Il convento di Sanluri

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Il museo

CONVENTO DEI FRATI CAPPUCCINI DI SANLURI
Annidato sopra una collina, a un tiro di sasso dal paese, il convento è accessibile per un'erta salita, oggi un bel viale ombroso di pini, che l'asfalto consente di salire senza scosse. Il viale immette sulla piazzetta antistante la chiesa del convento e di lassù l'occhio gode di un'ampia veduta. Frequente lo spettacolo di stupendi tramonti.
Una posizione silenziosa, per meglio assolvere la sua funzione di luogo di ritiro e di riposo, secondo il desiderio dei religiosi amanti della solitudine, che concilia la meditazione e la preghiera.
Le pratiche dell'apertura del Convento risalgono al 1608 e la posa della prima pietra al 1609 come afferma, sulla base dei documenti, il P. Raffaele di S. Giusta che aggiunge: " Vi cooperò il Vicario parrocchiale Don Pietro Pilaris e vi concorse con la sua munificenza il Marchese di Laconi. Nel 1672 Donna Maria di Castelvì Marchesa di Laconi, assecondando la sua venerazione speciale per il santo di Padova, vi fece edificare una cappella".
La chiesa dedicata a San Francesco, fu restaurata più volte e rifatta. L'attuale conserva dell'antica solo la prima cappella a sinistra di chi entra.
La chiesa che si presenta oggi a tre navate, accogliente, decorosa, era prima ad una sola navata, coperta da volta a botte e con due sole cappelle dalla parte sinistra. Dagli appunti dattiloscritti di Mons. Felice Putzu si rileva che la conclusione degli ultimi lavori fu celebrata solennemente il 4 ottobre 1944, nella ricorrenza della festa di S. Francesco.
La consacrazione dell'altare maggiore, con scalini d'accesso, paliotto e mensa di marmo secondo il progetto del marmista Marchisio, venne fatta da Mons. Emanuelli, Vescovo di Ales, il 3 ottobre 1925, essendo Guardiano il P. Massimo da Pabillonis. Il giorno dopo fu consacrata la nuova campana.
La chiesa fu solennemente consacrata il 7 ottobre 1926 da Mons. G. Menegazzi, cappuccino, Vescovo di Comacchio, che si trovava a Cagliari per la celebrazione del 7° centenario (1226) di S. Francesco d'Assisi. L'altare maggiore, rinnovato con un buon contributo del benefattore Francesco Piras, fu consacrato da Mons. Paolo Botto, Arcivescovo di Cagliari, il 9 ottobre 1954.
La piazza antistante la chiesa, dalla quale si gode un vastissimo panorama, è affiancata a destra dal grande salone del Terz'Ordine, nel quale si svolgono le riunioni del T.O.F, conferenze, attività ricreative e caritative secondo il motto francescano PAX ET BONUM che appare in caratteri spiccati sul muro esterno del salone stesso.

L' OPEROSITA' DEI FRATI

PESTE

IL PERIODO DELLA PESTE

I frati hanno sempre saputo destare la simpatia e la venerazione del popolo sanlurese: per la loro saggezza e per la loro virtù apostolica assicurandosi la gratitudine dei cittadini sin dal 1652-56 quando anche a Sanluri si divulgò la peste. Ad introdurla furono i soldati e i commercianti che facevano la spola tra il capoluogo ed il paese. I Cappuccini si misero subito all'opera per alleviare il male, per incoraggiare le famiglie colpite, per distribuire i medicinali che potevano reperire con fatica. Il Convento metteva a disposizione qualche stanza come infermeria, per l'occasione separata dal resto del convento stesso, la farmacia o spezieria botanica. Sempre, lungo i 400 anni circa di presenza a Sanluri, i frati hanno messo a disposizione tutto ciò che poteva servire agli ammalati. In questo periodo di pestilenza persero la vita:

S'AQUA DE IS PARAS

Frate che attinge l'acqua Per quasi quattro secoli i fraticelli del convento di Sanluri hanno reso un servizio umile e nascosto, ma grande agli occhi di Dio quello, di offrire l'acqua potabile alla popolazione.Fino a qualche decennio fa avere, l'acqua della condotta idrica comunale era un privilegio di poche famiglie. La popolazione che voleva dissetarsi con l'acqua veramente potabile saliva in Convento per una stradina quasi campestre, a metà della quale si incontrava la croce di limite, con sotto la lapide marmorea, in lingua spagnola. Arrivati lassù, i Sanluresi suonavano la campana della portineria e chiedevano la carità di una brocca d'acqua "pro amori'e Deus". In tutto il convento era in vigore la clausura: le persone dovevano consegnare il recipiente al frate, che gentilmente andava alla cisterna, attingeva l'acqua col secchio legato alla fune, poi riconsegnava la brocca alla persona che ne aveva fatto richiesta, felice di aver reso un tale servizio. Insieme lodavano Dio per Sora Acqua.

