Sardigna Natzione - Indipendentzia

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TOTU IMPARE PRO SA INDIPENDENTZIA DE SA NATZIONE SARDA

Est arribada s'ora de cumintzare sa bardana pro torrare sa Sardigna a sos Shardanas

Sa tzerachia batut miseria sa suverania batut prosperidade

Tzeladu su ventu sardista si pesat su ventu de s'indipendentzia

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RELATA DE SA DELEGATZIONE DE SARDIGNA NATZIONE A SA CONSEU

PER LA COSTRUZIONE DELL’EUROPA DEI POPOLI E DELLE NAZIONI

Sardigna Natzione è un movimento politico indipendentista impegnato in una lotta di liberazione nazionale della propria patria, la Sardegna. S.N. è impegnata anche nella lotta contro il liberismo e il mondialismo, contro le discriminazioni razziali e di qualunque tipo. intende chiarire che il nazionalismo è un’idea di liberta e di liberazione che non contrasta con la lotta per i diritti individuali e di classe degli oppressi, degli sfruttati e delle vittime del sistema capitalistico. Sardigna Natzione ha una sua motivazione ed una sua storia, nasce da una maturazione politica ed organizzativa compiuta dal nazionalismo sardo. Negli anni settanta, alcuni circoli nazionalisti, non riconoscendosi nella fallimentare politica autonomistica del Partito Sardo D’Azione, diedero vita a dei movimenti non ancora chiaramente indipendentisti ma schierati tutti per l’autodeterminazione del popolo sardo.  Il più importante di questi movimenti fu SU POPULU SARDU, che con lo slogan SARDIGNA=COLONIA iniziò la sua lotta per l’autodeterminazione economica, culturale e sociale del popolo sardo. Negli anni ottanta i nazionalisti sardi si resero conto che bisognava superare l’indeterminatezza del concetto di autodeterminazione e rivendicare con forza e chiarezza l’indipendenza della nazione sarda.

Chiusa l’esperienza di Su Populu Sardu, parte del quale confluì nel PSd’Az, Angelo Caria, ex lider di S.P.S   fondò il Partidu Sardu Indipendentista .  Il partidu sardu indipendentista, costituito da patrioti che hanno giurato fedeltà alla patria sarda, volendo costruire una casa comune per tutti i nazionalisti sardi, superando la distinzione tra destra, sinistra e centro, insieme ad altri movimenti, sardisti, federalisti e nazionalisti ha dato vita alla meravigliosa esperienza di SARDIGNA NATZIONE.

Sardigna Natzione, non è un partito e forse neanche un semplice movimento politico, è qualcosa di nuovo che non può essere facilmente etichettata in senso tradizionale.

Al suo interno vi sono diverse “anime” politiche, tutte ugualmente preziose, perché stimolano il dibattito interno e sono saldamente unite dalla comune rivendicazione nazionalista sarda.

La sua struttura politica attuale è costituita da un coordinamento nazionale, massimo organo decisionale, attualmente composto da 43 componenti in parte eletti e in parte cooptati, una direzione nazionale composta da 5 membri fissi e 2 ad acta e da un coordinatore nazionale.

Siamo presenti in questa importante conferenza perché riteniamo che la nostra lotta sia la stessa che altre nazioni oppresse come la nostra stanno conducendo all’interno dei rispettivi stati nazione e dell’Europa. Siamo dei nazionalisti libertari, abbiamo la certezza che il riscatto del nostro popolo e di tutti i popoli oppressi passi per l’indipendenza. Per un indipendentista sardo del 2000 il nazionalismo libertario, e la più alta applicazione delle idee di liberta, di uguaglianza e di fratellanza non solo tra individui ma tra popoli e nazioni espresse o non espresse in stati indipendenti. La costruzione di un nuovo modello di aggregazione tra popoli, basato sui principi del nostro nazionalismo e sul rispetto dei diritti individuali e sociali è dunque la nostra aspirazione e per ora la nostra utopia. Il nazionalismo indipendentista e il nuovo spettro che si aggira per 1’Europa e per il Mondo e 1’anelito di liberta dei popoli oppressi delle nazioni ”proletarie” che non vogliono impinguare il capitale degli stati-nazione e vogliono avere con essi e con le altre nazioni un rapporto paritario e di reciproca dipendenza. Lo spettro dell’indipendenza non deve far paura a1 popolo sardo, non e uno spettro foriero di isolamento e miseria ma piuttosto di apertura e di prosperità. L’indipendenza che noi vogliamo non è ne separatismo, ne autarchia, ne isolazionismo è piuttosto il rifiuto di un rapporto di dipendenza unilaterale e di un separatismo imposto che ci impedisce di entrare nella democrazia della interdipendenza tra popoli. Il nostro indipendentismo è un meraviglioso assurdo logico, è la sommatoria delle dipendenze che si ottiene aggiungendo alla nostra dipendenza dall’Italia quella dalla Francia, Dalla Germania, dalla Turchia e da tutti gli stati del mondo, è il contrario del separatismo e dell’isolazionismo, è la volontà di portare il popolo sardo ad avere un rapporto paritario con tutti gli altri popoli. In tutto ciò non c’è ne massimalismo, ne avventurismo, ci sono invece i presupposti fondanti per l'unico modello di interrelazione tra popoli che permette di sostituire lo scontro con il confronto.Per uscire dalla sfera dell’utopia, costruire il concreto, bisogna determinare strategie, alleanze e riferimenti necessari per condurre la lotta di liberazione nazionale e sociale della nazione sarda e di tutte le nazioni oppresse. Una lotta che non può essere condotta solo all’interno e contro gli stati nazione che ci tengono in sudditanza ma che deve trovare le occasioni e i modi per concretizzarsi in un fronte unico almeno a livello europeo. 

