Parrocchia Sant'Agnese dei Padri Monfortiani - Diocesi di Matera-Irsina
Padre Basilio Gavazzeni (parroco)  - Padre Severino Donadoni (vice parroco)
Piazza Sant'Agnese - Matera - E-mail:basiliogavazzeni@tiscali.it - Tel. 0835 310033
Parrocchia Sant'Agnese - Matera - All'interno del sito  troverai tutte le informazioni che desideri ( Il parroco: Padre Basilio Gavazzeni).          
IL TERRITORIO DELLA PARROCCHIA

Data ultima modifica: 25/01/2004 12.32.44                                                                                                             Home Page

 | La grotta dei pipistrelli | San Francesco | Cristo La Selva | Villaggio saraceno |
IL TERRITORIO - Il territorio della Parrocchia, nel passato, si presentava come una vasta distesa di campi e di pascoli di proprietà di alcune famiglie materane: Gattini, Zagarella, Corazza, Gambetta, Rotunno e altre. Qua e là, sparsi nelle campagne, si ergevano alcuni villini dove i ricchi proprietari trascorrevano le loro vacanze godendo della tranquillità della zona. Oltre ai villini, denominati anche "casini", di cui rimangono diffuse testimonianze, vi erano tre o quattro "casolari" occupati dalle famiglie contadine. Mancavano luce, acqua e le strade erano impraticabili.
Il territorio di
Agna è costituito anche da  altri quartieri, come Cappuccini, La Specchia, San Francesco, Agna Le Piane,  nati  nel secondo dopoguerra e in periodi successivi (Agna Le Piane è sorto solo da alcuni anni), in una zona di aperta campagna che è sempre stata considerata ideale per i convalescenti, perché si respira "aria di mare" (il mare si intravede, splendente, lontano, all'orizzonte, nelle belle giornate di sole, dietro il colle di Montescaglioso, insieme al profilo del Pollino, dell'Alpi, del Raparo e di tanti altri monti).
In queste località, perciò, si portavano anche i bambini colpiti da pertosse per respirare sia "aria di mare" che l'esalazione del letame di vacche, all'interno delle buie e piccole stalle, in locali senza finestre o in grotte che erano numerose  nella zona.
Una volta l'anno, il giorno di Pasquetta, la strada dei Cappuccini si riempiva di moltissimi materani: il pranzo, nei casini  o all'aperto, era costituito da lasagne al forno, farcite di uova lesse, scamorza, salame e polpette, tenute in caldo in grandi contenitori con la carbonella accesa.
Ovunque si accendevano piccoli fuochi per gli arrosti di capretto.  Le numerose bancarelle vendevano, tra l'altro,  arachidi, castagne dei preti, ceci, fave arrostite, ecc. che venivano consumati con un gustoso vino novello.
Le contrade Cappuccini e  Agna, ben esposte a mezzogiorno e protette dai venti di tramontana,  sono sempre state spezzettate in innumerevoli appezzamenti di terreno con casette o grotte, in mezzo a piccoli oliveti, frutteti e vignarelle (da una ricerca svolta nella Scuola Media "A.Volta" nell'a.s. 1990 -91)

GROTTA DEI PIPISTRELLI - LGrotta dei Pipistrellia zona in cui è situata la Parrocchia è costellata di grotte, rifugio per uomini e animali, fin dalle più remote età. perchè si trovano in zone aspre e impervie che consentono la difesa e la fuga (nel passato una folta vegetazione ne  mascherava l'entrata). LA gente del luogo in questo modo era al riparo dalle belve e dani nemici  il cui arrivo si avvertiva per via del rumore prodotto sulla roccia che 2sotto il piè del viator risuona".
Fra tutte le grotte della zona, la Grotta dei Pipistrelli è la più importante, soprattutto dal punto di vista archeologico. Si trova a pochi chilometri dal centro del rione Agna e si raggiunge seguendo il corso della gravina verso Sud-Est (prende il nome dai pipistrelli che vi si stanziano numerosi).
