AUGUSTO FRANZOJ

(1848-1911)
Esploratore

Augusto Franzoj nasce a San Germano Vercellese il 02 Ottobre 1848 da famiglia agiata , il padre Francesco Franzoj era notaio e la madre Ottavia Cavalli era ultima discendente di una nobile famiglia di antiche origini sangermanesi . Il padre lo avvia agli studi liceali a Vercelli : vorrebbe che il figlio , dopo il conseguimento della maturità classica , frequentasse l'Università di Torino . Invece allo scoppio della Terza Guerra di Indipendenza (giugno 1866) all'età di solo 18 anni Franzoj si arruola volontario e parte per il fronte. Le sconfitte dell'esercito italiano a Custoza  (20 giugno 1866) e della flotta a Lissa (20 luglio 1866) , nonche la forma umiliante   in cui il Veneto viene ceduto all' Italia dopo l'armistizio di Cormons (12 agosto 1866) , provocano in lui , come del resto nell'animo di molti italiani , un senso di risentimento e sfiducia verso la classe politica dirigente e l'alto comando che ha organizzato la guerra. Si avvicina alle idea repubblicana , che nelle sue ramificazioni segrete , si inserisce anche tra i reparti dell'esercito. Nel marzo 1870 scoppiano i pronunciamenti militari di Pavia e di Piacenza che , purtroppo si concludono con la fucilazione di alcuni esponenti e l'arresto di molti sottufficiali , tra cui Franzoj. Imprigionato e dapprima assolto dal Tribunale militare , poi sottoposto a consiglio di disciplina , è degradato e inviato all'8 Compagnia di disciplina a Fenestrelle in Val Chisone sul confine Italo-Francese . Prende l'avvio di qui la drammatica vicenda che sconvolgerà tutta l'esistenza futura di questo giovane ribelle , refrattario ad ogni vincolo , insofferente di ogni pena. Nel novembre del 1870 con una ventina di prigionieri , riesce ad imbavagliare le guardie e ad evadere dal carcere col proposito di esulare in Francia . Ma nella fuga si sloga un piede , è riacciuffato subisce una più pesante condanna per diserzione ed trasferito prima al forte di Rocca D'Anfo , poi a Gaeta ed infine a Venezia. Sopraffatto dallo sconforto tenta il suicidio , sparandosi un colpo di pistola in pieno petto , ne rimane soltanto ferito , ma l'episodio offre alle autorità militari il pretesto per allontanarlo dall'esercito e sbarazzarsi di un elemento tanto turbolento. Stabilitosi a Torino , vive l'esistenza grama dei giovani scapigliati di quel tempo tra i tavoli del "Caffè Torino" e le squallide soffitte dei "barboni" cittadini , collaborando saltuariamente al giornale "La Gazzetta del Popolo" , ma con frequenti soggiorni in galera a causa delle sue inesauste velleità duellistiche . E' costretto infine a prendere la via dell'esilio in Svizzera (1872) in Francia , in Belgio , in Spagna.

In quel periodo di esilio la sua attenzione viene rivolta all'Africa selvaggia e sulle gesta dei  famosi esploratori che popolavano le cronache di allora , e senza il patrocinio di nessun governo e senza mezzi adeguati , nel marzo del 1882 si imbarca in una avventura nei territori etiopi che lo renderà famoso , e che ha mirabilmente raccontato in due suoi libri "Continente Nero" e "Aure Africane". Rientrato in Italia Franzoj si preoccupa innanzitutto di portare a termine il nobile proposito che lo aveva spinto fino nelle più remote regione dell'Etiopia , la restituzione ai famigliari delle spoglie del Chiarini ( esploratore che lo aveva preceduto in quelle terre , e li era morto). Si reca quindi a Chieti città natale dello scomparso , e durante una solenne cerimonia , gli vene conferita dal sindaco la cittadinanza onoraria della città. Poi il 30 novembre , rientra nella Torino della sua giovinezza scapigliata , ove è fatto segno a manifestazioni di ammirazione e di entusiasmo da parte di amici e conoscenti , diviene bien presto il centro dell'attenzione dei cronisti e dei quotidiani italiani che vanno a gara per tracciarne il carattere avventuroso. Mons. Massaia si congratula con il padre Francesco per le straordinarie imprese del figlio . L' on Cibrario e Domenico Berti lo invitano a tenere , rispettivamente al Circolo Filologico torinese  e alla Filotecnica , delle conferenze illustrative sulle sue esperienze africane per un pubblico al quale i nomi di Abissinia e etiopia sono praticamente ignoti. Ma Augusto Franzoj per delicato pensiero e deferenza verso la città natale , vuole iniziare da Vercelli , il racconto delle sue vicende africane . La data fissata per questo sensazionale avvenimento è la domenica del 28 dicembre 1884 alle ore 13.30 , il locale scelto per la conferenza è il Politeama Facchinetti (prezzo d'ingresso Lire 1). Franzoj vi giunge da Torino , accompagnato dal fido servo scioano Wolda-Mariam , e da uno stuolo di amici e giornalisti. Ricevuto dalle autorità cittadine , da luogo alla sua conferenza e trascorre il pomeriggio e la serata al "Caffè Cavour" e al "Teatro Civico" alla rappresentazione dell' Aida.