Lo stato italiano, ultimo diretto oppressore della nostra terra. non e il so1o nemico della nazione sarda, il nostro popolo insieme agli altri popoli oppressi potrebbe essere una delle prime vittime della nuova forma di imperialismo economico e sociale che il capitalismo internazionale sta imponendo con la globalizzazione dei mercati e la religione del liberismo.

1l nuovo mostro del capitalismo multinazionale, dopo aver debellato l'illusione resistenziale dell’internazionalismo proletario, sta dilagando e sembra abbia la forza di far soccombere non solo le sovranità rivendicate ma anche quelle gia espresse. Gli stati-nazione, nostri oppressori diretti, strumenti e figli del capitalismo nazionale ed internazionale, colonialisti ed imperialisti per formazione, se 1a nostra lotta sarà incisiva e determinata, possono soccombere. Erano gli stati-nazione che fino a ieri hanno tenuto in mano la programmazione economica, nazionale, europea e mondiale. Questo ruo1o, non più necessario al liberismo imposto e garantito dalla potenze economica e militare americana, è cessato bruscamente lasciando economie come 1a sarda e come quella di molte nazioni senza stato, fino ad oggi sotto ”tutela ”, in balìa del libero mercato mondiale, senza avere diretta rappresentanza politica nelle sedi preposte e con un aggravio della dipendenza dagli stati centrali che per rifarsi dai danni causatigli dalla giobalizzazione non possono fare altro che riversare i maggiori oneri sulle proprie colonie e sulle zone deboli.

 In questo contesto, prendendo in considerazione la situazione sarda, 1a grave situazione in cui si trova oggi l'economia sarda, tenuta in piedi dai partiti italiani più per scopi politici che economici, diventa improvvisamente drammatica. Vengono a mancare improvvisamente i punti di riferimento politici, considerati ormai acquisiti e consolidati, essi non sono in grado di trovare soluzioni ai problemi che pone il mondialismo, il caos e 1’insicurezza sta ormai permeando 1’ordinamento sociale . La globalizzazione e la mondializzazione stanno stravolgendo le regole dell’economia mondiale, il capitale non vuole avere più nessun tipo di limite o di ostacolo, vuole mondializzare un modello sociale che gli permetta di prosperare ed autoalimentarsi. In questo modello sociale, non solo non c’e posto per i valori ambientali, culturali, sociali ed individuali, ma non c’è posto neanche per la soggettività politica degli stati e tanto meno delle nazioni senza stato. Ampi strati sociali del nostro popolo stanno ormai per essere schiacciati a causa della marginalizzazione della nostra economia imposta dalla dipendenza e aggravata dalla globalizzazione dei rapporti economici, rispetto ai quali ci è impedito di essere protagonisti. Oggi più che mai è dunque necessario lottare per una concreta soggettività politica ed economica della nostra nazione e di tutte le nazioni senza stato. Non possiamo permettere che vada avanti il progetto di costruire un’Europa degli stati che riconosca solo la soggettività politica ed i diritti degli stati membri e  quelli delle nazioni e dei popoli   presenti in Europa. Bene ha fatto il CIEMEN a convocare questa conferenza, è un passaggio necessario ed obbligato se vogliamo cogliere l’occasione storica che si sta presentando ai nostri popoli. E’ in questa occasione che dobbiamo prendere atto che:

-          Le nazioni cui appartengono le organizzazioni presenti in questa conferenza rappresentato un rilevante parte dei cittadini della futura Europa politica. Uniti abbiamo dunque un forte potere contrattuale nei confronti dell’Europa o meglio nei confronti dei cosiddetti stati membri.

