San Fili - Curiosità






La pupazza
I gelati
La Befana
Ricordi delle estati anni '60
Il presepe
La filodrammatica
La biblioteca
L' elettrificazione
Il Centro Storico



I gelati a San Fili

[...] I primi gelati, nel periodo tra le due guerre mondiali, si ottenevano conservando la neve in fosse scavate sulla montagna di "Macchialonga" e foderate di felci. La "conserva" di neve pressata, in estate, veniva "rosicchiata" al bisogno e un certo signore di Gesuiti, Alfredo Venezia, provvedeva a trasportarla in paese in occasione della Fiera di Santa Maria, la penultima domenica di agosto. Allestiva un banco di vendita presso il "Piano Jande" e lì, mescolando la neve pulita con sciroppo di granatina o di limone, otteneva dei buoni sorbetti che serviva in bicchieri a "flute" dalla base rotonda e lo stelo altissimo : dei veri fiori gelati. Esaurita la scorta di neve locale, arrivavano da Cosenza dei blocchi di ghiaccio che, "grattugiato" e preparato dava "la bella cremolata, fragola o cioccolata"! Così gridava Alfredo per invitare i passanti all'acquisto , e quando il ghiaccio cominciava a sciogliersi...c'era pure lo sconto. E poi c'era Giuseppe 'e Madonna : "Da questa parte, da questa parte si serve il Paradiso" .
Presto, ogni domenica, comparvero, provenienti dalla città i carrettini prima spinti a mano, poi dalla bici, dotati di parasole, 3 o 4 contenitori colmi di gelato alla fragola, pistacchio, limone e cioccolato. Il costo dell'amato cono , 4 soldi e se piccolo, anche 2. E il "pezzo duro" doveva essere proprio un Paradiso se costituiva omaggio per i suonatori della locale banda musicale, dopo un concerto in piazza o la processione del Carmine.
Dopo la II guerra mondiale, i Bar sanfilesi si fornirono dell'occorrente per preparare i gelati. Salvatore Giraldi li confezionava a mano in un bidoncino di rame colmo di ghiaccio tritato. Con una manovella inserita nel coperchio doveva girare il composto fino a farlo rapprendere in modo omogeneo.
I miei ricordi, primi anni cinquanta, rivedono Silvio Mazzulla girare per il paese col carrettino a pedali, annunciato da un campanello inconfondibile, distribuire per 10 lire coni buonissimi e per 30 lire "Pinguini" squisiti.
Presto sopraggiunsero i gelati industriali, confezionati dalle grandi industrie e rintracciabili come oggi in ogni punto vendita del paese[...]

Da l'Occhio n. 13.96 di Franca Gambaro

Oggi a San Fili troviamo ancora ottimi gelati artigianali. Segnaliamo quelli della Gelateria Pasticceria "La Conca d'Oro", in Via XX Settembre, nei pressi della piazzetta della Madonnina e, in particolare , le specialità di Cenzino.
La gelateria artigianale Bar Passarelli , in Via XX Settembre, poco oltre la chiesa del Carmine, offre un prodotto davvero unico per la sua genuinità e per i gusti inconsueti che a rotazione e secondo la stagione vi si possono trovare: fichi verdi, fichi neri al forno alle noci (crocette), anguria, cedro, amarena, castagne, liquirizia, fichi d'india, more di gelso, more, ciliegia, nespole, madarino, pompelmo, pesca, mandorla...



