Franco Santamaria: Pittura e Poesia/Catalogo, "Difesa"

IMMAGINE E PAROLA
(PITTURA E POESIA)

Franco Santamaria: Immagine e Parola (Pittura e Poesia)

Si consiglia la lettura della PREMESSA e delle PREFAZIONI ä

L'essenza del vissuto nelle parole e nelle immagini di
Franco Santamaria
di Aurelio De Rose

Analizzare il proprio vissuto è l’essenza che ogni essere razionale può avere, in uno con quella di realizzare attraverso il pensiero, una retrospezione intimistica che diviene necessità di trasmettere ad altri le proprie sensazioni.

Tutto ciò può accadere, soprattutto, per una offerta di elementi a cui successivamente, il fruitore possa dare anche una propria relazione di analisi.

Gli elementi che possiamo offrire per questa ultima, ed in questo caso, sono determinati da parole e da immagini che stanno a significare ciò che era nella volontà di offerta e, sono appunto questi che utilizza Franco Santamaria per analizzare e proporre il proprio essere.

La parola e l’immagine divengono quindi gli elementi discorsivi, e ad entrambe, egli fa assumere significati ben definiti. Infatti, sia per quello semantico che nella realizzazione pittorica, Santamaria riesce nell’uso attento che utilizza, a proporre una esatta verifica di una parte del proprio passato.

Queste forme espressive, sia l’una che l’altra, si inseriscono nell’intimo di chi legge ed osserva, facendo in modo che se ne percepisca la sottintesa necessaria volontà di narrazione. Sensazioni dell’animo quindi, che nel discorrere definito del tempo, in questo raccontarsi, evidenziano essenzialmente un legame con la terra natia; quel ritornare alle radici, che in ogni essere umano in possesso di sensibili motivazioni, diviene il fondamento dell’essere stato protagonista e osservatore, ovvero la necessaria rivisitazione che ha l’esigenza esistenziale al definirsi, in uno, con gli eventi.

Santamaria rivive quindi, come in una sorta di “Risveglio”, parte della sua vita e tutto ciò lo fa attraverso la ricerca di elementi naturali e fantasiosi: « da un fossile un seme purificato e la luce » o tra « sentieri di nuvole rossastre », ritrovando quel filo conduttore di cui ha necessità, per esprimere e definire il suo essere presente, e narra non solo le attuali vicissitudini ma, principalmente come accennavo, quella d’essere stato figlio di una terra che, comunque, lo ha delineato e accompagnato nel prosieguo del tempo.

Santamaria riscrive così, man mano riferendosi a trascorsi che lo riportano all’attuale, un suo mondo, fatto di immagini, che diviene quindi, anche volutamente, analisi intimistica.

Tutto il suo dire ha riflessioni che lo riportano attraverso l’onirico « ai sogni della paura e dei voli » e trasvolando in una sorta di viaggio-ricerca, quei sogni li trasforma in visioni che non solo traducono la parola, ma, ne fanno oggetto di metafisiche e surrealistiche espressioni pittoriche.

Ecco quindi che l’albero diviene « Corpo di uno sconfitto guerriero » inserito su una terra che « conosce i suoi morti ». Visione, che assume nella pittoricità espressa, tutta la immaginifica forza della parola detta.
E’ indubbio che la classica natura dei luoghi natii, ovvero quella terra lucana ricca di storia e di dolori, di fame e sassi, che nella sua limpida e mai irascibile donazione ha sofferto spesso in silenzio; è la sostanziale protagonista di queste parole che si traducono in immagini. Tutto ciò va ad aggiungersi poi alla formazione del Santamaria, che per meglio raccontare l’evento, non disdegna utilizzare il suo bagaglio conoscitivo classicheggiante, che purtroppo andrà scomparendo dalla cultura futura. E allora, i sogni, ed un retaggio culturale che per alcuni potrebbe avere significato “antico”, divengono invece protagonisti e si ricollegano al viver d’oggi, al dolore di questo vivere che assumono forma, determinandosi, nei « vulcani » che « spandono lava per pietrificare i fiori di ginestra » . Si potrebbe obiettare che ciò è sempre accaduto, ma il Nostro, fa sua questa espressione narrativa per rivolgersi a chi non lo intende, sottolineando che ancora oggi questo maleficio, annulla con le sue forme di sopraffazione qualsiasi velleità di fioritura.

L’uomo quindi, è solo ! Solo, nella pietrificazione di ciò che lo circonda e lo annulla e nessun dio è in grado né di placare le ire e di ridare fiducia a tutto quanto lo circonda, né di evitare, tutto ciò che accade di illogicità.
Ecco allora, che almeno nella natura, vi si pone l’illusorio che ciò possa essere evitato e Santamaria, affida a parte di questa, ancora incontaminata, quelli che definisce ultimi: « sogno » e « desiderio »! Ovvero la speranza che tutto quanto è possibile salvare su questo pianeta, avvenga attraverso quegli elementi che non hanno subito il malefico intervento dell’uomo.

Così, attraverso la “farfalla” anch’essa sognatrice, ripropone alla visione quei paesaggi lucani fatti di una terra ricca di « gravide spighe » delimitata spesso da « muraglie di fichidindia »: e tutto ciò appare come contrapposizione di un bene con il male. Ma, la nascente crisalide, pur nella sua breve esistenza, diviene messaggio, speranza di ritrovare quei momenti di felicità vissuta e nello stesso tempo dolore di quei « bimbi che inseguono..........l’aquilone ancora prigioniero » che, nella non mutazione degli eventi di morte, ieri come oggi, « sfidano innocenti i sordi schianti delle bombe ».

Un dolore sempre uguale quindi, che Santamaria non semplifica e, nella immagine pittorica definisce attraverso elementi essenzialmente significativi: l’albero, l’arco, hanno subito la distruzione e solo la speranza, dell’aquilone sognato, potrà ridarci speranza. Questa, si riaffaccia in “Millennium tertium” e diviene « seme che sbocci in un’alba felice » ma, se pur desiderosi che ciò avvenga, non si può fare a meno di soffermarsi su quanto di atroce persiste, nonostante i passati dolori.
E’ quindi sentitamente dolorifica la esperienza del Nostro che non lascia eccessive speranze di un migliore domani e, non può far altro che rifugiarsi, così come ha fatto nel leggersi dentro e nel sogno di immagini, nel tentativo di esprimere eventi meno sofferti.

Elementi quindi, che nella loro surreale narrazione compositiva definiscono tutte l’onirica visione, trasferita attraverso i colori. Questi, appaiono caldi nella evidente espressione di solitudine.
Ecco, questo ultimo è il dato più significativo che mi sento di esprimere. Una solitudine che cerca in tutti i modi di non allontanarsi da ciò che più spesso vive in noi: il passato! Quel trascorso dell’io, della vita, a cui nessuno può dare significazioni diverse da quelle che esprimiamo; e Santamaria lo fa, dando un proprio senso a ciò che narra e vive, sia con la parola e che con l’immagine.

Entrambe racconti che si intersecano e definiscono il vissuto!

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PREMESSA dell'Autore

PREFAZIONI
A. De Rose
V. Mazzone
F. Messina
A. Ricci

TRADUZIONE
Marialuisa Anastasio
e
France Ferran

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INTRODUCTION de l'Auteur

PRÉFACES
A. De Rose
V. Mazzone
F. Messina
A. Ricci

TRADUCTION
Marialuisa Anastasio
et
France Ferran

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Quando ARTE e LETTERATURA esprimono, metaforicamente, la dura condizione dell'uomo.

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