che, sulla base dei pochi indizi riscontrabili in loco, l'ampliamento del nucleo più antico sia avvenuto solamente nel XV e XVI secolo ovvero durante il periodo di pace successivo alle prime guerre del Canavese (Vds. par. 2.4), allorché il ricetto, trasformatosi ormai da molti anni in insediamento stabile, non fu più sufficiente a contenere una popolazione in continua crescita numerica.

Infatti in una cellula edilizia posta lungo l'attuale via Cavour si riconoscono ancor oggi elementi architettonici di stampo quattrocentesco .

Mentre la casa del senato collocata in un cortile presso la via levata reca la data 1501, che però non si sa fino a che punto sia attendibile. (Vds. foto 19 e 35)

Nell’all. 10 sono indicati come casa medioevale dei Rovetti e casa del Senato (Cfr. F. PANERO, op. cit., p. 171, che riprende le affermazioni del G. VIGLIANO, op. cit., pp. 46, 66, 108 e segg.)

Inoltre non è possibile delimitare con esattezza l'area occupata dalla "villa vecchia" perché nella rubrica catastale del 1742 vengono indicate come "orti in villa vecchia" solo alcune particelle della parte est del borgo. Perciò non si può escludere che tale denominazione si riferisse solamente all'isola edilizia esterna al "recinto del luogo".

Sappiamo che alla metà del XVI secolo il paese era completamente circondato da mura, che furono gravemente danneggiate durante la guerra franco-spagnola. (Vds. par. 2.9)

E' possibile che esistesse un doppio anello murario: quello interno, corrispondente all'antico recetto, e quello esterno, di più recente costituzione, che racchiudeva tutto l'abitato e che aveva in comune con il primo parte del lato nord-est.

Le mura dovettero essere successivamente riparate perché da quanto risulta da un ordinato del 1672 (Vds. par. 2.10.2) il borgo, ancora nel XVII secolo, era circondato da una "muraglia commune" dotata di due "Porte communi", che probabilmente erano situate ai due estremi della via levata.

A quell'epoca, come dimostrano anche i bandi campestri successivi, la cinta muraria era funzionale al controllo della raccolta dei prodotti agricoli, in particolare della vendemmia, avendo perso il carattere difensivo che le era proprio nei secoli precedenti.

La data del 1669 riportata sulla cortina muraria parallela alla Levesa di via Chiaventone, potrebbe attestare la ricostruzione avvenuta in quel periodo.(Vds. foto 32)

Il perimetro murario doveva essere delimitato a nord-ovest ed a sud-ovest dalla bealera, a nord-est dalla depressione naturale del terreno, mentre a sud-est il tracciato doveva molto probabilmente seguire all'incirca l'attuale via Battisti che nel catasto d'inizio '900 manteneva ancora il toponimo di via dei Bastioni. (Vds. all. 7)

La costruzione di nuovi edifici esterni al recinto murario deve essere successiva alla guerra civile del Canavese del 1640-41 durante la quale si rese necessaria la costruzione di baracche per alloggiare i numerosi soldati francesi presenti nel luogo (Vds. par. 2.10.2), anche se è probabile che già in epoca precedente esistessero ai margini dell'abitato alcuni fabbricati di tipo conventuale come quello di San Sebastiano (spiazzo all'incrocio fra via Torino e via Matteotti) tradizionalmente detto il "cunvent", che forse traevano origine dall'insediamento di antiche badie di cui però si è persa ogni notizia.

Verso la fine del '600, quando iniziò per il paese un periodo di pace e di prosperità economica suggellato con l'affrancamento dai conti di Valperga (Vds. par. 2.11), si assiste ad una nuova espansione urbanistica attorno al vecchio insediamento recintato che segue solo in parte l'impianto ortogonale precedente come viene documentato dalla mappa del 1741.

3.2) La mappa del 1741

La mappa del 1741 (Vds. all. 4) è sostanzialmente "in massa", cioè accatasta le particelle produttive, integrando in sagome indifferenziate le zone costruite anche se alcuni lotti pur essendo numerati si riferiscono chiaramente a fabbricati, come ad esempio il numero 1868 che corrisponde alla Chiesa del Boschetto.

Tuttavia evidenziando le aree presumibilmente costruite emerge dalla carta settecentesca un assetto urbanistico del paese che conferma le ipotesi di sviluppo seicentesco avanzate precedentemente.