-          Solo noi uniti siamo in grado di mettere sul piatto della bilancia contrattuale europea il ridimensionamento o eliminazione dei vari conflitti, anche armati, a cui vanno incontro molti degli attuali stati membri.

-          Difficilmente gli stati-nazione, membri della C.E. o in procinto di esserlo, saranno propensi a cedere alle pressioni, anche armate, esercitate dalle lotte di liberazione nazionale delle nazioni senza stato. Anche avendo costi umani e finanziari non indifferenti, per non apparire deboli e  non perdere oltre che gli interessi coloniali anche la faccia nei confronti degli altri stati nazione, continueranno ad imporre la sudditanza ai nostri popoli. Questo impedimento verrà a mancare se si riuscirà a porre in atto una contrattazione complessiva delle nostre questioni nazionali. Solo in questo modo gli stati nazione, che lo vorranno, avranno l’occasione di rinunciare alle sudditanze imposte alle nazioni senza stato e porre fine ai relativi conflitti , e quelli che non lo vorranno saranno costretti dai primi, i quali vorranno giustamente che tutti i conflitti nazionali vengano eliminati   al fine di poter dare corso alle proprie strategie economiche senza interferenze derivate da questioni interne irrisolte di altri stati nazione.

-          Le nostre questioni nazionali sono questioni politiche e politicamente vanno risolte . Gli stati nazione che ci tengono in sudditanza devono riconoscere l’esistenza e la soggettività delle nostre nazioni, devono riconoscere che la loro presenza nei nostri territori nazionali è una chiara dominazione coloniale e dunque in nostro sacrosanto diritto all’autodeterminazione. Autodeterminazione intesa come assoluta indipendenza, qualsiasi altra significanza sarebbe una semplice riverniciatura della dipendenza. Dobbiamo essere nelle condizioni di accettare o rifiutare qualsiasi rapporto di tipo economico e politico con altri stati singoli o aggregati, anche di rifiutare l’appartenenza alla Comunità Europea .

Preso atto di quanto detto ne consegue l’assoluta necessità di porre in atto un processo comune a tutte le nazioni senza stato, formare un fronte unito di contrattazione indisponibile ad accettare soluzioni minimali che ripropongano forme simili alle cosiddette  “Autonomie”, speciali o meno, o federalismi calati dall’alto. Qualsiasi forma di rapporto con gli stati o con l’Europa dovrà essere alla pari, dovrà avere come presupposto la piena soggettività politica dei contraenti.

Anche la futura costituzione europea dovrebbe nascere dal rispetto di tale presupposto, piena indipendenza dei contraenti, e si vuole costruire l’Europa dei popoli e non degli stati. Alcuni punti fermi, vanno comunque mantenuti;

-          Assoluto rifiuto della “Carta dei diritti “ nella forma e nei contenuti con cui è stata approvata a Nizza. Non è assolutamente accettabile che le uniche identità nazionali riconosciute siano quelle degli stati membri e che al futuro cittadino europeo  vengano riconosciuti solo i diritti sociali e negati invece i diritti di appartenenza alla propria nazione, diritti etnici. ( Si allega una proposta di correzione della Carta dei diritti europea).

-          Chiarimento della differenza tra stato e nazione. Lo stato membro in nessun caso, nella carta costituzionale europea, dovrà essere inteso come identità nazionale e non statuale come propriamente le si conviene. Non è una questione di forma ma di sostanza se si vuole eliminare lo stato nazione, mostro ottocentesco che continua alimentarsi imponendo patrie e culture ai popoli come i nostri.

-          Europeizzazione immediata, delle contrattazioni, più vantaggiose per la nostra causa, avvenute tra stati e nazioni impegnate nella propria lotta di liberazione nazionale.

-          Impegno della C.E. a difendere i diritti delle nazioni senza stato, previsti nella futura carta costituzionale, e a sanzionare gli stati membri che li violino.

-          Nelle more della ricontrattazione dei rapporti tra stati e nazioni senza stato i nostri territori nazionali dovranno essere riconosciuti come collegi unici in occasione delle elezioni europee.

-          Riconoscimento delle nostre lingue come lingue ufficiali della Comunità Europea.

Barcellona 19/01/2001                        

                             LA DELEGAZIONE DI SARDIGNA NATZIONE

 

Bustianu Cumpostu – Coordinatore Nazionale

Gavino Sale             -   Responsabile delle relazioni internazionali

Giampiero Deidda   - Membro del Coordinamento nazionale