ARCHIVIO ILLIRICO

 ILLIRIA: LA SARDEGNA COME NON L'AVETE MAI LETTA

 

QUEI SORDIDI INSETTI DEGLI SHARDANA

 

di Alberto Areddu

 

 

Ho cercato lumi sulla Rete, nei blog. Mi chiedevo e mi chiedo se ci fossero degli studi che avessero individuato che cosa rappresentano da un lato le corna negli elmi dei bronzetti nuragici che spesso e volentieri rappresentano uomini in armi con tale orpello, e così pure quelle sugli elmi dei Shardana, che secondo una buona parte della pubblicistica antica e recente, vanno associati agli antichi Paleosardi. Orbene soluzioni dirimenti non ne ho trovate; si presume che siano rappresentazioni di corna taurine giacché tale animale è frequentemente rappresentato in tutta l'area mediterranea, ed è frequentemente rappresentato nei culti paleosardi,in connessione con culti ctonici o di rigenerazione; in seconda battuta si associano al cervo, perché animale ben frequente nell'areale sardo-corso, le corna rappresenterebbero quindi la tipologia giovanile con palco a fusone. Tuttavia vi è chi come Dennis Seui, nel sito di  L. Melis, ha richiamato, sulla scorta della lettura di un libro della studiosa Demontis, un'affinità della tipologia dei bronzetti e della corna dei Giganti di M. Prama, con quella dei tessali Mirmidoni di Achille (alla lettera "i formiconi"). Una particolare sintonia si troverebbe specie con le statuette tipo Abini, con quattro occhi e quattro braccia, del tutto innaturalistiche quindi, per cui l'unica alternativa sensata sarebbe di riaccostarle alla rappresentazione di qualche demone.

 

 

 

 

La tipologia dell'elmo Shardano (che ricordiamo condividerebbero anche coi Paleosardi fogge di spada praticamente identiche, gli scudi rotondeggianti, il gonnellino, mentre è in forse che avessero tipologie costruttive similari) pare esser invece diversa, giacché presenta spesso oltre alle corna una sorta di globo centrale a cui si danno varie interpretazioni.

 

 

Ora tale associazioni mi si sono ripresentate in mente quando il corrispondente Ansa da Gerusalemme, A. Baquis, ripreso da Pintore, ha preannunciato l'uscita di un libro dell'orientalista A. Zertal, dedicato alla figura del biblico SISERA/SISRA/SISARA, che sarebbe a giudizio suo (condiviso da Ugas e Melis) il nome di un generale, di fatto, shardano, le cui truppe erano stanziate a Al Awaht presso il monte Carmelo, proprio nell'areale dove si presuppone vi siano residue tracce dello stanziamento di questo popolo del mare. Secondo lo Zertal lo stesso onomastico non troverebbe spiegazioni nel semitico. Ugas è ritornato qui per sostanziare la bontà di quelle ricerche, svolte nella parte settentrionale della Galilea dove si sarebbero insediati i Shardana.

Il nome di Sisara (Heb. סיסרא, greco: Σισαρης), menzionato in Giudici, 4,2, è stato di volta in volta considerato d'origine semitica, egizia (ses-ra 'servo di Ra'), e vi sono anche ipotesi che lo vogliono Minoico Filisteo, Ittita, Luvio o Hurrita. Una origine illirica è stata avanzata dallo storico A. Alt (in uno studio che non mi è attualmente accessibile), ripreso poi da Ludwig Koehler e Walter Baumgartner nel iii vol. del Hebräisches und aramäisches Lexikon zum Alten Testament:

 

 

 

l'uscita richiamerebbe secondo questa ipotesi nomi in illirici -ero, -aro.

 

da The International Standard Bible Encyclopedia: Q-Z

 Di Geoffrey W. Bromiley, p. 533

 

Zertal, che abbiamo detto lo considera shardano, si è spinto poi oltre fino ad accostare (inconsistentemente) Sisera con Sassari (che sappiamo essere in realtà in origine: Thàthari).