Infatti si può constatare come attorno al nucleo recintato e più densamente costituito si sia creato un tessuto urbano frammentato che solo nella parte meridionale del borgo assume una maggiore consistenza aggregativa anche se questa zona che, non essendo numerata dovrebbe essere edificata, risulta di difficile interpretazione perché non è distinta completamente dalle vie di comunicazione. (Vds. all. 3).

Da un'analisi della "Rubrica de Particolari registranti di Salazza" del 1742, conservata presso l'Archivio di Stato di Torino in allegato alla mappa, si possono trarre altre considerazioni.

In primo luogo le strade e le rogge pubbliche, che vengono indicate con lettere alfabetiche, non trovano corrispondenza nella carta, per cui non possono essere individuate con precisione.

Nella descrizione delle particelle produttive si può distinguere sulla base alla loro posizione, il "Recetto", la "Villa vecchia" ed il "Recinto del luogo" come si è osservato nel paragrafo precedente.

Vengono inoltre indicate la "piazza grande" e la "piazza della Madonna del Boschetto", di cui si parlerà in seguito.

Dalla mappa si nota poi ancora come si fosse già realizzato in quel periodo l’attestamento della via Levata, attraverso la realizzazione di un "palazzo" ancor oggi esistente, che formava uno spiazzo, probabilmente di fronte alla porta comune, dove la strada maestra si biforcava in direzioni opposte.

In conclusione si può osservare che l'impianto urbanistico del paese a partire dal XVIII secolo, perde la sua configurazione regolare determinata dai primi ampliamenti occidentali del nucleo antico che avevano portato alla formazione di un quadrilatero urbano chiuso di circa 240x240 metri solcato da vie ortogonali.

 3.3) La carta I.G.M. del 1932 e la mappa catastale aggiornata al 1948

Come cartografia intermedia dal punto di vista temporale, in assenza di Catasto francese e Rabbini, possiamo prendere in considerazione sia la tavola dell'Istituto Geografico Militare, il cui rilievo risale al 1932, che il foglio catastale aggiornato al 1948. (Vds. all. 5,6 e 7).

Le maggiori novità, rispetto alla mappa settecentesca, riguardano le vie di comunicazione extra urbane, perché dal punto di vista edilizio si può solo evidenziare una maggiore agglomerazione urbana nelle zone di ingresso al paese, da dove si dipartono le nuove direttrici viarie principali, mentre all'interno del borgo le trasformazioni edilizie ottocentesche non hanno sostanzialmente modificato l'impianto urbanistico preesistente.

Nei primi anni del 1900 vengono infatti costruite come prolungamento della via levata le due strade di collegamento con i comuni di Valperga e di Rivarolo.

La prima costituisce un grande asse visuale fra il campanile valperghese e la torre del recetto, ma ha trasformato l'attestamento del "palazzo" in un anomalo crocevia che successivamente si è rivelato un grosso problema per la viabilità del paese.

Il secondo rettifilo che congiunge direttamente Salassa a Rivarolo, interseca in prossimità della piazza del Boschetto la nuova via per Oglianico che almeno in parte segue il tracciato settecentesco.

Il sistema viario esterno all'abitato viene poi completato nel secondo decennio del secolo con la realizzazione di un tratto stradale verso San Ponso che permette di raggiungere la stazione ferroviaria comune ai due paesi.

Durante gli anni '20 si collocano lungo la strada per Valperga e la via della stazione i primi opifici per la lavorazione metallurgica, nati dalla conversione di vecchie segherie, che segnano l'inizio del processo di industrializzazione dell'area salassese.

In tal senso va ricordato che già alla fine dell'800 esisteva presso la frazione Valleri una manifattura tessile.

3.4) Il rilievo fotogrammetrico del 1978 ed i recenti Piani Regolatori

Durante il periodo del "boom" economico, Salassa è riuscita a limitare l'esplosione demografica che invece ha caratterizzato molti paesi vicini.

Il numero di abitanti secondo il censimento del 1981, era contenuto infatti a 1618 unità.

Tuttavia l'assenza di strumenti urbanistici adeguati non ha permesso il controllo dello sviluppo edilizio negli anni '60 e '70.

Il Comune di Salassa era sprovvisto di P.R. fino agli anni '80 ed i precedenti piani di fabbricazione che accompagnavano le norme igienico-edilizie sono risultati di scarsa efficacia.

