Il Convivio Il personaggio: Sandro Mayer: “Un drammaturgo di Liguria”. Parla l’autore de “Il silenzio dei sogni” in prima nazionale a Borgio Verezzi  
Sandro Mayer

Sentiamo come ligure lo scrittore Sandro Mayer, perché ospite di Borgio Verezzi dal 1986 e pertanto siamo legati a lui da un senso di profonda affezione. A questo sentimento ora dobbiamo far sposare quello dell’ammirazione anche per la sua opera di commediografo. Infatti il palcoscenico di Piazzeta Sant’Agostino ha ospitato la sua prima “pièce” di teatro al debutto nazionale. Non poteva avere cornice migliore dello splendido anfiteatro che si affaccia sull’Isola Gallinara già magnificato da Camillo Sbarbaro, il suo dramma dal titolo Il silenzio dei sogni, prodotto da Francesco Bellomo per la regia di Fernando Balestra. Ci confida l’autore: «Un giorno durante un viaggio in treno ho assistito all’addio fra un ragazzo ed una ragazza: lei, elegante, chiaramente di ottima famiglia, lui probabilmente un extracomunitario senza lavoro. Avrei voluto parlare con la ragazza ma provai un senso di profondo rispetto per il dramma che stava vivendo. Captai ugualmente tutto il suo dolore, la paura della solitudine, la disperazione per essere stata costretta a rinunciare ad una passione che le aveva fatto apparire la vita, incorniciata dalla felicità. L’idea di narrare una storia d’amore tutta italiana, che doveva affrontare lo scoglio della differenza sociale, mi piacque moltissimo. All’inizio pensai ad un romanzo, ma il tutto si concretò spontaneamente in un’opera teatrale che ha visto come protagonista non solo la storia di un amore mancato, ma anche il dramma di una famiglia borghese nella quale aveva regnato sovrana l’incomprensione, sposata ad una drammatica solitudine. La narrazione quindi, rivela a poco a poco che la vera sventura si celava tra le mura di casa di Betta, la giovane soffocata da un padre che si arroga il diritto di scegliere per lei la strada della felicità».

D. Traspare da questo scritto il suo amore conclamato per i cani, ai quali aveva già dedicato un romanzo?

R. Sì, Betta trova in un cane un conforto che è terapeutico per il suo cuore sofferente. Potremmo definirlo un dono della Provvidenza che l’aiuta a ricostruire il proprio intimo, lontano dalla famiglia.

D. Abbiamo apprezzato anche il suo ultimo scritto in prosa dal titolo Gente di una vita. Può narrare brevemente la trama di quest’opera forse biografica?

R: ‘Gente di una vita’ racconta gli incontri più significativi e gli aneddoti che hanno punteggiato la mia esistenza. Potrei definirlo un romanzoverità. Il protagonista è un uomo che all’età di cento anni, mentre la sua numerosa famiglia gli sta preparando la festa per il suo genetliaco, preferisce restare nella camera a scrivere. Ad un fanciullo, che gli appare come un nipotino, racconta le storie del suo tempo come per un incanto affabulatorio. Scoprirà in seguito che si tratta di un angelo venuto a prelevarlo, il quale gli concederà di portare a termine la narrazione della sua esistenza perché possa lasciare testimonianza compiuta di una vita vissuta fino in fondo.

Trascuriamo gli esiti della rappresentazione teatrale poiché ha già avuto recensori ben più titolati. Ci resta nel cuore l’eco degli applausi scroscianti che hanno prevaricato anche il bubbolio di qualche tuono dispettoso. Erano meritatissimi anche per i protagonisti dell’opera: Elisabetta Gardini (Cristina, la madre), Renato De Carmine (Paolo, il padre), Veronica Maja (Betta, la figlia), Leonardo De Carmine (Georgi, l’amore mancato di Betta).

Gian Franco Barcella