Perché
scrivo? Perché mi detta
qualche cosa
di me, che non conosco,
che non ha
volto, ma con ritmo emerge.
***
Chelidòn
Passeggero dell'essere, che alato
guizzi, come scoccato da balestra,
nel cupo dell'azzurro verso il sole,
dalla tua breve vita che ricavi,
che non sia cura? Ma tu pure voli
sempre inesausto e voli finché morte
non ti rifonda nel crogiuolo immane
della madre comune: Grazia e ardire
tu conosci ed insegni a chi pur passa,
ma presume durare e illuso resta.
***
Pan
Intesi al
mezzogiorno (ero bambino)
il brusire
del cosmo. Era un accordo
lontano e
pervadente, che saliva
su dalla
terra all’orizzonte intorno:
solo un
accordo d’infinite voci,
un pedale
che eterno perdurava,
suono
d’organo grave nel silenzio.
Anzi:
sonante forse era il silenzio
altissimo,
costante, invïolato,
a chi
stupito e intento l’intendeva.
E più
volte l’intesi ed il meriggio
per lungo
tempo fu per me quel suono.
***
EXTRAVAGANTE ( in stile
ottocentesco pensando ad Heidegger!)
SORELLA MORTE
Inutile aspettarla: mai non
viene :
come potrebbe giungere se è
un nulla
quale soltanto noi ci
immaginiamo?
E non è detto che ci compia
e inveri,
pur se lo affermano preti e
filosofi :
come potrebbe farlo una
menzogna?
E’ un ‘montaggio’ la
morte, sosteneva
giustamente Pier Paolo
Pasolini:
ma il caso ne è il
regista ineluttabile.
A Bruno il rogo fece da ‘montaggio’
e fu un caso dai preti
manovrato:
un caso, non la morte entificata;
nulla opera la morte: non
esiste.
Se davvero esistesse
occorrerebbe
nominarla assassina e
traditrice,
perché viene a interrompere
nell’uomo
un progetto infinito – il
suo disegno.
Ma non esiste : è sorella
del nulla.
Moriamo prematuri, anche a
cent’anni;
e per violenza, anche nel
nostro letto.
Neppure è vero che spalanchi
a noi
le porte a un altro mondo
sempiterno:
il nostro solo – senza
senso – esiste;
Noi siamo, che gli diamo un
nostro senso
nel progetto perpetuo che noi
siamo.
Dire che morte c’è,
perché in passato
sempre si è morti, è
proprio come dire
che il futuro sarà come il
passato :
ed é inverificabile,
poiché,
per provarlo, dovresti già trovartici,
cosa del tutto assurda ed
insensata.
Non mescolare dunque fatti e
logica :
sono i fatti smentibili da
sempre,
Hume lo sapeva bene, quando
scrisse,
del levarsi del sole, che
domani
potrebbe non ripetersi: è un’attesa
della fede sprovvista di
ragione.
Lascia andare lo scheletro e
la falce
(e le kazzate che si tiran
dietro)
e progetta ogni giorno nel
diverso
quanto autenticamente ti
concerne :
se avverrà che tu muoia all’improvviso,
o dopo lungo male, sarà
eguale;
avrai tessuto la tua vita
come
se un senso avesse pure nell’effimero.
E avrai vicino a te chi pure
un senso
vi troverà, legandosi con
te;
e il tuo ricordo forse
serberà.
E se un giorno verrà che
pure morte
morte subisca, non
meravigliarti:
la scienza fa miracoli, ma
giova
che non immobilizzi il
divenire,
con l’immortalità che
potrà dare,
mummificando l’uomo dentro
un essere,
congelato in se stesso e indiveniente,
ch’è fratello gemello
della morte,
e gli vieta progetto ed
apertura.
O, trafficando l’immortalità
col Kapitale, oppure
assicurandola
solo ai suini del Potere e
soci,
calpesti degli umani l’eguaglianza
che, nel diverso, li proclama
identici.
Pur sul futuro non fingiamo
ipotesi;
fossimo pure gli ultimi
mortali:
questo non vieta che ci
progettiamo
(perché è questo che fa
dell’uomo un uomo),
e il presente mutiamo; ed
evitiamo
di ispirarlo al passato, se
non degno.
Luciano Parinetto Luglio 2001
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