Inceneritori:

obiettivo zero

Greenpeace Italia

giugno 2002

Indice

Introduzione................................................................................................................ 1

Ma come è fatto un inceneritore?............................................................................... 3

Quali rifiuti alimentano gli inceneritori?................................................................... 3

Emissioni ..................................................................................................................... 4

Diossine e furani 5

Metalli pesanti....6

Materia particola6

Ceneri ................7

L’impatto ambientale e sanitario ............................................................................... 8

Perché Greenpeace è contraria all’incenerimento................................................... 12

Le richieste di Greenpeace ....................................................................................... 13

Glossario.................................................................................................................... 14

Bibliografia ............................................................................................................... 17

1

Introduzione

Negli ultimi trent’anni abbiamo assistito ad una crescente e smisurata produzione di

rifiuti indice di una società sempre più orientata verso i consumi. La gestione dei rifiuti è

diventata un problema ambientale tangibile ovunque, soprattutto nei paesi in via di sviluppo

spesso oggetto di importazioni illegali di rifiuti e di tecnologie produttive ad alto impatto

sanitario ed ambientale.

Molti governi europei, fra cui l’Italia, promuovono l’incenerimento come soluzione

all’emergenza rifiuti e incentivano, attraverso contributi economici e facilitazioni

amministrative (come le procedure semplificate), la costruzione di nuovi termodistruttori.

Sistemi alternativi più sostenibili e meno pericolosi per l’uomo e per l’ambiente continuano

ad essere ignorati.

Nel nostro paese sono già presenti ben 212 impianti di incenerimento, di cui 171 di

rifiuti speciali e la restante parte di rifiuti urbani1, un numero irrisorio se confrontato a quello

degli impianti previsti per i prossimi anni. Greenpeace ha condotto un’indagine conoscitiva

sugli impianti esistenti e su quelli previsti in Italia, rivolgendosi direttamente alle

amministrazioni pubbliche (Regioni e Province) e alle ARPA (agenzie regionali per la

protezione dell’ambiente). Nonostante la collaborazione degli enti pubblici sia stata parziale,

risulta evidente nei piani provinciali e regionali di gestione l’orientamento generale a ricorrere

alla combustione dei rifiuti.

Dalle informazioni raccolte emerge il seguente quadro non esaustivo:

· 25 nuovi impianti previsti

· 6 nuove autorizzazioni

· 3 interventi di ampliamento e ristrutturazione

· 7 impianti in fase di collaudo e attivazione

In sintesi nei prossimi anni almeno altri 41 impianti bruceranno rifiuti urbani e

speciali, senza tener conto degli inceneritori previsti nelle province da cui non abbiamo

ottenuto dati ufficiali. Il ricorso agli inceneritori rappresenta un disincentivo alla riduzione

della produzione di rifiuti e alla raccolta differenziata, nonché un’ennesima fonte di

inquinamento ambientale e sanitario.

Questa politica di gestione dei rifiuti contrasta le indicazioni della Comunità europea

che prevedono, invece, una serie di linee di intervento, recepite a livello nazionale dal decreto

Ronchi (1997)2, quali:

Ø prevenzione

Ø riutilizzo

Ø riciclo

Ø recupero di materia e poi di energia

1 Autori Vari, 2001 – "Rapporto rifiuti 2001" – ANPA, ONR.

2 Autori Vari, 2000 – "Codice dell’Ambiente".

2

Questo significa per i sistemi di gestione integrata l’attuazione di strategie di

prevenzione della produzione dei rifiuti che prevedano a valle riutilizzo, riciclo e recupero per

ridurre la domanda di materie prime ed infine, solo in ultima ratio, il recupero energetico.

In Italia, nel 1999, sono state prodotte 108 milioni di tonnellate di rifiuti di cui circa 50

di rifiuti speciali (esclusi i rifiuti inerti da costruzione) e la restante parte di rifiuti urbani, in

cui sono compresi anche quelli derivati dagli imballaggi dei beni di consumo.

In realtà il problema non è solo determinato dal volume dei rifiuti prodotto ma anche

dalla loro natura: la pericolosità del rifiuto dipende dall’attività industriale che lo ha generato,

ma anche dalla quantità e tipologia dei composti presenti. Per esempio, i fanghi di dragaggio

portuale sono considerati rifiuti pericolosi in virtù della presenza di sostanze tossiche

(benzeni, metalli pesanti ecc.), derivanti dal traffico portuale e dal dilavamento delle vernici.

Queste sostanze tossiche determinano problemi di natura igienico-sanitaria ed ambientale

soprattutto in fase di smaltimento dei fanghi di dragaggio.

Nella gestione integrata dei rifiuti lo smaltimento, cioè la fase conclusiva del ciclo dei

rifiuti, ha un valore marginale e, secondo la legge, è ammissibile solo per i rifiuti inerti

(derivanti da attività di demolizione), i rifiuti trattati (residuali di operazioni di riciclo,

riutilizzo e smaltimento) ed altri individuati da apposite norme tecniche non ancora emanate.

Lo smaltimento finale avviene attraverso il conferimento in discariche controllate o la

termocombustione per mezzo di inceneritori (con e senza recupero energetico).

Le problematiche ambientali connesse al conferimento in discarica sono dovute ad

immissione nell’atmosfera di gas, quali soprattutto metano, ed inquinanti nel suolo e

sottosuolo sotto forma di percolato. Questi fenomeni potrebbero, però, essere evitati se

venissero predisposti idonei sistemi di captazione degli inquinanti (biogas e percolato),

nonché realizzate misure di impermeabilizzazione del fondo di quelle che verrebbero, a

ragione, definite "discariche controllate".