SA MINESTRA DE IS PARAS

Il refettorio dei poveri, popolarmente detto "sa minestra de is paras", era un'istituzione che vissuta fino agli anni 50 circa si prefiggeva di consegnare una minestra calda ai poveri del paese e dei dintorni, nonchè un pezzo di pane, questuato dal frate durante la mattinata. Chiedere e dare era l'usanza del fratello questuante. Ogni tanto capitava che anche le puerpere, non potendo allattare per motivi di salute, usavano recarsi a chiedere un pò di minestra dei frati per riavere la possibilità di allattare. In casa tornava la gioia per essere state esaudite da San Francesco, per l'umiltà di aver questuato dai questuanti poverelli. Ora che i tempi sono cambiati, la gente sale al convento in gruppo o singolarmente, non per chiedere il pane(che oggi hanno tutti), ma per essere ospitata, per ritrovare se stessa e temprarsi nella fede.

LA LINGUA SPAGNOLA OBBLIGATORIA

LAPIDE IN LINGUA SPAGNOLA Durante il pontificato di Innocenzo XI, essendo provinciale P.Nicolò da Ploaghe, attenendosi alle disposizioni governative che resero obbligatoria la lingua spagnola castigliana oltre che nelle conversazioni e nella predicazione, anche nelle corrispondenze dirette con i Superiori d'Italia, gli atti ufficiali della provincia cappuccina della Sardegna, compresi i registri di amministrazione dei conventi e gli atti di vestizione e di professione religiosa, sono redatti in lingua castigliana, anche se si incominciò con il catalano. Ci danno testimonianza di ciò i documenti dell'epoca, conservati in convento, nonchè la lapide che definisce la proprietà del convento nella salita di accesso. Eccone il contenuto: EL ILLMO Y RMO SENOR DON VICTORIO MELANO ARPO DE CALER CONCEDE 40 DIAS DE INDULGENCJA A TODOS LOS PASANDO DELAN ESTA CRUZ RESREN UN PADRE NUESTRO Y AVE MARIA. Questa è l'ultima iscrizione in lingua spagnola su marmo di tutta la Sardegna.

PERSONAGGI ILLUSTRI VISSUTI NEL CONVENTO DI SANLURI

LIBRO DELLE COMMEDIE

FRA ANTONIO MARIA DE ESTERCYLY

Nato nel 1645, fece il suo ingresso in religione nel 1670 e morì il 26 aprile 1727. Di lui si sa soltanto che durante le sua vita religiosa subì una dura condanna da parte dei superiori, e che le sue opere furono riordinate a Sanluri poichè sono datate Sellury 9bre a 18 ano 1688. Questo codice è un manoscritto cartaceo miscellaneo, segnato M 193 (già S.B. 1-3-63), mm. 148 x 108, legato in pergamena. Numerazione della parte riguardante le opere di Fra Antonio Maria de Esterzili: da 1 a 136, con il medesimo numero ripetuto sul retro, quindi di complessive pagine 272. Dalla data della prima composizione e da quella nella quale l'autore redasse in Sanluri la raccolta, si rileva che egli compose le sue opere tra i 29 e i 43 anni.


FRA SALVATORE DA SANLURI

Sanluri può vantare di avere tra i suoi figli un uomo tutto di Dio. Aveva un animo grande e volle seguire le orme di San Francesco nella vita di abnegazione e preghiera. Il nome impostogli divenne per lui un programma di vita: Salvatore. Cristo è il salvatore perciò da salvato doveva salvare le anime lontane da Dio. Non si conosce la data del suo ingresso alla vita religiosa, si può soltanto dire che nacque tra la sera del sec. XVI ed il mattino del sec. XVII. Fece il suo apostolato tra il convento di Cagliari e quello di Barumini dove morì nel 1669. Fu un religioso del tutto singolare per la sua abituale letizia, visse sempre festoso e gaio.

