ARCHIVIO ILLIRICO

 ILLIRIA: LA SARDEGNA COME NON L'AVETE MAI LETTA

 


MADERRIA:UN RETAGGIO DELL'ANTICA GRANDEZZA ILLIRICA ?
(inedito)
Di Alberto Areddu


 

 

Le recenti analisi genetistiche (E.Sanna) paiono indicare diverse stratificazioni nel formarsi dell'attuale corredo genetico dei Sardi. La prima stratificazione, forse più importante, risalirebbe al Paleolitico e vedrebbe l'arrivo in Sardegna di genti dall'area ibero-provenzale; la seconda verrebbe scandita dall'arrivo di popolazioni in età neolitica (ca. 5000 anni fa) dall'oriente; esisterebbe poi una terza invasione che si riscontrerebbe unicamente nei pochi resti degli individui d'epoca nuragica (1800-1200 a.C.) e che invece non pare lasciare traccia nell'attuale corredo dei sardi, così come gli arrivi successivi d'epoca storica non paiono esser stati determinanti per il costituirsi dell' attuale tipo sardo. Romani e Italici che hanno tenuto la Sardegna per 600 anni e hanno latinizzato l'isola (talché nei manuali di linguistica il sardo è indicato come l'idioma meno distante dal latino popolare) hanno lasciato dal punto di vista genetico tracce irrilevanti. Ne discende che la terza invasione quella di epoca nuragica potrebbe essersi svolta nelle stesse modalità: invasione culturale (se non militare), numericamente contenuta e a forte sfondo aristocratico; ne consegue ulteriormente che quella che viene chiamata la lingua paleosarda, apparendo per certi versi unitaria (dalle indagini di Pittau si evince il ripetersi di certe radici, sicuramente prelatine, in diverse e lontane contrade dell'isola) può esser inquadrata in questo tardo sfondo antropologico, cioè nell'arrivo nell'età del bronzo di genti di misteriosa origine. Voi sapete dove io voglia arrivare: alla supposizione che queste genti, questi vettori culturali fossero al capo degli indoeuropei di origine illirica. E ciò a dispetto di quelli che parlano di una autentica virtù creatrice, quasi abiogenetica, dei Sardi o di colui che parla (a sé stesso) di ben 6 stratificazioni linguistiche prelatine.
Stiamo inquadrando qualcuno che con la mafia isolana ha a che fare, e proprio riguardo l'origine della parola "mafia", Mario Alinei ha coniato la fortunata espressione di "autodatazione lessicale"; secondo l'Alinei certe parole si autodatano al momento storico in cui sono presumibilmente nati certi fenomeni e per "mafia":
 

"questo periodo, come riconoscono concordemente gli archeologi e i linguisti più aggiornati [fra i primi e.g. Peroni 1969, 1989, 1994, 1996, Coles e Harding 1979, Guidi 1992, Pellegrini 1992, Sherratt 1994, fra i secondi e.g. Benozzo 2004, Ballester 2006, Cavazza 2005, Costa 1998, 2000, 2002, Lazzarini - Poccetti 1999], è l’età del Bronzo e l’inizio del Ferro, cioè il II millennio a.C. e l’ inizio del I. È solo in questo periodo, infatti, che si decidono le sorti della concorrenza fra le élites territoriali, con la possibile perdita di potere da parte di alcune di loro, ed eventuali, conseguenti programmi di revanscismo, miranti a riconquistare il potere o comunque a riaffermare un ‘vecchio ordine’ contro quello nuovo".