Domenico Ridola dice che l'aspetto primitivo della grotta si è modificato nel tempo: infatti prima vi si accedeva in piano, ora si scende perchè il terriccio nerastro che si era ammassato nei secoli, costituito dallo sterco dei pipistrelli e delle greggi, ricco di sostanza azotate, fu utilizzato come concime dai contadini che per circa un secolo continuarono ad asportarlo. Si racconta che nel mezzo della grotta c'era una chiesetta cristiana distrutta da un re, dopo che aveva sepolta sua figlia insieme ad un ricco tesoro che nessuno mai è riuscito a ritrovare. La grotta fu abitata a partire dal paleolitico fino al fiorire dell'età dei metalli. Numerosi sono, infatti i reperti, oggi conservati nel Museo Nazionale "Domenico Ridola" di Matera, rinvenimenti che testimoniano il susseguirsi di numerosa gente nella grotta. Sono state ritrovate ossa infrante, avanzi di pasti, arnesi di pietra e di ossa molto vari per tecnica e tipo, e frammenti numerosi di vasi diversi per forme e dimensioni. Il fatto che questo luogo sia stato adibito a dimora è testimoniato dalla presenza di più focolari posti vicino l'apertura della grotta.    Inizio pagina

MASSERIA NUOVA, EX GRANCIA DI SAN FRANCESCO - Le masserie sono quelle strutture residenziali-produttive rurali il cui nome deriva dal latino "massae", cioè blocco, insieme di immobili rurali che costituiscono un'azienda rurale. La masserie sono composte  da un insieme di corpi uniti fra loro, con funzioni diverse, circondati da ampi cortili dove si svolgeva la coltivazione dei campi e l'allevamento del bestiame.
Matera offre alcuni esempi di masserie, tra queste una nel rione Agna, precisamente lungo la S.S. 175 Matera-Montescaglioso. Questa masseria è chiamata Masseria Nuova, ex Grancia di San Francesco"Masseria nuova, ex grancia di S. Francesco" il cui attuale proprietario è la famiglia Gattini. E' di origine monastica. E' composta da un'antica torre quadrata che risale al IVX sec. dalla quale si dipartono due bracci, uno verso sud, del sec, XVIII, dove è ubicata la cappella con volta a crociera, costruita nel 1798; l'altro verso ovest del XVI sec. dove si trova la cucina. La masseria è recintata da un alto muro che oltre a contribuire alla difesa, delimita ampi spazi destinati: uno alla custodia degli animali, un altro al pascolo degli agnelli e un terzo all'orto. Il primitivo ingresso della masseria, oggi murato, presenta un arco a tutto sesto con inciso lo stemma francescano. La torre quadrata è divisa in tre ordini: il primo a livello dell'atrio, il secondo a livello dell'attuale cappella, destinato a soggiorno, il terzo composto di due vani, muniti di camino, adibiti a camera da letto. Il coronamento della torre è una semplice cornice sotto cui si aprono le feritoie lineari. Poi ci sono quattro cadotoie decorate con lo stemma francescano che sono poste in corrispondenza delle finestre e due doccioni in terracotta. Nella corte di sono  delle grotte che venivano utilizzate: una per cappella, una per frantoio, una per cantina e la più grande, con camino al centro e con cappa, per il ricovero dei salariati. All'ingresso della grancia su un piedistallo si erge la statua in pietra di San Francesco.
Il convento fu amministrato dai frati fino al sec. XIV. Con le leggi napoleoniche fu soppresso nell'anno 1806, divenendo in parte proprietà del Comune, in parte demanio dello Stato. Nel 1882 il signor Andrea Giudicepietro acquistò il complesso che per successione passò a Nicoletta Vizziello, figlia di Raffaella Giudicepietro e, quindi, agli attuali proprietari, i Gattini. (Tratto da "Masserie fortificate del Materano" di Mario Tommaselli).     Inizio pagina

CRISTO LA SELVA - La chiesa rupestre dedicata a Cristo Crocifisso, in contrada La Selva (per questo comunemente detta Cristo la Selva), è Cristo La Selvacaratterizzata dalla presenza di una facciata in muratura, affiancata da due loggiati identici e simmetrici sui due lati. La facciata, addossata all'originaria parete di roccia, è di stile romanico e termina con un frontone triangolare, con al centro un rosone a quadrifoglio. Isolato dalla chiesa, in posizione dominante sulla sinistra, si eleva un piccolo campanile.