La sua fama in quel periodo è alle stelle , e stavolta ritenta una nuova avventura africana con più mezzi , ma la sfortuna vuole che la situazione politico - militare stia mutando in qell'area , e il disastro militare di Dogali rende vano il nuovo tentativo , nonostante si imbarchi per Massaua il 18 febbraio 1887 , è costretto a reimbarcarsi quasi subito per il ritorno e dare l'addio alla sua Africa. Un nuovo smacco per Augusto Franzoj , arriva dalla mancata sua partecipazione alla missione presso il Ras Menelik , a  intercedere per ottenere la liberazione dei prigionieri Italiani , amareggiato per questo affronto , intenta causa allo stato italiano , la vertenza si trascinerà fino al dicembre 1901 , e si conclude con il riconoscimento al franzoj di un rimborso spese  di 16.000 lire. Si ritira con la famiglia nel Monferrato , e mentre tutto fà supporre ad una tranquilla esistenza , nel 1899 trasferitosi con la famiglia a san Mauro Torinese è ripreso dalla sua irriducibile frenesia per l'ignoto e si prepara ad imbarcarsi per il Brasile . Ma la spedizione si conclude in clamoroso insuccesso , e ritorna precipitosamente in Italia , dove si ritira in seno alla famiglia (16 giugno 1899).

Fà ancora parlare di se quando aderisce al Partito Socialista buttandosi a capofitto nelle agitazioni sociali agli inizi del '900 , e come inviato del Quotidiano "La Stampa", ma la sua stella si sta spegnendo , ed in un momento di sconforto , accasciato dai dolori fisici di un artrite deformante , ossessionato dall'idea di non aver saputo rendere la sua vita conforme al suo sogno , si uccide con estrema lucidità appoggiando la canna di due rivoltelle alle tempie , il 13 aprile 1911 , lasciando la moglie e u figlio ancora in tenera età. Prima di suicidarsi aveva voluto informare per lettera un amico torinese del suo insano proposito. Ma quando l'amico giunge a San Mauro Torinese il tragico gesto è già stato compiuto .

 

 

La spedizione in Amazzonia
Alla fine del 800 si stava esaurendo la spinta propulsiva che aveva guidato per oltre un secolo diversi esploratori alla scoperta del continente africano. La nuova frontiera si era trasferita altrove , nel sudamerica un intero continente si apriva alla sete di avventura e di nuovi interessi economici.  Augusto Franzoj non rimane sensibile a questo richiamo di avventura. Ad Augusto Franzoj viene offerto dall' Onorevole Gavotti il comando della spedizione in Amazzonia con lo scopo di aprire con l'esplorazione geografica del territorio inesplorato un nuovo sbocco agli interessi economico-commerciali del nostro paese. La spedizione parte da Genova il 10 febbraio 1899 , i compagni di avventura del Franzoj sono : Oreste Mosca , Quintino Pene , Guido Guidone , Antonio Razzaboni.