Gli inceneritori, o termodistruttori, sono impianti di smaltimento che bruciano i rifiuti

allo scopo di ottenerne una riduzione in peso e in volume. In realtà la fisica insegna che la

materia non può essere né creata né distrutta e durante la combustione essa semplicemente si

modifica.

I termodistruttori non distruggono i rifiuti ma li trasformano in ceneri, scorie ed

emissioni tossiche. Oltre a non risolvere il problema delle discariche, perché le ceneri

dovranno essere a loro volta smaltite in discariche per rifiuti speciali, gli inceneritori non

fanno fronte nemmeno all’emergenza rifiuti (in quanto la costruzione di un impianto richiede

anni di lavoro) e, soprattutto, vanno contro ogni forma di prevenzione dei rifiuti.

A completare il controverso quadro intorno a questi impianti va senza dubbio

sottolineato l’impatto di questa tecnologia sulla salute pubblica: i risultati delle recenti

indagini, riportati in sintesi nel presente rapporto, lo dimostrano con chiarezza.

3

Ma come è fatto un inceneritore?

Ogni impianto di termodistruzione prevede l’esistenza di sezioni ausiliarie sia a monte

che a valle del combustore (o forno); in genere è possibile distinguere 5 parti principali:

1. Sezione di accumulo e stoccaggio, in cui i rifiuti vengono accumulati prima della

combustione.

2. Sezione di combustione, costituita da una camera di ossidazione (forno) realizzata in

forme e tecnologie differenti a seconda della tipologia del rifiuto (contenuto energetico,

caratteristiche chimico-fisiche ecc.):

§ "Combustori a griglia" (fissa o mobile) per rifiuti urbani tal quali o materiale non

omogeneo, con potere calorifico non troppo elevato; questa tecnologia è obsoleta ma ha

bassi costi di manutenzione.

§ "Combustori a letto fluido" per frazioni di rifiuti ad alto potere calorifico, come il

cdr (combustibile derivato dai rifiuti) o i fanghi di depurazione dei reflui civili.

§ "Forni a tamburo rotante" per varie tipologie di rifiuti (solidi, liquidi, fanghi e

rifiuti ospedalieri), in particolare per quelli industriali. Ha maggiori costi di

investimento e un basso rendimento di combustione.

3. Sezione di post-combustione (camera secondaria di combustione), la cui introduzione è

avvenuta in Italia nel 1984 al fine di completare la combustione dei rifiuti ed abbattere il

cloro, che porta alla formazione dei composti clorurati (come diossine e furani). In realtà si

possono verificare degli inconvenienti tecnici per i quali si facilita la formazione di questi

composti: le particelle dei fumi che incrostano le pareti possono funzionare da catalizzatori

nella formazione di questi composti.

4. Sezione di raffreddamento fumi, che nei vecchi impianti avveniva senza recupero di

energia, oggi dovrebbe essere obbligatorio.

5. Sezione di trattamento fumi a sua volta suddivisa in tre parti:

§ depolverizzazione, per la rimozione delle polveri effettuata mediante filtri;

§ abbattimento dei gas acidi (acido cloridrico, fluoridrico, ossidi di zolfo);

§ rimozione degli ossidi di azoto effettuata in caldaia mediante un sistema catalitico

o attraverso iniezione di alcuni composti (ammoniaca o urea).

Quali rifiuti alimentano gli inceneritori?

Il combustibile degli impianti d’incenerimento sono i rifiuti ma non tutti possono

essere inceneriti, ad esempio metalli e vetro si ritrovano all’uscita degli impianti e alcune

frazioni, come per esempio quella organica (derivante in parte dagli scarti alimentari), hanno

un basso potere calorifico che incide negativamente sull’efficienza di combustione.

4

Al contrario alcuni materiali, in primis la plastica e poi il legno e la carta, hanno un

elevato potere calorico, ragione per cui queste frazioni merceologiche, separate dalla raccolta

differenziata, molto spesso vengono indirizzate all’incenerimento e non al recupero di

materia.

Di seguito sono elencate le tre tipologie di rifiuto che possono essere sottoposte al

trattamento termico3:

Ø Rifiuto urbano tal quale (RU o RU t.q.) – rifiuto indifferenziato, così come raccolto e

comprendente anche quella frazione che rimane a valle di operazioni di raccolta differenziata.

Previa separazione di materiali ingombranti ed eventualmente di metalli può alimentare un

impianto di incenerimento soggetto ad autorizzazione da parte della Regione.

Ø Frazione secca (o secco) – frazione combustibile derivante da vagliatura meccanica del

rifiuto urbano indifferenziato o proveniente da raccolta separata (rimozione degli ingombranti

e dei metalli) che può alimentare un impianto di incenerimento soggetto ad autorizzazione da

parte della Regione. Rispetto ai RU t.q. presenta un maggiore potere calorifico e

caratteristiche di umidità e contenuto di inerti più costanti.

Ø CDR (combustibile derivato da rifiuti) – deriva da un processo di raffinazione della

frazione secca attraverso una serie di trattamenti quali triturazione, essiccamento,

addensamento, eventuale miscelazione con rifiuti ad alto potere calorifico (plastiche, gomme,

legno). Il cdr è caratterizzato da specifici requisiti quali il contenuto di umidità, ceneri, cloro,

metalli ecc. ed è utilizzabile in impianti d’incenerimento ed in centrali termoelettriche e

cementifici (in quest’ultimo caso in co-combustione con combustibili fossili).

Il cdr rappresenta un disincentivo per il recupero di materia dopo la raccolta differenziata ed

inoltre potrebbe essere un ottimo escamotage per la malavita organizzata. Ciò è dovuto al

fatto che la costruzione e l’esercizio di un impianto di cdr richiede un iter amministrativo

molto snello. E’ necessario, infatti, comunicare solo l’inizio dell’attività alla Provincia

competente (secondo le procedure semplificate previste dal decreto Ronchi), applicando il

principio del silenzio assenso.

