Candidi
antri marini si popolano di epifanie negate. Il mare come spazio
residuale in cui decadono, come in un vacuo incontrastato limbo, le
immagini che assillano la veglia, la pura assenza di riposo in un
frastuono così uniforme da tradursi in lucide superfici silenziose.
Così un volto mutevole e amato avvolge in se stesso molti
volti. Nessuno è l'unico, l'assoluto, l'autentico, e tuttavia in
ciascuno è la verità stessa, la verità concreta, che propriamente
traspare.Il mare processione di massacri, scenario eletto di
innumerevoli agonie. E' peccato mortale contemplarlo, è un sacrilegio
che scatena il malocchio su chi ha osato guardare, preso in un giro
ipnotico di durata indefinita e insieme incardinato nella fissità di
un istante che ripete il suo battito vuoto, lo spettacolo mirabile
della vita, che incessantemente rigenera se stessa autodivorandosi.
Sempre così. E da capo e di nuovo. Con una bellezza che attira,
tentazione senza sbocco, reiterata. Non si può pronunciare. Altri
spalancano le porte, è una mattina gelida, assolata e deserta, un
fulgore lontano divampa, sterile nella sua magnificenza.
Fili di ragnatele brillano a intervalli irregolari, l'aria è percorsa
e irrigata da flutti intensissimi e azzurri, distilla senza tregua
pura gioia della sua dissipazione.Labirinti marini, mari di labirinti,
intrighi algosi, estuosi, spade di fuoco attraversano
lo sguardo. L'abisso dove l'acqua si dilapida, luna e sole (un sole
che è anche luna) misti e insieme inscindibilmente separati. Il mare
colma il cervello di metafore ibride, risveglia mostri viscidi e
assopiti che guardano dal fondo.Si squaderna pienamente, puro sperpero
di lemmi, di simboli venerabili e impudichi.Stinge di sangue vivido le
tele, i quadri che vorrebbero afferrarlo, straripa, è del tutto privo
di riguardi. Lo spessore delle onde si infittisce dietro la spinta di
crimini repressi, essi attendono l'occasione propizia per fare
irruzione nel mondo. Milano1988 Antonio Satta La
pittura di Salvatore Carbone affronta un tema difficile e controverso
come quello del sabba. Nel girotondo sabbatico le differenze sociali sono magicamente abolite, in esso ognuno mangia la vita e dalla vita viene mangiato: avidità di cibo e avidità sessuale non sono che estremizzazioni di pulsioni primarie."Alla testa scissa - dell’alto e dello spirito - il diavolo contrappone la testa del basso, immersa nella materia, conciliata con la libido anale non più rimossa" (Parinetto). Se
guardiamo questi quadri senza lasciarci dominare da prevenzioni
moralistiche,
se proviamo a sospendere la cogenza di censure millenarie, non
possiamo fare a meno di sentire, attraverso la gioia incalzante dei
colori usati in modi quasi neoespressionisti, con il rifiuto coerente
di ogni verosimiglianza, di ogni psicologia, di ogni decorazione, che
"l’inferno è il dolore come godimento della materia,
l’altra faccia dell’umanizzazione e della speranza, l’apoteosi
del neutro" (Lispector). Milano
1991
Antonio Satta |