ARCHIVIO ILLIRICO

 ILLIRIA: LA SARDEGNA COME NON L'AVETE MAI LETTA

 

 

Antonio Gramsci, l'ultimo illirico di Sardegna

di Alberto Areddu

Nel 2007 si è celebrato il settantesimo della morte di Antonio Gramsci, avvenuta appena fuori delle carceri fasciste. Lo studioso di Ales inventore del Partito Comunista d'Italia, che coi suoi moti di piazza eccessivi (il "biennio rosso") fu in parte responsabile della successiva reazione codina e autoritaria, viene ricordato soprattutto per la grandezza del suo pensiero di recluso. I quaderni dal carcere e le lettere indirizzate ai parenti sono ancora oggi al centro di studio notevoli, più fuori d'Italia (ca. il 40 % della bibliografia a lui dedicata parla altre lingue) che non al suo interno dove si ha tuttavia, sotto l'ala di qualche vecchio esponente del passato PCI, un affermato centro di Studi a lui dedicato (Fondazione Gramsci). Ricordare Gramsci significa in questo frangente ricordare un sardo di matrice arberëshe per parte di padre e campidanese (cioè della Sardegna meridionale) per parte materna. Gli antenati erano approdati secondo alcuni studi al tempo dei Turchi in Italia meridionale e da lì, divenuti funzionari borbonici in Calabria (a Plataci in provincia di Cosenza),  si erano spostati dopo la fusione col Regno d'Italia, in Sardegna. La famiglia di Gramsci quindi nonostante i proclami che una certa sinistra demagogica ha spesse volte emesso, non apparteneva al proletariato (come volle far credere Togliatti), ma a una piccola borghesia provinciale, decaduta solo per qualche malversazione del padre. Ancora si ricordano nel Sud Italia cognomi simili, sempre d'origine albanese, come Gramisci, Gramesci o Craxi. Il cognome è una classico detoponomastico (come spessissimo avviene tra gli albanesi) derivando infatti dal nome del distretto dell'Albania centrale di Gramsh (a sud di Tirana), con l'omonima cittadina.

Così Gramsci ricordava le sue origini (in modo impreciso: giacché la famiglia è attestata prima del 1800 in Italia)

 "mio padre è di origine albanese recente. Tuttavia la mia cultura è italiana fondamentalmente e questo  è il mio mondo: non mi sono mai accorto di essere dilaniato tra due mondi, sebbene ciò sia stato scritto nel “Giornale d’ Italia” del marzo 1920 (...). L’essere io oriundo albanese non fu messo in gioco perché anche Crispi era albanese, educato in un collegio albanese e che parlava l’albanese:

Per quel che riguarda la fortuna toponomastica di Gramsci in Italia è stata di recente pubblicata un'inchiesta di Antonio Farina che ne delinea i connotati di una ampia diffusione dedicatoria in vie, strade o piazze (ovviamente campeggia il suo nome nelle Regioni Rosse: oltre il 68 % delle località emiliane, il 60 in Toscana e poi a scendere; ovvia anche la dedicatoria in Sardegna: 60 %,fa specie invece la provincia di Torino, dove Gramsci visse, con solo il 13 %)

Un po' come l'Isidro Parodi borgesiano, che risolveva gli enigmi dal carcere, Gramsci viene visto come una sorta di intellettuale monade, che pur avendo pochi contatti con l'esterno riesce in una forma apparentemente frammentaria, e in condizioni ambientali e fisiche (fin da piccolo soffriva di una grave malattia che lo aveva minato nel fisico), a elaborare un pensiero originale. La malattia non gli aveva impedito comunque di trovare  moglie a Mosca (vogliamo credere tutta a lui devota), che gli diede due figli, spesso protagonisti del suo carteggio.

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Farina A., "Gramsci nella toponomastica", in La lingua e le lingue di Gramsci e delle sue opere. Scrittura, riscritture. Letture in Italia e nel mondo, Atti Conv. Int. Studi, Sassari ottobre 2007, a cura di F. Lussana e G. Pissarello, Catanzaro 2008, 133-138