Dal rilievo aerofotogrammetrico elaborato dalla Provincia nel 1978 (Vds. all. 8)

si può osservare come l'espansione urbanistica sia avvenuta lungo le maggiori vie di comunicazione secondo la logica della singola proprietà.

Il centro storico è stato deturpato con interventi indiscriminati di ristrutturazione edilizia.

Le aree industriali si sono spesso sviluppate a ridosso dell'abitato senza zone-filtro di separazione e vie specifiche per lo smistamento delle merci.

Un'altra pecca è costituita dallo squallido edificio per alloggi popolari collocato vicino alla stazione ma distante più di un km dal centro.

Il problema della viabilità che aveva congestionato il paese nonostante la realizzazione di due brevi tratti di circonvallazione (via Giacosa e via Gozzano), è stato risolto solo nel 1975 con la costruzione della nuova S.S. 460 esterna all'abitato.

I piani urbanistici approvati negli anni '80 (Vds. all. 9) hanno cercato di porre rimedio, seppur in ritardo, alla situazione di degrado edilizio, limitando da un lato le operazioni singole a favore di interventi coordinati con piani particolareggiati e piani di recupero, e dall'altro fornendo maggiori servizi di tipo collettivo che si sono poi concretizzati con la realizzazione di un'area sportiva e ricreativa a ridosso della strada statale.

Tuttavia la ripresa edilizia degli ultimi anni sta contribuendo solo in minima parte al miglioramento delle condizioni del centro storico del paese.

4 – PIAZZE

4.1) Piazza della Torre e della Parrocchia

Questa piazza costituisce ancor oggi, come nei secoli passati, il centro della vita pubblica del paese.

Infatti svolge tuttora una funzione religiosa, nel senso di luogo processionale e di riunione dei fedeli innanzi alla chiesa parrocchiale, e una funzione civile, nel senso di luogo su cui si affacciano le principali costruzioni pubbliche del paese, (il palazzo comunale, la torre del recetto e la ex casa del popolo), anche se il recente trasferimento della sede municipale nella piazza grande, in pratica, ha mitigato quest'ultimo ruolo.

Anche se non esistono notizie storiche precise è presumibile che già alla metà del XIII secolo, la piazza forse costituita da un'area, attraversata dalla bealera, che separava la zona del recetto posta a nord dal nucleo religioso e dalla villa vecchia a sud, mentre sui lati corti, era delimitata dalla via levata e dal mulino come risulta nella ricostruzione schematica dell'allegato 11.

E' molto probabile che solo dalla metà del XVI secolo (risalgono infatti al 1548 i primi ordinati comunali) la piazza sia diventata il luogo di riunione pubblica dove si convocava il Sindaco ed il Consiglio dei Capifamiglia per la discussione e l'approvazione dei verbali comunitari.

In precedenza il controllo dello spazio antistante la chiesa e la torre deve essere dipeso, esclusivamente dal potere feudale e religioso come viene dimostrato dall'acquisto da parte dei conti valperghesi delle decime e dei mulini del borgo nel 1251.

Dagli ordinati del 1672 si apprende che era una prassi consolidata l'elezione dei rappresentanti del popolo, all'inizio dell'anno, nella "pubblica piazza" alla presenza di tutti i salassesi avvertiti dal suono della campana.

Nello stesso anno, si cita un "Palazzo Comunale esistente appresso la chiesa parrocchiale", che potrebbe corrispondere, all'attuale sito municipale.

Con ogni probabilità risale a questo periodo la copertura definitiva della roggia per la necessità di uno spazio comune di riunione adeguato al numero degli abitanti del borgo.

Le principali trasformazioni edilizie della piazza avvengono però solo nella prima metà del XVIII secolo quando il paese affiancatosi nel 1704 dal conte Valperga di Masino, attraversava un periodo di pace e di prosperità economica.

I maggiori interventi accertati riguardano: la costruzione della Chiesa dei Disciplinati a chiusura del lato orientale della piazza (viene individuata in un documento del 1727 accanto ad un sito comune (Vds. par. 2.10.3); l'elevazione della torre nel 1725 (come è testimoniato dalla data impressa sul manufatto e dal rilievo eseguito dal D'Andrade nel 1879) (Vds. all. 19) che diventa una vera e propria torre campanaria; la realizzazione di un edificio con portici e loggie nel residuo tessuto medioevale a corte fiancheggiante la chiesa parrocchiale (simile al fabbricato posto più a sud del paese con meridiana del 1713 Vds. foto 13).