Emissioni

Tutti i tipi di inceneritori bruciano i rifiuti immessi ma rilasciano numerosi composti

inquinanti nell’ambiente, sia sotto forma solida che gassosa. La formazione di queste

sostanze, di cui molte sono ancora oggi sconosciute, dipende da una serie di fattori quali: la

tipologia del rifiuto trattato (composizione chimica), le condizioni di combustione e quelle

operative di funzionamento dei sistemi di abbattimento degli inquinanti.

Gli inquinanti emessi sotto forma di gas dal camino dell’inceneritore si dividono in

microinquinanti e macroinquinanti perché presenti in differenti concentrazioni

3 De Stefanis P., 1998 – "La valorizzazione energetica in impianti dedicati" – Enea.

5

(rispettivamente ug o ng/ m3 e mg/m3). Tra i microinquinanti si trovano composti organici del

cloro, come PCB (policlorobifenili), diossine, furani, policloronaftalene e clorobenzene, IPA

(idrocarburi policiclici aromatici), VOC (composti organici volatili) e metalli pesanti

(piombo, cadmio, mercurio ecc.).

Polveri, acido cloridrico, ossidi di azoto, ossidi di zolfo e ossidi di carbonio sono

invece i macroinquinanti emessi da un inceneritore.

Le sostanze emesse in forma solida si distinguono in ceneri di fondo (che si depositano

alla base della caldaia durante il processo di combustione) e ceneri volanti (perché non

trattenute dai sistemi di filtraggio aereo).

Molti dei microinquinanti sono noti per essere persistenti, cioè resistenti ai processi di

degradazione naturale, bioaccumulabili perché si accumulano nei tessuti degli animali viventi

trasferendosi da un organismo all’altro lungo la catena alimentare e tossici, in quanto sono

sostanze che possono comportare rischi per la salute dell’organismo con cui entrano in

contatto, fino a provocarne la morte.

In questo rapporto verranno presi in considerazione i composti che sono stati più a

lungo studiati e che hanno il maggior impatto dal punto di vista sanitario e ambientale.

Diossine e furani

Il termine generico "diossine" si riferisce ad una famiglia di composti organici del

cloro che comprende 75 tipi di diossine e 135 di furani, di cui 17 suscitano forti

preoccupazioni tossicologiche. L’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro ha

classificato la diossina, denominata TCDD, come riconosciuto cancerogeno per l’uomo; altre

organizzazioni autorevoli, come l’SFC (comitato scientifico dell’alimentazione umana) e

l’OMS (organizzazione mondiale della sanità), hanno concluso che l’effetto cancerogeno

delle diossine si realizza solo dopo una certa soglia, mentre altre implicazioni, come effetti sul

sistema immunitario, neurocomportamentale e l’endometriosi si possono manifestare anche a

livelli notevolmente inferiori alla soglia individuata.

Nel corso del XX secolo sono state identificate diverse fonti di emissione di diossine,

tutte accomunate dalla presenza di cloro (sia essa volontaria o accidentale) durante i processi

di lavorazione. Tra i diversi procedimenti ricordiamo la sintesi e lo smaltimento dei pesticidi,

lo sbiancamento della polpa di legno, i processi metallurgici e, a partire dalla fine del secolo

scorso, l’incenerimento, in particolare quello di rifiuti urbani. Questa tecnologia è considerata

oggi come la fonte principale di emissione delle diossine.

Le diossine sono ampiamente diffuse in tutto il globo e la ricerca ha dimostrato la loro

presenza nel sangue umano e nel latte materno, sollevando notevoli interrogativi sugli effetti

che avranno a medio-lungo termine sulla salute pubblica.

Nonostante il progresso dei sistemi di controllo e di abbattimento dell’inquinamento

atmosferico abbia determinato una parziale riduzione delle diossine emesse dai camini degli

inceneritori, la parte dei composti che non finisce in aria si ritrova comunque nelle ceneri di

6

fondo e quindi causa un impatto, in fase di smaltimento, sul suolo e sulle falde acquifere

anziché in atmosfera.

In Italia le emissioni atmosferiche di un inceneritore ricadono all’interno delle

disposizioni del D.M. 503/97 che prevede un monitoraggio continuo per alcuni inquinanti

quali polveri, acido cloridrico, ossigeno, ossidi di carbonio, zolfo e azoto; mentre per quanto

riguarda gli altri contaminanti (diossine e furani, metalli pesanti, PCB) la frequenza delle

misurazioni, seppur stabilita da leggi regionali, non deve superare quella annuale.

Ciò determina una carenza di informazioni proprio sui composti a maggior rischio

tossicologico, sui quali non viene effettuato un monitoraggio continuo durante le normali

condizioni operative, ma vengono usate misure puntuali che potrebbero essere inaccurate e

sotto stimare le reali emissioni di diossine nell’aria.

Metalli pesanti

Attraverso l’incenerimento i metalli pesanti (piombo, cadmio, mercurio, arsenico

ecc.), presenti negli originali rifiuti solidi, sono emessi sotto forma di gas, in associazione a

particelle aeree minuscole, di ceneri e di altri residui solidi.

Molti metalli sono tossici e persistenti nell’ambiente e provocano notevoli impatti

negativi sulla salute dell’uomo. Per esempio il cadmio è un noto cancerogeno e provoca effetti

respiratori acuti (polmonite) o cronici, mentre il mercurio è dannoso al sistema nervoso

(quando è presente sotto forma di vapore) mentre i suoi composti inorganici hanno proprietà

tossiche anche a basse concentrazioni.

