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Dieta a base di pesce
Nutrirsi di pillole o prescrivere diete a base di pesce?
(da "bollettino informazione dei farmaci n. 4 2005, bimestrale dell' AIFA - Ministero della Salute)
 
www.agenziafarmaco.it

trigliceridi

Quando evitare l’utilizzo di terapie intraprese per la cura di disturbi che possono essere prevenuti seguendo una corretta alimentazione? Il concetto di “cibo come medicina” è relativamente recente nei paesi occidentali, ma gli orientali ritengono da tempo che certi cibi procurino benefici per la salute. I giapponesi per esempio hanno coniato l’espressione “cibo funzionale” circa 20 anni fa per definire alimenti contenenti sostanze che possono prevenire o curare malattie1. L’attenzione verso i cibi funzionali nei nostri paesi è legata a diversi fattori:

i rapidi progressi delle conoscenze scientifiche a favore del ruolo cruciale dell’alimentazione sullo stato di salute e nella prevenzione delle malattie;

il cambiamento del ruolo del cibo, non più concepito come semplice mezzo di sussistenza;

i costi crescenti per la tutela della salute.

Si tratta di cibi che possono essere di origine vegetale o prodotti di derivazione animale, come i grassi del pesce per la prevenzione di patologie cardiache. A proposito di questi ultimi, è noto che gli acidi grassi omega 3, contenuti nel pesce e in particolare nei grassi del pesce, possono proteggere dal rischio di decesso dovuto a malattia coronarica2. A sostegno di questa ipotesi sono stati raccolti dati provenienti da studi osservazionali e sperimentazioni cliniche sulle proprietà anti-aritmiche degli acidi grassi. McClennan et al. sono stati i primi, alla fine degli anni ottanta, a dimostrare le proprietà anti-aritmiche associate a questi acidi. Successivamente, Burr et al. hanno pubblicato il primo trial randomizzato degli effetti del consumo di pesce sul decesso dovuto a malattia cardiaca. Si tratta del Diet and Reinfarction Trial (DART)5. Nella sperimentazione, circa 2000 uomini con storia di infarto del miocardio sono stati randomizzati a tre diverse strategie dietetiche (diminuzione dei grassi saturi, aumento delle fibre, aumento del consumo di pesce grasso). Lo studio ha mostrato una riduzione della mortalità totale del 29% nei partecipanti ai quali era stato consigliato di mangiare almeno due porzioni di pesce grasso alla settimana. Tuttavia non è stata riscontrata alcuna differenza degli eventi totali per patologie coronariche: infarti del miocardio non fatali si sono verificati nel gruppo cui era stato consigliato il consumo di pesce. Questi effetti, apparentemente discordanti tra eventi fatali e non fatali, sono stati spiegati da Blurr et al. nel seguente modo: il consumo di pesce può ridurre il rischio di aritmia fatale e, pertanto, ha un effetto sull’incidenza della mortalità in seguito ad infarto del miocardio. Siscovick et al. sono pervenuti alla medesima ipotesi in uno studio retrospettivo casocontrollo in cui veniva studiato se l’assunzione di cibo e i livelli di acidi grassi n-3 nel sangue erano associati al rischio di arresto cardiaco primario. Nel US Physicians’ Health Study sono stati indagati gli stessi quesiti clinici – rispetto a decesso cardiaco improvviso – in uno studio di coorte prospettico in cui erano stati arruolati 20.000 medici americani di sesso maschile in apparente stato di salute. Sia quest’ultimo studio sia lo studio di Siscovick et al. hanno dimostrato una riduzione (circa 50%) del rischio relativo associato al consumo di pesce una volta la settimana. Riduzioni di addirittura 81-90% sono state osservate nei partecipanti con concentrazioni ematiche di acidi grassi n-3 nel quartile più alto. L’evidenza clinica più convincente per valutare il meccanismo d’azione anti-aritmico degli acidi grassi polinsaturi n-3 proviene, comunque, da uno studio italiano, il GISSI, un trial randomizzato di ampie dimensioni. Nello studio, con disegno fattoriale, oltre 11.000 pazienti sopravvissuti ad infarto del miocardio sono stati assegnati random ad acidi grassi e/o vitamina E. È stata rilevata una riduzione significativa (20%) dell’endpoint primario (decesso, infarto del miocardio non fatale e stroke non fatale) nei pazienti assegnati al consumo di pesce. Anche in questo studio, come nello studio DART, non è stato rilevato alcun beneficio nell’incidenza di eventi cardiovascolari non fatali. A buon senso, simili risultati dovrebbero portare alla prescrizione di diete in cui l’apporto proteico è costituito prevalentemente dal pesce, salvo in soggetti con grave insufficienza renale. Ma il termine “cura” sembra essere associato a quello di pillola, cosicché l’omega-3 in pillola ha assunto l’immagine del farmaco che potrebbe rendere meglio tollerabile anche il consumo di latticini e cheeseburger. Dovremmo piuttosto tenere conto dei dati che provengono dalla ricerca clinica, soprattutto quando consentono di trasformare la generica indicazione di una “alimentazione corretta” in consigli specifici di cibi che possono aiutare a prevenire rischi importanti per la salute.

COLESTEROLO e TRIGLICERIDI


colesterolo

gennaio 2006

Le indicazioni che troverete tra queste pagine vengono fornite al solo scopo informativo e non possono sostituire la consulenza di un medico. Ricordate che l'autodiagnosi e l'autoterapia possono essere pericolose. E' possibile rintracciare dei centri dove con breve attesa e pagando un ticket si può essere visitati. Anche il vostro medico di famiglia potrà esservi di aiuto.

 

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