Casale di Posillipo
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La zona dove attualmente si insedia il comune di Bacoli fu colonizzata dai Greci dell'Eubea che, a partire dall'VIII secolo a.C., con la fondazione di Cuma, la utilizzarono come base navale per la loro espansione militare e commerciale in Campania e nel restante Meridione.
La tradizione classica vuole che Ercole, raffigurato nello stemma comunale circondato dagli scudetti delle scomparse di Baia, Cuma e Miseno, sia stato il mitico fondatore di Bacoli; tuttavia, anche se meno lontane di quanto indica il mito, le origini storiche di quest'area sono comunque molto lontane. 
Cuma, infatti, fra tutte le colonie greche era la più occidentale ed anche la più antica perciò può essere considerata il primo stato organizzato dell'occidente.
Il geografo greco Strabone riferisce che fu fondata Calcidesi e da Cumani guidati da Ippocle e da Megastene. A queste notizie di Strabone vanno aggiunte quelle forniteci da Livio secondo cui i coloni greci si stabilirono dapprima a Pitecusa, l'odierna Ischia, e più tardi si insediarono sul continente da dove successivamente, una parte dei Cumani fondò Partenope, l'odierna Napoli. Per i coloni greci di Pitecusa l'altura di Cuma, acropoli naturale in riva al mare e dominante la pianura campana, era il punto ideale per insediarsi nella regione, infatti il cosiddetto monte di Cuma, con le sue pareti scoscese era una rocca quasi inespugnabile, facilmente difendibile anche senza fortificazioni.
Le grandi città della Grecia arcaica cercavano nei mari lontani uno sbocco per i loro pregiati tessuti di lana, ceramiche, armi e oggetti di metallo lavorato, inoltre la Grecia stava attraversando in quel periodo una profonda crisi sociale per la mancanza di terra. Per questo motivo l'importanza di Pitecusa e soprattutto di Cuma fu considerevole:  esse ebbero un ruolo di primo piano nella diffusione della civiltà ellenica nella Campania, nel Lazio e perfino nell'Etruria inoltre Cuma fu  una colonia di popolamento, destinata cioè ad accogliere una popolazione agricola che nei nuovi paesi cercava quelle terre da coltivare che non trovava più nella madrepatria.
In seguito a questo rapido sviluppo commerciale ed agricolo, Cuma fu spinta a impadronirsi di territori assai vasti, ma i tempi e gli spazi di questa espansione sono purtroppo poco conosciuti. Sappiamo che a sud e ad est, il territorio di Cuma abbracciò tutta la regione dei Campi Flegrei che, per questo motivo, era chiamata Campagna di Cuma. La città si estese fino al golfo di Napoli che anticamente portò il nome di golfo di Cuma: su esso la città ebbe alcune stazioni e, per un tempo più o meno lungo le mantenne sotto uno stretto controllo; sul lato meridionale dei Campi Flegrei ebbero grandissima importanza Pozzuoli, porto dei Cumani prima ancora dell'insediamento dei coloni Sami col nome di Dicearchia, e Partenope, colonia cumana nonché approdo meridionale.
Cuma introdusse i culti, le arti e la raffinata cultura dei Greci, tra le popolazioni italiche, cui diede l'alfabeto calcidico-cumano che diventò successivamente quello latino.
Questo sviluppo della potenza cumana provocò tuttavia l'alleanza di popolazioni italiche della Campania come i Dauni e gli Aurunci che, al comando degli Etruschi di Capua, aspiravano ad impadronirsi delle ricchezze di Cuma e delle terre coltivate a grano. Ma i Cumani, diretti da Aristodemo, sconfissero gli alleati nel 524 a.C.; con questa vittoria Aristodemo, emblematico personaggio della storia di Cuma, irruppe sulla scena politica. Dopo aver ottenuto un nuovo clamoroso successo ad Ariccia, in difesa della Lega Latina, Aristodemo conquistò il potere con un colpo di stato e lo mantenne per oltre un ventennio finché una congiura alimentata da profughi politici portò alla rivoluzione e alla morte di Aristodemo. 
Nel 474 a.C. Cuma fu nuovamente attaccata dagli Etruschi, stavolta via mare. Per stroncare l'imminente pericolo, Cuma fece ricorso all'aiuto di Gerone di Siracusa, il quale con la sua potente flotta, sbaragliò l'armata navale etrusca appoggiata questa volta anche dai Cartaginesi. 
Nonostante la vittoria, per Cuma iniziò la parabola discendente e, mezzo secolo dopo, i Sanniti, succeduti agli Etruschi nel dominio della Campania, la occuparono (c. 438 o 421 a. C.).
I Sanniti, tuttavia, non osarono distruggere le antiche memorie, anzi costruirono nuovi grandi edifici.