La mappa del 1741, tuttavia, definisce solo il contorno della parte occidentale della piazza relativo al palazzo comunale e al lotto della Chiesa di S. Giovanni Battista, il cui numero però non trova corrispondenza nel registro dei Particolari del 1742, come avviene invece per la piazza "grande" e la Chiesa del Boschetto.

Anche se non esiste un progetto unitario di trasformazione preordinato, è logico pensare che questa serie di interventi edilizi mirasse a rafforzare la funzione religiosa della piazza, tenuto conto che i reverendi pievani provenivano dalle più importanti famiglie di derivazione nobiliare che avevano accresciuto il loro potere con le nuove investiture concesse dai Savoia in questo periodo.

Ciò è confermato anche dal successivo, ampliamento della chiesa parrocchiale (Vds. all. 12), ideato nel 1768, che causa il restringimento dell'apertura del vicolo posto di fronte alla torre.

Durante l'800 la piazza mantiene la funzione politica (almeno fino all'unità d'Italia) e religiosa che aveva consolidato nel secolo precedente acquistando però un maggior decoro a seguito della sistemazione delle facciate delle Chiese e del palazzo comunale (Il BERTOLOTTI "Passeggiate ..." cit., p. 129) parla di costruzione recente della casa comunale, e della pavimentazione in pietra avvenute intorno alla metà del secolo.

Altri interventi ottocenteschi di completamento riguardano la modifica della parte basamentale della torre (Vds. all. 13) e la costruzione nel 1868 dell'asilo con l'adiacente cortile separato dalla piazza mediante un muro di recinzione con portale d'ingresso monumentale.

La costruzione, in epoca fascista della "casa del popolo", con la demolizione di alcune cellule edilizie del recetto poste fra la Torre e la chiesa della confraternita, ha accentuato la funzione pubblica della piazza che in quel periodo ha raggiunto la configurazione attuale se si escludono alcuni interventi molto discutibili di ristrutturazione del fabbricato privato collocato di fronte alla torre e di asfaltatura della pavimentazione ottocentesca, di luogo circondato quasi esclusivamente da edifici pubblici e religiosi, come si può riscontrare dalla planimetria catastale aggiornata al 1948.

4.2) La Piazza grande

Corrisponde alla particella n. 296 della mappa catastale del 1741, che viene identificata nella "Rubrica de Particolari Registranti di Salassa" del 1742 (conservata presso l'Archivio di Stato di Torino) come: "Piazza grande attigua al recinto del luogo ...".

Tale definizione congiuntamente alla sua posizione a ridosso del crocevia di strade che portavano verso Valperga e Rivarotta, potrebbe indicare che questa piazza fosse il luogo in cui avvenivano gli scambi di prodotti agricoli ed artigianali con le comunità limitrofe, nonché le manifestazioni di carattere popolare legate a queste attività commerciali, anche se logicamente non si può parlare di una vera e propria piazza del mercato di tipo cittadino.

A supporto di questa ipotesi sta anche il fatto che in quest'area al contrario delle altre piazze non si riscontra la presenza di Chiese o di edifici pubblici.

Ed inoltre il percorso della bealera tangente a nord la piazza, poteva essere adeguatamente sfruttato per operazioni di lavaggio e di abbeveraggio del bestiame di passaggio.

In ogni caso la piazza costituiva fin dal secolo XVIII un'area pubblica di rispetto dell'ingresso settentrionale del recetto.

Per quanto riguarda gli edifici che definiscono il lato sud della piazza non si hanno notizie documentarie fino alla seconda metà del XIX secolo quando si fondava (1868) la società di mutuo soccorso fra gli operai, né si possono trarre indizi rilevanti da una loro analisi diretta viste le trasformazioni edilizie che essi hanno subito nel corso dell'ultimo secolo.

Si può solo notare che tali edifici rispettano ancora oggi l'allineamento della mappa del 1741 dove l'angolo nord-est del recetto era già libero da fabbricati.

La costruzione dell'imponente scuola elementare negli anni '20 ha subordinato l'uso della piazza a questo edificio. La chiusura del lato orientale della piazza, che fino all'inizio del secolo era occupato da una folta vegetazione, è stata poi portata a termine recentemente con la realizzazione del nuovo municipio a ridosso dell'edificio scolastico.