Una parola come "mafia" ha a che fare con una società come quella del Calcolitico, allorché nascono in area italica dei Big Men (potremmo oggi dire: dei padrini), che cercano di preservare nell'area sannitica usanze pastorali messe in crisi dall'avanzare della civiltà agricola e urbana greco-etrusca-latina:


"Viste così, la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta e la Sacra Corona sarebbero organizzazioni guidate da sempre nuove generazioni di Big Men, che non avrebbero mai riconosciuto le nuove forme di potere, politico, economico e commerciale, che di volta in volta si sono avvicendate sul loro territorio, dall’età del Ferro a Roma al feudalesimo all’occupazione straniera e al capitalismo. Una guerra che nel mondo moderno, con lo sviluppo sociale, economico e tecnologico, è degenerata assumendo caratteri sempre più aspri e violenti, trasformandosi in aperta criminalità organizzata, ma che era cominciata in altro modo, come una orgogliosa e caparbia sfida ai nuovi padroni, da parte di pastori-guerrieri-patriarchi, inventori di un’economia pastorale a transumanza verticale, non meno originale della sua versione orizzontale, cioè nomadica, ma che nella preistoria e storia europea ha avuto molto meno successo di quanto non ne abbia avuto quella nomadica nelle steppe eurasiatiche, e che si è rivelata, a conti fatti, una scommessa sbagliata, ed una palla al piede più che un’arma di progresso".
 

Per tali ragioni Alinei prospetta una soluzione osco-umbra all'enigma della parola mafia: *(a)mafla o *(a)mafilis, paralleli al latino *amabula (all'incirca 'amicizia').
 

Orbene per quanto riguarda il caso nostro, la lingua sarda odierna, di matrice latina, preserva poche parole di origine alta, o sociolinguisticamente marcate nel senso dell' astrattezza, cosicché per fare un esempio usiamo per 'grande' l'aggettivo mannu (< lat. MAGNUm), mentre per indicare la 'grandezza' siamo costretti a usare i suffissi: catalano mann-ària, o spagnolo mann-esa, mannos-idade. Davvero poche sono le parole astratte che si son preservate integralmente dal latino (e perlopiù grazie all'ambito della tradizione giuridica).
La parola che analizzo qui mi è nota dai dizionari e la potete trovare facilmente in quelli on line di Puddu e Rubattu, dove viene indicata come logudorese. Per indicare la "grandezza, la boria, l'alterigia, la presunzione, la vanagloria" si dice: madérria. La voce manca invece nel DES, nello Spano e nel Casu.
Mario Puddu mi scrive:
 
La parola madérria, penso di averla imparata ad Illorai [paese natio dell'autore],anche se nel Ditzionariu non vi ho aggiunto neanche una frase di esempio. Ma ne approfitto per chiedere appena vi torno. E persino questo ci dice quanto poco è studiato il sardo! A me è bastato registrarla*
 
Ho esperito diversi tentativi per spiegarla in sede storica, ma tutti si riducono al solo latino MATERN(i)A, che ha dato in francese materne 'grosso, grossolano', come da MATERNALE abbiamo in italiano madernale/madornale 'molto grosso di rami, frutti e altro', da cui poi 'errore grosso', entrambi esiti rustici di MATRE nell'accezione di 'ceppaia' (cfr. anche sardo madrighe, madrigudu in espressioni quali: boe de madrighe 'bue grande, vecchio'). Resta il fatto che maderria ha un'accezione alta, mentre questi son termini con allure rustica. Si pone allora la chiave del sostrato, e qui ci si presenta subito un'enorme coincidenza, giacché in albanese si dice: madhërì 'grandezza', madhëria 'la grandezza', ma anche 'magnificenza, maestà, orgoglio, boria', dall'italo-albanese: te madhëria e tij 'nella tua maestà', che deriva dall'aggettivo madh 'grande'. La -dh- albanese è suono che possiamo avvicinare al nostro -d- di mudu, seda, o al suono di -th- in inglese: mother. Il suffisso - viene indicato come indigeno dagli studiosi, a indicare collettivi o astratti toschi (mizërì 'moltitudine', djalërì 'giovinezza'). La parola madh viene riallacciata ad altre indoeuropee (greco mega, indiano antico mah, latino magnus) e si suppone un albanese antico: *madzi/madza; alcuni suppongono una relazione con l'antico nome di colle illirico Massaron, col nome della tribù dei Mazaioi, col nome Masaurus, col messapico mazzes/maddes. Per quanto riguarda il sardo, secondo il Wagner, un suffisso -erro va individuato nel sostrato (e pensa a correlazioni iberiche e/o italiche). Io ricordo qui ad esempio il toponimo Bugg-erru, per cui ho trovato invece una buona spiegazione con l'albanese nel mio saggio. Una radice mad- pare ritrovarsi in alcuni toponimi: Bruncu Màdugui (Madule) nome di località con un poderoso protonuraghe o Madale 'località fonnese', e la stessa pare ricorrere in diversi termini balcanici, e probm. paleoillirici, da me analizzati nel saggio.
Rimanendo poi nel campo della boria o superbia osservo infine un'ulteriore concordanza, quella dell' albanese dialettale (ghego) kjiber 'superbia', kjibàr 'superbo', con logudorese chìbberu 'gonfio, superbo', che inconsistentemente Wagner derivava da italiano chimera o spagnolo quimera e Pittau da ghippa (latino GIBBA) 'gobba'.
 

