Impariamo a farci aiutare. GM stranieri: il
valore aggiunto
Esiste, e da qualche tempo, una vera e propria "questione stranieri" nel
mondo scacchistico nazionale, costituita da alcuni elementi individuabili.
Il ritardo storico del movimento scacchistico italiano rispetto al resto
d'Europa é il punto di partenza, dal momento che risale proprio al
periodo di maggiore espansione culturale e geografica del gioco.
L'esclusione dallo sviluppo sportivo in seno al C.O.N.I. durante il ventennio
fascista costituì un aggravante, economica certo, organizzativa,
ma soprattutto culturale: gli scacchi come passatempo per pensionati sono
uno stereotipo col quale facciamo ancora i conti. L'isolamento è durato
sino al recente e lento reinserimento nel comitato olimpico, coinciso con
il suo declino economico, nonché col periodo di maggiore incidenza burocratica
(antidoping e restrizioni sugli stranieri).
Bisogna quindi dare uno sguardo comparativo con le nazioni europee che,
già prima della caduta del muro di Berlino, e poi crollata la scuola sovietica,
hanno saccheggiato dei maggiori talenti e dei personaggi maggiormente in
auge a quel tempo il blocco sovietico, naturalizzando gli ospiti. Così
hanno formato una scuola, un veicolo di facile pubblicità, una guida ed
un esempio per i giovani. Consideriamo la Francia (Spassky, Tkachiev, Sokolov)
la Svizzera (Korchnoi) la Spagna (Shirov), ma anche le nazioni con più
forte tradizione, che non si sono scluse da questa politica, come Gran Bretagna
e Germania.
L'Italia, che in un certo senso è stata in questo campo fortunata, per una
serie di circostanze anche di merito (per esempio degli organizzatori dei
tornei, come dell'atteggiamento positivo della Federazione) vede allontanarsi
gli stranieri che hanno scelto di vivere, stentatamente, da noi. La debolezza
della federazione, un C.O.N.I. calciocentrico, leggi nazionali a maglie
larghe ma burocraticamente folli, sono solo alcuni dei problemi che ostacolano
l'importante contributo che forti giocatori danno allo sviluppo degli scacchi.
Si aggiunge da qualche tempo un atteggiamento insensatamente difensivistico
dei pochi giocatori nostrani di qualche valore, contro il quale faticosamente
è costretta a remare la nostra federazione e, ciliegina sulla torta, la
scomparsa di un grande personaggio e giocatore come Vujovic, con la quale
si è perso il principale punto di riferimento dei giocatori slavi che hanno
per anni frequentato i nostri tornei.
Una o più personalità straniere di grido non sono "LA" soluzione
ne "IL" veicolo di sviluppo della nostra disciplina, ma, considerato l'arretramento
storico che ci affligge, ne costituisce un elemento imprescindibile.
Da queste considerazioni c'è da augurarsi che nasca una attenzione
specifica sull'argomento con un atteggiamento progettuale, considerato che
la distanza col resto dell'Europa scacchistica appare già da ora incolmabile,
e certamente nessuno si augura che prenda forme mortificanti.