I Romani, dopo la vittoria ottenuta sui Sanniti, nel 338-335 a.C., offrirono a Cuma l'occasione, di riprendere un ruolo importante nella geografia politica dell'epoca: per la sua fedeltà a Roma durante i terribili anni delle guerre di Annibale, ottenne nel 334 a. C., la civitas sine suffragio. Nel 180 a.C. Roma assegnò a Cuma il ruolo di municipium, cioè il pieno godimento dei diritti politici ed i suoi cittadini incominciarono a usare il latino come lingua ufficiale.
Negli anni della guerra civile fra Antonio ed Ottaviano il territorio cumano servì di base alle forze armate e alle navi di Ottaviano e Agrippa che costruirono il porto Julius.
Tutta la zona di Bacoli, della vicina Baia e di Miseno, dipendeva amministrativamente da Cuma e non ebbe mai struttura urbana: in epoca greca, infatti, Baia e Miseno erano solo due degli approdi controllati da Cuma per il controllo del Golfo di Napoli.
Soltanto a partire dagli ultimi due secoli della Repubblica, con lo sfruttamento delle acque termali a scopi curativi,  sorsero le prime ville residenziali lungo tutto il litorale di Bacoli, Baia e Miseno ma fu soprattutto Baia che, in breve tempo, raggiunse una fama eccezionale. Le sue terme erano già conosciute nel II secolo avanti Cristo quando il console Gneo Cornelio (170 a. C.) vi si recò per curare il suo artritismo alle fonti delle acque cumane, ma a partire dal I  secolo a.C., dopo che le coste, infestate dai pirati, furono liberate da Pompeo, tutta l'area cominciò ad assurgere a grande prosperità divenendo il più famoso luogo di delizie conosciuto dai Romani, legato alla fama di quieti luoghi di ozi e di lussi indescrivibili. Grazie alla sua bellezza, alla dolcezza del suo clima ed alla presenza di numerose sorgenti termali, tutta la costa fu presa d'assalto dai patrizi romani che vi costruirono sontuose ville fra cui quelle di Caio Mario, di Licinio Crasso, di Cicerone, di Ortensio, di Varrone, di Pompeo e di Cesare. 
Stazione di villeggiatura alla moda, la più importante dell'impero romano, dire Baia voleva significare acque termali e luogo di lussuria. La sua costa divenne gremita di ville e spesso, per mancanza di spazio, aristocratici e ricchi borghesi si spingevano a fabbricare anche nel mare, su isole artificiali; l'edilizia civile assunse un fasto che forse nemmeno Roma conosceva: i migliori architetti dell'epoca crearono dimore principesche dotate di giardini, ninfei, piccoli teatri privati e stupende fontane con suggestivi giochi d'acqua. 
L'insediamento si sviluppò però senza seguire uno schema urbanistico preciso  in una struttura di tipo non urbano quale potrebbe essere un vicus; del resto è noto che almeno fino al IV secolo d.C. Baia non ebbe uno statuto autonomo poiché dipendeva politicamente e amministrativamente dalla vicina Cuma.
L'importanza dell'intera zona era cresciuta ulteriormente sotto Augusto, soprattutto con le opere realizzate da Marco Vipsanio Agrippa e con la designazione di Miseno, al posto del cumano Portus Iulius, a base navale militare. Lo stanziamento della flotta tra il 31 e il 12 a.C.,  e la deduzione di una colonia militare tra Punta Sarparella e Punta Terone conferì all'insediamento militare di Misenum compattezza urbana ed autonomia amministrativa, distaccandolo dalla tipologia residenziale propria della regio baiana. Augusto aveva fatto della flotta uno strumento di potere personale dell'imperatore per cui Miseno, il principale porto militare di Roma divenne una sorta di feudo particolare delle famiglie imperiali. Anche se Misenum, aveva conosciuto una parentesi residenziale e le sue coste ospitavano sontuose ville, come quella di Cornelia, madre dei Gracchi, la zona tornò alla sua antica vocazione portuale.
La villa imperiale di Bauli fu inglobata nel Palatium, immensa residenza imperiale di Baia, ricca di ville, giardini, teatri, terme, porticati e piscine, che la resero pari alle monumentali regge dell'Oriente. 
Gli imperatori, soprattutto quelli della dinastia giulio-claudia, la amarono particolarmente: a Baia morì ventenne nel 23 a.C., Marcello, il nipote di Augusto, designato come suo successore, a Baia Tiberio fece esporre i regali che aveva scelto per il suo fidanzamento; tra Baia e la diga di Pozzuoli Caligola fece realizzare  un ponte formato da navi da carico unite tra loro e ricoperte di terra per raggiungere Puteoli a cavallo insieme ai suoi soldati, nella più folle impresa della sua vita; Claudio fece costruire terme per il suo liberto Poside; Nerone fece realizzare la costruzione di una piscina che si estendeva da Miseno al lago d'Averno, interamente coperta e circondata da portici nella quale dovevano essere convogliate tutte le acque termali di Baia, e sviluppò la macchinosa trama per eliminare la madre Agrippina  che a Bauli fu uccisa.