I miti del passato : la Befana

(...) proverò a tornare all'infanzia e ritrovare intatti nella memoria quei magici giorni dell'attesa della Befana. A rendere elettrizzante l'avvenimento, a favorire il pathos, in me e nei miei fratelli era mia nonna Elvira, "Mammuzza". Laboriosissima, sempre occupata tra casa e lavoro, gia' dalle prime sere di dicembre cominciava a raccontarci della fascinosa vecchia che magicamente nascosta nella cappa del camino ascoltava tutti i capricci dei bambini, i litigi tra fratelli, i loro desiseri e le loro buone maniere per poi decidere quali doni lasciare per essi la notte del 5 gennaio. La Befana , secondo il racconto di "Mammuzza", annotati i desideri e decisi quellli realizzabili, volava con la sua vecchia scopa a Cosenza a fare il giro dei giocattolai, delle librerie, delle pasticcerie, dove attingere a piene mani per riempire il suo sacco senza fondo. Noi cercavamo di stare buoni, buonissimi, e fin dal mattino, accanto al fuoco con Nannà Peppina (la bisnonna), improvvisavamo dei veri e propri dialoghi con la Befana decantando le virtù personali, e se si litigava non mancavamo di denigrarci ad alta voce perchè i doni arrivassero solo a ... A camino spento , ci infilavamo letteralmente nella cappa con in mano stecche di resina accese, tenute alte ad illuminare il lungo percorso nero, nella speranza di poterne intravedere, se non il viso, almeno la scopa o una falda si scialle. Mammuzza, abilissima, dopo Natale andava a Cosenza per perorare la causa dei suoi nipotini monelli perchè... temeva pochi regali ogni anno. Partiva e ci raccomandava di star buoni. Tornava per pranzo e ci intratteneva con il racconto del suo incontro con la "Vecchia", scorta su una carrozzella scalpitante su Corso Mazzini, carica di sacchi da cui le era parso di vedere fuoriuscire proprio quel cavallino per Attilio, quella bambola bruna per me, quell'orsacchiotto che Angelo desiderava tanto. -Ma, sapete, correva, quella vecchia pazza; non so se mi ha sentito.Io gliel' ho detto . Ho dei nipotini belli e bravi ; contentali, Befanuccia mia... - L'attesa negli ultimi giorni diveniva spasmodica... Sempre intorno al camino , salivano suppliche varie, poesie imparate ad hoc, e una canzoncina che mamma aveva inventato per noi...

A mezzanotte in punto, arriva la Befana
e porta torroncini, balocchi e noccioline,
bon, bon bon, tutto pei bamini buon...
Pei bimbi cattivelli c'e' cenere e carbone
e niente torroncini, balocchi e noccioline,
bon, bon, bon, tutto pei bambini buon.

La sera del 5 gennaio, si andava a letto tutti e tre presto, docili e senza capricci. Con i pupazzi di gomma gonfi di acqua calda stretti abbracciati ma ... il sonno non veniva, gli ochhi sgranati nel buio, una frase, una risatina, e poi... shhh...shhh... ecco... forse ci siamo... un fruscio lieve, uno scricchiolio su per le scale di legno...forse e' lei...finalmente la vedremo...ma no... era solo Mammuzza venuta a controllare che dormissimo e a rimboccarci le coperte. Mezzanotte...e noi dormivamo vinti dal sonno, ma prima ancora dell'alba, tutti e tre balzavamo in cucina e l'incanto si ripeteva come ogni anno:una bambola bellissima, un'armonica brillante, un telaietto per ricamo, un cavallo a dondolo per il piu' piccolo, dei libri di fiabe nuovi e poi mandarini, nocciole, bon-bon, torroncini... e sempre, tra i dolciumi stipati nelle calze, un cartoccetto di vero carbone nerissimo e un po' di cenere bianca bianca, diversa, ma si, diversa dalla nostra cenere del focolare! Ci restavamo di stucco, perche' ci sentivamo davvero indagati e scoperti; le nostre marachelle venivano davvero punite da quel pezzetto di carbone, da quel pugnetto di cenere, si arrossiva un po' nel doverli presentare a papa' che voleva conoscere i doni che la Befana ci aveva fatto. Ma poi..che felicita'... per giorni e giorni si giocava e si raccontava... -Ma io, forse un po' l'ho veduta; aveva una sporta gialla e un sacco rotto. ...Ma no, l'hai sognata... - Era un sogno che ci colmava di trepidazione nell'attesa e di gioia il 6 gennaio di ogni anno.

