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LA SARDEGNA E LA LOTTA PER IL
DIRITTO ALLAUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI Donostia 7/12/02Un saluto fraterno a
tutti i figli liberi delle nazioni impegnate nella lotta di liberazione nazionale del loro
popolo e a quelli che la lotta la hanno già vinta. Un ringraziamento molto forte ai
compagni baschi di Udalbiltza che hanno organizzato questo incontro e una incondizionata
solidarietà verso i patrioti baschi di Batasuna che stanno subendo la repressione
fascista del governo spagnolo. Per arricchire il dibattito sul tema di questo convegno
internazionale, con un breve intervento in rappresentanza del movimento indipendentista
Sardigna Nazione Indipendentzia vi informerò sulla situazione sarda. In Sardegna, grazie anche allazione di sensibilizzazione
svolta dagli indipendentisti di Sardigna Natzione Indipendentzia, il livello di coscienza
nazionale del nostro popolo è cresciuto. Lazione di contenimento svolta dai partiti
unionisti, italiani e italianisti, non è riuscita ad impedire che la maggioranza dei
sardi prendesse coscienza di appartenere ad un popolo con particolarità fondamentali che
lo rendono diverso da quello italiano. I partiti politici presenti in Sardegna, sono stati
costretti non solo a misurarsi con il problema nazione sarda e rivendicazione dei
suoi diritti nazionali ma a dedicare alla questione spazi sempre più rilevanti
della loro azione politica. E in questo contesto che partiti unionisti e
autonomisti, per arginare la volontà e la necessita di soggettività politica del popolo
sardo, hanno dovuto presentare delle proposte di riforma dello Statuto di Autonomia della
Regione Sardegna. Lattuale statuto che regola i rapporti tra lo stato italiano e la
regione sarda, anche se riconosce al consiglio regionale tre livelli legislativi e prevede
competenze sul governo del territorio e delle risorse finanziarie, si è rivelato,
infatti, come il migliore strumento per rafforzare la sudditanza della Sardegna e per
accelerare il processo di italianizzazione del nostro popolo. Le proposte di riforma dello
statuto sono di tre tipi; La prima, proposta Istituzionale, contenuta in due disegni di
legge, praticamente uguali, presentati dagli ex fascisti di Alleanza Nazionale e dagli ex
comunisti dei DS assegnano al Consiglio Regionale, allottanta per cento italianista,
il potere di riformare lo Statuto. Visto il servilismo dei legiferanti, lo statuto
riformato sarebbe sicuramente peggiore dellattuale. La seconda proposta, detta
La Costituente, fatta da un gruppo trasversale che va dal centro destra al
centrosinistra, chiede al governo italiano che i sardi possano eleggere unassemblea
costituente, con sistema proporzionale, che si assuma il compito di scrivere il nuovo
statuto. La proposta ha degli aspetti positivi perché chiamerebbe il popolo sardo ad
eleggere i propri costituenti e perché comunque riconoscerebbe la popolo sardo una pur
limitata soggettività. Liter di tale proposta, non solo si sta rivelando difficile
e piuttosto lungo, ma sta costringendo i proponenti a palesare la loro vera funzione di
vassalli dei partiti italiani e a rendere evidente la strumentalità della loro proposta.
E sempre più evidente che si vuole illudere il popolo sardo facendogli credere di
potersi davvero dare una propria costituzione quando in realtà ci si propone solo di
arginarne le aspirazioni nazionaliste e mantenerne il controllo elettorale. Meno servile
verso lo stato italiano ma altrettanto unionista, nellambito della proposta
costituente, appare la proposta del Partito Sardo Dazione, che chiede di procedere
alla nomina dellassemblea costituente con legge regionale senza aspettare il
beneplacito del governo italiano. La terza proposta che è stata presentata, al senato italiano,
dal senatore Cossiga e al consiglio regionale dal presidente dellUDR Mario Floris,
propone di adottare per la Sardegna uno statuto del tutto simile a quello della Catalogna.