Ad eccezione del mercurio, i livelli dei metalli rilasciati nei gas sono decresciuti

nell’ultimo decennio grazie al miglioramento delle tecnologie di abbattimento

dell’inquinamento aereo. Ma, come per le diossine, la riduzione delle emissioni in atmosfera

di metalli determina un corrispondente aumento dei loro livelli nelle ceneri e nelle scorie, il

cui impatto sull’ambiente sarà registrato solo al momento della loro deposizione in discarica.

Materia particolata

Tutti gli inceneritori emettono particolato in atmosfera (di cui la maggior parte ha

dimensioni microscopiche) e contribuiscono quindi all’inquinamento aereo dovuto alle

particelle solide sospese, che rappresenta un serio rischio per la salute dell’uomo.

Gli attuali sistemi di controllo dell’inquinamento aereo possono prevenire

l’immissione di solo il 5-30% di particelle in atmosfera (aventi dimensioni inferiori ai 2,5 um)

ma non possono prevenire la dispersione della maggior parte delle particelle, dette "ultrafini",

perché di dimensioni così piccole (inferiori a 0,1 um) da oltrepassare le maglie dei filtri.

Questa è la ragione per cui le particelle ultrafini possono raggiungere le regioni più

profonde dei polmoni e determinare un notevole impatto sul sistema respiratorio. Recenti

evidenze sperimentali indicano come le particelle emesse dagli inceneritori, a causa della

7

presenza di metalli sulla loro superficie, determinino un inquinamento atmosferico più

dannoso di quello dovuto alle centrali termiche a carbone suscitando perciò grande

preoccupazione per la salute umana.

Ceneri

Come accennato nell’introduzione, gli inceneritori producono rifiuti solidi, sotto forma

di ceneri e scorie, in quantità pari a circa un terzo del peso del rifiuto immesso. Si distinguono

due tipologie di ceneri: quelle volanti (3-5%), che sfuggono ai sistemi di filtraggio aereo e le

ceneri di fondo (circa 30%), che si depositano alla base delle caldaie e che dovranno quindi

essere smaltite, come rifiuti tossici, in discariche controllate. Tra i rifiuti a valle di un

impianto di incenerimento, oltre ceneri e scorie, bisogna annoverare la presenza di materiale

non combusto; non di rado, infatti, accade che le condizioni operative della camera di

combustione o di post combustione non siano idonee a garantire un completo trattamento dei

rifiuti in entrata.

La tossicità delle ceneri è legata sia alla presenza di diossine e metalli sia alla loro

facilità di dispersione che provoca problemi di trasporto e di smaltimento finale in discarica.

Una volta conferite in discariche speciali per rifiuti tossici, le ceneri rappresentano una

potenziale fonte di contaminazione del sottosuolo e delle acque di falda. In alcuni casi, infatti,

è stata accertata la contaminazione delle acque ad opera di metalli, come piombo e cadmio,

rilasciati dalle ceneri4.

Nel tentativo di ridurre questo fenomeno di rilascio, definito lisciviazione , le ceneri

sono talvolta stabilizzate in cemento prima della deposizione in discarica. Sebbene questo

metodo riduca il rilascio immediato delle sostanze tossiche, le condizioni atmosferiche e

l’erosione potrebbero comunque causare in tempi più lunghi la dispersione di questi elementi

e composti nell’ambiente.

Alcuni paesi europei stanno sperimentando l’utilizzo delle ceneri per manufatti

impiegati in opere di costruzione (strade e viali), una pratica che riduce sicuramente i costi

legati al loro smaltimento. Il problema è legato alla sicurezza di questi manufatti che, a

seguito di eventi esterni non prevedibili (terremoti, subsidenza), potrebbero rilasciare i

composti tossici e determinare quindi pericolo per l’ambiente e per l’uomo.

Negli ultimi anni ‘90 nel Newcastle (GB) sono state utilizzate ceneri provenienti da un

moderno inceneritore come fertilizzanti: nei lotti di terreno fertilizzati sono stati trovati alti

livelli di diossine e metalli pesanti4. E’ facile ipotizzare un loro passaggio nei tessuti dei

vegetali e quindi nella catena alimentare.

Nonostante la tossicità delle ceneri la Comunità europea non prevede limiti di

concentrazione di composti organici e di metalli in questi rifitui e nemmeno ne scoraggia

l’utilizzo.

4 Allsopp M., Costner P., Johnston P., 2001 – "Incineration and human health" - Greenpeace Research

Laboratories.

8

L’impatto ambientale e sanitario

Come accennato in precedenza le emissioni degli inceneritori, sia sotto forma solida

che gassosa, sottopongono l’ambiente e la popolazione ad una ulteriore esposizione ai

composti inquinanti, il cui reale impatto potrà essere documentato solo fra decine di anni.

Le poche indagini inerenti l’impatto ambientale hanno mostrato la presenza di livelli

elevati di metalli e di diossine nel suolo e nella vegetazione limitrofa agli inceneritori, nonché

la contaminazione causata a prodotti alimentari come il latte di mucca e le uova4.

Nonostante l’entità dell’impatto sanitario delle sostanze tossiche dipenda da molti

fattori fra cui la concentrazione nell’ambiente, il grado di tossicità e la durata

dell’esposizione, esso può essere ricondotto a due tipologie principali:

§ Occupazionale, legata all’ambiente di lavoro (vedi tabella 1)

§ Non occupazionale, a sua volta distinta in accidentale o ambientale.

La prima si riferisce all’impatto che una sostanza (elemento o composto) può avere sui

lavoratori impiegati in un processo produttivo; la seconda invece si distingue in una

esposizione accidentale legata ad un evento fortuito, non prevedibile (esplosioni, incendi ecc.)

o ad un’esposizione ambientale riferita ad una continuata emissione industriale di composti

inquinanti in aria, nel suolo e nelle acque.

