Il Convivio | Olocausti | |
Alfia Abbadessa |
Nella lunga stagione dell’orrore non rondini popolarono i cieli d’Europa ma svastiche e le stelle abiurarono al firmamento per baluginare sinistre sul petto della gente di Sion. Nei campi serrati dal filo spinato la falce non colse grano ma uomini di carne ed ossa per tramutarli in fumo e cenere.
Sgomenti, lo leggemmo sui libri di storia, nei ricordi insopportabili dei sopravvissuti e benedicemmo il dono dell’alba nuova. Ci scaldò la lusinga di giorni chiari, senza belve, senza odio.
Invece, dentro il tempo che è il nostro, ancora rabbrividisce Srebrenica al grido inconsolabile del capro innocente sgozzato e New York cerca invano i suoi morti sotto l’esempio sudario dei suoi cieli violati: Ground Zero, dove alti solo ieri rutilavano i sogni… E c’è dove si scommette ogni giorno la vita all’irrompere cieco dei fabbri di morte, al gracchiare vorace di cupe mitraglie: Palestinesi ed Ebrei, due popoli contro, un’unica pena versata sul Muro del Pianto.
Guerre sante di oggi come riti pagani della notte dei tempi, inni sacri come antichi peana… Quante vittime ancora, quanti nuovi olocausti serberà nelle pieghe dolenti del cuore [dei giusti la funesta memoria del mondo? |