Detta proposta è stata chiamata Noa Carta de Logu, in onore alla Carta de Logu
costituzione del Giudicato di Arborea, governo della Sardegna nel momento che lisola
ha goduto di indipendenza. Nessuna di queste proposte è condivisa o appoggiata da noi
indipendentisti in quanto sono tutte assolutamente unioniste e non mettono in discussione
lo stato di sudditanza verso lItalia e non riconoscono alla nazione sarda il diritto
allautodeterminazione ed allindipendenza come presupposto per poter
contrattare qualsiasi tipo di rapporto con lItalia o con lEuropa. Sia i sostenitori dellAssemblea Costituente, che i sostenitori della via Consiliare non solo vogliono arrivare alla riformulazione dello Statuto Sardo senza mettere in discussione litalianietà dei sardi e dunque senza prima passare per il riconoscimento dello status di nazione al popolo sardo, ma vogliono continuare a giocare la partita della soggettività del popolo sardo nel ristretto campo italiano non considerando che ormai la vera partita si gioca nel campo europeo. La loro impostazione ripropone, quasi fosse una nemesi storica di sudditanza, la fallimentare iniziativa degli stamenti sardi ( una specie di consiglio regionale) che nel 1793 portarono al cospetto del re piemontese la petitoria (rivendicazione ) di 5 punti di sovranità, con lillusione, ieri come oggi, che uno stato oppressore possa andare contro i propri interessi e favorire le condizioni per far crescere la volontà di riscatto di un popolo in sudditanza. Qualunque riscrittura dello Statuto e qualunque proposta di federalismo che non riconosca al popolo sardo lo status di nazione diversa da quella italiana ed il suo diritto a costituirsi in stato, sarà una mera riverniciatura dellattuale trattato di sudditanza. E inutile illudersi che lo stato italiano possa concedere ai sardi qualcosa di diverso dalla dipendenza. Una contrattazione bilaterale tra una nazione senza stato e uno stato-nazione non porterà mai alla soggettività della nazione impedita. Difficilmente gli stati-nazione come lItalia, la Francia, la Spagna e lInghilterra cederanno alle pressioni, anche armate, esercitate dalle lotte di liberazione nazionale delle nazioni senza stato. La Sardegna sta nella stessa barca della Corsica, dei Paesi Baschi, della Catalogna e di tutte le nazioni senza stato dEuropa, è più probabile una soluzione complessiva in sede europea piuttosto che in seguito ad una trattativa di petituria ( richieste servili ) del popolo oppresso verso il potere oppressore. E questa la scommessa sulla quale, noi indipendentisti sardi, crediamo e intendiamo puntare, costringere lEuropa ad una trattativa complessiva con le nazioni senza stato, espropriare gli stati-nazione del potere di decidere sul diritto allautodeterminazione dei popoli che tengono in sudditanza. Solo se si riuscirà a costruire una classe politica sarda sarà
in grado di guardare più a Bruxelles che a Roma e di correlarsi con le altre nazioni
senza stato potremo entrare da protagonisti ed essere determinanti nella costruzione dellEuropa
dei popoli piuttosto che degli stati. Costruire, in Sardegna, un ambiente politico sardo, alternativo
e contrapposto a quello italiano, è uno dei compiti fondamentali degli indipendentisti di
SNI, dobbiamo creare le condizioni che permettano al nostro popolo di schierarsi unito,
pur conservando le diversità ideologiche, in un fronte unico contro le forze politiche ed
economiche che in Sardegna difendono gli interessi dellItalia e del suo capitalismo. Su una questione saremo comunque irremovibili, se per contare in
Europa e nel Mondo, bisogna essere Stato, allora anche noi sardi vogliamo essere Stato.
Nellordinamento geopolitico attuale, lessere stato è lunica forma che
permette ad un popolo di esercitare il diritto allautodeterminazione, madre di tutti
i diritti sia individuali che collettivi. Non si esce dalla sudditanza senza la totale
indipendenza e la possibilità di autodeterminarsi in tutti gli aspetti politici economici
e sociali. Bustianu Cumpostu
Coordinadore Natzionale Pamela Gungui
Consigliere
Natzionale |