Le popolazioni residenti in zone limitrofe agli inceneritori (vedi tabella 2) sono

fortemente esposte per inalazione e contatto dermico agli inquinanti immessi in atmosfera. La

maggior parte di questi entra inevitabilmente nella catena alimentare.

L’immissione nell’aria di particelle fini insieme ad ossidi di zolfo e azoto (SO2 e NO2)

determinano un notevole impatto sul sistema respiratorio, in quanto hanno la capacità di

raggiungere le regioni più profonde dei polmoni. Oltre a disturbi respiratori di piccola entità

come bronchiti e tosse è stata accertata la maggiore probabilità di incidenza di tumori ai

polmoni sia per i residenti in aree prossime ad inceneritori che per i lavoratori impiegati in tali

impianti.

In queste fasce di popolazione risulta più frequente l’insorgenza di forme tumorali che

investono diversi apparati oltre quello respiratorio, quali il sistema gastrico, i tessuti molli

(sarcoma) e le vie linfatiche (linfoma non-Hodgkin). I lavoratori impiegati negli inceneritori

sono, inoltre, soggetti ad altre patologie come malattie del cuore, alterazioni del sistema

immunitario ed è stato trovato un eccesso di lipidi nel sangue e di proteine e tioeteri nelle

urine; i tioeteri sono markers biologici ovvero indicatori dell’esposizione tossica a composti

come gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici).

I risultati emersi negli ultimi anni suscitano preoccupazione in merito all’impatto

dell’incenerimento sulla salute pubblica soprattutto in considerazione del fatto che il numero

delle indagini sperimentali è ancora oggi limitato e non abbraccia tutti gli inquinanti emessi

da un inceneritore, in quanto non è ancora nota la composizione di molte sostanze.

9

Tab. 1 - Lavoratori impiegati negli impianti di incenerimento

Impatti sulla salute Commenti

Marcatori biologici dell’esposizione:

Elevati mutageni nelle urine

Le emissioni e le ceneri degli

inceneritori sono mutageniche, hanno

cioè la proprietà di danneggiare il DNA.

I lavoratori sono così esposti a questi

composti e lo dimostrano gli elevati

livelli di mutageni nelle urine (studio

del 1990/1992)

Elevati livelli di idrossipirene nelle urine L’idrossipirene è un indicatore

dell’esposizione agli IPA; i risultati

rilevano elevate esposizioni a questi

composti (studio del 1992)

Aumentata quantità di tioeteri nelle urine I tioeteri sono indicatori

dell’esposizione a composti, come gli

IPA (studio del 1981)

Cancro:

Aumentata probabilità di cancro ai polmoni Lavoratori di un inceneritore di rifiuti

urbani in Svezia, 1920-1985 (studio del

1989)

Aumentata probabilità di cancro all’esofago Lavoratori di un inceneritore di rifiuti

urbani in Svezia, 1920-1985 (studio del

1989)

Aumentata probabilità di cancro all’apparato

gastrico

Lavoratori di un inceneritore di rifiuti

urbani in Italia, 1962-1992 (studio del

1997)

Altri impatti:

Aumentata mortalità per ischemia cardiaca Lavoratori di un inceneritore di rifiuti

urbani in Svezia, 1920-1985; i risultati

sono stati significativi nei lavoratori con

più di 40 anni di attività (studio del

1989)

Eccesso di lipidi nel sangue; alterazione sul

sistema immunitario; alterazione del rapporto

dei sessi nella prole; decremento nella

funzionalità del fegato; aumento delle allergie

Lavoratori impiegati in un inceneritore

in Giappone, 1988-1997. Sono stati

significativi l’eccesso di iperlipidemia e

cambiamenti nelle cellule del sistema

immunitario, mentre deve essere

confermata la correlazione tra allergie

ed esposizione alle diossine (studio del

2000)

Eccesso di proteine nelle urine e ipertensione;

anormale chimica del sangue

Lavoratori impiegati in un inceneritore

di rifiuti urbani negli Stati Uniti (studio

del 1992)

Cloroacne, eruzione cutanea dovuta alla

esposizione di diossina

Cloroacne è stata trovata in un

lavoratore di un vecchio inceneritore in

Giappone, con alti livelli di diossine

(studio del 1992)

(da Allsopp M. et al. 2001).

10

Tab. 2 - Residenti in aree limitrofe ad inceneritori

Impatti sulla salute Commenti

Marcatori biologici dell’esposizione

Elevati livelli di tioeteri nelle urine dei bambini Alti livelli di tioeteri nelle urine sono

stati trovati in bambini residenti vicino

ad un moderno inceneritore in Spagna

(studio del 1999)

Cancro

Aumento del 44% del sarcoma nei tessuti molli

e del 27% del linfoma non-Hodgkin

Questi tumori sono stati documentati in

soggetti residenti vicino ad un

inceneritore in Francia. La causa è con

probabilità legata alla esposizione alle

diossine, ma sono necessarie ulteriori

indagini (studio del 2000)

Aumento probabilità di cancro ai polmoni Aumenti significativi sono stati

documentati in residenti vicino ad un

inceneritore di rifiuti urbani in Italia

(studio del 1996)

Aumento probabilità di cancro alla laringe Documentato solo nei pressi di un

inceneritore di rifiuti pericolosi

(solventi) in Inghilterra (1990). In Italia

l’aumento di mortalità dovuto a questo

tipo di cancro è stato riscontrato in

residenti vicino ad un inceneritore di

rifiuti, ad una discarica e ad una

raffineria

Aumento probabilità di cancro al fegato Gli studi sono stati condotti su 14

milioni di persone residenti tra 7.5 e 70

Km di distanza da un inceneritore di

rifiuti urbani in Inghilterra: l’incidenza

tumorale è aumentata dal 20 al 30%

(studi del 1998 e 2000)