4.3) La Piazza del Boschetto

Nella "Rubrica" del 1742 è definita al n. 1868 come "Piazza della Madonna del Boschetto", perché molto probabilmente, costituiva fin dalla costruzione della chiesa, avvenuta nel XVII secolo, il luogo esterno di celebrazione dei riti religiosi, in omaggio alla Vergine protettrice del paese.

La forma ad imbuto della piazza attuale ricalca quella disegnata nella mappa del 1741.

Secondo la tradizione orale pare che fosse stata nel secolo scorso, il primo luogo di inumazione dei morti fino alla creazione del cimitero nell'area del lazareto cinquecentesco (Vds. par. 2.10.1) vicino alla cappella di S. Rocco, ma tuttavia questa ipotesi non è avallata da nessun scritto.

La costruzione dalla strada provinciale proveniente da Rivarolo agli inizi del '900 modificò il carattere prettamente religioso della piazza conferendole anche una funzione di tipo rappresentativo in quanto spazio di ingresso del paese verso la capitale Torino.

Questo ruolo viene ulteriormente accentuato durante il ventennio fascista quando la piazza diventa un'area alberata per le manifestazioni celebrative civili e religiose ma anche il luogo dove si svolgono le operazioni agricole comuni come la mietitura del grano.

Attualmente il sito viene utilizzato normalmente come parcheggio in cui trovano posto anche il peso pubblico e un distributore di carburante, e solo saltuariamente riacquista quella connotazione di spazio commemorativo che aveva nel passato.

5 - RECETTO E CHIESE

Il recetto, le chiese e gli edifici di una certa rilevanza storico-architettonica sono indicati planimetricamente nell'allegato 11.

5.1) Il Recetto

(Vds. l'analisi del recetto salassese di M. VIGLINO DAVICO, "I ricetti difese collettive per gli uomini del contado nel Piemonte medioevale", Torino, 1978).

La definizione latina del termine RECEPTUM può essere considerata esaustiva al fine di descrivere le caratteristiche e l'uso di questo tipico organismo medioevale "locum fossalatum et munitum ... in quo persone et bona, salve et secure reduci receptari et manere valeant, maxime bellarum temporibus" (luogo munito e con fossato ... nel quale persone e beni possono trovare ricovero e rimanere salve e sicure, specialmente in tempo di guerra).

E' stata avanzata inoltre l'ipotesi di una possibile coincidenza di identità fra recetti e borghifranchi all'interno dei quali la popolazione incentivata a trasferirvisi per acquisire i diritti di cittadinanza, aveva il compito di difendere il borgo nascente.

Il nucleo difeso (recetto) di Salassa è situato nel quadrante a nord del borgo, in posizione elevata rispetto ai terreni esterni all'abitato.

E' conservato all'interno del nucleo stesso il toponimo di via Rocetti.

Su due lati risultava delimitato da "bealere", che permettevano di colmare di acqua il fossato perimetrale di difesa; il Recetto ha forma pressoché quadrata (circa 60/65 metri di lato cioè un 1/10 della maglia centuriata dell’"ager pubblicus" romano) e presenta un unico ingresso difeso da una Torre posto in uno dei 4 vertici.

La posizione atipica (è l'unico caso riscontrato) dell'ingresso fa presumere l'adattamento del nucleo di formazione ad una Torre preesistente.

L'impianto viario del Recetto è costituito da un unico anello interno con collegamento centrale, in modo da creare due file di cellule edilizie interne; quattro schiere di cellule edilizie sono poi addossate alle mura.

Non ci sono tracce della "via di lizza".

Uno slargo è posto a modo di invito al passaggio sotto la Torre.

La cortina muraria è pressoché inidentificabile, in parte distrutta ed in parte inglobata nei fabbricati.

E' possibile tuttavia individuare ancora dei tratti, in ciottoli lavorati "a spina di pesce".

Dentro al ricetto sorgono edifici medioevali, ed in particolare il cosiddetto "Torrazzo", probabile parte inferiore di una casatorre quadrata risalente all'XI secolo, raffigurato anche dal Clemente Rovere.

Poche cellule conservano tracce delle strutture edilizie medioevali perché massicci interventi di trasformazione ne avevano modificato i caratteri già nel XVI secolo.

