Mare
Candidi antri marini si popolano di epifanie negate. Il mare come spazio
residuale in cui decadono, come in un vacuo incontrastato limbo, le immagini che
assillano la veglia,la pura assenza di riposo in un frastuono così
uniforme da tradursi in lucide superfici silenziose. Così un volto
mutevole e amato avvolge in se stesso molti volti. Nessuno è l'unico,
l'assoluto,l'autentico, e tuttavia in ciascuno è la verità stessa, la verità
concreta,che propriamente traspare.Il mare processione di massacri, scenario
eletto di innumerevoli agonie. E' peccato mortale contemplarlo, è un sacrilegio
che scatena il malocchio su chi ha osato guardare, preso in un giro ipnotico di
durata indefinita e insieme incardinato nella fissità di un istante che ripete
il suo battito vuoto,lo spettacolo mirabile della vita,che incessantemente
rigenera se stessa autodivorandosi. Sempre così. E da capo e di nuovo. Con una
bellezza che attira, tentazione senza sbocco, reiterata. Non si può
pronunciare. Altri spalancano le porte, è una mattina gelida, assolata e
deserta, un fulgore lontano divampa, sterile nella sua magnificenza. Fili di
ragnatele brillano a intervalli irregolari, l'aria è percorsa e irrigata da
flutti intensissimi e azzurri, distilla senza tregua pura gioia della sua
dissipazione.Labirinti marini, mari di labirinti, intrighi algosi, estuosi,
spade di fuoco attraversano lo sguardo. L'abisso dove l'acqua si dilapida, luna
e sole (un sole che è anche luna) misti e insieme inscindibilmente separati. Il
mare colma il cervello di metafore ibride,risveglia mostri viscidi e assopiti
che guardano dal fondo.Si squaderna pienamente, puro sperpero di lemmi, di
simboli venerabili e impudichi.Stinge di sangue vivido le tele, i quadri che
vorrebbero afferrarlo, straripa, è del tutto privo di riguardi. Lo spessore
delle onde si infittisce dietro la spinta di crimini repressi, essi attendono
l'occasione propizia per fare irruzione nel mondo. Eternità stanca di
preamboli, tesse da sé il suo celibe epicedio,compone solennemente il suo
epitaffio. Il mare non è ironico ma tragico, è il luogo del fluire spaesato e
indifferente, ricordo raggelato e imbalsamato dal gesto empio e preciso del
ceroplasta.Intere vicissitudini ne hanno percorso l'increata libertà,intere
narrazioni romanzesche vi sono accadute, consumandosi e consumandone il mistero.
Di volta in volta,qualcosa che rammemorava gli antichi miti tornava a
riappropiarsi del tempo a lei devoto, ripetendo cosmogonie e riti lustrali,
perpetuando sentenze lapidarie, dialoghi e diari di viaggi, apparizioni
imperiose destinate a sconnettere l'armonia dello Zodiaco. Magma materico
scavato da pennellate rapide, apre un varco verso il profondo oscuro flusso dei
fenomeni,fascinante fastigio di epifanie negate.
Milano1988
Papiersatan
–variazioni sul sabba-
La pittura di Salvatore Carbone affronta un tema difficile e controverso come
quello del sabba.C’è un movimento immediato di diavoli, di streghe cristiane che vanno ad
una festa, la loro festa, in cui si scatena la violenza del desiderio
dionisiaco, la sovversione dei ruoli prestabiliti, tra gli eccessi di una
"sinistra orgia di servi, di Jacques, comunicanti la notte mediante l’amore,
e il giorno mediante la morte" (Michelet).Nel girotondo sabbatico le differenze sociali sono magicamente abolite, in
esso ognuno mangia la vita e dalla vita viene mangiato: avidità di cibo e
avidità sessuale non sono che estremizzazioni di pulsioni primarie.
"Alla testa scissa - dell’alto e dello spirito - il diavolo
contrappone la testa del basso, immersa nella materia, conciliata con la libido
anale non più rimossa" (Parinetto).
Se guardiamo questi quadri senza lasciarci dominare da prevenzioni
moralistiche, se proviamo a sospendere la cogenza di censure millenarie, non
possiamo fare a meno di sentire, attraverso la gioia incalzante dei colori usati
in modi quasi neoespressionisti, con il rifiuto coerente di ogni
verosimiglianza, di ogni psicologia, di ogni decorazione, che "l’inferno
è il dolore come godimento della materia, l’altra faccia dell’umanizzazione
e della speranza, l’apoteosi del neutro" (Lispector).
Milano 1991
Antonio Satta
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