Articolo da "L'Occhio" n. 25.95 di Franca Gambaro



Ricordi delle estati anni '60

Fin dai primi anni del '900. per la sua felicissima posizione, S.Fili fu meta dei cosentini e di quanti cercavano aria salubre, acqua fresca, tranquillità. Oasi di pace immersa nel verde, molto ben collegata al capoluogo dalla ferrovia e dalla rotabile stat.107, mentre le famiglie restavano in paese a villeggiare, i capifamiglia divenivano pendolari per i mesi estivi godendosi comunque il fresco della sera e la compagnia degli amici. San Fili era il ritrovo della Cosenza bene durante gli anni '20 e '30 e così nel dopoguerra, prima che scoppiasse il boom della villeggiatura in Sila o al mare.
Negli anni '50 e '60 ricordo che al mattino frotte di bambini e tate, nugoli di ragazzi, si ritrovavano nel castagneto subito fuori paese lungo la strada per Paola, al "Piano Jande". C'era spazio e passatempi per tutte le fasce di età. Si ricavavano su pianori e terrazzetti veri e propri salottini con i sedili più disparati : dalle pietre piatte a letti di foglie di castagno e o ai primi seggiolini di legno e stoffa. I più piccoli giocavano con la terra a fare fornetti e costruzioni e intrecciavano evanescenti panieri o serti e cinture di foglie o costruivano cucchiaini con le castagne secche vuote ( gli scorfani) rimaste sul terreno o nei ricci secchi dell'autunno precedente. A cercar bene si trovavano pure i "peduzzi", piccole castagne germogliate che tirate via dal terreno erano un bocconcino dolce e inatteso.
I più grandi inventavano giochi e passatempi ogni giorno o tornei di tamburello o corda, gare di bicicletta "senza mani" o in piedi sul sellino, giochi con la palla... gruppetti in disparte giocavano a carte o discorrevano di politica e sport. Intanto si programmavano e organizzavano le feste da ballo per la sera o un picnic sulla Crocetta per il giorno dopo. Le signore leggevano la rivista preferita o lavoravano a maglia e uncinetto e le immancabili coppiette sparivano verso l'"Uncino" o "'a Macchia 'a Posta". Verso le 13 il bosco si spopolava, a gruppi multicolori: c'era il rientro in paese e per i ragazzi il rito dell'ultimo gioco appassionante prima del pranzo: la corsa dei "pesci" nell' "acquaru" che dall ' Abbeveratoio del bivio per Bucita scorre ancora oggi verso il "Vico 'a luce" ; con un'infiorescenza di castagno o una steccolina usata a mo' di pesce si avviava una gara tra diversi concorrenti. Il tifo si accendeva rapido e allegro. Tutti vociavano a seguire e incoraggiare il proprio campione e i compagni dietro le spalle dei concorrenti costruivano veri e propri gruppi di fans - Forza! Dai... è avanti il mio, no, ora c'è il sorpasso... - . A volte con le mani o i piedi nudi si aiutava un pesciolino ed erano proteste dagli altri e schizzi d'acqua addosso tra le risate dei passanti.
Dopo la pausa per il pranzo il rito della passeggiata "are castagne" si ripeteva al pomeriggio e di sera, quando i piccoli , stanchi, già dormivano, i giovani avevano il ritrovo del "Riccio", con orchestrina e stars della musica leggera del momento.
Oggi poco resta o ci basta... altre mete sono più appetibili per sfuggire alla calura: il mare, la Sila, le crociere, i viaggi all'estero. E in questo contesto San Fili offre obiettivamente poco, anche se potenzialmente avrebbe tutte le caratteristiche per interessare un turismo intelligente: spetta a noi saperlo valorizzare.

Articolo da "L'Occhio" n.16.95 di Franca Gambaro



Il presepe

Alcuni anni fa, per iniziativa di alcuni giovani sanfilesi, veniva costituita l'Associazione Arte-Cultura pro Centro Storico, divenuta ormai un punto di riferimento per le numerose attività intraprese. Il presepe Spicca per rilevanza artistica, più che artigianale, il grande presepio assemblato anno dopo anno nelle chiese di San Fili, fino a rappresentare, in una riproduzione fedele ed accurata fin nei più minuti particolari, l'intero abitato di San Fili degli anni '20.
L'opera, troppo grande per occupare stabilmente una chiesa, veniva trasferita nei locali dell'ex-mattatoio comunale, ove , dopo circa un anno, era devastata notte tempo da vandali ignoti.