Ora perché una parola come maderria può esser sopravissuta aldilà dello scempio del tempo? La risposta può esser data dal fatto che avendo in origine un significato alto: "grandezza" tout court, è stata poi sdoganata in versione riflessa, l'alterigia appunto, cioè quell'atteggiamento di coloro che si credono grandi senza (più) esserlo. Questo potrebbe significare una cosa: che un popolo diverso si è innestato su popolazioni locali, che si è degradato per meticciamento o per autoestinzione, e a un dato momento storico quella grandeur è apparsa come qualcosa di ridicolo, specie in coloro che cercavano di legittimarsi davanti agli occhi del popolo come eredi per una qualche lontana discendenza eroica. Ci potrebbe essere stata anche una sostanza "fisica": come è notorio i popoli balcanici sono di alta statura, quelli dell'areale iberico e mediterraneo in genere sono invece di bassa statura. Non è difficile immaginare che a costoro i nuovi venuti potessero apparire quasi come dei giganti. Ancor oggi in Barbagia ci sono tipi umani di alta statura (e non di rado biondi) a cui è difficile pronosticare una provenienza recente. Potremmo quindi sostanziare la sopravvivenza della parola, a qualche riposta ragione di "odio/invidia etnica o sociale". L'espressività popolare sarda è ricca di locuzioni come "tombe dei giganti" o i "giganti di Monte Prama", che possono effettivamente sottacere, aldilà di un nostalgico richiamo a un desiderabilmente illustre passato, un qualcosa di vero che accadde.
 


*Su númene "madérria" deo pesso de l'àere imparadu in Illorai, fintzas si in su Ditzionàriu no bi apo postu mancu una propositzione de esémpiu. Ma ndhe aprofito pro ndhe dimandhare apenas chi bi torro. E fintzas custu narat cantu pagu est istudiadu su sardu! A mie mi est bastadu de lu rezistrare".
 


BIBLIOGRAFIA UTILIZZATA
 

Alinei M, "Origini pastorali e italiche della camorra, della mafia e della ’ndrangheta: un esperimento di Archeologia Etimologica" in Quaderni di semantica, xxviii/2 2007 [in www.continuitas.com]
Battisti C.- Alessio G., Dizionario Etimologico Italiano, Firenze 1950-57, 5 voll.
Camaj M., Grammatica albanese, Cosenza 1995
Cortelazzo M. -Zolli P., Dizionario etimologico della lingua italiana, Bologna 1979-88
Demiraj B., Albanische Etymologien, Amsterdam 1997
Leka F.- Simoni Z., Dizionario albanese italiano, Tirana 1996
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Meyer G., Etymologisches Wörterbuch der albanischen Sprache, Strassburg 1891
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Puddu M., Ditzionariu da sa limba e de sa cultura sarda, Cagliari 2000 [www.ditzionariu.org]
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Rubattu A., Dizionario universale della lingua di Sardegna, Sassari 2004 [www.toninorubattu.it]
Sanna E., Il popolamento della Sardegna e l'origine dei sardi, Cagliari 2006
Wagner M.L., Historische Wortbildungslehre des Sardischen, Bern 1952
Wagner M.L., Dizionario etimologico sardo, Heidelberg 1960-62