La cripta non è mai stata abbandonata, e questo ha comportato varie trasformazioni e adattamenti nel corso dei secoli, che ne hanno in parte alterato l'originaria struttura. 
La chiesa si compone di una sola navata con soffitto piatto. L'interno è privo di elementi architettonici rilevanti, ad eccezione dei due confessionali interamente scavati nella roccia, posti quasi al centro delle due pareti laterali e composti da tre nicchie comunicanti.
Subito a sinistra dell'entrata alla cripta, una porticina immette nella sagrestia, piccolo vano di forma quadrangolare e con volta a botte; sullo stesso lato si trova un semplice altare ricavato nella roccia; a seguire esisteva un'apertura che permetteva il passaggio diretto dalla cripta al cenobio. Sulla destra dell'entrata si trova invece una spoglia cappella. Sulla parete dell'altare maggiore tre affreschi riproducono scene sacre. L'affresco più interessante si trova però sulla parete interna della facciata, raffigurante una Madonna con Bambino, risalente al XII - XIII secolo.
Sulla destra della cripta, alcuni gradini conducono ad una loggia esterna caratterizzata da due archi a tutto sesto. Oltre la loggia si trova un grande ambiente, che, tranne alcune nicchiette, non presenta caratteri peculiari significativi.
Sulla sinistra della cripta si aprono invece una serie di cavità che costituiscono un vero cenobio, costituito da sei vani di forma e dimensione diversa, posti a livelli differenti l'uno dall'altro. Tali ambienti in origine erano direttamente connessi con la chiesa ipogea. 
All'interno del primo vano, un camino di fattura relativamente recente testimonia la presenza di pastori che hanno trasformato l'originario cenobio in luogo di riposo e di ricovero. Sulla parete di fondo è interessante notare un grande giacitoio incavato e un fornello scavato all'interno di una grande nicchia. Una delle celle successive è delimitata verso l'esterno da una parete in blocchi di tufo e, ancora più esternamente, da una loggia a due archi, identica a quella presente sull'altro lato della chiesa.   
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IL VILLAGGIO SARACENO - Il Villaggio Saraceno, in contrada Vitisciulo, con le sue 70 grotte costituisce uno dei migliori esempi di "Casale", villaggi Villaggio Saracenorupestri sedi di comunità laiche, abitati soprattutto nel periodo medievale.
Il nome, tramandato oralmente da pastori e contadini locali, può essere interpretato in più maniere: una prima interpretazione vuole che il casale sia statoVillaggio Saraceno scavato, fortificato e abitato da pirati saraceni, che avevano adottato questo luogo quale centro per le scorrerie nelle aree limitrofe; una seconda vuole che sia stato scavato e abitato dagli abitanti di Montescaglioso e delle contrade vicine che volevano sfuggire alle scorrerie dei pirati saraceni, che provenienti dallo Ionio, risalivano il Bradano, a quei tempi per un lungo tratto navigabile, per predare i paesi dell'interno; una terza interpretazione, sicuramente la più attendibile, spiega il nome del villaggio con l'appartenenza di tutta quest'area alla nobile famiglia Saraceno.
Il vasto villaggio rupestre occupa una posizione assolutamente strategica: è infatti completamente incassato tra due spalti di roccia, in una valletta laterale del torrente Gravina, che lo nascondono allo sguardo fino a quando non vi si è giunti sopra, mentre lo sguardo degli abitanti del villaggio può spaziare in tutte le direzione per molte chilometri.