Appena arrivati in Brasile e durante le prime tappe di avvicinamento alla zona di Manaos  si incontrano le prime difficoltà , una epidemia di febbre gialla sta imperversando sul territorio , e i membri della spedizione ne vengono contagiati , muoiono nel giro di pochi giorni ; Guido Guidone e successivamente Antonio Razzaboni. La spedizione viene abbandonata e dopo la convalescenza dopo la malattia il Franzoj  con Quintino Pene e Oreste Mosca , partono il 5 maggio per rientrare in Italia tra delusione e polemiche.

Per la sua notorietà presero parte ai funerali parlamentari ed esponenti della cultura ; ammiratori della terra  piemontese ed una rappresentanza del Comune di San Germano Vercellese . Fù sepolto nel camposanto di S. Mauro Torinese , ed a ricordo della sua travagliata esistenza è dato ai posteri di leggere questa epigrafe , che si ritiene dettata da Giuseppe Deabate .

 

ad AUGUSTO FRANZOJ

ESPLORATORE  AFRICANO

FORTUNATO ESUMATORE DELLE OSSA DEL CHIARINI

PACE  ALL'ANIMA  SUA

___________

FORTE  COME  UN  LEONE

SOAVE  COME  UNA  COLOMBA

Augusto Franzoj, un eroe salgariano

FranzojCinque duelli in cinque giorni.

Da Mazzini al socialismo: «Non sono schiavo di nessuno, io, nemmeno della libertà!»

«Non sono schiavo di nessuno, io, nemmeno della libertà!». La vita di Augusto Franzoj, da questa celebre frase al cruento, insolito suicidio – premendo contemporaneamente il grilletto di due pistole puntate alle tempie – è tutta all’insegna dell’esagerazione. Tipica di uno scapigliato di fine Ottocento, un “maledetto” nel senso più vero del termine. Un’esistenza contraddistinta dal coraggio, dai grandi ideali libertari e dalla delusione, emblema della generazione che visse le speranze prima, e le contraddizioni poi, del Risorgimento tradito.
Nato a San Germano (Vercelli) nel 1848, appena diciottenne abbandona la famiglia benestante per affrontare una vita spericolata: cospirazioni, prigione militare, un tentativo di suicidio, collaborazioni con giornali rivoluzionari, denunce, processi, duelli, l’esilio in Svizzera, condanne in contumacia, carcerazione, altri duelli, confino, ingenti multe, esplorazioni africane. Un personaggio dalla vita avventurosa, intensa e rabbiosa contro le ingiustizie. A Ginevra, nel 1875, sul giornale socialista “La Plebe” scrive “Lettera di un emigrato”, articolo in cui se la prende con tutto e con tutti. Con le immoralità del governo italiano, con le prepotenze fiscali dalle quali si sentiva costretto a fuggire, con i suoi detrattori. «Crederanno di poter dormire tranquilli. Sciocca speranza!!».

Tra gli episodi che delineano il personaggio è sintomatico quello dei cinque duelli in cinque giorni: a Torino alcuni ufficiali in polemica con il giornale rivoluzionario “Il Ficcanaso”, che aveva in Franzoj una delle firme più pungenti, fanno irruzione in tipografia e malmenano un compositore. Franzoj li raggiunge alla birreria Prussia, afferra cinque berretti militari dall’attaccapanni e li sbatte sulla tavola imbandita dove gli ufficiali stanno cenando. Si guadagna così cinque sfide a duello che onorò con successo: «Ebbero tutti il fatto loro» racconterà in seguito. Nella sua esistenza ebbe modo di conoscere e di farsi apprezzare da Emilio Salgari, nel corso di una conferenza a Verona, e Arthur Rimbaud durante una spedizione (1886) verso i laghi equatoriali dell’Africa. Dopo un’esplorazione in Amazzonia (1899) si ritira a San Mauro Torinese, dove si sposa e diventa padre. Nel 1904 lascia il partito repubblicano e aderisce, ma senza prendere la tessera, a quello socialista; in una memorabile lettera motiva così la sua decisione: «Non sono schiavo di nessuno, io, neppure della libertà!». Poi, nel 1911, il suicidio. Sulla sua tomba si legge: «Con le sue azioni e i suoi scritti onorò l’Italia ben meritando l’incondizionato elogio di Giosuè Carducci».