La filodrammatica

"...Qualche decennio fa, utile passatempo estivo, ogni estate si rimetteva in azione la filodrammatica. L'attuale sala del teatro Comunale, allora destinata a scuola, si trasformava in teatro. I banchi divenivano sostegno per palcoscenico e quinte.
Si tenevano spassosissime prove. (...) Ricordo le recite a pagamento "La partita a scacchi", "La cieca di Sorrento", "I due sergenti". (...) I più bravi erano i fratelli G. e A. Gambaro e l'Avv E. Pagliaro " [Da "San Fili nel tempo" cit.].
Anche recentemente il teatro comunale viene spesso utilizzato per rappresentazioni teatrali di vario genere: alcune organizzate dalle classi della scuola media, altre, in vernacolo, messe in scena dalla Compagnia "Felum" .


La biblioteca

Esistono in paese ben due biblioteche: una, scolastica, presso la scuola elementare, l'altra, più importante, è la Biblioteca Comunale, che ha incorporato e ampliato la dotazione libraria del "Circolo di Cultura Enrico Granata", sorto a San Fili all'inizio degli anni '60, e del Centro di lettura del Patronato scolastico. Attualmente essa annovera un patrimonio di oltre 5000 volumi, di cui è notevole la sezione "Raccolta Calabra".
Si organizzavano incontri con personalità del mondo culturale nazionale e internazionale, seminari di studio su argomenti di attualità e interesse pubblico, mostre di pittura e arte varia.
L'accesso alla Biblioteca era libero a tutti e gli scambi frequenti e fruttuosi.Veniva aperta tutti i pomeriggi e le sere; l'attività di prestito era intensissima, con obbligo di restituzione quindicinale.
Ora, per motivi contingenti, la Biblioteca è chiusa da mesi.