Impatti sull’apparato respiratorio

Percentuale aumentata dell’impiego di medicine

per problemi respiratori

In un villaggio in Francia è stato

documentato un aumento dell’uso di

medicine ma la relazione causa-effetto

non può essere attribuita univocamente

(studio del 1984)

Aumento di 9 volte di sintomi respiratori come

tosse e affanno

Studio effettuato su residenti vicino ad

un inceneritore di rifiuti pericolosi

(studio del 1993)

Impatti avversi sulla funzione polmonare nei

bambini

Studio condotto a Taiwan che indica

una correlazione tra l’inquinamento

atmosferico, non solo dovuto agli

inceneritori, e la funzionalità polmonare

nei bambini (studio del 1992)

Sintomi respiratori aumentati, compresi tosse e

bronchiti

Uno studio su 58 individui residenti

vicino ad un cementificio che brucia

rifiuti pericolosi in Stati Uniti (studio

del 1998)

11

Rapporto dei sessi

Aumento nelle nascite di individui di sesso

femminile

Studio condotto su popolazione

residente vicino a due inceneritori in

Scozia. Altre indagine effettuate sulla

popolazione di Seveso hanno rilevato

una connessione con l’esposizione a

diossine (studi del 1995 e 1999)

Anomalie congenite

Aumento della incidenza di spina bifida

(deiescenza del canale midollare dovuta a

mancata saldatura dell’arco posteriore della

vertebra) e di ipospadia (malformazione delle

vie urinarie dell’uomo)

L’aumento di questi difetti genetici è

stato osservato in individui residenti in

un’area posta vicino ad un inceneritore

fra il 1960 e il 1969. La correlazione

deve essere confermata

Aumento della probabilità di malformazioni

congenite nei neonati

Indagine condotta su popolazione

residente vicino a due inceneritori di

rifiuti urbani in Belgio (studio del 1998)

Aumento di malformazioni congenite agli occhi Studio sull’impatto di due inceneritori

di rifiuti pericolosi in Scozia

Gravidanze multiple

Possibile aumento nei tassi di gravidanze

gemellari e/o multiple

Un aumento nei parti gemellari è stato

evidente nel 1980 in una popolazione

residente vicino ad un inceneritore in

Scozia. La probabilità di gravidanze

multiple è stata osservata anche in

Belgio (studio del 2000)

Altri impatti

Livelli più bassi dell’ormone tiroideo nei

bambini

Bambini residenti vicino ad un

inceneritore in Germania hanno

mostrato questo fenomeno (studio del

1998)

Aumento di allergie, incidenza del comune

raffreddore e di generali malesseri. Aumento

della richiesta di intervento medico nelle scuole

Studio condotto in una scuola inferiore

su bambini che vivono nelle vicinanze

di due inceneritori di rifiuti urbani in

Belgio (studio del 1998)

(da Allsopp M. et al. 2001).

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Perché Greenpeace è contraria all’incenerimento

Come già accennato nel paragrafo introduttivo del rapporto, Greenpeace è

contraria ad ogni forma d’incenerimento, indipendentemente dalla tipologia di rifiuto

incenerito e dalla capacità dell’impianto. Esistono diverse ragioni che giustificano

questa posizione, gli inceneritori infatti:

§ Pongono un rischio ambientale – Le sostanze contaminanti emesse da un

inceneritore per via diretta o indiretta inquinano l’aria, il suolo e le falde acquifere.

Nonostante i moderni sistemi di abbattimento degli inquinanti riescano a limitare

ma non abbattere completamente le dispersioni atmosferiche, molto spesso gli

stessi inquinanti si ritrovano rilasciati in forma solida. Inoltre la natura della

maggior parte degli inquinanti emessi è tale da porre problemi anche a bassa

concentrazione e la loro caratteristica di resistenza alla degradazione naturale ne

determina un progressivo accumulo nell’ambiente.

§ Pongono un rischio sanitario – Molti degli inquinanti emessi come le diossine e i

furani sono composti cancerogeni e altamente tossici. L’esposizione al cadmio può

provocare patologie polmonari ed indurre tumori all’apparato urinario e ai

polmoni. Il mercurio è dannoso al sistema nervoso centrale ed è riconosciuto come

possibile cancerogeno.

§ Non eliminano il problema delle discariche – Nonostante la diminuzione di volume

dei rifiuti prodotti, il destino delle ceneri e di altri rifiuti tossici prodotti da un

inceneritore è comunque lo smaltimento in discarica per rifiuti speciali, più costose

e pericolose.

§ Non risolvono le emergenze – La costruzione di un impianto di incenerimento

richiede diversi anni di lavoro (almeno 4-6 anni) e pertanto non può essere

considerato una soluzione all’emergenza rifiuti.

§ Richiedono ingenti investimenti economici – Sono impianti altamente costosi

(almeno 60 milioni di euro) e a bassa efficienza che necessitano di un apporto di

rifiuti continuo, in netta opposizione ad ogni intervento di prevenzione della loro

produzione.

§ Disincentivano la raccolta differenziata – Questo sistema di raccolta in Italia si

aggira intorno al 13 %, una percentuale irrisoria la cui crescita sarà fortemente

penalizzata se la gestione dei rifiuti prenderà la via della combustione.

§ Non creano occupazione – La costruzione e l’esercizio di un impianto determina

un livello occupazionale inferiore al personale impiegato nelle industrie del

riciclaggio dei materiali pubbliche e private che potrebbe offrire dai 200.000 ai

400.000 posti di lavoro nell’Unione europea5.

