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Telegrafo
in uso presso la stazione di Bonorva sino al 1919. Il telegrafo rappresentò
la prima forma di comunicazione remota in ambito ferroviario, la comunicazione
avveniva utilizzando il cosiddetto alfabeto "Morse" che associa ad ogni
lettera dell'alfabeto la codifica di linee e punti immessi per mezzo di
un apposito tasto e successivamente trasformato in impulsi elettrici.
La trasmissione avveniva via cavo e l'apparecchio ricevente trascriveva
la successione di impulsi ricevuti su di una striscetta di carta che l'operatore
poi provvedeva a tradurre. |
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Divanetto
in legno e ferro lavorato di sala d'attesa proveniente dalla stazione
di Abbasanta, il gemello è esposto al museo ferroviario nazionale di Pietrarsa;
sono raffigurate le quattro stagioni |
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Bilancia
a piatti. Poiché molto spesso le stazioni fungevano anche da uffici postali,
ma soprattutto al fine di poter calcolare le tariffe per il trasporto,
le stazioni erano dotate di bilance a piatti, la cui precisione veniva
annualmente controllata (come avviene ancora oggi) dai funzionari dell'Ufficio
Metrico; se la verifica era positiva sul piatto veniva impresso, tramite
un punzone, un simbolo e l'anno di verifica. Basta quindi osservare i
piatti per far risalire con certezza al 1889 l'entrata in servizio di
questa bilancia tuttora così sensibile da poter pesare un foglietto di
carta. |
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Apparecchio
misto telegrafico-telefonico per la comunicazione lungo linea; la chiamata
poteva avvenire nei due modi a seconda delle condizioni del cavo di comunicazione
o se una delle due linee risultava occupata |
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Tachigrafo
di locomotiva 740, dal funzionamento identico a quello degli attuali strumenti
installati sui camion, consente sia di visualizzare la velocità della
locomotiva che di registrarla grazie ad una strisciolina di carta azionata
da un meccanismo ad orologeria. Un pennino collegato all'ago del contachilometri
riporta la traccia della corsa su carta, permettendo di controllare la
marcia del mezzo, sia in termini di velocità che di regolarità, i regolamenti
ferroviari erano e sono molto rigidi per quanto riguarda eventuali ritardi
non imputabili a cause precise. |
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Triciclo
per vigilanza alla linea, utilizzato sino al 1984 dai ferrovieri del 3°
tronco lavori di Iglesias che lo hanno amorevolmente conservato in condizioni
d'uso. |
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Salotto
proveniente dalla carrozza Reale con sede a Cagliari, distrutta da un
incendio durante i bombardamenti della II guerra mondiale. Il velluto
originale era di colore rosso. Occorre notare il prezioso intarsio ed
il meccanismo di apertura e chiusura del tavolo che consentiva il passaggio
od il lavoro. Le poltroncine, di altezza ridotta, furono realizzate su
misura per il Re Vittorio Emanuele III, che era alto appena un metro e
quarantotto. In alcune foto dell'epoca è possibile osservare come le persone
più alte sedessero disinvoltamente sui braccioli del divano. |
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Strumento
di blocco ancora in uso nelle linee secondarie, serve per instradare con
sicurezza i convogli nei vari itinerari tramite il blocco automatico di
tutti gli altri percorsi intersecanti quello scelto, blocco che avviene
sia tramite l'azionamento dei segnali che dei deviatoi. Le manovre anomale
sono possibili solo mediante la rottura fisica di un apposito sigillo
di sicurezza da parte del personale incaricato. |
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Modello
funzionante della N/T Gennargentu, è possibile notare come tramite le
eliche trasversali l'attracco possa avvenire senza l'aiuto dei rimorchiatori,
e come all'interno possano trovare posto anche mezzi ferroviari. |
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Cassaforte
a muro con apertura "maliziosa", mai violata grazie all'estro del costruttore
che ha affidato ad un bimbo il segreto della cassaforte. Solo introducendo
una chiave a spillo sotto il velo che cela i genitali del fanciullo si
aziona il meccanismo che provoca l'apertura dello sportellino in cui introdurre
le due chiavi principali. |
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