A questi interventi vanno fatti risalire i fabbricati con belle logge lignee a rastrelliera su mensoloni sagomati.

5.2) La Torre del Recetto (Vds. Nota precedente).

Costituisce sicuramente uno dei monumenti di maggior pregio fra quelli individuabili all'interno del borgo, non solamente per il suo stato di conservazione ma anche per la singolarità che caratterizza la sua posizione, tipologia e tecnica costruttiva.

Da sempre viene considerato il simbolo del paese; nella mappa del 1741 la torre è l'unico edificio rappresentato mediante ribaltamento del prospetto nel grafico (come sostiene perlomeno la Viglino, secondo un tipo di rappresentazione non infrequente nelle mappe settecentesche; questo esprime la chiara volontà da parte del cartografo di evidenziare questo monumento, presumibilmente fin da allora considerato degno di particolare attenzione.

La torre cilindrica di Salassa costituisce un raro esempio di porta turrita di accesso al recetto.

La sua struttura risulta decisamente inconsueta: rotonda, ma su base rettangolare, ed è questa variazione di sagoma man mano che si sale una caratteristica difficilmente riscontrabile in altre costruzioni dello stesso tipo presenti nella zona.

Alcuni autori dubitano della pertinenza ai recetti di torri cilindriche sostenendo la loro appartenenza a sistemi di difesa più energici o comunque ad una fase fortificatoria precedente a quella dei recetti.

L'inconsueta nobiltà costruttiva che caratterizza la costruzione sembrerebbe infatti avvalorare l'ipotesi di appartenenza della Torre a sistemi di difesa di pertinenza signorile.

Particolarmente interessante risulta poi essere la posizione della Torre e dunque dell'ingresso che essa proteggeva in quanto che tale ingresso non si trova, come usuale nei recetti più conosciuti e come l'impostazione stessa del recinto e dei lotti interni farebbe presumere nel mezzo di uno dei lati bensì proprio nello spigolo a sud del complesso, in posizione asimmetrica, molto rara sia per i recetti che per qualsiasi altra costruzione difensiva.

La posizione atipica dell'ingresso (è l'unico caso riscontrato) fa presumere quindi l'adattamento del nucleo del paese in formazione ad una Torre preesistente avvalorando quindi l'ipotesi prima enunciata.

Tuttavia a meno che la Torre non appartenesse ad un antico "castrum" altomedievale, nei documenti consultabili a partire dal XVI secolo non viene menzionato l’esistenza di un centro fortificato definibile come castello.

La Torre ha forma cilindrica su base rettangolare ed ha il passaggio coperto da un voltone a botte.

L'altezza totale è di 25 metri circa; diminuisce di metri 2,50 se calcolata all'ultimo ripiano che corrispondeva alla zona dei merli identificabile all'esterno con la cornice superiore a dentelli.

A circa metà altezza si apre verso l'esterno un'unica finestra con cornice in cotto (databile al XIII secolo) per la guardia immediata alla saracinesca di chiusura.

La parte inferiore è costituita da pietrame legato con malta molto povera mentre la parte superiore, eseguita probabilmente in due tempi successivi è realizzata in muratura.

Tale parte superiore è stata probabilmente elevata nel 1725; ciò è testimoniato dalla data impressa sul manufatto e dal rilievo eseguito dal D'Andrade nel 1879.

L'ingresso unicamente carraio, è largo poco più di due metri e largo altrettanto all'imposta.

Veniva chiuso mediante un'anta a saracinesca che correva verticalmente in una scanalatura ricavata nel pietrame; il commando di ascesa e discesa era realizzato con corde che scorrevano in appositi fori ricavati in due pietre sistemate sotto l'arco interno dell'ingresso, vi era poi una seconda chiusura a due antoni, di cui sono ancora visibili gli appoggi del cardine sinistro: una pietra circolare forata superiormente ed un incavo nel mezzo del basamento.

E' possibile ancora individuare gli attacchi delle mura ad un'altezza di 6,3 metri circa (altezza inconsueta per una cortina muraria di un recetto che di solito non superava i 4,5 metri).

L'accesso alla Torre è oggi possibile attraverso una scala chiusa da una muratura e coperta da tetti a pantalera secondo il progetto del 1838.