Sull'incanto di questi luoghi poeti e prosatori latini descrissero le meravigliose ville e i ben curati giardini di personaggi in vista dell'epoca, ma parlarono anche del fascino corruttore di questi luoghi, dei quali descrivono gli smaglianti colori e l'amenità del paesaggio. Le notti baiane, ebbre di musica, vino  e  donne  facili, furono descritte da Seneca,  il  quale  dipinse l'ambiente sfavillante e i suoi spettacoli che gareggiavano di bellezza con quelli dell'egiziana Canopo, famosa città del peccato. Durante l'Impero Cuma rimase al di fuori del grande movimento urbanistico che aveva interessato Pozzuoli, Bacoli e Baia e divenne una città semideserta. Divenuta uno dei primi centri cristiani della Campania, i templi di Cuma subito dopo il 313 si trasformarono in basiliche cristiane.
Nel IV secolo, con la decadenza della flotta militare dell'Impero d'occidente cominciò a decadere anche Miseno tanto che nel VI secolo, della base navale di Miseno si era perso perfino il ricordo.
Con la caduta dell'Impero romano, le invasioni barbariche, le guerre greco-gotiche e le invasioni longobarde tutta la costa flegrea, e in particolar modo gli approdi portuali, patì la povertà ed il decadimento definitivo. Ma le cause prime dell'abbandono e della rovina furono, tuttavia, eventi naturali, come il fenomeno del bradisismo: l'inabissamento graduale della costa conobbe un aggravamento repentino e imprevisto tra il VII e l'VIII secolo d.C..
La fortuna di Bacoli declinò rapidamente e le colline, costellate di splendidi edifici, ben presto si coprirono di selve e un triste silenzio scese sui ruderi dei suoi grandiosi monumenti che il bradisismo aveva col tempo fatto in gran parte scomparire nel mare. Cuma nel VI secolo, divenne teatro delle aspre lotte fra i Goti e i Bizantini; devastata nel X secolo dai Saraceni, decadde riducendosi a semplice castello dove cercavano riparo i predoni e i corsari finchè, nel 1207, la cittadella fu messa a ferro e fuoco dagli abitanti di Napoli e di Aversa per stroncarne l'attività piratesca e, con la traslazione delle reliquie di Santa Giuliana nel Monastero di Donnaromita a Napoli, si concluse la lunga storia di questa città che divenne una tranquilla località di campagna con molte zone incolte, anche a causa dell'impaludamento del fiume Clanis.
Anche lo splendore di Baia diminuì con la crisi dell'impero, anche se per tutta la tarda antichità, il Medioevo ed il Rinascimento, Baia, per le sue terme e per il sicuro approdo del suo porto conservò notevole rinomanza e Petrarca si entusiasmò di fronte alle sue rovine. Tuttavia la guerra fra aragonesi e francesi combattuta dal 1494 al 1503 e il disastroso terremoto del 1530 ed il bradisismo trascinarono gran parte della costa di Baia nel mare, dove i palazzi e i monumenti sono insabbiati per 5-10 metri sotto il livello del mare per oltre 400 metri dalla costa.
Secoli e secoli di buio nei quali le sue terre furono classificate vacue, cioè abbandonate, e Bauli non fu mai più nominata da alcuno.
Intorno al XVII secolo, si registrò un lento risveglio: alcuni coloni provenienti da Procida, da Pozzuoli e dal casale di Posillipo, gruppi familiari resi intrepidi dalle vicende storiche, dalle sofferenze patite e dai bisogni economici e raggiunsero l'attuale Bacoli e cominciarono a disboscare quelle terre ormai abbandonate da secoli; questa iniziativa fu accompagnata dall'opera di una colonia di agricoltori ebrei, passati alla condizione di cristiani novelli i quali, verso il 1650, si trasferirono numerosi sulla penisola. L' opera di bonifica del territorio di Bacoli esaltò l' azione di questi pionieri, che sfidarono le febbri malariche e la mancanza di ogni conforto civile sul territorio paludoso e deserto e l'antico insediamento di Bauli riprese a vivere, divenendo noto prima come Bacula e poi come Bacoli. 
Per oltre un secolo le condizioni del paese rimasero pressoché invariate: ai primi del XIX secolo esso era costituito da due file di modeste casupole abitate da povera gente per lo più dedita alla pesca e all'agricoltura.
In seguito Bacoli accrebbe la propria importanza affermando un suo ruolo di centralità in rapporto al territorio, centralità che portò il paese all'autonomia amministrativa, definitivamente raggiunta il 19 marzo 1919, quando a quella che fino ad allora era stata una frazione di Pozzuoli fu riconosciuto lo statuto di comune. Agli inizi del XX secolo, inoltre, scavi archeologici sistematici e la bonifica del territorio riportarono alla memoria l'antichissima Cuma.
Da allora Bacoli è cresciuta divenendo un centro turistico, industriale e commerciale d'avanguardia e, non a caso, ha rappresentato  la provincia di Napoli in occasione della mostra dei Cento Comuni d'Italia che si è svolta a Roma nel 1987.