La maggior parte delle grotte è esposta a sud - est per ottimizzare le condizioni di insolazione. L'interno delle grotte è sempre arricchito dalla presenza di Villaggio Saracenonumerose nicchie, di "boccole" per appendere lucerne o altri oggetti, di mensole dove riporre le derrate alimentari lontane dagli animali, di camini. Di solito un arco a volta introduce nella camera da letto, piccolo spazio dove sono evidenti sulla parete i fori per infilare i bastoni che reggevano il tavolato su cui dormire.
Sul piano sovrastante le grotte si possono osservare numerose tombe, anch'esse scavate nella roccia, alcune delle quali di piccoli dimensioni, destinate a accogliere il corpo di neonati e bambini piccoli, a dimostrazione che si trattava di una comunità stabilmente insediata in quest'area.
Un discorso a parte, in un ambiente così scarso di fonti sorgive, merita la raccolta e la conservazione delle acque meteoriche: l'acqua, elemento principale per la sopravvivenza della comunità, veniva raccolta grazie ad una fitta rete di canalette scavate nella roccia, ubicate sia nella parte alta che a mezza costa, destinate a convogliare le acque piovane in apposite cisterne, scavate anch'esse nel tufo e successivamente intonacate per ridurre la dispersione del prezioso liquido, presenti in ogni grotta adibita ad abitazione. Grondaie e canaletti scavati superiormente e sui due lati degli ingressi alle abitazioni, impedivano all'acqua piovana di penetrare all'interno delle abitazioni, convogliandola invece ai pozzi di raccolta. Sul fondo del piccolo vallone sui cui fianchi si arrocca il villaggio Saraceno si riscontra la presenza di altri serbatoi, che raccoglievano le acque piovane e quelle di scolo provenienti dai fianchi della valletta, dopo che queste avevano attraversato una serie di rozze vasche di decantazione.
Il Villaggio Saraceno, come molti altri presenti sulla Murgia, è stato utilizzato fino ai primi decenni del '900 da comunità di pastori che hanno adattato molte delle grotte ad ovili, fienili e anche a rudimentali caseifici.
L'importanza del Villaggio Saraceno e il numero elevato dei suoi abitanti è testimoniato tra l'altro dalla presenza di dueCripta di San Luca chiese, a dimostrazione dell'importanza del momento religioso all'interno della comunità laica qui riunitasi.
La cripta del Vitisciulo, ad una navata, ha subito numerosi adattamenti e trasformazioni nel corso dei secoli che ne hanno cancellato o quasi i caratteri originari.
Molto più interessante la cripta di San Luca, considerata un "gioiellino bizantino". L'uomo, nel processo di adattamento e trasformazione di questi spazi rupestri, ha profondamente danneggiato la fattura dell'ingresso alla chiesa. Subito dopo l'ingresso si trova un piccolo vestibolo a pianta rettangolare, dal quale, sulla sinistra, si accede ad un altro ambiente, a pianta quadrata, riconoscibile quale fonte battesimale della chiesa, per la presenza di una conca semicircolare ad un livello più basso rispetto a quello del pavimento. Sulla destra del vestibolo si apre invece una piccola cappella scavata nella roccia, con resti dell'originario altare. Oltre il vestibolo, in successione e posti su piani differenti, si incontrano una serie di spazi liturgici: superati due gradini si accede all'aula della chiesa, caratterizzata dalla presenza di sedili lungo tutte le pareti, con la parete destra arricchita da una croce e da una lesena con capitello a rilievo; altri due gradini e si accede al bema o Sancta Sanctorum della chiesa, articolato in due parti distinte e separato dal resto della chiesa da un'iconostasi ricavata con opera di traforo della pietra; superata l'iconostasi ci si imbatte nel plinto dell'altare centrale, sovrastato da una cupoletta a cerchi concentrici scavata nella roccia, unica decorazione del soffitto, che nel resto della chiesa si presenta invece piano e disadorno; a destra e a sinistra dell'altare si trovano due nicchie asimmetriche (probabili diaconicon e prothesis), mentre nel vano absidale si trova una nicchia con sedile.
(dal sito internet http://www.terredelmediterraneo.org/itinerari/gravina_matera.htm).    
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