SANT' IGNAZIO DA LACONI

SANT'IGNAZIONacque a Laconi il 18 dicembre 1701 un bambino di nome Francesco Ignazio Vincenzo Peis, che però fin dalla sua fanciullezza e prima giovinezza i compaesani chiamarono il "Santarello". All'età di 20 anni, nel 1721, entra come frate nell'Ordine dei Frati minori Cappuccini nel convento di Buoncammino di Cagliari. Tutta la sua vita fu una continua prova di umiltà e di penitenza, alla quale si aggiungevano l'innocenza dei costumi, la santa semplicità che primeggiava in tutte le sue azioni, la vita angelica e la continua ricerca della via della perfezione. Ancora in vita, la fama delle sue virtù e miracoli si diffuse in tutta l'isola ed anche in Continente. La sua santità è stata riconosciuta dalla chiesa nel 1951. Umile questuante, più che chiedere seppe "dare" ai bisognosi consiglio, sollievo e intercessione; ora la gente in gran numero lo invoca come intercessore. Data di importante rilevanza per il Convento dei Padri Cappuccini di Sanluri fu il 25/9/1976 giorno dell'arrivo delle spoglie di Sant'Ignazio da Laconi, tale avvenimento venne seguito con particolare fede e devozione da tutta la popolazione. Altra data molto importante e da non dimenticare sarà il 4/10/01 giorno in cui in occasione della festa di San Francesco il simulacro di Sant'Ignazio farà ritorno al Convento di Sanluri.


FRA NICOLA DA GESTURI

FRA NICOLA Fra Nicola nacque a Gesturi il 5 Agosto 1882 da Giovanni Medda Priama Zedda, i quali nel Santo Battesimo gli imposero nome di Giovanni.Entrò nel noviziato dei cappuccini nel Convento di Buoncammino in qualità di Fratello Laico il 30 ottobre 1913 e trascorse 45 anni di vita religiosa nell'umiltà, nella penitenza e nella carità.Nella città di Cagliari, dove questuò per 34 anni fu apostolo di carità e di pace.Morì in concetto di santità l'8 giugno 1958. Il Convento di Sanluri godette molti dei primi 10 anni di vita religiosa di Fra Nicola e ne conobbe i momenti più significativi. Sanluri fu, per Fra Nicola, casa di noviziato,luogo della prima e seconda professione, cioè della temporanea e della definitiva consacrazione a Dio; casa di destinazione come religioso e campo di esercizio sia spirituale che materiale.Luogo allora romito, beato di silenzio e di pace campestri, esso esprimeva il distacco dal mondo e invitava al raccoglimento: l'ampio terreno annesso al convento, parte coltivato a orto e parte coperto di alberi, conciliava il riposo e l'ascesi.Quanti Rosari, sotto quegli alberi, da Fra Nicola e da tanti altri religiosi,prima e dopo di lui, siano stati devotamente sgranati, il cielo lo sa. Sanluri, fu, per Fra Nicola, possiamo ben dirlo, la pedana di lancio verso l'unione piena con Dio.

FRA NAZARENO

FRA NAZARENO Fra Nazareno, al secolo Giovanni Zucca era figlio di Giuseppe e di Faustina Pibiri ed era nato a Pula il 21 gennaio 1911, sesto di nove figli (sei maschi e tre femmine), apparteneva ad una famiglia «distinta per censo e per esemplare condotta cristiana», come scrisse il Parroco Don Francesco Demontis, nella lettera di presentazione del giovane al P. Guardiano dei Cappuccini di Cagliari. Prima di venire fra noi, fu contadino e poi militare. Emigrò in Africa e lì si sistemò gestendo un esercizio commerciale di ristoro (era un bravissimo cuoco!) e di accoglienza . A Sanluri, il 23 settembre 1951, dalle mani del P. Maestro P. Innocenzo Demontis, ricevette il santo abito dei Cappuccini e assunse il nome di Fra Nazareno, nome che per lui era tutto un programma. A Sanluri, un anno dopo, il 24 settembre 1952, emise la prima professione, sempre nelle mani di P. Innocenzo, e tre anni dopo, il 29 novembre 1955, quella perpetua, nelle mani del P. Emilio da Quartucciu, Guardiano del Convento. A Sanluri era rimasto in quegli anni con la mansione di cuoco: molto apprezzato e stimato dai Confratelli sia per le grandi doti di professionalità che per l'amore e la dedizione con cui condiva ogni suo agire. Dopo Sanluri, lo troviamo questuante a Sassari, poi ad Iglesias, Cagliari, ancora a Sanluri, finché, nel luglio del 1977 viene trasferito a Sorso, ove rimane per una diecina d'anni

PADRE PIETRO DA POZZOMAGGIORE

PADRE PIETRO Egli meritò la stima e la devota considerazione di quanti lo conobbero durantela sua lunga residenza presso il Convento di Sanluri.Le sue azioni e la sua intensa attività ispirate alla più sincera carità cristiana,gli procurarono l'ammirazione e la riconoscenza di tutti coloro che egli seppe aiutare con l'assidua assistenza spirituale e anche materiale nella quale si prodigava.La sua condotta fu un esempio di spirito di abnegazione,amore e sacrificio.Ma la sua attività non si esaurì nelle opere di cristiana carità ai bisogni;infatti,sotto la sua iniziativa e il suo concreto interessamento,si apportarono le modifiche di costruzione e i rinnovamenti del Convento che ancora oggi possiamo ammirare.In un solo anno,nel 1935,riuscì infatti ad iniziare e portare a termine la costruzione dell'ampio salone dei Cappucciniche in seguito fu utilizzato come insostituibile sede di attività ricreative culturali e beneficienza.Negli anni seguenti (1939-'40) riedificò quasi completamente la vecchia chiesa dei Cappuccini ormai cadente.