5 JL Vernon and C George – "Employment effects of waste management policies", UK. In proceeding da

International Waste Management Conference, Torino 8-9 aprile 2002.

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§ Non garantiscono un alto recupero energetico – Il risparmio di energia che si

ottiene dal riciclare più volte un materiale o un bene di consumo è molto superiore

all’energia prodotta dalla combustione dei rifiuti. La plastica, che rappresenta circa

l’11% in peso dei rifiuti urbani, è l’unica frazione merceologica la cui combustione

è più vantaggiosa del riciclaggio: ciò è dovuto al suo elevato potere calorifico

(ottimo per il processo di incenerimento) e allo scarso valore commerciale della

plastica riciclata (un materiale plastico riciclato, infatti, può essere utilizzato una

sola volta ed esclusivamente in applicazioni minori, come arredo urbano, fibre

tessili e materiali per l’edilizia).

Le richieste di Greenpeace

A Maggio 2001 oltre 90 Paesi hanno adottato la Convenzione di Stoccolma relativa

alla graduale eliminazione degli inquinanti organici persistenti (POP), un gruppo di composti

chimici considerati fra i più tossici e persistenti, tra cui le diossine.

L’incenerimento dei rifiuti deve essere considerato una delle principali fonti di

emissione delle diossine e pertanto è necessario un bando totale di questa pratica di

smaltimento dei rifiuti.

Il rispetto del "Principio Precauzionale", in base al quale si devono prevenire le

emissioni di sostanze contaminanti anche in assenza di prove definitive sulla probabilità del

danno, dimostra che è necessaria una revisione radicale del sistema di gestione dei rifiuti a

favore di misure e tecnologie alternative all’incenerimento.

Greenpeace ritiene che la gestione dei rifiuti dovrebbe essere orientata verso obiettivi

progressivi di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio, quali:

1. Eliminazione progressiva di tutte le forme di incenerimento industriale entro il 2020,

incluso l’incenerimento dei rifiuti urbani.

2. Misure normative ed economiche per promuovere il riutilizzo degli imballaggi

(bottiglie e contenitori) e dei prodotti (computer, componenti elettronici).

3. Incentivi finanziari (tassa per la discarica) usati per sostenere il sistema di raccolta

differenziata e di riciclaggio.

4. Incentivi al comparto del riciclaggio attraverso provvedimenti che stabiliscano

quantità specifiche di materiali riciclati negli imballaggi e nei prodotti.

5. Materiali che non possono essere riciclati o compostati con sicurezza alla fine del loro

ciclo di vita (come le plastiche) devono essere progressivamente eliminati e sostituiti

con materiali ambientalmente sostenibili.

6. Materiali e prodotti che aumentano la produzione di sostanze pericolose negli

inceneritori non dovrebbero entrare nel flusso dei rifiuti. Tali prodotti includono

materiale elettronico, metalli e prodotti come il PVC.

7. Sviluppo di tecnologie e sistemi di produzione che siano più efficienti in termini di

impiego di materie prime, energia e di riduzione dei rifiuti prodotti.

8. Attuazione del Principio Precauzionale.

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Glossario

Autorizzazione = procedura necessaria all’approvazione del progetto e all’esercizio degli

impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti che necessita dell’autorizzazione della

Regione.

Benzeni = gruppo di composti organici (contenenti carbonio, idrogeno) di cui il benzene ne

rappresenta il "capostipite". Il benzene è usato come solvente, in miscele carburanti e

nell’industria degli esplosivi.

Biogas = gas che si origina dalla fermentazione anaerobica (in assenza di ossigeno) della

materia organica, compresa quella presente nei rifiuti urbani; il biogas è costituito in

prevalenza di metano e anidride carbonica con tracce di azoto e vapore acqueo.

Catena alimentare (o catena trofica) = è una rappresentazione astratta che indica il

trasferimento di energia alimentare che parte dalle piante (organismi produttori) e attraversa

una serie di organismi che mangiano e vengono mangiati.

CDR (combustibile derivato dai rifiuti) = è rappresentato in prevalenza dalla frazione secca

combustibile dei rifiuti (soprattutto plastica), che rimane una volta rimossa la materia organica

come gli scarti alimentari; il cdr viene usato negli inceneritori e nei cementifici.

Co-combustione = la combustione di rifiuti, sotto forma di cdr, che viene realizzata insieme

ai combustibili fossili (in genere carbone).

Cogenerazione = generazione in un unico impianto di diverse forme di energia, per esempio

elettrica (corrente) e termica (calore).

Diossine = con il termine generico "diossine" si comprendono 210 composti chimici

contenenti cloro (diossine e furani) senza valore commerciale che hanno origine da alcune

attività industriali (produzione di cloro e PVC, uso di cloro in molte applicazioni industriali,

incenerimento ecc.).

DNA = molecola presente in ogni cellula che rappresenta il codice genetico di un organismo

vivente. Il DNA è la sostanza di cui sono formati i geni, elementi ereditari che determinano le

proprietà innate dell’organismo animale e vegetale.

Endometrio = tessuto che riveste la cavità dell’utero e che va in contro a cicliche

modificazioni sotto l’influenza degli ormoni (estrogeni, progesterone), prodotti dall’attività

ovariche.

Endometriosi = presenza di tessuto dell’endometrio in sedi differenti dalla cavità uterina.

Fermentazione = è un processo che avviene per attacco della materia organica da parte di

batteri, funghi, lieviti e porta alla formazione di gas.