5.3) Le Chiese

Le Chiese presenti nel territorio comunale sono sei: la Parrocchiale dedicata a S. Giovanni Battista, il Santuario della Madonna del Boschetto, la Confraternita dei Disciplinati e le tre Cappelle dedicate a S. Giuseppe, S. Pietro e S. Rocco.

La Chiesa Parrocchiale di Salassa è una Pievania o Pieve (Vds. par. 1.4).

Le prime notizie che ne provano l'esistenza risalgono al XIV secolo. (Vds. par. 1.6)

Il progetto del 1768 (Conservato presso l'Archivio di Stato di Torino, Tipi annessi alle patenti sec. XVIII, Tipo della Chiesa parrocchiale reg.to patenti foglio 9. Vds. all. 12), relativo alla costruzione di tre altari e del presbiterio, documentata la configurazione a tre navate della chiesa, di cui una centrale e due laterali.

L'altare principale (Altare Gianelli) in marmo nero intarsiato reca, la data di costruzione del 1764, mentre altri due altari, secondo il Bertolotti (M. BERTOLOTTI, "Passeggiate ...", cit., p. 130), erano stati fatti costruire nel 1667 e nel 1676.

Il pavimento del presbiterio è del 1849.

Alla prima metà del secolo XIX risale anche il rifacimento della facciata della chiesa di stampo neoclassico.

La ricostruzione dell'edificio, avvenuta a seguito del crollo della copertura del 1951, ha modificato irrimediabilmente la struttura interna e mutato l'aspetto esterno della costruzione. (Vds. foto 15)

La Chiesa della Confraternita dei Disciplinati, che viene citata per la prima volta nei documenti del 1727 (Vds. par. 2.10.3), deve essere stata ricostruita in parte od in toto verso la metà del XIX secolo come testimonia la data del 1852 riportata sull'altare.

A sud del paese sorge il Santuario dedicato alla Madonna del Boschetto; tale denominazione è dovuta al sito ed è legata ad un'apparizione della Vergine avvenuta nel '600 e testimoniata anche da alcuni atti redatti da un notaio di Cuorgnè.

La chiesa venne edificata su un pilone esistente fin dal 1500 (ora inglobato nell'altare), fu più volte rimaneggiata: ampliata nel '700, nel 1820 furono eretti il campanile e due altari.

7 - BIBLIOGRAFIA

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36) G. CHIAPETTO, Ricerche storico - giuridiche sulla comunità di Salassa, tesi di laurea, fac. di Giurisprudenza dell'Università di Torino, a.a. 1981-'82.

37) M. MASTROIANNI, Ricerche storico-giuridiche sulla Comunità di Valperga, tesi di laurea, fac. di Giurisprudenza dell'Università di Torino, a.a. 1981-'82.

38) A.M. NADA PATRONE, Il Medioevo in Piemonte, Torino, 1986.

ARCHIVI CONSULTATI

- Archivio di Stato di Torino, sez. I e sez. riun.

- Archivio Comunale di Salassa

- Archivio Arcivescovile di Torino.

8 – ALLEGATI

1) CARTA DEI SITI ARCHEOLOGICI

2) CARTA DEI TRACCIATI ANTICHI

3) SCHEMA PLANIMETRICO RICAVATO DALLA MAPPA DEL 1741

4) COPIA DELLA MAPPA DEL 1741

5) TAVOLA I.G.M. 1:25.000

6) INGRANDIMENTO TAVOLA I.G.M. 1:500

7) PLANIMETRIA CATASTALE 1:1.000

8) RILIEVO AEREOFOTOGRAMMETRICO 1:5.000

9) PLANIMETRIA AGGIORNATA AL 1986 1:2.000

10) PLANIMETRIA EDIFICI STORICI

11) SCHEMA PIAZZA DELLA TORRE NEL XIII SECOLO

12) PROGETTO DI AMPLIAMENTO DELLA CHIESA DEL 1768

13) PROGETTO BASAMENTO TORRE DEL 1838

14) SCHEMA RECETTO (VIGLINO DAVICO)

15) SCHEMA RECETTO (CAVALLARI MURAT)

16) TORRE (FOTO FERRO)

17) RILIEVO TORRE (VIGLINO DAVICO)

18) DISEGNO DEL RECETTO DI CLEMENTE ROVERE

19) DISEGNI E RILIEVI DEL D'ANDRADE

20) DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA E VECCHIE CARTOLINE