DATE IMPORTANTI

IL MUSEO STORICO - ETNOGRAFICO

INAUGURAZIONE MUSEO Ubicato presso il Convento dei Padri Cappuccini di Sanluri, ideato con sacrificio e costanza, dal dinamico Padre Eliseo Lilliu. L'idea nacque intorno agli anni '70, motivata dallo stato di abbandono in cui versavano gli arredi e suppellettili sacre, destinate inesorabilmente alla rovina. La passione di P.Lilliu per la storia e la tradizione francescana è a tutti nota grazie alla sua collezione personale di oltre undicimila immaginette attualmente conservate nel predetto museo. La realizzazione di questa struttura è una novità nell'isola, sia perchè non esiste quasi nulla di simile altrove, ma anche per l'originalità dell'impostazione e la ricchezza di tematiche che racchiude. E' composto da tre sale divise in due sezioni: una di arte sacra, l'altra di natura etnografica, integrate a vicenda, fornendo al visitatore un'immagine plastica della vita del convento in questi quattro secoli. La sezione di arte sacra comprende una cinquantina di quadri, datati dal 1500 in poi, prevalentemente di soggetto francescano e di autori isolani; una trentina di statue lignee di pregevole fattura (la più antica una Madonna con Bambino, risale al Quattrocento); paramenti sacri; una trentina di pezzi d'argenteria tra calici, pissidi ed ostensori (con qualche esemplare di pisside con punzonatura "arbor", tipica del giudicato di Arborea); una ventina tyra rosari e collane in oro, argento, corallo e madreperla. Di particolare significato è la raccolta di esemplari a stampa: una serie di Corali con canto gregoriano, miniati a mano; una serie di otto Salteri, con stemma francescano, a partire dal 1600 in poi; una nutrita serie di volumi a stampa contenenti scritti di francescani o sul francescanesimo; una collezione di oltre undicimila immaginette sacre, a partire dal 1700 con pregevoli esemplari realizzati a mano dalle suore claustrali. All'interno di questa sezione riscontriamo una triplice suddivisione riguardante il settore missionario, storico ed archeologico. Il settore delle reliquie invece fa ripercorrere una pagina di storia ecclesiastica seicentesca.La seconda sezione del museo ripropone uno spaccato etnografico,ricostruendo fin nei minimi particolari alcuni aspetti della vita dei conventi negli ultimi secoli, con attenzione a determinate specializzazioni. Particolare imporanza viene attribuita al settore farmaceutico: nel 1703 i superiori provinciali, su richiesta del Vicere e degli arcivescovi di Cagliari e Oristano, diedero vita ad una infermeria, che appena sette anni dopo divenne Farmacia Reale, una delle più conosciute della Sardegna. Contiene vasi medicinali, oggetti per l'erboristeria, ed un elenco di religiosi che morirono nei vari centri dell'isola, per soccorrere i malati di peste negli anni 1652-1656. Non minore interesse dedsta l'esposizione di una sessantina di orologi, poichè anche in quest'arte i cappuccini erano esperti: fra tutti viene ricordato fra' Clemente da Escovedu. Il settore tessile presenta un telaio settecentesco, non dissimile da quello usato da Sant'Ignazio da Laconi, un arcolaio, un filatoio, un cardatore; il settore canovaro espone stoviglie, piatti e ceramiche; il settore musicale alcuni strumenti tra cui spiccano le "launeddas" fatte di canne. Infine conclude la carrellata la ricostruzione di due laboratori, uno di falegname ed intagliatore ed uno agro-pastorale. Nel primo venivano confezionati i celebri tabernacoli tipici della scuola cappuccina: eleganti slanciati verso l'alto, spesso intarsiati di osso bianco di garretto, come quello del museo firmato da fra' Appollonio da Sennori nel 1710.L'interesse che il museo desta è notevole, poichè sintetizza la presenza di servizio dei Figli di San Francesco lunga nel tempo ed intensa nei rapporti con il territorio. Questo patrimonio di arte sacra viene gelosamente custodito e salvaguardato, con una oculata scelta e sistemazione del materiale.

Questa pagina web è stata realizzata da: Laura Algozzini, Mariella Pilloni, Anna Lisa Serra, Francesca Pitzalis, Erika Mereu