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Frazione organica (o umida) = comprende gli scarti alimentari (avanzi da cucina), scarti

vegetali provenienti da attività agricole e agro-industriali, scarti di legno, rifiuti tessili di

origine vegetale (lino, cotone, canapa) e contiene elevate concentrazioni di acqua.

Frazione secca = frazione di rifiuto costituita da materiali quali plastica, carte, legno, metalli,

vetro

Furani = vedi diossine.

Gestione dei rifiuti = sistema che comprende le 4 operazioni principali di raccolta, trasporto,

recupero e smaltimento finale di rifiuti (compreso il controllo di tutte le operazioni, nonché il

controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la loro chiusura).

Inceneritori = qualsiasi unità, fissa o mobile, utilizzata per l’incenerimento di rifiuti (con o

senza recupero del calore di combustione).

Ingombranti = tipologia di rifiuti fra cui si annoverano elettrodomestici, frigoriferi ecc.

IPA = idrocarburi policiclici aromatici, composti organici contenuti nei combustibili fossili e

che si liberano in ambiente durante la loro combustione o in caso di sversamento dei prodotti

petroliferi.

Iperlipidemia = eccesso di lipidi (colesterolo, trigliceridi) nel sangue.

Ischemia cardiaca = mancanza improvvisa di sangue nel cuore (per occlusione della arteria

coronorarica) che può determinare l’infarto.

Metalli pesanti = elementi come cromo, manganese, rame, nichel, piombo, cadmio, zinco,

mercurio e stagno presenti in ambiente per rilascio da attività naturali (eruzioni vulcaniche,

rilascio da minerali e rocce) o industriali (impianti di produzione di cloro ed altri composti

chimici, fonderie, inceneritori, industrie del recupero dei metalli ecc.).

Metano = uno dei gas che si generano dalla fermentazione dei rifiuti organici.

Mutageno = sostanza o composto in grado di determinare mutazioni, cioè variazioni nel

codice genetico degli organismi viventi.

PCB (policlorobifenili) = costituiscono un gruppo di 209 composti, 12 dei quali hanno

proprietà tossicologiche analoghe alle diossine e pertanto sono denominati "PCB diossinasimili".

Percolato = liquido che si raccoglie sul fondo delle discariche derivato dalla miscela tra i

prodotti di decomposizione del rifiuto e le acque meteoriche, arricchito delle sostanze

inquinanti che si trovano nei rifiuti.

Pesticida = composti chimici impiegati per l’uccisione dei parassiti delle piante.

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POP (persistant organic pollutant) = inquinanti organici persistenti, fra cui figurano diossine,

furani, PCB e pesticidi, fra cui il DDT.

Potere calorifico = rappresenta l’energia contenuta nei prodotti che viene liberata in forma di

calore quando vengono bruciati.

Procedure semplificate = procedure che consentono l’esercizio di impianti di trattamento

termico di rifiuti non pericolosi (effettuato dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi)

e di recupero energetico di rifiuti (pericolosi e non) attraverso la sola Comunicazione alla

Provincia competente. Le attività sopra indicate possono essere intraprese decorsi 90 giorni

dall’invio della comunicazione di inizio attività.

Proteinuria = presenza di proteine nelle urine.

Raccolta differenziata = raccolta finalizzata a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni

merceologiche omogenee (carta e cartone; vetro; plastica ecc.).

Riciclo = riutilizzo di un bene giunto a fine ciclo di vita che viene reimmesso nella filiera

produttiva originaria.

Rifiuto = qualsiasi sostanza, prodotto di scarto od oggetto giunto al termine del suo uso. In

base alla loro origine sono classificati in rifiuti urbani e rifiuti speciali mentre, secondo le

caratteristiche di pericolosità (dovute alla natura o alle attività che producono i rifiuti), si

distinguono a loro volta in rifiuti pericolosi e non pericolosi. A seconda dello stato fisico si

possono distinguere in rifiuti solidi, liquidi e gassosi.

Subsidenza = abbassamento della crosta terrestre dovuto a varie cause, come fenomeni

vulcanici, accumulo di sedimenti sui fondi marini ecc.

TEF (Fattore di Tossicità Equivalente) = fattore di conversione per comparare il grado di

tossicità tra i diversi tipi di diossine, furani e PCB

Tioeteri = composti che possono essere rinvenuti nel sangue umano a seguito

dell’esposizione ad alcuni composti tossici

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Bibliografia

1. Autori Vari, 2001 – "Rapporto rifiuti 2001" – ANPA, ONR.

2. Autori Vari, 2000 – "Codice dell’Ambiente".

3. De Stefanis P., 1998 – "La valorizzazione energetica in impianti dedicati" –

Enea.

4. Allsopp M., Costner P., Johnston P., 2001 – "Incineration and human health" -

Greenpeace Research Laboratories.

5. Vernon JL. and George C. – "Employment effects of waste management

policies", UK. In proceeding da International Waste Management Conference, Torino

8-9 aprile 2002.

6. Apostoli P. – "Aggiornamenti in tema di tossicologia del piombo". ISS vol. 34,

n.1 (1998), pp. 5-15.

7. Autori Vari, 1999 – "I rifiuti nel XXI secolo. Il caso Italia tra Europa e

Mediterraneo" - Edizioni Ambiente.

8. Autori Vari, 2001– "How to comply with the Landfill Directive without

incineration: a greenpeace blueprint" - Greenpeace UK.

9. Pasini C., Presutti C., 1998 – "Incenerimento di rifiuti: un’indagine per

capire" – FiseAssoambiente.

10. Reg. (CE) 466/2001; Reg. (CE) 221/2002.

11. E. Ronchi, M. Santoloci, 2001 - "La riforma dei rifiuti, i nodi critici" – Buffetti

Editore.

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Aggiornato il 18-01-2009