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FRATE SCIROPPO

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Nel mondo della pubblicità, tra le fascinazioni e le diffidenze dei consumatori associati e dipendenti, si punta sulla scelta del testimonial. La dimensione multinazionale della produzione e della distribuzione finisce di fatto per omologare i prodotti: ciò che li caratterizza e li rende appetibili rispetto ad altri dalle medesime caratteristiche è la veste pubblicitaria.

Così accade che le merci, surrogati del mondo che il misogino guarda dalla finestra, vengano presentate come gli ippogrifi di quest’era post-moderna. Lungo viaggi metafisici o virtuali,che dovrebbero far dimenticare l’esperienza traumatica del quotidiano, vengono sussurrate le caratteristiche tecniche del prodotto, dettagli non determinanti in una pletora di offerte analoghe.

L’operazione dell’acquisto, indotta e omologante, viene fatta percepire come scelta autonoma e qualificante.

Le multinazionali farmaceutiche debbono convincere consumatori assuefatti all’uso dei farmaci ma  sensibili alle proposte di medicamenti alternativi, diffidenti verso le medicine ma con gli armadietti pieni di acquisti spesso risultanti da prescrizioni fai da te, avidi delle potenzialità curative che promettono giovinezza eterna ma desiderosi di ignorare gli effetti collaterali, pieni di sensi di colpa ma pronti a perdonarsi la permanenza nell’effimero.

E quale veicolo migliore, per carpire la fiducia del farmaco-dipendente, delle figure di frati giocondi e rubizzi?

Nella memoria collettiva è radicata l’immagine, fra mito e storia, del frate alchimista e stregone che, carpendo i segreti alla natura e confidando in un rapporto privilegiato con la Provvidenza, prepara nella penombra di chiostri e monasteri medicamenti miracolosi.

Dal frate che cerca al frate che trova, la storia narra numerose le vicende di questi religiosi. Ora semplici, prosaici, qualche volta meschini; ora sapienti e ambiziosi, con il piglio e la mente dell’uomo di potere.

Uomini di mondo o asceti, paziente manovalanza o zenit dell’intelligenza, fra orti e biblioteche, i frati hanno segnato il mondo. Da Boccaccio a Eco, da Giotto a Zurbaran, ci sono giunte figure di mistici santi e imbroglioni.

Frati venditori di miracoli e distillatori di farmachi, fustigatori dei costumi o dispensatori di letizia.  Finiti i tempi delle lotte spirituali con il demonio nella solitudine degli eremi e del deserto, i fraticelli di oggi sembrano soggetti a tentazioni più terrene: un buon pranzetto, qualche bicchiere di vino, qualche solleticazione della vanità……

Meno profondi ed ascetici, più lontani dal cielo, essi hanno però l’aspetto dell’umano e del buonumore che corrisponde ad un atteggiamento di clemenza verso se stessi, lontani dalla santità ma più vicini all’uomo.

Fra caroselli e jngles depositati nella memoria, quasi caricature e solo echi lontani degli speziali dai contorni anche sulfurei della farmacopea, meno mercuriali ma più mercantili, i frati dello schermo dispensano i principii attivi dalle innumerevoli combinazioni, nei dosaggi che oscillano fra le concentrazioni tossiche e la blanda azione terapeutica indotta del placebo. Sempre con la stessa bonomia.

 Amedeo Graziani

www.salvelocs.it