E' stato osservato comunque che la radice SIS- è ben frequente nel suolo sardo (vi è anche un fiumiciattolo con tale nome), e chi vi parla ne ha trattato non molto tempo fa, individuandone le possibili origini traco-illiriche, grazie alla parola sarda sis-aja 'scarafaggio'. Si aggiunga che un nome (altri suddividono in Si-sar) Sis-ra/Sis-ara fa pensare da un lato alle frequenti terminazioni etrusche in -ra (nei gentilizi e negli aggettivi), e ad altre albanesi ove -ra indica plurale (sphirt- sphirt-ra 'spirito, spiriti') ; '-ara inoltre è suffisso atono particolarmente diffuso nell'illirico e nel greco, e nel paleosardo (es. thèpp-ara). Orbene se c'è una qualche relazione formale, viene da chiedersi come potrebbe essere successo che una radice traco-illirica valente 'nero', sia slittata a indicare il nome di un generale. La soluzione può esser trovata nel fatto di cui discutevamo: che il nome del generale si rifacesse a 'scarafaggio' (o 'formica'), in virtù della tipologia dell'armamento.  Vediamo come.

 

Khepri è il nome di una divinità solare egizia,

 

incarnata nella figura dello scarabeo stercorario. L'associazione di tale animale con il movimento solare deriva, con ogni probabilità, dall'osservazione della circostanza che lo scarabeo spinge e fa rotolare con le zampe posteriori palline di sterco, la cui sezione circolare è facilmente associabile al sole (raffigurato come un cerchio). Il simbolismo si diffuse in altre regioni mediterranee.

 


 

 

 

 

 

Beh, verrebbe da pensare che l'elmo degli Shardana, che sappiamo essere stati in contatto a lungo con la civiltà egizia, volesse in qualche modo richiamare questo culto, le corna rappresentando delle antenne e il globo lo sterco/sole del culto egizio. Probabilmente quindi essi stessi si denominavano 'i neri' (o gli 'scarafaggi'), e Sisara tradisce forse questa denominazione. Giungo a questa ipotesi sulla base di una più persuasiva sollecitazione.

 

Come quei pochi che mi hanno letto, ricorderanno bene, io ho associato il nome Sardegna, alla parola illirica sardos che vuol dire 'nero' (è la stessa di lat. sord-idus, gotico swarts), e che ha lasciato indubbie tracce toponomastiche prelatine sul nostro suolo (Serdi-ana, Sard-ara). Della parola illirica sono sopravvissuti, sul suolo illirico, il nome di una tribù e una città (Sarda) ancora fiorente nel medioevo, i cui abitanti eran detti Sardenoi.

 

 

Rovine dell'antica città illirica di Sarda (Shurdhah-Scutari)

 

 

Secondo Wikipedia il nome dei Shardana sarebbe sopravvissuto nel nome del lago/palude egiziana di Serbonis. Il nome del lago egizio potrebbe esser spiegato anche col fatto che le paludi sono solitamente associate al colore nero (rimando alla trattazione della radice ie. *kal- 'nero' nel mio saggio).

 

 

 

Pertanto il nome Sardegna se ricollegabile a Shardana avrà voluto indicare un etnico sorto, non come una certa pubblicistica corrente vorrebbe suggerire, da shar-dan 'signori giudici', che poco si confà a un corpo di mercenari, bensì dal nome di un colore (cfr. ad es. i Rutuli da 'rosso') poi slittato a indicare, come capita nelle lingue indoeuropee, qualcosa che ha a che fare con quel determinato colore, nel caso dei terionimi come: 'scarafaggi' (I Shardana d'Oriente) e/o 'formiche' (i soldati nuragici). Non è vago ricordare che popolazioni rifiutate vengono tacciate con tale nomea (in Sardegna ricordiamo le cadalana 'scarafaggi', in area veneta sciavo 'slavo', in Africa i Tutsi vengono denominati dai loro odiatissimi Hutu come 'scarafaggi' : injenzi (che vuol dire anche 'esiliati'). Pensare a un originario ethnos che fosse scuro di carnagione, pare ora troppo prematuro, anche se Ugas ribadisce il concetto di una carnagione rosso-bruna, a suo avviso naturale, che li distanziava dalla rappresentazione comune dei Semiti (rappresentati in colore giallo) e li avvicinava al colore degli Egizi. E' facile invece pensare che popoli raminghi del mare preservassero un colorito scuro tutto l'anno, come è tipico dei pescatori e dei marinai; non solo, non possiamo escludere che, in particolari missioni per sostanziare il nome che portavano, per caratterizzarne ulteriormente lo spirito indomito e incutere paura, non si pitturassero il volto con unguenti oscuranti, come avveniva per i Celti e altri popoli antichi, e come peraltro ancora avviene nei corpi speciali addestrati alla guerriglia (o nelle figure nostrane dei riti carnascialeschi, pensiamo alla figura dei thurpos).