L'elettrificazione Nel gennaio 1925 fu data l'illuminazione elettrica in Piazza San Giovanni, a San Fili. E' quanto si legge in una relazione dettagliata e appassionante dell'ing. Alfredo Cannataro, che fu l'ideatore e l'artefice della centrale idroelettrica. Non era la prima volta che i Sanfilesi assistevano a tale "prodigio". La prima illuminazione con lampadine a carbone fu inaugurata già nel 1904. I bambini, di sera, accoglievano l'accensione della luce elettrica con grida e battimani appollaiati su una catasta di travi. Grosse corde di rame portavano la corrente in tutte le vie del paese. L'ingegnoso Giuseppe Cannataro, padre dell'ing. Alfredo, aveva ideato e realizzato "la magia" utilizzando l'acqua dell'Emoli dopo aver costruito una turbina artigianale a corrente continua (senza alternatore). Dalla suddetta relazione apprendiamo che la prima idea dell'impianto sorse tra la fine di giugno ed il luglio 1923 e di primo acchito si pensò di impiantare la Centrale nel mulino di Palazia, derivando in prossimità dello scarico di Francesco Luchetta (Filuzzo), facendo percorrere al canale un nuovo tracciato.Fu studiato e redatto il progetto.Verso la fine di settembre del 1923 si fecero gli approcci verso i proprietari per la cessione del suolo. Nei primi giorni di ottobre iniziarono gli scavi per il canale di scarico in proprietà di Andrea Astone e subito dopo quelli di riattamento del vecchio fabbricato. Occorreva dare l'energia a costo di qualunque sacrificio per ottenere soddisfazione morale e continuare, rafforzato, il lavoro di Giuseppe Cannataro per la precedente Centrale. La prima spesa preventiva fu di centomila lire per poter dare la luce in paese anche con un impianto non completo. I primi lavori vennero eseguiti da pochi operai e durarono per tutta la primavera e parte dell'estate del 1924.Nel luglio furono montate le macchine della Centrale: turbina, regolatore automatico, alternatore e condotta forzata; lavoro al quale partecipò materialmente lo stesso ingegnere per risparmiare sui costi. Tra vicissitudini e mille difficoltà anche economiche i lavori continuarono per tutto il 1924.In dicembre fu stesa la linea dalla Centrale a piazza San Giovanni e nel mese di gennaio del 1925 fu data l'illuminazione in piazza. Ci pare interessante citare qualche dato tecnico. La portata dell'Emoli, all'epoca, oscillava fra i circa 500 litri al secondo in inverno ed i circa 180 in estate. Il canale di derivazione per condurre l'acqua alla turbina, lungo in tutto 475 metri, progettato per un carico medio di 150 litri al secondo fu realizzato incassando in terra un rivestimento in muratura. Il salto finale era di 33 metri e consentiva di ricavare una potenza nominale di 66 Hp da impiegare per energia elettrica. La bolletta per una lampadina da 10 candele per un mese costava 4 lire e 12 centesimi. La centrale fu condotta per alcuni anni a gestione familiare dai nonni dell'ingegnere Aniceto Costa e Francesca Cannataro, dalla madre Rosina e dalle sorelle Delia ed Irma. Il padre Giuseppe, emigrato in America, collaborava inviando fondi sempre necessari. D'altronde si deve comprendere come , a quei tempi , il pagamento delle bollette era un fatto piuttosto improvvisato che spesso avveniva in natura con prodotti dell'agricoltura locale. In seguito la Centrale fu rilevata dalla Società Elettrica delle Calabrie che la ricostruì poco più a valle. Nel 1988, dall'Amministrazione Comunale in carica, fu presentato un progetto per la riattivazione della centralina idroelettrica sul torrente Emoli, elaborato dall'Ing.Celentani e dall'Ing.Nasta. Dalla loro presentazione si evince come lo sfruttamento dell'energia idroelettrica abbia enormi potenzialità, anche nelle sue forme cosiddette minori, come sarebbe nel caso di San Fili . D'altronde è noto come l'Italia, grazie ad una favorevole morfologia del territorio, sia particolarmente adatta a questa fonte di energia pulita, ecologica, non inquinante. Chissà che un giorno anche questo progetto non si trasformi in realtà, continuando una tradizione antica per San Fili quanto l'elettricità.

Articolo da "L'Occhio" n. 3.96 di Franca Gambaro



Il Centro Storico e i suoi problemi

Dominata dalla Chiesa Madre e limitata dalla Chiesa dello Spirito Santo è la 'Jazza' , che con le sue case addossate in apparente disordine, con le vie strette e tortuose, conserva ancora il volto antico e la vitalità che ebbe nel passato.
La Chiesa Madre testimonia la sobria architettura dei secoli precedenti ; la circondano le case modeste e diseguali, tra cui si snoda una via principale pavimentata in pietra che prende il nome dalla chiesa dello Spirito Santo, e dei vicoli secondari che conducono alle varie abitazioni.
Molte costruzioni mantengono la struttura antica e presentano ampie finestre in tufo, imponenti portici e scale esterne terminanti con una loggetta talvolta decorata con fiori. Le viuzze secondarie circondano le abitazioni e si ricollegano con sali e scendi di gradini alla via principale, se da un lato sono il divertimento dei bambini in quanto favoriscono il gioco a nascondino, dall'altro diventano il punto d'incontro di 'vecchi' e di 'comari' che nelle giornate calde e assolate vi trovano ristoro.
Nel punto centrale del rione si trova 'a funtana da Jazza' , una massiccia fontana forgiata in ghisa da cui scorre acqua freschissima proveniente dalle montagne sanfilesi.
Durante la stagione estiva, tale fontana è attorniata dagli abitanti del luogo, che tra una battutina e l'altra, aspettano il loro turno per riempire brocche e caraffe. Le abitazioni, al di là della Jazza, traboccano sulle "Coste" , il versante a sud del paese, che da' sul fiume Emoli e sui relativi campi e orticelli coltivati pazientemente dai contadini rimasti fedeli alle tradizioni dell'agricoltura antica.
E' certo un pregio abitare in questo scorcio di paradiso urbano, all'interno del quale si svolge una vita tranquilla e lontana dall'inquinamento acustico, e in un clima di profonda solidarietà nel 'vicinato'.
E' un quadro semplice, ma per nulla idillico che ha forse ancora qualche esempio da offrirci.
I quartieri più antichi ed importanti del paese, nel corso degli anni, hanno perso il loro valore, perché gran parte degli abitanti sono stati costretti a trasferirsi in nuovi sobborghi sia per il crescere della popolazione sia perché stanchi di accusare la fatica di spostarsi per raggiungere la sede di lavoro. La perdita di tempo e di energia imposta dalla routine pendolare da una parte e dall'espansione degli abitanti dall'altra, hanno fatto decadere quelle che un tempo erano le aree originarie del paese.
Al trasferimento degli abitanti ha fatto subito seguito il trasferimento delle attività commerciali, infatti le botteghe artigiane che anticamente popolavano il centro storico come la calzoleria, la tessitoria, la sericoltura e l'osteria sono ormai scomparse, e con esse i luoghi centrali d'incontro che servivano anche a molti scopi della vita del paese, da quelli religiosi a quelli economici , politici e sociali.
Attualmente nel centro storico è aperto un solo esercizio commerciale ; è un negozio di generi alimentari , sito in via Spirito Santo e locato in due antiche costruzioni ai lati della via principale. Il negozio è ben fornito e i clienti si spostano facilmente da una bottega all'altra senza l'opprimente pura del traffico automobilistico. Il proprietario, però, per mantenerlo in vita deve ogni giorno affrontare numerose difficoltà legate soprattutto al trasporto delle merci. Egli, pertanto, si è munito di un piccolo motocarro che utilizza per fare arrivare gran parte della mercanzia al negozio. Infatti un mezzo di trasporto di maggiori dimensioni difficilmente potrebbe addentrarsi nelle vie strette e tortuose ed arrivare fino all'ingresso.
I problemi da sostenere giorno per giorno sono molti, ma secondo il parere del diretto interessato (Michele Storino) "vi si deve far fronte per non lasciare morire il centro storico".
Alla luce di queste considerazioni nasce spontaneo chiedersi se antico e nuovo possano coesistere. Forse per molto tempo si è pensato di no ed intere parti del centro storico sono state letteralmente distrutte per rendere le vie più ampie e praticabili; e per costruire case comode e magari... rifinite in colori pastello!
Poi, per fortuna e per non disattendere al principio di "tutela e di conservazione del centro storico" si è attuato il piano di rifacimento in stile, che pare stia contribuendo al mantenimento dello stesso.
La questione del centro storico va affrontata e discussa con grande coscienza, non in modo astratto e ignorando le persone che in esso vivono. E' necessario, specialmente in un momento come quello attuale, in cui gli occhi di molti sono puntati sui centri storici (si pensi a quelle località dove i centri storici sono diventati anche terreno di scontro tra le parti) prestare molta attenzione a come conservarli , quali metodi di restauro usare e a quali usi destinarli. Bisognerebbe attraverso un'indagine tecnica e scientifica del patrimonio esistente individuare i modi per adeguarlo alle reali necessità degli abitanti.
Sarebbe opportuno fare degli interventi pubblici, e convenzioni con privati per la ristrutturazione delle abitazioni degradate, con garanzie di tasse eque per i residenti.
Sarebbe utilissimo servirsi delle vecchie case vuote, per stabilirvi sedi di centri di quartiere con servizi sociali e culturali, come possono essere biblioteche oppure unità di assistenza sanitarie.
Di tutto ciò trarrebbero un grande vantaggio tutti i cittadini, dai più giovani a quelli più anziani, che sostenuti da apposite strutture, non solo avrebbero più servizi a disposizione, ma contribuirebbero ad assicurare il futuro dello stesso centro storico, con i suoi valori umani e sociali.


Articoli da "L'Occhio" nn. 7,8.97 di Maria Iantorno




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